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Soala Cross vol. 5 - L'inganno della peccatrice
Soala Cross vol. 5 - L'inganno della peccatrice
Soala Cross vol. 5 - L'inganno della peccatrice
Ebook241 pages3 hours

Soala Cross vol. 5 - L'inganno della peccatrice

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About this ebook

Omicidi a ripetizione si susseguono in un modesto villaggio a opera di un cavaliere nero in groppa a un oscuro destriero. La gente vive nel terrore non sapendo se vedrà l'alba del giorno dopo mentre i nobili pensano solo al loro tornaconto e non fanno niente per fermare l'assassino. I tempi sono maturi, il sangue scorre, la paura dilaga e il Maligno sta per fare la sua mossa e tornare tra i vivi per portare l'inferno in Terra. Un'altra difficile indagine per Soala Cross che dovrà fare i conti che le sconcertanti verità del presente e gli inquietanti fantasmi del passato.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateDec 5, 2016
ISBN9788892640054
Soala Cross vol. 5 - L'inganno della peccatrice

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    Soala Cross vol. 5 - L'inganno della peccatrice - Manuel Mura

    633/1941.

    Ritorno al passato

    La carrozza procedeva lenta nel piccolo villaggio di campagna, costituito da una serie di case di paglia e legno.

    Di certo molto diverso dai grandi palazzi dei nobili, era in pratica un piccolo connubio di contadini e pastori.

    Anime semplici che lavoravano dalla mattina alla sera per poi vedersi spesso portar via la maggior parte dei beni dai nobili prepotenti.

    Comunque quei pochi che si vedevano a parlare intorno a dei fuochi a ridosso delle abitazioni o tornare nelle stesse, apparivano tranquilli e tutto sommato sereni.

    Alvor vide solo gente anziana anche se più avanti da un'altra strada stavano arrivando due carri.

    Come furono più vicini, notò diversi giovani mischiati agli anziani.

    Le due strade si incrociarono ma lo spazio era abbonndante e permetteva a tutti di passare, tuttavia Alvor lasciò andare avanti i giovani del posto.

    Questi buttarono solo fulgide occhiate verso di lui, in fondo era un uomo, alto e possente, con capelli neri e occhi marrone, ma a parte la divisa da crociato non suscitava il minimo interesse in loro.

    La maggior parte tornavano dal lavoro e volevano solo riposarsi e mangiare qualcosa, tuttavia come scorsero Soala accanto ad Alvor la cosa cambiò e le buttarono notevoli occhiate.

    Quasi invisibile dal fianco destro da dove erano giunti i due carri strapieni di persone, la notarono una volta superata la carrozza sul lato sinistro a fianco del guidatore.

    Anche se il suo vestito da suora smorzò molti entusiasmi la sua vista era ciò che di più piacevole ci si potesse aspettare dopo una giornata di lavoro nei campi.

    Anche se minuta i suoi lunghi capelli lisci color miele, il viso perfetto e solare e gli occhi verde chiaro la facevano apparire come una visione paradisiaca.

    Anche nel resto non sembrava da meno, con seno non enorme ma ben fatto e il fondoschiena che pure da seduta appariva già come qualcosa di straordinario.

    Gli sguardi come i commenti si moltiplicarono attirando lo sguardo bieco di Alvor, mentre Soala non perse il suo sorriso radioso e quando guardò nella loro direzione molti volevano fermarsi invece di proseguire.

    Però non potevano farlo, molti avevano le famiglie o da portare il cibo raccolto e su uno dei carri c'erano anche delle persone da portare subito dal dottore.

    Soala notò che su un carro, il primo della fila, c'erano due persone sdriate con delle coperte sopra che non sembravano stare bene.

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    <<È un bel posto a contatto con la natura e con persone che si guadagnano con la fatica quello che mangiano.>>

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    <<È passata una settimana dalla nostra ultima avventura ma sembra già un'eternità, comunque siamo ancora nel Granducato di Toscana e ci vorrà ancora un po' per uscirne.>>

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    Alvor si fermò ricordandosi che Francesco poteva essere benissimo in missione, chiedendosi inoltre cosa avesse fatto nel frattempo per trovare ciò di cui aveva bisogno primario.

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    Notò anche lui due persone sdraiate dentro il primo carro e in effetti era probabile che le stessero portando da un medico e questo almeno lo rincuorò sul fatto che ce ne fosse uno.

    Si mantenne comunque a una certa distanza dai due carri che anche se a malincuore avevano accelerato l'andatura, tuttavia i giovani continuavano a guardare verso Soala.

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    Alvor aveva parlato di getto senza pensare che anche loro facevano parte della chiesa, soprattutto Soala.

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    Alvor sapeva d'aver toccato un brutto tasto e si apprestò a scusarsi.

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    I due carri avanti si fermarono a ridosso di una costruzione in legno più grande delle altre che era pur sempre una baracca ma di sicuro molto spaziosa.

    Anche se fatta in stile semplice era una casa rettangolare bassa ma molto larga, di sicuro adatta per ospitare più persone.

    Da essa sbucò un uomo basso non più giovane e quasi calvo che disse qualcosa ai giovani che portarono giù le due persone facendole entrare dentro la casa.

    Alvor diminuì l'andatura fino quasi a fermarsi, aspettando che i due carri si fossero allontani.

    L'idea d'aver a che fare con una serie di giovani scalmanati che facevano commenti poco piacevoli sulla sua padrona non gli piaceva per niente.

    Guardò in alto dove il cielo era sgombro da nuvole e con poco vento.

    L'aria era ancora fresca ma piacevole anche a quell'ora della sera.

    A fare da perimetro al modesto villaggio c'erano una serie di alberi da ambo i lati che sembravano come mura difensive.

    I due carri ripresero il viaggio che li condusse poco avanti presso altre capanne dove uno dopo l'altro i giovani scesero e di sicuro rappresentavano le loro case.

    Alvor fece muovere i cavalli e in un attimo furono davanti alla casa.

    Scesero rapidi e bussarono alla porta, dove l'ometto di prima brontolando aprì.

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    Come vide Soala preferì sgranare gli occhi che parlare e nemmeno fece caso ad Alvor subito dietro.

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    La fece accomodare tutto contento nella sua modesta ma graziosa abitazione.

    Sembrava tutto concentrato in una stanza dove c'era un grosso letto davanti alla porta, un camino alla sua sinistra e dall'altra parte un grosso tavolo con delle sedie.

    Intorno diverse cassapanche facevano da contorno insieme a un grosso armadio quasi davanti al letto a fianco della porta.

    Tutto illuminato da diverse candele poste dentro degli specie di corni appesi alle pareti o al basso soffitto.

    Tuttavia la casa proseguiva, infatti sul lato destro, superato il tavolo, c'era un'apertura che portava in un'altra stanza anch'essa illuminata ma non quanto quella.

    Lì si intravedevano solo dei letti che di sicuro erano occupati da qualcuno.

    Provenivano dei mormorii leggeri ma continui di almeno un paio di persone.

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    <> tagliò corto Alvor stufo dei discorsi dell'uomo che sembravano non dover finire mai.

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    In quel momento sentirono una donna gridare dalla stanza accanto.

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    Si dileguò in un attimo nell'altra stanza mentre Alvor appariva perplesso.

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    Videro il dottore tornare frettoloso per poi prendere veloce qualcosa dentro l'armadio e correre nuovamente nell'altra stanza dove le grida aumentavano sempre più d'intensità.

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    Soala andò decisa nell'altra stanza che più ampia della precedente.

    C'erano una dozzina di letti messi su due file e sei di questi erano occupati da persone per lo più di una certa età.

    Solo uno era preso da un giovane che dormiva profondamente malgrado il rumore che faceva l'ultima della fila sulla sinistra, una donna non troppo anziana ma che soffriva molto.

    Il dottore tentava di farle bere un qualche intruglio e allo stesso tempo di tenerla ferma.

    Era una donna bassa e molto robusta, con capelli scuri messi alla rinfusa uno sopra l'altro e occhi dello stesso colore.

    Anche gli altri quattro pazienti la guardavano in apprensione.

    Alvor ci dette una vaga occhiata e vide un uomo anziano a cui mancava una gamba, una donna con molte fasciature in tutto il corpo, un'altra più anziana della precedente con una fascia alla testa e l'aria stralunate e l'ultima che era la più vecchia del gruppo e sembrava prossima alla morte.

    Non aveva fasce o altro ma appariva proprio vecchia, più di chiunque Alvor avesse mai visto, però i suoi occhi chiari sembravano ancora vispi e acuti come una ragazza.

    Fissava in maniera strana Soala ma forse era il suo normale modo di fare, mentre l'interessata era china sulla donna che urlava aiutando il dottore a farla star calma.

    <> accennò il dottore comunque contento che fosse lì e che l'aiutasse con la difficile paziente.

    <> Guardò poi verso la donna concentrando su di lei tutta la sua attenzione. <>

    Soala posò le mani sulla donna che inizialmente sussultò e urlò ma subito dopo parve calmarsi e accennare un sorriso sul suo viso sofferente, per poi smettere anche di urlare.

    <>

    Il dottore non ci pensò oltre e le fece bere l'intruglio grazie al quale la donna sprofondò in un sonno momentaneo che sperò sufficiente affinché l'operazione che doveva farle riuscisse.

    Lui si considerava un medio all'avanguardia rispetto ad altri che facevano rozze amputazioni senza anestetizzare il paziente e spesso inutili e senza criterio.

    Certo la medicina aveva molti interrogativi da svelare ma voleva almeno che la gente da lui soffrisse il meno possibile.

    Disse a Soala che doveva operare la donna che aveva diverse schegge nella schiena, alcune penetrate in profondità.

    Prese così dei coltelli affilati e stese un panno sul letto per coprire il sangue.

    Soala volle tenere per tutto il tempo la mano della signora anche perché di sicuro sentendo il dolore si sarebbe risvegliata malgrado l'intruglio di Gian Paolo, che trovava comunque un ottimo medico.

    Anche lei al suo convento aveva introdotto cose del genere già da un po' e ammirava sempre di più quell'ometto magari lussurioso nel guardarla ma serio nel suo lavoro.

    Infatti come le incisioni andavano in profondità la signora si svegliò ma sentiva come un tepore penetrarle dentro che le attenuava molto il dolore e riuscì a stare relativamente ferma mentre il dottore procedeva.

    Anche Alvor aiutava i due a tenerla ferma e buttava occhiate preoccupate ma anche d'ammirazione alla sua padrona che vedeva il sangue della donna spargersi attorno rimanendo lo stesso impassibile.

    Tanto per cambiare ne era rimasta quasi a corto e di sicuro la tentazione doveva essere forte ma si concentrò solo su quel che doveva fare e quando l'operazione finì la signora sembrava dormire beatamente.

    Il dottore le fece bere un altro po' di quell'intruglio per poi fasciarle bene le ferite.

    Aveva comunque un'aria soddisfatta e difatti era riuscito nell'intento e disse che presto sarebbe stata meglio.

    <>

    <<È la fede nel Signore che da la forza di superare le difficoltà e alleviare i dolori, altro non serve.>>

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    Uno degli altri pazienti si lamentò, era l'uomo senza una gamba ma il dottore lo guardò un attimo e gli disse di stare tranquillo.

    L'uomo però voleva qualcosa e il dottore corse nell'altra stanza a prenderglielo.

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    <>

    Sia lei che Alvor si guardarono intorno e la voce, che si ripeté, proveniva dalla donna più anziana che fissava Soala con intensità.

    <>

    Questa volta anche Soala perse il suo solito autocontrollo e sembrò sbiancare di colpo, avvicinandosi rapida alla donna tanto da farla trasalire e guardandola attentamente negli occhi.

    Per un attimo si fissarono una più perplessa dell'altra e Alvor più di entrambe.

    Certo avevano incontrato molta gente e Soala ancora di più, però non capiva quella sua reazione, non era di certo persona che non sapesse controllarsi o si stupiva facilmente.

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    La signora tossì e Soala le batté la mano sulla schiena per poi stringerle la sua.

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    <>

    Soala pianse lacrime di sangue che si apprestò ad asciugarsi aiutata prontamente da Alvor sempre più stupefatto dalle sue insolite reazioni.

    <>

    <<È mia sorella Angela, è ancora viva!>>

    Il volto di Soala sembrava ora quello di una bambina e pure le lacrime non accennavano a finire, mentre Alvor era sempre più confuso.

    <>

    <<È così. Sono cresciuta in un convento di suore e con me c'erano altre ragazze, una di queste era Angela. Siamo sempre state insieme e ci chiamavamo sorelle. Anche se non lo eravamo di nascita in pratica lo siamo state di fatto.>>

    <>

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