L'uomo di marmellata
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About this ebook
Romance - romanzo breve (75 pagine) - Ah, quanto può essere crudele, la vendetta in amore!
Camilla ha ventotto anni e un grande talento per la scrittura. Ha molta fantasia, ma ha perduto l’amore della sua vita. Un anno prima, l’affascinante Bruno l’ha infatti tradita con l’ultima arrivata all’agenzia letteraria per la quale entrambi lavoravano. La rivale, la procace Valeria, di sicuro non ha le sue stesse capacità, ma è una donna intraprendente che è riuscita a creare con Bruno un solido legame. Quando Camilla scopre che la “coppia diabolica” si è impossessata dell’idea di un suo romanzo, decide di vendicarsi. Con la complicità dell’amica Lalla e di un promettente pittore francese, Camilla sperimenterà quanto sia facile cadere nel vortice dell’invidia e lasciarsi trascinare dal desiderio di rivalsa. Salvo poi realizzare le cose davvero importanti. Una storia ironica che, mentre strappa qualche sorriso, pone in luce alcune pecche della nostra società.
Cristina Biolcati è ferrarese, ma padovana d’adozione. Laureata in lettere, ama molto leggere. È autrice di poesie e racconti brevi. Fra le sue passioni: gli animali, l’arte e la filosofia. Collabora con alcune riviste digitali, dove scrive recensioni di libri e articoli letterari.
Opere pubblicate: Nessuno è al sicuro (Edizioni Simple, 2013), un saggio sugli attacchi di squalo in Italia dal 1926 a oggi; Ritorna mentre dormo (DrawUp Edizioni, 2013), una silloge poetica; L’ombra di Luca (Leucotea Edizioni, 2014), una raccolta di racconti brevi; Allodole e vento (Pagine srl, 2014), una seconda raccolta di poesie; Balla per me (Youcanprint, 2017), un romanzo breve; Se Robin Hood sapesse (Delos Digital, 2017), racconto rosa; Ciclamini al re (Delos Digital, 2018), racconto lungo.
Partecipa spesso a concorsi, ed è presente coi suoi racconti e poesie in molte antologie collettive.
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Book preview
L'uomo di marmellata - Cristina Biolcati
9788825406450
La fantasia è come la marmellata,
bisogna che sia spalmata
su una solida fetta di pane.
Italo Calvino
I
L’anima gemella di Camilla si chiamava Bruno, almeno questo era quel che lei credeva. Ma poi era stata tradita e non lo aveva pensato più. Non che lui all’inizio avesse deliberatamente scelto quell’altra, ma l’occasione fa l’uomo ladro e, per quanto retorico, Bruno non aveva di certo fatto eccezione.
Camilla Fabi e il mancato uomo della sua vita si erano conosciuti tre anni prima, quando ambedue lavoravano nella redazione di una piccola rivista letteraria, la Saffo & Divini. All’epoca lei aveva venticinque anni e lui trentadue. Erano rimasti insieme per circa due anni – di cui uno di convivenza – e poi, all’improvviso, era avvenuto il fattaccio
. Magari le premesse c’erano state, mica si nega, e Camilla le aveva semplicemente ignorate. Avrebbe dovuto stare più attenta. Non abbassare la guardia e lasciare spazio al nemico. Ma lei adorava il suo lavoro, che l’assorbiva interamente, arrivando persino a obnubilare la sua facoltà di giudizio. E così, era cominciato il cosiddetto periodo nero di Camilla Fabi, ovvero quel lasso di tempo che, in un modo o nell’altro, aveva minato la sua esistenza e gettato le basi alle tante insicurezze.
Camilla era nata il 9 gennaio del 1990 e, da quando avesse memoria, aveva sempre amato scrivere. A soli quattordici anni aveva dato forma a un racconto su un omicida che aveva assassinato una giovane ragazza mentre era intenta, nella sua cucina, a spalmare fette biscottate con marmellata di mirtillo. Un progetto naif, non lo si potrebbe definire altrimenti, circa un mistero ambientato nella Padova degli anni novanta dove un maniaco, approfittando del rito della prima colazione, era entrato dalla finestra e aveva ucciso impunemente. Cosa ne sapesse, a quell’età, di assassini e tecniche di scrittura, rimarrà per sempre un mistero. Ma poiché la sua fantasia era strabordante, bisogna concederle qualche piccola ingenuità.
Quel racconto non era mai diventato un best seller, grazie al cielo! L’esperienza però l’aveva portata a non demordere e adesso, nel suo cassetto, c’erano ben sei storie diverse che attendevano di essere lette e magari apprezzate da qualcuno. I generi letterari erano i più disparati, anche se Camilla aveva da sempre un debole per i romanzi noir e soprattutto per i thriller.
Il lavoro alla famigerata rivista glielo aveva procurato la sua amica Lalla, di professione addetta alle pubbliche relazioni, che in città sembrava avere le mani in pasta un po’ dappertutto. Quando quest’ultima era venuta a sapere, tramite passaparola, che alla Saffo & divini cercavano degli articolisti, ci aveva subito spedito Camilla, fresca di laurea in Lettere e sua coinquilina dai tempi dell’università. Nonostante l’atteggiamento oltremodo impacciato, Camilla era riuscita a compiere un piccolo miracolo. Aveva fatto buona impressione in fase di colloquio e si era aggiudicata il posto.
In seguito, gli articoli che aveva scritto avevano parlato per lei, riscuotendo un discreto successo di lettori in rete, con una notevole quantità di likes condivisi e twittati un po’ ovunque. Camilla Fabi entrava con sensibilità nel pezzo, giusto in punta di piedi, senza permettersi di formulare giudizi. Memorabile era stato il suo saggio breve sulla poesia Dimentica i mandorli in fiore del poeta turco Nâzım Hikmet, valevole per una menzione d’onore al Festival dell’Articolo.
Che festival sarebbe? Bella domanda, caro lettore. Sicuramente non il solito concorso scontato; indetto nientemeno che dal caporedattore Vito Spandri allo scopo di incentivare i suoi dipendenti a produrre di più. Oltre a un trafiletto di encomio sulla pagina Facebook di Saffo & divini, il premio vero e proprio consisteva in una piccola mortadella – l’uomo aveva origini bolognesi – abbellita con un fiocco d’argento in stile feste di Natale. Camilla necessitava di uno stipendio e ogni riconoscimento le era quindi gradito. Questo il motivo per cui non cavillava mai, lasciando correre fin troppe cose.
Bruno era arrivato subito dopo quella patetica e scintillante mortadella. Bruno Zatta, il bel Bruno, moro e tenebroso, come banalmente si usa dire. I due si erano piaciuti subito. Trascorrevano la pausa caffè a conversare del più e del meno; a ridere e scherzare su tante cose, visto che avevano gusti comuni. Lui era originario di Feltre, ma si trovava a Padova perché lì aveva compiuto gli studi e non se ne era più andato. Viveva in un piccolo appartamento in affitto, insieme a un ex compagno di facoltà che faceva il traduttore. Quest’ultimo, con la sua costante presenza in casa, metteva loro i bastoni tra le ruote. Figlio unico di due genitori che gestivano insieme uno studio dentistico – che per altro Camilla non aveva mai conosciuto – Bruno doveva avere avuto un’infanzia benestante, sebbene fosse il classico figlio di papà, cresciuto da solo e senza fratelli con cui rapportarsi. Taluni suoi atteggiamenti egocentrici, al limite del capriccioso, Camilla li aveva sempre scusati, adducendoli appunto a un fatto di educazione. Era stato viziato, da piccolo, e adesso nessuno poteva più farci niente.
Camilla Fabi invece era padovana verace, cresciuta da una nonna paterna che purtroppo era morta prima che lei iniziasse a frequentare l’università. I suoi genitori erano deceduti in un tragico incidente stradale avvenuto sulla A4, l’autostrada che attraversa per intero la Pianura Padana, mentre si recavano al mare. Quel giorno, sul seggiolino dell’auto fissato al sedile posteriore, c’era anche Camilla, che miracolosamente era rimasta illesa. Pioveva e l’auto che il padre guidava aveva perso improvvisamente aderenza. La coppia correva più del dovuto, perché era in ritardo. L’amministratore del condominio a Rimini, dove avevano preso in affitto un appartamento per tutto il mese di agosto, doveva recarsi al matrimonio del figlio e li stava aspettando con le chiavi. Quello che avrebbe dovuto essere un viaggio di appena poco più di due ore, si era trasformato in realtà in una tragedia. Padre e madre erano morti sul colpo e Camilla, che aveva appena sette mesi, non avrebbe mai ricordato niente di loro. Sebbene per tutta l’infanzia avesse tenuto la foto di quei genitori così giovani nel portamonete, e avesse sempre cercato d’inventarsi una vita colma d’avventure, quasi fosse ancora in loro compagnia. Alle elementari Camilla diceva a tutti di vivere con mamma e papà, ma loro lavoravano ed era per quello che a prenderla veniva sempre la nonna. Padova è una piccola città, ci si conosce più o meno tutti, e le storie della tenera Camilla erano state presto sbugiardate, tanto che per i restanti anni della scuola primaria un gruppo di bulli aveva preso a chiamarla fiammiferaia. Questo però non aveva impedito alla ragazzina di crescere sana, con accanto una nonna che la sapeva valorizzare. Complice il fatto che Camilla era molto bella, non si faceva fatica a volerle bene.
La nonna era anziana, e aveva fatto tutto quello che poteva. Quando Camilla stava per iniziare la facoltà di Lettere, al rientro da una passeggiata con un’amica, l’aveva trovata riversa sul pavimento e non c’era stato nulla da fare. Era una giornata calda, di fine settembre, e Camilla ricordava ancora i capelli di lei, divenuti di seta, illuminati da un sole che filtrava attraverso le persiane del soggiorno e si espandeva a illuminarle la veste. Illuminava sua nonna, ma allo stesso tempo sembrava impietoso. Camilla aveva buttato una coperta su quel corpo, e lo aveva vegliato fino all’arrivo dell’ambulanza.
La nonna aveva un figlio che non vedeva mai, ma che appena