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Illusione
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Illusione

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Un giovane scrittore appena trasferitosi a casa della sua nuova ragazza inizia ad essere ossessionato sempre più da incubi e strani pensieri deliranti. Tutto gira attorno al piccolo paese di periferia che inizia a conoscere. Nelle stesso tempo, a non molta distanza un rude marinaio apprende una tragica notizia, iniziando a perdere ogni senso inibitorio. Inizia un vortice di follia che sembra non aver fine.
Le loro strade si incroceranno in un pub abbandonato, che però sembra non essere del tutto estraneo a ciò che sta accadendo.
Cosa si nasconde realmente al suo interno? Un thriller mozzafiato che vi toglierà, letteralmente, il respiro.
LanguageItaliano
Release dateDec 27, 2018
ISBN9788899333805
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    Illusione - Frank Panelli

    vita.

    ANTHONY

    Ore 11:00 a.m.

    Il verso delle tortore dal collare lo svegliò.

    Un verso così particolare, abituale, udito per tutta una vita. Riportava alla mente attimi della sua esistenza, momenti in cui si ero soffermato a riflettere. Tornavano immagini, facce, sapori, suoni. Anni passati, ormai.

    Quando aveva vent'anni pensava a come sarebbe diventato da grande.

    Eccolo qua, era lui, sempre lui, la vita ti cambia, vivi esperienze diverse ma alla fine rimani sempre lo stesso.

    Questo era un periodo di transito. Uno di quei periodi particolari in cui un uomo che ha avute molte delusioni sta entrando in depressione. Se lo sentiva, c'era già passato. Purtroppo. Rendendosi conto di quello che lo aspettava già non lo sopportava più. Avrebbe voluto uscirne, prima ancora di caderci dentro, ma non era per niente facile.

    Stava cercando con le poche forze rimastegli di opporsi.

    [***]

    <>

    [***]

    Lasciare il lavoro dopo anni, con tutto ciò che ne conseguiva. Il terrore della disoccupazione, l'effetto mediatico di cui erano vittime tutti i ragazzi nella sua condizione. Un bombardamento psicologico, atto a creare il panico. L'affannarsi nel cercare il primo lavoro che capita e accontentarsi. Vivere una vita standard, da uomini comuni. Questo calvario era stata l'ultima possibilità che si ero dato.

    Seguire il sogno di una vita. Nuovo lavoro, nuova casa, nuova famiglia. Non era stato semplice. Scrivere era il lavoro più bello del mondo. Poteva dire quello che volevo, scrivere di sogni o di realtà. Sperava proprio di star facendo un bel lavoro. Sognava che presto un editore lo pubblicasse. La cosa più importante di tutte è che capiate che questa storia non è di finzione. Forse alcuni particolari non sono completamente esatti, lo ammetto.

    La sua memoria vacillava quando cercava di ricordare quel periodo. Il succo della storia che sentirete, è la cosa importante.

    Questa penna con cui sto scrivendo è stupenda. Ha un inchiostro così bello, nero scuro, e un tratto abbastanza grosso che mi soddisfa quando rileggo le mie parole.

    La ricerca continua di una pace interiore, un equilibrio fisico e mentale. Finalmente stava dando i suoi frutti. Tutto sembrava andare per il meglio. O almeno, circa in quella direzione.

    Sperava.

    SAMUEL

    <> Continuava a ripetere tra sé e sé.

    Era una fredda mattina ventosa di novembre. Qualcosa si era spezzato dentro di lui...molto tempo prima...non pensava si sarebbe mai potuto aggiustare...

    Si ritrovò a riflettere sui peccati capitali di prima mattina...così...senza un reale motivo...

    <>

    Nelle ultime settimane l'accidia gli pervadeva la mente.

    Non aveva alcuna voglia di fare qualsiasi cosa.

    Era un periodo senza lavoro, si era momentaneamente accampato in un casolare abbandonato e semi diroccato. Qualche anno prima, una ragazza con cui si era frequentato per un breve periodo una sera cercando un po' di intimità lo aveva condotto in questo luogo. Era stata fino a pochi anni prima la casa del nonno della femmina (come diceva Samuel ), ormai deceduto.

    Gli allacciamenti erano stranamente ancora funzionanti, sebbene comunque alcune lampadine ( quasi tutte ) fossero fulminate. Le rimanenti creavano solamente un'ombra di luminosità. L'acqua scorreva, anche se poca, ma per lui quella era come una reggia. Avrebbe potuto stabilirsi là anche per anni. Non voleva sprecare gli ultimi soldi che gli rimanevano pagando una stanza in qualche lurido hotel, quella sistemazione gratuita era molto più allettante, soprattutto per potersi rilassare, e non essere costretto a vedere la faccia di nessuno, quando non ne aveva la minima voglia. Il che, capitava praticamente ogni giorno negli ultimi anni.

    Al momento cercare un lavoro non era tra le sue priorità, voleva stare solo, isolato, e tranquillo...senza far niente...aveva lavorato anche troppo nella sua vita...aveva la schiena a pezzi ormai...che si fottessero tutti quanti...anche i soldi...

    Sapeva che i parenti della ragazza avrebbero potuto scoprirlo, ma viste le condizioni dello stabile dubitava passassero spesso da quelle parti. La presenza di acqua e corrente elettrica lo avevano comunque messo in allarme, qualcuno avrebbe dovuto pagare le bollette, lui in ogni caso era pronto, era nato pronto...pronto a qualsiasi evenienza... pronto a tutto...

    Il postino aveva imbucato una lettera nella cassetta della posta pochi giorni prima. Lo aveva spiato da una finestra attraverso le sbarre con le quali era chiusa. Quando era scesa l'oscurità si era azzardato ad uscire...era proprio quello che temeva... una bolletta della corrente elettrica.

    Doveva rimanere all'erta, pronto alla possibilità dell'arrivo di qualcuno. Addio relax. Non si poteva illudere. Non si era mai rilassato nella sua vita, e mai lo avrebbe fatto. Aveva pensato che probabilmente i parenti andavano semplicemente a raccogliere la posta ogni tanto, o a tagliare l'erba ( era talmente alta che copriva totalmente la visuale sulle sue entrate e uscite dalla casa ) ma adesso che lui usava acqua e corrente elettrica avrebbero scoperto i suoi consumi, e quindi la sua presenza illegale.

    Aveva quindi deciso di ridurre al minimo i consumi, sperando così facendo di non insospettire nessuno.

    Non aveva intenzione di far interrompere il suo riposo da qualche rompicoglioni.

    Era stato fortunato ad essersi ricordato di quella casa. Gli era venuto un flash nella mente, di quella serata passata lì dentro, su di un vecchio divano. La cosa era strana, lo aveva leggermente insospettito, perché la sua memoria non era mai stata molto buona, ci aveva riflettuto solo un secondo, poi aveva lasciato perdere...

    La sua presenza all'interno della casa non era facilmente visibile, se avesse acceso qualche lampadina le finestre erano sbarrate e si intravedeva ben poco del suo interno, la casa era posizionata nella curva di una stradina secondaria, non ancora asfaltata...le rare volte in cui passava una macchina i sassi a terra facevano in modo che si alzasse un polverone che aleggiava nell'aria nascondendo ancor meglio la sua presenza furtiva. Era una zona vecchia, con case vecchie e per lo più disabitate, era nella città di Fobetore, ma in un quartiere dove alcuni campi di sterpaglie avevano resistito all'urbanizzazione, le case vicine erano alternate dalla presenza di giardini, quindi anche se avesse fatto rumore non lo avrebbero facilmente sentito.

    A giudicare dall'altezza dell'erba anche le altre case dovevano essere abbandonate o comunque abitate da qualche anziano che non usciva quasi mai e non aveva la forza o i soldi per sistemare il giardino.

    La visuale all'interno della casa era riparata dalla presenza di alberi, siepi (che erano morte seccandosi) e cespugli cresciuti a dismisura.

    La posizione era ottima per spostarsi a piedi, da entrambe le direzioni dove terminava la via diventava asfaltata e si collegava con una delle principali di quella zona della città.

    Nelle vicinanze c’erano negozi, supermercati e tutto quello di cui avrebbe potuto aver bisogno. In pochi giorni durante le sue perlustrazioni della zona aveva conosciuto tutti i locali dove potersi sfamare. La sua pigrizia del momento gli produceva facilmente attacchi di fame nervosa, che lo colpivano sempre più frequentemente. Non ne aveva mai sofferto prima, per la prima volta nella sua vita si interessava tanto al cibo.

    Si abbuffava, e nonostante fosse sazio bramava mangiare ancora. Gli era venuta la fissa per il cibo giapponese, avrebbe voluto mangiarlo ogni giorno. Aveva nella zona tre diversi ristoranti asiatici raggiungibili a piedi in poche decine di minuti. Proponevano un menù fisso dove la gente poteva sfondarsi all'infinito di riso e pesce (di qualità incerta).

    Mangiava fino a sentirsi lo stomaco esplodere, oziando tutto il giorno e non lavorando non aveva niente da fare, quindi cercava di passare più tempo possibile dentro al ristorante.

    Durante tutto il tempo che passava lì dentro mangiava e a guardava gli altri clienti, origliava le conversazioni degli altri tavoli e squadrava dalla testa ai piedi le donne degli altri uomini. Nessuno osava dirgli niente, nemmeno quando gli capitava di essere scoperto a ridere di battute degli altri tavoli. Anche solo a guardarlo metteva paura. Grande, grosso e pericoloso.

    Era un personaggio dalla quale stare alla larga, il tipico farabutto capace di qualunque schifezza. Camminando di ritorno verso casa gli salivano rigurgiti di sushi fin su nella gola, e prontamente li ricacciava giù nello stomaco.

    Quando si stufava dell'asiatico amava mangiare il pollo. C'era un localino nella strada principale del quartiere, sempre affollato, offriva pollo allo spiedo da mangiare con le mani, adorava spolpare la carne con le mani, con i denti che sferzavano le ossa. Mento e bocca sporchi, come un animale selvaggio, era il locale adatto a lui. Poteva dar sfogo alla sua bestialità.

    Le signore presenti lo guardavano con disgusto, mentre da parte sua era così divertente vedere quelle facce schifate, godeva di questa sua rudezza e ripugnanza. Aveva sempre pensato di essere superiore agli altri, era superbo fino all'osso, e di conseguenza voleva avere sempre ragione, in quello che diceva e che pensava. Chi avesse avuto il coraggio di contrariarlo avrebbe conosciuto la sua ira, scatti improvvisi di follia lo possedevano anima e corpo non appena si vedeva fare un torto o si sentiva offeso da qualcuno. Era molto permaloso, scattava aggressivamente con molta facilità, anche per piccolezze senza alcuna gravità. Questi sprazzi di personalità altalenante davano origine in lui alla lussuria, che si sprigionava costringendolo ad andare contro la sua stessa morale. Si odiava per questo, ma si vedeva obbligato a sfogare i suoi istinti animaleschi frequentando locali notturni, o cercando nei peggiori bar donne ubriache dai facili costumi per poter ovviare ai suoi bisogni fisici.

    I vizi, distruttori dell'anima umana.

    Per quanto riguarda gli altri vizi quali invidia e avarizia non facevano parte della sua personalità. Si accontentava di cinque su sette...non male...pensò con soddisfazione. Una grassa risata riecheggiò nella sua mente perversa.

    ANTHONY

    Sembravano così lontani gli anni in cui il suo pensiero volava libero da ogni impedimento.

    La vita è difficile per chi pensa troppo...

    Era giunto a questa conclusione.

    La sua vita continuava a cambiare di anno in mese in settimana, sempre qualcosa di nuovo, di diverso. Non ne poteva fare a meno. Non riusciva a resistere troppo tempo con la stessa donna, con lo stesso lavoro, nella stessa casa o città. Un’eterna ricerca di un qualcosa che forse nemmeno esisteva, lo sovrastava.

    Questo era quello che credeva di volere.

    Anni prima forse, ormai ne era sempre meno sicuro. Gli episodi capitatigli di recente rimettevano nuovamente tutto in discussione.

    SAMUEL

    Passati alcuni mesi all'interno della casa abbandonata iniziava ad averne abbastanza anche di quella sistemazione.

    Era giunto nuovamente il momento di cambiare.

    Aveva bisogno di un po’ di vita, si era affossato dentro quel cesso per troppo tempo, non aveva mai avuto la pancetta, e guardandosi allo specchio si era reso conto che quella non poteva essere la sua vita, abbuffarsi ed ingrassare, star fermo con le mani in mano a dormire e girare per la città come un barbone qualunque... iniziava a farsi schifo da solo... ma tutto questo aveva avuto un senso in ogni caso... aveva avuto bisogno di quel periodo un po' così... toccare il fondo gli aveva permesso di schiarirsi la mente e riflettere sui cambiamenti che avrebbe potuto attuare.

    Sentiva che dentro di lui qualcosa stava per cambiare a breve, stava per accadere qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la sua vita, era una sensazione troppo forte, non poteva essersela immaginata!

    Non lo stava inventando, anche se restando chiuso li dentro tutto quel tempo sentiva che aveva iniziato a farlo diventare paranoico e schizzato.

    Più di quanto fosse mai stato già di suo.

    Sentiva un bivio che si avvicinava alla strada della sua esistenza. Quale direzione avrebbe preferito questa volta?

    Quella del male a cui era devoto fin da piccolo o finalmente avrebbe dato retta alla sua coscienza sporca che aveva sempre cercato di far tacere?

    Si, perché una coscienza l'aveva, anche se a guardarlo non lo si sarebbe mai detto...ma il fatto era che per lui quella vocina che chiamava coscienza, e che aveva sentito raramente durante tutta la sua sporca esistenza era un qualcosa di estraneo al suo corpo.

    Era difficile da spiegare anche all'interno della sua stessa mente. Non che non ci avesse mai provato, ma aveva sempre cercato di convincere sé stesso che era una cosa normale: tutte le persone sentivano queste vocine all'interno della loro testa quando facevano qualcosa di giusto o sbagliato che fosse... ma per lui era qualcosa di più... sapeva... o meglio sentiva ...era una voce estranea... come se avesse sentito il sussurro di un'altra persona al suo orecchio.

    Una persona diversa da lui, che criticava il suo operato...le sue scelte... le sue abitudini. Non poteva essere la sua coscienza... perché... semplicemente perché lui non condivideva quello che diceva la voce... a lui piaceva essere cattivo... ogni tanto pestare a botte qualcuno... prendersi gioco degli altri... approfittare delle donnette che frequentava... vivere una vita esagerata, senza leggi né regole né coscienza. Sgraffignare tutto ciò che di più divertente ed eccitante offriva la vita, senza mai pensare agli altri o guardarsi indietro... praticamente la vita che molti avrebbero voluto condurre, ma che quasi nessuno aveva i coglioni come lui di affrontare realmente.

    Il mondo cercava di fotterlo...e lui fotteva il mondo!

    ANTHONY

    <>

    Così recensiva una rivista specializzata sulla copertina di un romanzo vecchio di una trentina d'anni. Era li, sopra il tavolino del soggiorno. Si ritrovò a fissarlo. Non riusciva a lavorare. Rita era al lavoro. Decise di uscire a fare una camminata. Lunghe passeggiate immerso nella natura. In quel periodo era l'unica cosa che riusciva a svagarlo. Soprattutto quando usciva all'alba e al tramonto. Atmosfere suggestive per risvegliare emozioni.

    Alcune persone sono fisicamente attratte dal mistero. Passando a fianco di edifici abbandonati altre persone non ci fanno nemmeno caso. Lui non era tra questi ultimi.

    Ogni strada che percorreva gli veniva automatico girarsi a guardare quei vecchi ruderi che spesso si incrociavano. Ne era attratto, come ci fosse stata una voce sussurrante che lo chiamava dal loro interno.

    Non si ero mai spiegato questa cosa, ma non gli dispiaceva, anche se a volte ripensarci gli faceva un po' timore, sorgeva spontaneo domandarsi quale fosse la storia di quel luogo, com'era la vita al suo interno quando era ancora abitato, chi ci avesse vissuto, cosa lo aveva portato a ridursi in quello stato?

    Marvin aveva espletato tutti i suoi bisogni. Aveva abbaiato rabbiosamente a quell'edificio abbandonato lungo la statale, quando ci erano passati di fianco. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni. Lo conosceva da poco, ma normalmente non era il tipo di cane da comportarsi in quel modo. Aveva tirato il guinzaglio così forte che pensò si volesse strozzare. Ringhiava in un modo diverso, come non gli aveva mai sentito fare, nemmeno quando incrociava altri cani o rincorreva per il giardino i gatti del quartiere che sconfinavano nel suo territorio. I suoi occhi (già di suo grandi da sembrare fuoriuscirgli dalle orbite) sembravano volergli esplodere, e la bava gli colava copiosamente dal mento. Tony aveva dovuto tirarlo insistentemente alcuni minuti per riuscire ad allontanarlo da quel luogo da brividi. Pesava una decina di chili, e per aver usato tutta quella forza doveva essere veramente terrorizzato. Pensò che avrebbe dormito stremato tutto il giorno dopo quella sfuriata. Marvin era il carlino di Rita. Quel posto così macabro e misterioso aveva stregato ed incuriosito anche lui oltre che il cane. Per il momento potevano tornare a casa.

    [***]

    Si buttò sfinito sul divano. Erano anni che una semplice casa abbandonata non gli faceva venire i brividi come quella. Eppure non era accaduto nulla di ché, era stato contagiato dall'agitazione di Marvin. Era curioso, chissà se avrebbe trovato qualche informazione cercando in internet.

    Prese lo smartphone e fece una ricerca approfondita sulla nuova zona dove viveva. Sperava di trovare particolari, dettagli che avrebbero potuto spalancargli la mente, fargli capire qualcosa in più su quelle sensazioni che aveva provato passando davanti a quello stabile.

    Poteva essere uno spunto per un possibile romanzo. Chissà. Non si poteva mai sapere. La notte prima aveva avuto delle visioni, ma forse erano stati semplicemente incubi. Erano sembrati così reali. Quasi si era chiesto se fosse stato lui stesso a vivere quelle esperienze in una vita passata. Che sciocchezza, era il solito credulone paranoico, pensò.

    Aveva avuto come la sensazione di aver visto attraverso gli occhi di qualcun' altro. Ricordava alcuni spezzoni del sogno quando si ero svegliato varie volte durante la notte, mentre al mattino aveva quasi completamente rimosso tutto.

    Un senso così fastidioso sottopelle di disgusto per

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