Il ladro di galline
By Marco Cagnone and Barbara Desilani
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Book preview
Il ladro di galline - Marco Cagnone
Indice
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 14
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
EPILOGO I
EPILOGO II
EPILOGO III
EPILOGO IV
EPILOGO V
EPILOGO VI
Marco Cagnone e Barbara Desilani
Il ladro di galline
Youcanprint Self-Publishing
ISBN | 9788827857632
Prima edizione digitale: 2018
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Questo romanzo è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone reali o fatti realmente accaduti è puramente casuale. I luoghi sono ispirati a posti reali della Valsesia.
Nessun animale è stato maltrattato durante la stesura di questo romanzo.
In copertina: Helel
- acrilico, cd e piume su tela (144 x 100, anno 2015)
Opera di Massimiliano Fabris – www.massimilianofabris.it
Youcanprint Self-Publishing
Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce
www.youcanprint.it
info@youcanprint.it
Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.
Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.
"La cattiveria è degli stupidi.
Di quelli che non hanno capito
che non si vive per sempre"
Ada Merini
CAPITOLO 1
Domenica pomeriggio
Prima arrivò il suono delle campane.
La colonna sonora della sua infanzia le riportò alla mente immagini, sensazioni, volti, profumi.
Paroloni come: sistema nervoso simpatico e parasimpatico
, rilascio di endorfine
e altri termini scientifici non potevano aggiungere niente a ciò che per lei era già evidente: la musica e i suoni toccano la nostra anima direttamente, estromettendo spesso il nostro cervello. Forse perché sono i suoni la prima cosa che percepiamo del mondo quando, ancora nel pancione di mamma, sentiamo il battito del suo cuore.
Così il suono delle campane riempiva l’aria limpida, si incuneava nelle strette stradine e sembrava, infine, aprirsi e inondare la piazza e ogni volta il suo cuore, allo stesso modo, veniva inondato di quella felicità un po’ spensierata che si ha da bambini nei giorni di festa.
Non importa quanti anni potesse avere, per un momento lei tornava la bimba col vestitino buono e le scarpe nuove.
Dopo un po’ arrivarono i suoni delle voci: i canti e le preghiere, poi finalmente, dalla curva spuntarono le prime donne nei loro vestiti colorati.
Indossare i bellissimi costumi della montagna era un onore che veniva passato di madre in figlia. Quello che anche lei aveva portato da ragazza era della nonna: sapeva di pulito e di naftalina, anche se la stoffa un po’ ruvida della gonna pizzicava
.
L’anno precedente sua madre era riuscita a convincere Irene a indossarlo; avevano dovuto stringerlo un pochino, ma le stava benissimo… almeno secondo loro. Irene in realtà non ne era troppo convinta. Sorrise ricordandosi di come sua figlia, visibilmente in imbarazzo, procedeva un po’ impacciata in mezzo alle altre donne.
Quest’anno non c’era stato verso di convincerla a partecipare alla processione: aveva organizzato un’uscita in montagna con i suoi amici e a poco erano servite le proteste accennate dalla nonna; lei, da parte sua, aveva scelto la neutralità: capiva il desiderio di sua madre di vedere la nipote nell’abito tradizionale alla festa del paese, ma comprendeva anche il bisogno di Irene di stare con i suoi coetanei… e non aveva nessuna intenzione di prendere posizione e barcamenarsi in faticose, quanto inutili discussioni.
La signora Adele la raggiunse e si fermò vicino a lei ad aspettare l’arrivo della processione.
Anziana e con molto tempo libero a disposizione, la suddetta signora, che lei e Irene avevano soprannominato Gossip
per la sua propensione al pettegolezzo, aveva fatto dell’occuparsi dei casi altrui un'attività a tempo pieno nella quale, bisognava riconoscerglielo, eccelleva. L’estate, con il ritorno dei villeggianti e la conseguente animazione, era il periodo in cui il suo abituale impegno le regalava le maggiori soddisfazioni, infatti Gossip / Adele incominciò subito a snocciolarle le ultime notizie.
Eleonora si rassegnò al cicaleccio sommesso che faceva da sottofondo ai propri pensieri e al quale, in verità, non prestava la minima attenzione, limitandosi ad annuire ogni tanto, durante le pause che servivano a Gossip per riprendere fiato.
Per fortuna, a salvarla fu l’arrivo della signora Enrica: insegnante in pensione, vedova, il suo hobby era il lavoro a maglia (grazie al quale nipoti di varia età e sesso giravano per il paese in coloratissimi maglioni e golf), ma la sua passione era il commissario Montalbano, di cui non perdeva neppure una replica e, in generale i libri e i film polizieschi. Per lei e Irene era miss Marple.
Questo gioco era iniziato quando Irene era piccola: ormai ogni residente (e buona parte dei villeggianti) aveva il proprio soprannome la cui scelta generava da sempre lunghe discussioni e molte risate. Erano momenti di grande complicità fra loro, preziosissimi per lei, soprattutto ora che Irene stava crescendo e queste occasioni diventavano sempre più rare.
Finalmente vide spuntare la statua del patrono: avanzava lentamente ondeggiando sulla portantina sorretta da quattro uomini del paese, seguendo il Parroco e i chierichetti.
Gli uomini rallentarono imboccando la salita che univa la frazione bassa del paese a quella alta dove lei abitava. Era tradizione che la processione, partita dalla Parrocchiale, salisse fino a Collebello Alta dove gli abitanti aspettavano nella piazzetta.
Quando arrivarono, gli uomini avevano il viso arrossato dallo sforzo; le donne con i costumi si disposero a semicerchio mentre il Parroco impartiva la consueta benedizione.
Il profumo dell’incenso le arrivò alle narici.
Si unì alla processione che ora ridiscendeva verso la Chiesa, insieme a Gossip e miss Marple.
Mezzanotte: finalmente sotto le coperte, Eleonora aspettava di sentire il rumore di passi sulle scale che annunciava il rientro della figlia. Anche per quest’anno la festa del Patrono era terminata. Finiti i fuochi d’artificio e i balli in piazza, le strade si erano piano piano svuotate; solo qualche comitiva si attardava ancora a chiacchierare nei bar del paese, i ragazzi sedevano sulle panchine davanti alla Chiesa, felici di essersi liberati della presenza degli adulti, qualche coppietta rimandava il momento della buona notte… presto il silenzio avrebbe ripreso possesso del paesino.
CAPITOLO 2
Lunedì mattina
Il silenzio del mattino gli piaceva. Passò la mano ancora una volta sul viso per controllare la rasatura, guardandosi allo specchio, compiaciuto. Intanto la luce del sole entrava rigogliosa nel bagno.
Soddisfatto del risultato, volse lo sguardo verso la finestra e la sua attenzione cadde su un movimento impercettibile, fra lo spiovente del tetto e l'intelaiatura. Si avvicinò per vedere meglio. Intrappolata in una ragnatela c'era una piccola piuma che vibrava accarezzata dal vento del mattino.
La osservò ancora qualche istante, poi sorridendo, si voltò e scese al piano inferiore verso la cucina.
Il caffè era già pronto. La moka sul fornello emanava un piacevole aroma.
Se ne versò una tazzina, aggiunse un cucchiaino di zucchero, rigorosamente di canna, poi si appoggiò di schiena al lavello, sorseggiandolo con gusto. In quella posizione poteva guardare fuori dalla finestra, verso il cortile, da cui arrivava la luce del mattino a metterlo di buon umore.
Al terzo sorso, mentre già pensava di prendere il cucchiaino per recuperare lo zucchero rimasto sul fondo della tazzina, venne nuovamente distratto da un movimento fuori dalla finestra.
Come un'ombra, un oggetto non identificato che era passato nella visuale ed era scomparso. Né lento né veloce, ma con traiettoria insicura, dall'alto verso il basso.
Posò la tazzina nel lavello e passandosi la lingua sulle labbra decise che avrebbe controllato subito dopo. Del resto doveva comunque uscire in cortile per prendere l'auto.
Dopo aver sistemato la cucina da bravo casalingo, prese lo zainetto e il trolley che aveva preparati la sera prima in corridoio e che contenevano tutto quello che gli sarebbe servito, controllò di avere in tasca le chiavi dell'auto, il cellulare e… le chiavi di casa erano rimaste nella toppa come al solito.
Con lo zaino su un'unica spalla si diresse verso la porta e quando uscì nel cortile i suoi occhi impiegarono qualche secondo ad abituarsi alla luce intensa del mattino d'agosto.
Stava già dirigendosi verso l'auto quando qualcosa gli passò davanti al naso. Si fermò e quasi indietreggiò per vedere meglio: era una piuma, uguale a quella che aveva visto impigliata nella ragnatela fuori dalla finestra del bagno.
Mentre la osservava adagiarsi placida sugli autobloccanti del cortile vide che a terra ce ne erano delle altre... e spostando lo sguardo, altre ancora.
Il cortile ne era pieno. Piume e penne ovunque.
A pochi passi da lui, dove gli autobloccanti finivano e iniziava il prato, scorse un mucchietto di penne più numeroso e concentrato. Insanguinato. Quello era probabilmente il luogo del delitto.
Ma della vittima e del suo carnefice nessuna traccia.
A parte lui, gli unici spettatori della scena erano due colombi appollaiati sulla grondaia del cassero in fondo al cortile. Stretti l'uno vicino all'altro, stavano probabilmente analizzando la scena come lui. Forse con un po' più di preoccupazione.
Giocherellando con le chiavi dell'auto che teneva in tasca osservò ancora per un istante il cortile e lo immaginò delimitato dai nastri della polizia scientifica, intenta a rilevare le tracce lasciate dall'assassino. La visione lo divertì e un sorriso si aprì sul suo viso.
Qualcuno si deve essere svegliato prima di me!
Prese l'auto e partì alla volta di Collebello, dove l'aspettava, come tutti gli anni, la sua meritata settimana di vacanza. Lontano dalla routine, anche se solo per pochi giorni. Aveva proprio bisogno di cambiare aria.
CAPITOLO 3
Lunedì mattina
L’aria fredda del mattino le colpì piacevolmente il viso.
Anche se sbuffava sempre per il fatto di doversi alzare così presto tutti i giorni, in realtà lei amava quel momento della giornata.
Sollevò la saracinesca del negozio e lasciò che il suo sguardo vagasse lungo