Facce da facebook. La Calabria nei social
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È profondamente cambiato il nostro sistema di relazioni, e il racconto della realtà si sovrappone alla vita reale. La nostra esistenza è sempre più “postata”, connessa e condivisa, protesa a “difendere” lo spazio di visibilità online conquistato.
Il testo nutre l’ambizione di sondare il ruolo che i New Media svolgono, in abito locale, nel complesso rapporto cittadini-politica. La scelta di privilegiare Facebook va ascritta sia alla popolarità della piattaforma che per le pagine pubbliche dei sindaci calabresi che ospita. Il monitoraggio è stato costante, durato mesi, grazie al quale è stato possibile stabilire modalità e frequenza del rapporto intercorso tra i primi cittadini e le comunità amministrate.
Prezioso è risultato il contributo della società di sondaggi Demoskopika che, attraverso una serie di indicatori, ha operato una graduatoria degli amministratori più social della regione.
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Facce da facebook. La Calabria nei social - Attilio Sabato
Collana
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ATTILIO SABATO
FACCE
da
La Calabria nei social
Proprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Edizione eBook 2018
ISBN: 978-88-6822-742-5
Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.it - www.pellegrinieditore.com
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
"Ho conosciuto un bravo veterinario il quale,
non senza qualche parvenza di ragione,
negava sistematicamente fede alle notizie giornalistiche.
Ma se un compagno occasionale versava
nel suo orecchio attento le frottole più sorprendenti,
il mio uomo andava in brodo di giuggiole"
(Marc Bloch, Apologia della storia)
Presentazione
Il libro nasce dal desiderio di indagare ciò che sta accadendo in Calabria all’indomani dell’avvento dei social media. In che misura i mezzi della moderna comunicazione hanno cambiato la nostra percezione della realtà, e sulla base di quali convincimenti riteniamo possibile l’interazione tra virtuale e reale.
Cosa avviene in quella zona grigia
percepita come luogo del possibile, affollato, presidiato, dominato dal sentire collettivo
in cui convivono il meglio ed il peggio di noi tra post, like e commenti. È qui che ci sveliamo o raccontiamo come vorremmo apparire al mondo che ci osserva. In un breve lasso di tempo è profondamente cambiato il nostro sistema di relazioni, che antepone il racconto della realtà alla vita reale. La nostra esistenza è sempre più postata
, connessa e condivisa, protesa a difendere
lo spazio di visibilità online conquistato. Inseguiamo il mi piace
certificante nell’illusione fallace che sia direttamente proporzionali alla quota di popolarità di cui immaginiamo di godere. Siamo ossessionati dal mostrarci per attirare su di noi le attenzioni del popolo della rete. E così condividiamo ogni segmento di vissuto: compleanni, salute, viaggi, traguardi, ansie, timori, paure, incertezze, certezze, successi professionali, delusioni e, perfino, storie d’amore finite e/o appena iniziate.
I Social hanno determinato un cambiamento epocale nella società nel suo complesso, favorendo la nascita di nuove sensibilità e garantendo a tutti la possibilità di accesso nella sfera del protagonismo.
Il testo nutre l’ambizione di sondare il ruolo che i New Media svolgono, in abito locale, nel complesso rapporto cittadini-politica. La scelta di privilegiare Facebook va ascritta sia alla popolarità della piattaforma che per le pagine pubbliche dei sindaci calabresi che ospita. Il monitoraggio è stato costante, durato mesi, grazie al quale è stato possibile stabilire modalità e frequenza del rapporto intercorso tra i primi cittadini e le comunità amministrate.
Oltre 20.000 i post osservati, dai quali sono stati estrapolati i più significativi e degni di nota, per restituire, il più fedelmente possibile, il clima che si respira nei gazebo
della comunicazione 4.0
in Calabria. Solo osservando il traffico
nelle pagine pubbliche degli uomini che ricoprono ruoli di responsabilità di governo in Calabria, vale a dire i sindaci di Cosenza, Reggio, Crotone, Catanzaro e Vibo, attraverso il monitoraggio delle pagine pubbliche, il numero dei follower, i contatti, le interazioni, i post, i like, i commenti, è stato possibile definire le specificità di approccio nel contatto con i territori amministrati. Una ricostruzione fedele, attenta e minuziosa delle performance più interessanti che, sottratte alla voracità della Rete, vengono restituite in queste pagine, e che descrivono la percezione che i cittadini hanno dei problemi (veri) della regione.
C’è il tutto pubblico
che vive nelle idee e nei progetti, nelle ambizioni e nelle aspettative, nelle azioni e nelle reazioni in cui ci sta dentro: livore, rabbia, pregiudizio, invidie, frustrazione, ma anche sostegno e condivisione. È il nuovo sentire che nasce nel cuore della Rete e si espande in ogni dove, contaminando, nel tentativo di condizionare i processi. Il Social è gradualmente diventato lo spazio privilegiato nel rapporto diretto con i cittadini ed è sempre più spesso utilizzato dai sindaci per sondare la bontà di un provvedimento assunto. Il mezzo, per struttura e fruibilità, consente l’invio di messaggi, contestualmente, ad un numero elevato di utenti. Non mancano gli esempi che testimoniano l’uso della piattaforma per annunci di pubblica utilità: l’acqua che manca, la scuole che chiudono, la viabilità compromessa, ma anche convegni, incontri, dibattiti.
Pubblica utilità e marketing di se stessi convivono nell’incessante produzioni di post che affollano i profili degli amministratori locali. È innegabile, però, che i new media e, segnatamente i social, abbiano contribuito ad aumentare la frammentazione del dibattito politico fagocitando la sfera pubblica.
Alcuni studi hanno dimostrato come Facebook, nonostante le insidie che nasconde, risulta essere la piattaforma più utilizzata dalla politica perché garantisce livelli di partecipazione più alti e, nel contempo, è considerato un indicatore fedele(?) del successo che il politico ottiene rispetto alla base elettorale di riferimento. Si può dedurre, in pratica, che il grado di empatia
tra elettore ed eletto è direttamente proporzionale al numero dei like che ogni suo post raccoglie. Se ciò fosse vero, come sostengono alcuni analisti della politica, si potrebbe sostenere che la raccolta
del consenso avverrebbe non più su base ideologica, ma in virtù di un rapporto fiduciario e, quindi, personale; per cui anche le vicende private assumerebbero peso e rilevanza nel giudizio complessivo espresso dai cittadini/utenti.
Questo libro non ha alcuna ambizione né analitica e né scientifica, purtuttavia il metodo utilizzato nella raccolta e nella scelta dei post riportati è stato rigoroso. Pertanto, sia i post che i commenti sono stati trascritti senza alcun intervento[1] al fine di restituire a chi legge una fotografia il più fedele possibile di ciò che si muove sui Social. Attraverso la riproposizione delle interazioni e del rumore
prodotto dalla Rete, si evince una distanza netta tra i vari territori che quasi mai solidarizzano. C’è una ossessiva esposizione
dei particolarismi distanti e distinti dal comune sentire nella dimensione regionale. Ogni singola realtà del territorio calabrese si percepisce e si rappresenta come un unicum, e la Rete asseconda, favorisce e spinge questa percezione. Solo in alcune, particolari, e visibili reciprocità, si intuisce lo sforzo degli interlocutori di allargare l’orizzonte. Prezioso è risultato il contributo della società di sondaggi Demoskopika che attraverso una serie di indicatori ha operato una graduatoria degli amministratori più social della regione, elaborata sulla base di 65.000 pagine indicizzate, 135.000 like su Facebook, 8000 risultati conteggiati su Youtube.
[1]Se non quelli atti alla tutela della Privacy.
L’alba del nuovo mondo
Una inquadratura larga su una villetta davanti alla quale c’è un uomo in piedi che parla. L’accento è marcatamente veneto. Il messaggio è dichiaratamente volto agli abitanti del sud Italia. Attacca, infatti, con un inequivocabile "Ciao terroni. Come va?".
Il testo altro non è che un ragionamento piuttosto elementare basato su due concetti semplici. Il primo è la memoria, "[…] mi ricordo di voi dice l’uomo davanti alla sua villetta illuminato da una luce grigia
[…] quando venivate con le valige di cartone, dicevate di voler lavorare, ma non era vero. […] vi piazzavate davanti al municipio ad urlare «Vogliamo la casa», altro che 35 euro… la casa! Il professore a scuola ci insegnava che il «leone mangia il terrone» e tutti ridevamo. […] anche al primo convegno della Lega l’han detto – nel 1979 – «Viva il leone che mangia il terrone». […] ci facevate proprio schifo […], continua il protagonista del video,
[…] finché non è successo il miracolo […]" e qui si apre il discorso sul secondo semplice concetto che il video vuole comunicare: quanto impara la società dalla propria storia.
"[…] Sì, perché il miracolo – di cui sopra – altro non è che l’arrivo dei negri
. "I negri
sono riusciti a fare quello che Cavour non è riuscito a fare, han fatto gli italiani. Dopo 300 anni ci siamo scoperti tutti fratelli dandogliele al negro
. Ma io ricordo quanto schifo ci facevate e si vede che non ve lo abbiamo detto bene perché se aveste capito quanto vi disprezzavamo adesso non avreste votato Salvini. Terroni, ma che cazzo di problemi avete, dovreste vergognarvi […]"[1].
Il testo è di Marco Giacosa e la suggestione creata dall’attore Andrea Pennacchi diretto da Francesco Imperato. Un monito politico, non originalissimo, già espresso più e più volte, ma mai in maniera così efficace e diretta. Il video è stato postato un venerdì di ottobre e in poche ore ha superato un milione di visualizzazioni, arrivando a 2 milioni e mezzo in una settimana e registrando 57476 condivisioni ed oltre 32000 reazioni.
Il video è stato pensato, studiato, calibrato per essere divorato
in Rete, ma è del tutto normale intercettarlo attraverso i canali utilizzati dai media tradizionali. In questo caso, per esempio, ho appreso dell’esistenza del videoclip dalla homepage dell’AGI. Ebbene, si dirà: possibile che una cosa
postata su Facebook finisca nelle redazioni dei media tradizionali?
Sì, è normale che le notizie diffuse in Rete vengano prese in carico dalle redazioni tradizionali, il circuito mediatico moderno vive nella contaminazione necessaria e costante, sia nella produzione che nella diffusione della notizia.
È chiaro che esistono differenze evidenti tra i vari strumenti informativi, sia di natura tecnica che di linguaggi, ma ciò non impedisce una costante interrelazione, anzi, la rende indispensabile. Appartengo alla generazione della Tv, del giornale e della radio, del tempo lento delle news, in cui evento, fatto o notizia si evolvevano in un arco temporale inimmaginabile per l’oggi mediatico.
Ho vissuto l’era della constante caccia alla notizia, ora vivo l’inseguimento delle news. A volte sono, quasi, costretto a leggere anche ciò a cui non sono interessato, in virtù del rapporto ansiogeno che mi lega allo smartphone, lo strumento attraverso il quale mi connetto con il mondo e dal quale ricevo input costanti: avviso, notifica, messaggio, La tecnologia ha modificato anche i miei comportamenti, e così al mattino, appena sveglio, faccio tre cose: bevo un caffè, leggo i giornali e, impugnato il telefono, apro l’app di Facebook per controllare l’andamento del mio ultimo post, verifico i like ottenuti, i commenti e il numero di condivisioni.
Poi lo sguardo alla home per vedere ciò che i miei amici hanno postato: foto, video, commenti. Non è stato facile per chi come me ha vissuto nel mondo prima del digitale, accettare l’intromissione della Rete, ma è obbligato a farlo per competere in un mercato del web in cui per Facebook non c’è alcuna differenza tra un articolo redatto da un professionista ed un qualsiasi blog. Non v’è alcun dubbio che il rapporto che esiste tra i media e le aziende del web è di convenienza reciproca, niente più che questo, attesa la diffidenza reciproca. È opinione diffusa tra i giornalisti che Internet ha rovinato la professione e rubato introiti pubblicitari ai giornali, alcuni dei quali sono stati costretti a chiudere.
"Non leggo i giornali – ha detto Zuckerberg in un’intervista al New Yorker –
né i siti di news e la maggior parte della gente al giorno d’oggi fa come me".
Le parole del fondatore di Facebook la dice lunga sull’importanza che l’informazione occupa nel circuito della condivisione permanente
. Tuttavia, però, non si può non tenere conto di ciò che accada quotidianamente in Rete, dove, piccoli e grandi eventi subiscono la dittatura dell’urlo necessario. I social adottano
la notizia, ne seguono l’evoluzione, ne alimentano l’interesse, ne impongono la visibilità. C’è un prima e un dopo che si evince seguendo i flussi delle condivisioni crescenti.
Il cosiddetto caso
Lucano, per esempio, nato una mattina d’ottobre con l’arresto del primo cittadino di Riace, spiega perfettamente ciò che avviene. La notizia è battuta dalle agenzie, rilanciata da siti e giornali online, ripresa dalla tv e raccontata dalla radio. Ma è nel social che esplode
, che trova terreno fertile per la sua rapida ascesa mediatica, conquistando posizioni di visibilità, altrimenti difficili da raggiungere. Nel giro di poche ore il volto di Lucano conquista bacheche, profili e chat. Riace, da piccolo centro della Calabria si trasforma
in luogo di comunità condivisa, linea di confine, terreno di scontro, in cui prende forma ciò che altrove si consuma in luminosi
studi televisivi. Il clamore per l’accaduto è crescente, così come la popolarità dell’uomo su cui si accendono i riflettori del palcoscenico virtuale. Il dato si coglie, nitidamente, seguendo l’andamento dell’attenzione che la Rete riserva al caso
. C’è un prima e un dopo visibile nel movimento
che il social restituisce in termini di partecipazione militante, nel senso pieno del termine. Sostegno e avversioni convivono in un complicato gioco di contrapposizioni alimentando dubbi, perplessità e certezze. Le solidarietà e le avversioni create dall’impatto emotivo diventano linfa vitale dell’accaduto che, facendo leva sulle inevitabili contrapposizioni, si rilancia, si amplifica, si sostiene.
Il social è il gazebo della piazza, il luogo
dal quale si leva l’urlo dell’indignazione, ma anche del sostegno e della condivisione che si estrinseca, come è accaduto in questo caso, nell’aggregazione spontanea, convinta e partecipata. .
All’indomani dell’arresto del Sindaco con l’accusa di Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
, 2 Ottobre 2018, si moltiplicano, infatti, in maniera esponenziale gli articoli, le notizie, i video e le condivisioni che affrontano l’argomento. La rete fa registrare un affollamento di informazioni. A fronte, infatti, di un profilo privato chiuso – con 5000 contatti, che è il limite imposto da Facebook, fioriscono pagine pubbliche e gruppi di sostegno e gli hashtag #iostoconmimmolucano, #iostoconriace, #riacenonsiarresta diventano in brevissimo tempo virali.
La Pagina non ufficiale – gestita dunque da amministratori – Mimmo Lucano Fans Page
[2] creata il 5 Ottobre 2018 ad oggi conta 3587 like e 3608 follower; in luogo dei 23.283 like e 23.575 follower della pagina Riace Patrimonio dell’umanità
creata il 12 Aprile 2018 a seguito delle prime critiche che il modello di accoglienza
registra. I video correlati nel motore di ricerca di FB alla parola chiave Domenico Lucano
sono circa un centinaio con un trend di visualizzazione in crescita raggiungendo il picco massimo in occasione della sua partecipazione sulle reti nazionali nel programma Che tempo che fa
il 22 ottobre 2018; il video del suo intervento postato sui social, infatti, fa registrare 54.993 visualizzazioni e oltre 1000 condivisioni nel giro di 2 giorni[3]. Lucano buca
il video e la rete, tant’è che si moltiplicano le trasmissioni televisive che usano
l’argomento Riace.
Il monologo di Maurizio Crozza su "Domenico Lucano, per esempio, postato il 10 ottobre 2018 arriva ad oltre 304.000 visualizzazioni sostenute da 8000 condivisioni[4]. È particolarmente interessante rilevare che nell’indagine attraverso il motore di ricerca del social, digitando Riace
o Lucano
, viene immediatamente associata, come suggerimento, la pagina pubblica di Matteo Salvini. Va da sé il ruolo predominante che svolge l’algoritmo che sceglie e impone.
In Italia la quantità di profili attivi è assai consistente, circa 30 milioni, e questo ci dà la misura di quanto le piattaforme digitali e le applicazioni social siano diffuse. Anche se in Calabria, secondo i dati diffusi dal Report "Regional Yearbook 2018" il 13 settembre, meno di 2 utenti su 5 utilizzano i Social Network e dunque meno del 40% della popolazione adulta – con età compresa tra i 16 ed i 74 anni – a fronte di una media europea che si attesta al 54%[5], le piattaforme digitali sono sempre più visitate
. Non si spiegherebbe altrimenti la popolarità raggiunta da numerosi utenti che annoverano nelle loro pagine un cospicuo numero di seguaci.
Non è difficile, infatti, scorgere nei meandri della rete la costante ascesa di nuovi protagonismi. È il nuovo mondo bellezza, in cui basta, relativamente, poco per trasformare vite modeste in ambiziose vetrine illuminate.
[1] Quando i neri erano meridionali: ovvero l’ultimo è il
più terrone di tutti
https://www.facebook.com/thisisrazzismo/videos/551229588670224/ rilanciata anche dall’agenzia ADN Kronos.
[2]https://www.facebook.com/Mimmo-Lucano-fans-page-113676242067365/?ref=br_rs
[3] https://www.facebook.com/ilsalto.net/videos/187465062137892/ - pagina visitata il 24 Ottobre 2018.
[4]https://www.facebook.com/Riacepatrimonioumanita/videos/254032811950425/ - pagina visitata il 24 ottobre 2018.
[5]Michele Inserra ne il Quotidiano del Sud del 22 Ottobre 2018.
Benvenuti nella Democrazia dei Like
"Se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro", l’aforisma nietzschiano tanto spesso condiviso e likato sui social, mai come in questo caso mostra tutto il suo drammatico e immaginifico potenziale. Sette pagine pubbliche Facebook, migliaia di post, commenti e risposte ai commenti, un numero imprecisato di reazioni, un numero esorbitante di condivisioni nella somma. Il tutto ed il contrario di tutto concentrato nello spazio di una mano.
10 mesi di lettura quotidiana di post e commenti – da luglio 2017 a maggio 2018 –, 10 mesi di speranze, illusioni, disillusioni, frustrazioni condivisioni e anche rabbia. Mesi di sofferenza per chi deve leggere e mai intervenire, per chi deve mantenersi oggettivo a prescindere dal tema, a prescindere da quell’abisso che ti è entrato dentro, a prescindere dal sangue che pulsa nelle tempie. Ciò che al visitatore distratto o al nuovo utente può apparire come un semplice passatempo, si traduce in un contenitore di vite oltre che di foto, in una caotica e coinvolgente insalata di emozioni.
Unica sicurezza i numeri, certezza all’inizio debole, ma fortificata dalla collaborazione con l’istituto Demoskopika che ha corroborato, attraverso una serie di indicatori[1], a capire cosa si intende per "Like Democracy. Definizione chiara, descritta come la
quotidiana conquista dei like
che diventa obiettivo irrinunciabile per incrementare la propria popolarità e fidelizzare il rispetto e la fiducia dei seguaci
della rete. I social media, insomma, diventano sempre più protagonisti nelle cose
della politica oltre che della vita quotidiana di ognuno di noi. È, infatti, diffusa la consapevolezza che il numero di follower ottenuti sia direttamente proporzionale alla popolarità reale e, in un certo qual modo, ad incrementare la possibilità di un maggiore consenso politico ed