La Chiesa e la Guerra d'Etiopia (1935-1936)
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La maggior parte del clero seguì l’esempio del pontefice e la guerra assunse un carattere sacro grazie ad iniziative quali il trasferimento di immagini in Africa, la raccolta dell’oro per la patria, la consacrazione delle truppe al Sacro Cuore di Gesù.
Il testo, quindi, vuole approfondire gli eventi della Guerra d’Etiopia e i crimini compiuti dal governo Mussolini focalizzando l’attenzione sul ruolo ricoperto dalla Chiesa durante gli anni dell’impresa coloniale.
Pasquale Falato, nato a Formia nel 1990, è laureato in Lettere Moderne e appassionato di storia contemporanea e storia locale.
Nel 2018, insieme ai componenti dell’Associazione “Golfo Eventi” (in cui ricopre l’incarico di segretario) ha pubblicato il volume Viaggio nel tempo nel quartiere La Piaja.
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La Chiesa e la Guerra d'Etiopia (1935-1936) - Pasquale Falato
Bibliografia
Introduzione
Fin dai primi anni del suo governo, Mussolini, voleva vendicare la sconfitta di Adua e, allo stesso tempo, garantire agli italiani un posto al sole
; inoltre, la guerra rappresentava la verifica finale per comprendere se tredici anni di regime erano stati utili a formare l’italiano nuovo. L’impresa coloniale non corrispondeva esclusivamente al carattere imperialista del fascismo ma si accordava anche con le esigenze di prestigio e di potere personale dello stesso Mussolini.
Fin dall’inizio del regime, nei circoli colonialisti ed in aree del fascismo radicale si era coltivato il sogno di un impero coloniale; gli italiani mostrarono molto entusiasmo solo per qualche settimana e in seguito rivelarono alcune crisi di consenso.
Al momento dell’inizio del conflitto, il duce otteneva la maggior approvazione di tutto l’arco storico fascista; ma la prospettiva di una guerra, soprattutto se lunga ed onerosa, poteva far incrinare la situazione.
Le reazioni del popolo negli anni 1935-1936 furono variegate; da un lato i sostenitori del fascismo che volevano mostrare la potenza dell’Italia al mondo, dall’altro tante persone che guardavano con preoccupazione alla prospettiva di una guerra, soprattutto nel momento economico poco favorevole.
Taluni, nell’ambito del conflitto coloniale, presero una posizione pacifista; questo stato d’animo allarmò la polizia e suscitò una forte preoccupazione per le autorità fasciste.
L’impresa coloniale si caratterizzò oltre che per le atrocità della guerra anche per il netto coinvolgimento della Chiesa italiana e per la forte propaganda fatta da Mussolini e dal regime fascista; essa suscitò reazioni differenti nel popolo.
Gli incidenti di Gondar e Ual Ual costituirono i pretesti per iniziare le operazioni militari e l’annuncio della guerra da parte del duce avvenne la sera del 2 ottobre 1935. L’impresa si concluse il 5 maggio 1936; il 9 maggio Mussolini annunciava la nascita dell’Impero.
Il discorso tenuto dal duce nel pomeriggio del 2 ottobre dal balcone di Palazzo Venezia ed ascoltato dalla maggior parte degli italiani è significativo a riguardo. Esso pone in evidenza la ricerca del consenso da parte del fascismo e la volontà di mostrare unità all’interno dell’Italia (soprattutto tra cittadini e governo); mette in risalto la causa buona
di una guerra coloniale ispirata da valori tradizionali quali il patriottismo.
I mezzi di propaganda e quindi l’informazione erano sotto lo stretto controllo del regime ed erano in vigore delle norme che rendevano possibile solo la pubblicazione di determinate notizie.
Pio XI, nel Natale 1930, aveva condannato apertamente qualsiasi conflitto armato e per quanto riguarda la guerra d’Etiopia, il discorso più netto venne pronunciato il 27 agosto 1935, a Roma, in occasione del raduno delle infermiere nel congresso internazionale. In tale frangente, il papa auspicava una soluzione pacifica delle tensioni in atto tra i due paesi.
Ciò, ovviamente, suscitò reazioni negative negli ambienti fascisti ed il pontefice fu costretto a fare marcia indietro a causa delle possibili ripercussioni sui buoni rapporti col governo e quindi sullo stesso concordato.
Ricordiamo che Pio XI era anche timoroso riguardo alle ripercussioni della politica di potenza sulle missioni cattoliche in Africa e allo stesso tempo scongiurava un possibile avvicinamento del duce ad Hitler. Qualche giorno dopo venne pubblicata la versione modificata del discorso. Per tali motivazioni erano gli stessi vescovi a dare il loro appoggio a Mussolini.
Per attuare i suoi progetti di conquista coloniale, il governo utilizzò tutte le risorse disponibili coinvolgendo anche la Chiesa: tra l’1 e il 18 dicembre l’Italia tutta venne mobilitata per la raccolta dell’oro a sostegno della patria. L’iniziativa venne appoggiata dalla gran parte degli ambienti cattolici. La guerra arrivava ad assumere un carattere sacro promuovendo la consacrazione delle truppe al Sacro Cuore di Gesù (giugno ’36), per infondere la spiritualità cristiana nei combattenti (la proposta fu avanzata da padre A. Gemelli).
I cappellani militari cercavano di convincere in tutti i modi i giovani circa la necessità della guerra, ribadendo i giusti ideali sulla quale essa si fondava. Il governo favorì l’assunzione di un carattere religioso del conflitto e vennero trasferite in Etiopia decine e decine di quadri e statue raffiguranti la Madonna ed i Santi per rinsaldare la fede, per ricordare i paesi di provenienza e per rinnovare i propositi di combattere e vincere per la Patria e la famiglia e risollevare il prestigio della nazione. Gli stessi cappellani vennero impiegati nella guerra: resta emblematica la figura di padre Reginaldo Giuliani rappresentato come uno dei più grandi eroi dell’impresa coloniale; nel 1939 venne addirittura girato un film dal titolo Abuna Messias
(esso riguardava l’apostolato missionario svolto da padre Massaja in Etiopia), con lo scopo di esaltare i successi imperiali del fascismo.
In Italia, la rappresentazione della guerra venne mediata sempre tramite l’utilizzo delle immagini; essa non era reale, in quanto, molti aspetti vennero omessi, come l’utilizzo dei gas e gli eccidi compiuti.
L’informazione era controllata da Mussolini col fine di dare un volto positivo all’impresa coloniale.
In ambito civile, il duce cercò sempre di ottenere il consenso italiano alle sue imprese: a tal fine, dispiegò tutti i mezzi di propaganda esistenti anche perché non sempre, le sue scelte, erano condivise dal popolo.
Da un punto di vista prettamente economico, la conquista di un Paese come l’Etiopia, rappresentò solo un peso per l’Italia, in quanto si trattava di un’area povera di risorse naturali e poco adatta agli insediamenti agricoli; tutto ciò venne aggravato dalle sanzioni. Da un punto di vista politico, la conquista dell’Etiopia ebbe il suo successo in quanto Mussolini fu in grado di imporre la propria volontà alle potenze occidentali e le costrinse ad accettare il fatto compiuto. Molti ebbero la sensazione di vedere un’Italia conquistatrice di uno status di grande potenza.
Ma in realtà era solo un’illusione, in quanto l’Italia non era assolutamente in grado di affrontare una grande potenza come l’Inghilterra che difese la causa etiopica solo a parole e senza mai scendere effettivamente in campo dal punto di vista militare; anche lo stesso Mussolini era consapevole delle capacità italiane ma preferì condurre una politica adeguata a quella di una grande potenza, cercando di allargare a tutti i costi l’area di influenza italiana.
1. La Guerra d’Etiopia
Verso la Guerra
La Guerra d’Etiopia non fu un episodio locale, di storia italiana ed etiopica, ma fu da subito un evento globale, di storia mondiale, anche al di là della volontà dei suoi partecipanti. Ed evento globale devono considerarla gli storici oggi, pena non comprenderne la portata. La gravità dell’aggressione fascista, la discussione diplomatica