Filottete
Di Sofocle
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Il Filottete, per la prima volta rappresentato ad Atene nel 409 a.C., è un'opera della piena maturità del poeta. La vicenda narrata (un episodio del mito che si colloca al termine della guerra di Troia) diviene, nelle mani di Sofocle, uno strumento per indagare i misteri della provvidenza divina e quelli del dolore umano.
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Anteprima del libro
Filottete - Sofocle
FILOTTETE
Sofocle
Traduzione di Felice Bellotti
© 2018 Sinapsi Editore
PERSONAGGI
ULISSE.
NEOTTOLEMO.
CORO DI GRECI.
FILOTTETE.
UN MARINAJO CHE NON PARLA.
UN ALTRO MARINAJO CHE NON PARLA.
ERCOLE.
SEGUACI DI NEOTTOLEMO.
Scena, una spiaggia dell'isola Lenno con monti e grotta nel fondo.
ULISSE, NEOTTOLEMO e i suoi seguaci.
ULISSE. Sì; questa è l'erma inabitata costa
Della cinta dal Mar Lenno, dov'io,
O del più forte in fra gli Elleni Achille
Nëottolemo figlio, esposi un giorno,
Per commando de' re, quel Melïense
Di Peante figliuolo, a cui dal piede
Gemea l'umor di corrodente piaga.
Ei nè libar, nè sagrificio in pace
Far ne lasciava, e tutta ognor l'armata
Funestava d'acerbe infauste grida,
Sospirando, sclamando. Ma che giova
Ciò narrar? Di parole or non è tempo,
Sì che intanto colui la mia venuta
Non risappia, e gittato io m'abbia il frutto
Dell'artificio, onde ghermirlo intendo.
Dar mano all'opra a te s'aspetta, e pria
Qua d'intorno indagar dove nel monte
V'è traforato a doppia foce un antro,
Tal che il Sol da due parti entra nel verno
A intepidirlo, e nell'estate l'aura
Passa fuor fuora, e vi conduce il sonno.
E un po' di sotto a manca man vedrai,
Se ancor vi scorre, un fonte. Cheto cheto
Vanne in cerca, e segnai fammi se il loco
È qua presso, o non è; chè il resto poi
Io dirti possa, e tu l'ascolti, e l'opra
Per ambo uniti indi pervenga a fine.
NEOT. (avviatosi su 'l monte)
Non lunga inchiesta or m'imponevi, Ulisse.
Già vederlo mi par l'antro che dici.
ULISSE. Su nell'alto, o nel basso? Io non discerno.
NEOT. Quassù; ma calpestío d'uom non si sente.
ULISSE. Guarda, non forse entro ei vi sia prosteso
Nel sonno.
NEOT. Veggo un abituro vuoto,
Senz'uom veruno.
ULISSE. E non v'è dentro un qualche
Domestico utensile?
NEOT. Evvi di frondi
Come un letto per uom che vi si corchi.
ULISSE. Spoglio il resto di tutto? altro non havvi?
NEOT. Una ciotola ancor di grezzo legno,
Opra di rozzo fabro... e queste ancora
Selci focaje.
ULISSE. È il suo corredo appunto.
NEOT. Doh doh! cenci di putre umor grondanti
Pendon quinci a sciugarsi.
ULISSE. Ei quivi al certo
Ha soggiorno, e lontano or non s'aggira;
Chè d'antico malore infermo il piede,
Come andarne può lunge? Ito egli è forse
Alla cerca di cibo, o dove ei sappia
Costà presso erba o fronda alleviatrice
De' suoi dolori. Or tu questo sergente
Manda intorno a guardar, sì che improviso
Non mi colga colui; chè me vorrebbe,
Me solo aver più che gli Argivi tutti.
NEOT. (scende dal monte, e parla ad uno del suo séguito)
Ecco, ei va: custodito il passo fia.
Franco a dir ciò che vuoi dunque riprendi.
ULISSE. Figlio d'Achille, or si convien che forte
Sii nell'opra, a cui vieni; e non sol forte
Del braccio, no; ma s'anco udrai tal cosa
Per te nuova, e che pria mai non udisti,
Farla; chè mio secondator qui sei.
NEOT. Che m'imporrai?
ULISSE. Di Filottete è d'uopo
Che con accorto ragionar t'adopri
Ad aggirar la mente. Ov'ei ti chiegga
D'onde vieni, e chi sei, — Figlio d'Achille, —
Risponderai; chè in ciò mentir non giova.
Poi di' che alle tue case or tu veleggi,
Abbandonando degli Achei l'armata,
Pien d'acerbo rancor, che supplicanti
Quelli a trarti venian dal patrio tetto,
Unico mezzo