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Mau
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Ebook45 pages36 minutes

Mau

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I contadini di Patrignone sono soliti riunirsi per sgusciare le pannocchie e legare i mazzi di granturco da appendere per essiccare nello stanzone del Chioccia; per passare meglio il tempo a volte qualcuno fa un po’ di musica altre Alfredo, detto Candela, racconta delle storie: qualcuna piccante se non ci sono bambini, qualcuna divertente, qualcuna persino di paura.
Nessuno sa chi sia veramente, contadino sì ma anche mediatore nella compravendita di animali, erborista, sindacalista e così via; il suo livello d’istruzione resta un mistero e altrettanto da dove venga. Fatto sta che sa suonare, declama Dante e Leopardi a memoria e infila una citazione latina, o presunta tale, dietro l’altra.
Una sera, comincia a raccontare storie ispirate alle tre Parche: Cloto che reggeva il filo dei giorni per la tela della vita, Làchesi che dispensava la sorte avvolgendo al fuso il filo che a ciascuno era assegnato e infine Atropo, l’inesorabile, che lo tagliava con le forbici quando giungeva il momento di arrestare la vita, attribuendo il principio e la fine del tempo, la nascita e la morte.
Storie diverse dalle solite, i cui protagonisti appartengono, mormora qualcuno, a una razza superiore.
Iacopo Maccioni si conferma abile narratore e fine conoscitore dell’animo umano.
LanguageItaliano
Release dateNov 1, 2018
ISBN9788832923476
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    Mau - Iacopo Maccioni

    Mariaccia

    Cloto

    Stasera, Candela, che t’inventi per evitare di mettere le mani sul granturco? chiese la Menca appena lo vide entrare dalla porta.

    Il banjo non l’hai portato, segno che di cantare non hai voglia.

    Settimio con il clarinetto non poteva venire. Dolfo con la fisarmonica nemmeno. È fuori per qualche giorno. Ma non vi preoccupate. Il sistema per sfangare la serata lo troviamo lo stesso. Voi continuate pure a fare i mazzi senza distrarvi perché il mucchio è alto.

    I ragazzi se ne stavano tutti quanti da una parte parlottando. Si guardarono, contenti sfregarono le mani, certi di poter ascoltare qualcuna delle storielle che Alfredo, in varie occasioni, amava raccontare. A loro la musica interessava meno che ai grandi. La stanza, o meglio lo stanzone, dove avevano apparecchiato per sgusciare le pannocchie e legare i mazzi di granturco da appendere per essiccare, era del Chioccia e al lavoro c’erano tutti quelli del Palazzo e qualcuno anche del Borgo. Come sempre. Tutti i lavori che si prestavano venivano fatti a rotazione e i contadini, sia mezzadri sia proprietari, si aiutavano vicendevolmente. E la questione della differenza nella quantità di opere che i vari poderi richiedevano, nessuno l’aveva mai sollevata. Oggi ha più grano uno da trebbiare, domani un altro maggior quantità di orzo da mietere, quell’altro ancora più granturco da sgranare. E i vari momenti dell’anno, quando possibile, erano alleggeriti dalla musica, dalle storie, dalle novelle, dai canti. A seconda di chi fosse presente. Per i giovani in età era anche occasione di corteggiamento. Più di uno aveva messo su famiglia a far capo da questi momenti.

    Alfredo, detto Candela, era uno dei contadini di Patrignone. Ma il contadino lui lo faceva in modo diverso dagli altri. Aveva qualche pezzetto di terra e lo lavorava, certamente, ma curava anche altre iniziative. Mediava l’acquisto e la vendita di animali, di terre, sapeva realizzare un impianto elettrico, conosceva le erbe. Spesso, era al sindacato per riunioni o a organizzare manifestazioni contro proprietari di terre che affamavano mezzadri o per annullare pretese assurde, antichi privilegi e dazi improvvisati.

    Nessuno era nelle condizioni di stabilire, per ovvie ragioni, il suo livello d’istruzione ma aveva conoscenze che nessun altro possedeva. E dove le avesse apprese era un mistero.

    Sapeva suonare, cantava in ottava rima d’improvviso, recitava Dante, in gran parte a memoria, ma se per questo era in buona compagnia, nessuno declamava il Giusti o il Leopardi come lui e nell’abbondanza delle rime padroneggiate da lui. Usava, senza che nessuno potesse verificarne l’esattezza, citazioni in latino come i preti che non frequentava, raccontava pure di personaggi che nessuno mai aveva sentito nominare. Le storie, poi, affascinavano tutti. Nel repertorio ne aveva un’infinità. Era pronto per ogni situazione, le occasioni trovavano tutte risposta adeguata. Molti, scrollando la testa, asserivano che le inventasse sul momento. Ciò che nessuno metteva in dubbio però era l’eccezionale arte recitatoria. Quando raccontava, rappresentava ruoli usando voci non sue. Interpretava uomini, donne, giovani o vecchi, bambine e bambini. A seconda delle necessità narrative. E questa dote non stupiva,

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