Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Il Giardino della Rosa Bianca
Il Giardino della Rosa Bianca
Il Giardino della Rosa Bianca
Ebook397 pages6 hours

Il Giardino della Rosa Bianca

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook


Luce Rossignoli, giovane e bellissima fotografa professionista, incontra e si innamora perdutamente del giovane e bello Davide Misoni, vivaista e giardiniere.
Lei è cresciuta in una famiglia ricchissima e conosciuta in tutta la provincia, lui invece è cresciuto in una famiglia semplice che ha trovato la sua fortuna con la fatica e il duro lavoro di tutti i giorni nei vivai del padre. Si trovano entrambi uniti da un sentimento fortissimo che dà a entrambi il coraggio di affrontare un passato difficile.
Luce ha ereditato da poco la meravigliosa Villa Garbini, situata a ridosso del parco delle foreste Casentinesi in alto Casentino, in Toscana, nella provincia della città di Arezzo. La Villa è contornata dallo splendido Giardino della Rosa Bianca, teatro del loro amore, anticamente di proprietà della ricchissima famiglia di sua madre Luisa, amatissimo da entrambi perché ricco di ricordi. La vita di Luce non è segnata solamente dalla perdita di sua madre, morta ormai da un anno e mezzo, ma anche dal difficile rapporto con il padre Augusto, che da quella assenza ha visto scomparire il suo cuore di padre affettuoso e comprensivo, per diventare una figura avida e cinica, incapace di comprendere le scelte di una figlia indipendente e libera dagli schemi malati della ricchezza e di un’alta società ormai scomparsa.
Davide dal canto suo deve fare i conti con la dolorosa morte di suo padre e un peso che porta nel cuore da anni e che l’amore profondo per lei riporta a galla insieme alle paure che si fanno sempre più forti man mano che il loro amore diventa più profondo.
Tutto precipita con l’incapacità di Davide di confidarsi e un’ombra oscura si fa presente nella vita della protagonista, che da quel momento sarà segnata da un brutto incidente in cui perde la memoria.
In balia del padre, che con l’inganno l’allontana dall’uomo che ama per farla diventare la figlia plasmata a suo piacimento, Luce trova conforto e appoggio solamente in Maria, la storica domestica di Villa Garbini, che da sempre si occupa di lei e che l’ha cresciuta e aiutata dalla sua nascita.
Al buio dal suo passato, Luce inizia la ricerca di se stessa e della sua vita, finché non si trova di fronte alla dura realtà dei ricordi che pian piano affiorano, accompagnati dalle telefonate di Davide che, di nascosto da tutti, cerca inesorabilmente di riconquistarla e di riportarle il suo passato, lottando contro chi intralcia la loro felicità. Quando però lei riacquista la memoria Davide viene a conoscenza della dura realtà che, se da un lato lo riscatta come uomo e gli rende dignità, dall’altro gli mostra il volto oscuro di chi nell’ombra cerca di distruggere la sua vita e quella di Luce senza farsi scrupoli.
La forza del loro amore riuscirà a smascherare i colpevoli e a ridare a lei il rapporto con un padre ormai perso e chiuso nel suo dolore e a lui la consapevolezza di meritare il suo amore.
LanguageItaliano
PublisherEliArt
Release dateNov 23, 2018
ISBN9788829557714
Il Giardino della Rosa Bianca

Related to Il Giardino della Rosa Bianca

Related ebooks

Suspense Romance For You

View More

Related articles

Reviews for Il Giardino della Rosa Bianca

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Il Giardino della Rosa Bianca - Elisa Belli

    XVIII

    SINOSSI

    Luce Rossignoli, giovane e bellissima fotografa professionista, incontra e si innamora perdutamente del giovane e bello Davide Misoni, vivaista e giardiniere.

    Lei è cresciuta in una famiglia ricchissima e conosciuta in tutta la provincia, lui invece è cresciuto in una famiglia semplice che ha trovato la sua fortuna con la fatica e il duro lavoro di tutti i giorni nei vivai del padre. Si trovano entrambi uniti da un sentimento fortissimo che dà a entrambi il coraggio di affrontare un passato difficile.

    Luce ha ereditato da poco la meravigliosa Villa Garbini situata a ridosso del parco delle foreste Casentinesi in alto Casentino, in Toscana, nella provincia della città di Arezzo. La Villa è contornata dallo splendido Giardino della Rosa Bianca, teatro del loro amore, anticamente di proprietà della ricchissima famiglia di sua madre Luisa, amatissimo da entrambi perché ricco di ricordi. La vita di Luce non è segnata solamente dalla perdita di sua madre, morta ormai da un anno e mezzo, ma anche dal difficile rapporto con il padre Augusto, che da quella assenza ha visto scomparire il suo cuore di padre affettuoso e comprensivo per diventare una figura avida e cinica, incapace di comprendere le scelte di una figlia indipendente e libera dagli schemi malati della ricchezza e di un’alta società ormai scomparsa.

    Davide dal canto suo deve fare i conti con la dolorosa morte di suo padre e un peso che porta nel cuore da anni e che l’amore profondo per lei riporta a galla insieme alle paure che si fanno sempre più forti man mano che il loro amore diventa più profondo.

    Tutto precipita con l’incapacità di Davide di confidarsi e un’ombra oscura si fa presente nella vita della protagonista, che da quel momento sarà segnata da un brutto incidente in cui perde la memoria.

    In balia del padre, che con l’inganno l’allontana dall’uomo che ama per farla diventare la figlia plasmata a suo piacimento, Luce trova conforto e appoggio solamente in Maria, la storica domestica di Villa Garbini, che da sempre si occupa di lei e che l’ha cresciuta e aiutata dalla sua nascita.

    Al buio dal suo passato, Luce inizia la ricerca di se stessa e della sua vita, finché non si trova di fronte alla dura realtà dei ricordi che pian piano affiorano, accompagnati dalle telefonate di lui, che di nascosto da tutti cerca inesorabilmente di riconquistarla e di riportarle il suo passato, lottando contro chi intralcia la loro felicità. Quando però lei riacquista la memoria Davide viene a conoscenza della dura realtà che, se da un lato lo riscatta come uomo e gli rende dignità, dall’altro gli mostra il volto oscuro di chi nell’ombra cerca di distruggere la sua vita e quella di Luce senza farsi scrupoli.

    La forza del loro amore riuscirà a smascherare i colpevoli e a ridare a lei il rapporto con un padre ormai perso e chiuso nel suo dolore e a lui la consapevolezza di meritare il suo amore.

    PRIMA PARTE

    Capitolo I

    Erano passate le giornate tristi e cupe della morte di sua madre, come erano passate le belle giornate infantili e piene di spensieratezza assieme alla famiglia. Era passato da quella morte un altro inverno ed era iniziata un’altra primavera, che aveva risvegliato il giardino di Villa Garbini investendo l’aria di profumi e colori di frutti fioriti. Era iniziata un’altra estate piena di sole e tranquillità nel grande giardino della rosa bianca.

    Erano belle giornate d’agosto quelle che circondavano Luce Rossignoli nella villa in montagna della madre, che si trovava immersa nella splendida atmosfera delle Foreste Casentinesi.

    L’aria profumava di fresco e sapeva di buono. Nell’alta valle dell’Arno, terra di castelli, pievi romaniche, dove gente venuta da lontano, si dedicava ai luoghi dello spirito, si sentiva ancora l’odore e il profumo della natura e benché il caldo afoso e umido rendesse insopportabile l’aria cittadina della non lontana Arezzo, lei preferiva passare il tempo libero nella vecchia casa, dove da bambina abitava con la famiglia.

    Sentiva quella terra come sua, amava immergersi in quell’oasi di verde dell’Appennino Tosco Romagnolo; in quella terra di artigianato, in quel concentrato di valori e pensieri dove si sentiva pienamente in armonia con la natura e con se stessa.

    La sua villa era situata nel comune di Poppi, un paese molto importante per la vallata casentinese, soprattutto per il turismo.

    Quel che però affascinava del posto in cui viveva, era la vicinanza con i luoghi dello spirito, quali erano Camaldoli e Sacro Eremo, luoghi circondati da foreste che racchiudevano una magia particolare, sensazioni che restituivano a se stessi il vero senso della vita e della propria esistenza.

    Luce era una fotografa e aveva il suo studio nel centro della piccola città che aveva chiuso per le vacanze estive, ma anche il fine settimana e nel tempo libero dal lavoro e dai servizi fotografici, amava andarsene lassù per fare lunghe passeggiate tra gli alberi, scattare foto, di catturare ogni piccolo istante di vita per poterlo mostrare al mondo tramite social network, il suo blog e il suo sito personale.

    Amava racchiudere in quelle foto impressioni personali e a volte riusciva a racchiudere nello sguardo di una persona ritratta e sconosciuta, tutto quel che era stata la sua vita o semplicemente tutto quel che stava provando in quei luoghi che l’avevano vista nascere.

    Ne era pienamente cosciente, la fotografia per lei non era solo mezzo di espressione o semplice lavoro su commissione, era un concentrato di emozioni spesso difficili da raccontare a parole. Era un insieme di colori e segni della realtà, era condivisione e contaminazione da fonti o situazioni esterne. Fotografare significava mostrare ciò che puoi trasmettere agli altri o che gli altri ti hanno trasmesso e tutto questo si tramutava in emozioni.

    Mentre camminava, il sole filtrava tra gli alberi e incontrando i capelli scuri di lei, riluceva e sottolineava il bel volto luminoso della giovane. Le sue mani erano lunghe e affusolate e la sua persona, elegante e sottile, faceva trasparire la sua attitudine a esercitare attività fisica, ma la cosa che più colpiva di lei erano due occhi chiarissimi e tanto luminosi da sembrare due diamanti, che avevano tonalità grigio – azzurrognole. Erano talmente chiari e belli da incantare qualunque cosa su cui si posassero.

    Stava passeggiando tra i boschi lì vicini a casa con maglietta e pantaloncini corti. Amava osservare gli animali, il piccolo torrente che scorreva giù per i monti e tutte le piante che creavano quell’atmosfera particolare, che aveva il sapore della libertà. Respirando a pieni polmoni scese verso casa e notò che un’auto era ferma lì sul piazzale davanti alla villa. Svoltato l’angolo, vide che al citofono un uomo giovane, non ancora trentenne, alto, castano scuro, di bell’aspetto stava suonando e chiedendo di suo padre, ma Maria aveva risposto che se ne era andato. Lui avendo visto la ragazza, le andò in contro, le fu davanti, la guardò. Si sentì la voce mancare all’incrocio di quei suoi occhi argentei e scrutatori. Chiese:

    «Scusi… io sono Davide Misoni, mi perdoni se disturbo prima di pranzo, ma avevo un appuntamento con il signor Rossignoli per il giardino, aveva contattato i nostri vivai chiedendomi di occuparmene personalmente».

    Luce lo guardò ammirata, era giovane, bello ed elegante e si sentì sfiorare dagli occhi azzurri di lui.

    «Buongiorno e scusi mio padre, ma non ha potuto fare a meno di partire per Arezzo. Stamattina gli hanno telefonato ed è partito molto presto, non so di cosa si tratta, probabilmente è una cosa importante, altrimenti non avrebbe mai saltato un appuntamento. Provi a telefonargli stasera, forse lo troverà, comunque io riferirò che è passato da casa. Scusi ancora se ha fatto un viaggio per nulla».

    «Non si preoccupi, signorina…»

    Disse lui facendo capire di voler sapere il nome di lei.

    «Luce Rossignoli…»

    «Piacere di averla conosciuta» disse lui tendendo la mano «e a rivederci!»

    Lei salutò e poi entrò in casa. Tutta sudata andò di corsa a farsi una doccia per poi essere a pranzo. Maria, la domestica che seguiva la ragazza fin da quando era bambina, le servì il pranzo, Luce aveva la testa per aria, sembrava essere assorta nei suoi pensieri. Poi chiese alla donna:

    «Maria, tu sapevi che mio padre aveva contattato quel signore per far sistemare il prato e la terra intorno a casa?»

    «Si» rispose la donna «me ne ha parlato stamattina prima di uscire e mi ha detto che sarebbe venuto qui, mi ha anche detto che te lo avrebbe detto stasera, al suo ritorno».

    «Ma che motivo aveva di buttare tanti soldi? Il giardino va benissimo com’è! C’è ancora la rosa bianca di mia madre e non voglio che nessuno la tolga da lì».

    «Ma Luce, da quando Arturo se n’è andato via, il giardino è senza un giardiniere, adesso ci sei tu, ma non potrai occupartene a tempo pieno come faceva la signora Luisa, è talmente grande che da sola non puoi farcela. E poi sai che a tuo padre piace spendere …»

    Non ebbe neanche finito di dire la frase che la ragazza s’infuriò.

    «Andiamo Maria! A mio padre piace spendere i suoi schifosissimi soldi solo per ciò che gli farà comodo, lui se ne frega di tutto, anche dei ricordi. Arturo se n’è andato da due mesi e in questo tempo me ne sono occupata solo io, forse più avanti contatterò qualcuno, ma adesso no… Da quando la mamma è morta mio padre ha cancellato tutto della sua vita precedente, ha anche tolto le sue foto. Come se fosse stato solo lui a soffrirne, come se non avessi avuto il diritto di piangerla! Lui vorrebbe che anch’io fossi così, ma io no, non sono egoista, io voglio fare la mia vita e non accetterò mai di farmi comandare come si fa con un burattino, non accetterò mai di prendere il suo posto nella sua odiosa azienda!»

    Luce infuriata salì le scale di corsa, poi le riscese dopo aver meditato un attimo, si avvicinò a Maria e le chiese scusa.

    «Scusami Maria, so che non hai colpa, ma quando ci penso… Scusami!»

    «Non preoccuparti, io ti sono vicina per consolarti quando sei triste e per darti consigli quando ne hai bisogno, anche se fra un mese avrai ventisei anni, se avrai bisogno di me, sarò lieta di aiutarti, in qualunque momento».

    Luce andò in camera sua, ripensava a come era strano suo padre e diverso in confronto a lei. Diceva di aver voluto bene a sua madre, ma dopo la sua morte non aveva più esternato i suoi sentimenti reali. Si era chiuso in se stesso come se dovesse espiare chissà quale colpa ed intanto lei viveva la sua vita accanto ad un estraneo che non voleva accettare la scelta di sua figlia di essere fotografa, indipendente da lui e soprattutto di aver preso quella decisione seguendo le orme del fidanzato che l’aveva inserita nel campo della fotografia e che le aveva fatto amare quell’arte dal primo momento che aveva avuto l’opportunità di mostrare a se stessa ed agli altri tutta la sua creatività.

    Luce amava la natura, i bei paesaggi, amava camminare per i boschi vicini a casa per cogliere anche i particolari più minuti e segreti del posto. Era capace di alzarsi presto e di andarsene giù fino al torrente con la sua macchina fotografica e il suo grandangolo per cogliere l’alba che da un punto rialzato si vedeva splendidamente perché gli alberi diradavano un po’ in quel posto e se si trovava sprovvista di macchina fotografica ci avrebbe pensato il suo smartphone a sostituirla, così da poter sempre immortalare ciò che la ispirava.

    Amava le belle cose, che secondo lei erano le più semplici ed abitudinarie che ci fossero al mondo, ma odiava profondamente chiunque le dicesse cosa doveva fare o le desse ordini. Era libera e nessuno mai avrebbe potuto legarla, nemmeno Francesco, il suo fidanzato, che aveva conosciuto ad una festa e che le aveva parlato la prima volta con lo scatto di una foto, dicendosi colpito dal suo volto e dai suoi occhi. Non credeva possibile essere imprigionata da qualcuno o da qualcosa, fino a quella mattina… Già! Quella mattina avrebbe significato qualcosa d’importante per lei e per la sua vita, anche se ancora non lo sapeva. Stava cambiando qualcosa che non poteva sapere né capire e che sarebbe rimasto nascosto per un po’ di tempo prima di svegliarsi e sentire dentro di sé di non poter vivere senza quel qualcuno o quel qualcosa.

    Si alzò dal letto dove era sdraiata e prese il telefono in mano per telefonare a Francesco. La storia con lui durava da sei anni, ma ancora non parlavano affatto di matrimonio, anche se l’anello glielo aveva regalato da tempo. Era troppo esigente di libertà per sposarsi, perlomeno per il momento. Era libero, ma nessuno rispondeva, probabilmente non era in casa. Rimase in camera per un po’ di tempo ancora e poi scese le scale che davano nell’ingresso dove c’era il portone principale dell’abitazione. Cercò Maria e lasciò detto che sarebbe uscita di casa. Quando rientrò salì le scale, ma all’improvviso squillò il telefono. Era Davide Misoni, che voleva solo informare che sarebbe passato la mattina seguente solo per dare uno sguardo al giardino.

    «Ma mio padre non è ancora tornato» rispose nervosa Luce piena di antipatia verso l’uomo che avrebbe messo le mani nel giardino della madre «e non so quando tornerà, non ha ancora telefonato, comunque penso che si fermerà in città, avrà avuto da fare in azienda. Sarebbe meglio che parlasse con lui di persona, non so se…»

    Il giovane non la fece concludere e parlò di nuovo.

    «Ho già parlato con suo padre e mi ha detto di venire domani, mi basterà che lei sia presente, sempre che non abbia impegni!»

    «Beh! Io avevo un impegno, ma… si! Può venire, non era urgente, non ci sono problemi».

    Disse lei un po’ contrariata.

    «Allora sarò lì alle nove e mezza».

    «D’accordo, l’aspetterò!»

    I due si salutarono. Le era già antipatico, sapeva già che la mattina seguente avrebbe discusso molto per far rispettare le sue idee. Era convinta che quella splendida rosa bianca non gli sarebbe piaciuta e avrebbe stravolto tutta la sua composizione originale. Come sapeva che non sarebbe stata lei a restituirle sua madre, ma a quella rosa era legato il suo spirito di figlia e sentiva ancora la madre viva accanto a lei, nel suo cuore e questo le bastava per pretendere che suo padre rispettasse le sue sofferenze senza cercare di cambiare quel giardino con l’aiuto di un estraneo che avrebbe rivoluzionato tutto ciò che Luisa Garbini aveva lasciato alla figlia con tanto amore. Non aveva alcun dubbio che egli avesse già parlato di quella rosa al signor Misoni, aveva antipatia per quella pianta fin dalla morte della moglie e si comportava da allora come se anche la figlia non esistesse più. Forse neanche suo padre c’era più, era rimasto solo un uomo senza più anima e cuore, la sola cosa che lo faceva credere vivo era il suo lavoro, per il quale era disposto anche a partire all’improvviso. Non poteva quell’uomo dedicarsi ad una figlia che lo aveva deluso rinunciando al posto che suo padre le aveva preparato come dirigente e che avrebbe dovuto sostituirlo. A lui non importava più neanche cosa mai lei facesse, dove andasse e quale fosse la sua vita.

    «Maria, non cenerò stasera, ma se vuoi ti aiuto a prepararti qualcosa».

    «Cosa? E tuo padre?»

    «Non credo che tornerà, non si è neanche degnato di telefonare, neanche s’interessa più di far sapere alla sua famiglia se rimane in città o torna a casa… non ne posso più, un giorno di questi perderà anche me» disse furiosa «anzi, forse è già troppo tardi e quando si accorgerà che ha ancora una figlia potrà solo pregare che lo possa perdonare per aver dimenticato che la sua famiglia era molto più importante del suo lavoro. Giuro che quando finirà l’estate me ne andrò a stare per conto mio. Non voglio stare sotto il suo stesso tetto. Per me non esiste e fa che domani quell’altro idiota decida di togliere la rosa di mia madre e giuro che farò venire giù il finimondo!»

    Luce se ne andò infuriata dopo quelle dure parole verso il padre ormai irriconoscibile e lontano da quello a lei vicino in passato e si chiuse in camera. La serata era fresca ed il golf non scomodava su in Casentino. Luce sviluppò le foto che aveva scattato la mattina su Camera Raw. Solo il suo lavoro riusciva a distrarla e vi dedicò tutta la sera, quando verso le ventitré e trenta squillò il telefono. Era Francesco.

    «Dov’eri oggi pomeriggio? Ti ho chiamato, ma non eri in casa».

    «Si, sono uscito a fare spesa, in casa non avevo più niente, pensavo che avresti chiamato più tardi, così ho approfittato».

    «Devo crederci?»

    Disse lei amareggiata.

    «Hai dubbi? Non sarai gelosa dopo sei anni di fidanzamento?»

    «Dovrei esserlo?»

    Continuò Luce con voce ironica e quasi tagliente. Dall’altra parte arrivò una gran risata e poi finito lo scherzo, raccontò al fidanzato della scelta di suo padre di far rimettere a posto il giardino di casa sua e di lasciare l’incarico a Davide Misoni di occuparsene a tempo pieno.

    «Non capisco come tu possa essere convinta che quel tizio rovini quel giardino. Potrebbe anche farlo divenire migliore!»

    «Neanche tu puoi capire, a me basta solo sapere che mia madre aveva voluto fosse così, è bellissimo così com’è, nulla è fuori posto, questo è solo un suo capriccio perché mai gli è interessato di occuparsi di cercare un giardiniere nuovo per quel giardino. Il suo scopo è uno solo, ma questa volta sono stufa di combattere contro di lui. Non m’importa se è mio padre, farò valere i miei diritti una volta per tutte e me ne occuperò domani mattina… Quando vieni?»

    Disse ancora amareggiata e nervosa.

    «Non lo so» rispose lui «devo aiutare i miei ad imbiancare la casa e sgombrare la soffitta. Mia sorella vorrebbe farci altre quattro stanze, visto che la casa è grande, potrebbe sfruttare il posto per abitarci con Sergio, sai che dove abitano pagano un affitto molto alto, non so quando potrò arrivare, poi sai che dovrò andare a Milano».

    Luce si alterò ancora di più di quanto già non lo era.

    «Certo, per i tuoi amici corri sempre, vero? Beh! Sai che ti dico? Che da adesso in poi potrai fare come vuoi, avrai tutto il tempo libero! Sono stufa delle tue assenze continue, sono stufa di combattere per tenere legato il filo che ti unisce a me, da troppi mesi va avanti questa storia, non ce la faccio più! Ti lascio! Se non hai più tempo per me, vuol dire che non t’importa più della nostra storia, infine ormai non ci vediamo più tanto spesso, tu sei troppo occupato coi tuoi amici, io sono stufa e credo di valere qualcosa di più di come mi consideri tu! Dedica a loro tutto il tempo che vuoi! Se non l’hai capito…ho ancora la mia dignità e credo di meritare di più dalla vita che stare ad aspettarti, sono sei anni che va avanti, adesso basta, è finita!»

    Troncò lì la telefonata all’improvviso, mentre dall’altra parte Francesco tentava ancora di spiegare e di convincere Luce senza accorgersi o non voler accettare le parole che gli aveva detto. Lei crollò in un pianto improvviso, poi si asciugò gli occhi e si diresse verso la finestra, guardava il cielo e parlava al Signore come di solito faceva e come le aveva insegnato sua madre da piccola e le parve ancora di poter riascoltare la sua dolce voce che le diceva che nei momenti difficili o comunque in qualsiasi momento poteva rifugiarsi in lui, perché sempre l’avrebbe ascoltata. Parlava come se avesse avuto davanti a sé qualcuno, lo pregava di aiutarla a capirsi, a comprendere il motivo di quel suo atteggiamento. Le ritornavano in mente quelle parole È finita!, È finita! e continuavano a rimbombarle in testa.

    Erano mesi che le cose con Francesco non andavano poi così bene, anche se spesso, quando era nervosa, era capace di dire molte stupidaggini per poi pentirsene, in quel momento sentiva quello che aveva detto poco prima parte di se stessa. Stava soffrendo all’idea di non continuare più a frequentare una persona che era abituata ad avere accanto ed a cui voleva bene, ma quell’abitudine le aveva fatto capire che l’amore che li aveva uniti si era affievolito da tempo e quella sera, con i pensieri di suo padre non aveva resistito a quella sua immensa voglia di libertà.

    «…Non credevo che ci avrei sofferto così poco, se avessi lasciato Francesco, mi stupisce questa indifferenza, non sento le parole che ho detto come frutto dell’ira che avevo dentro di me, le sento veramente mie, come se dopo tanto tempo avessi finalmente potuto tirarle fuori dal rifugio che gli avevo costruito per l’abitudine di vivere una storia troppo passata. È strano, anche se mi dispiace, gli ho appena detto addio senza neanche una spiegazione e già mi sento libera e più viva di prima, forse gli volevo bene, ma… l’amore si era spento».

    Poi prima di mettersi a letto, scese in cucina per prendere un bicchiere di latte. Aprì il frigorifero, prese il cartoncino e ne versò un po’ in un bicchiere, poi si apprestò a rimetterlo al posto e fu per chiudere lo sportello e prendere il bicchiere quando vedendo l’anello che portava nel dito anulare sinistro, distese la mano come per ammirarlo ancora una volta dopo le tante altre volte che lo aveva guardato, ma questa fu diversa. Sentiva tutto finito, quell’oggetto che un tempo le aveva dato una grande gioia adesso lo sentiva fuori posto, come se non avesse più dovuto stare lì. Allora si mise a sedere con calma, sempre tenendo la mano distesa all’altezza degli occhi.

    «Possibile che sia finito già tutto senza che ce ne rendessimo conto? Com’è possibile che non me ne sia mai accorta che era solo abitudine? Era davvero solo questo che ci univa? E da quanto?»

    Non ebbe risposta e dopo aver bevuto un sorso di latte si tolse il prezioso oggetto dal dito e salì le scale. Quando fu giunta davanti allo specchio si guardò, mise l’anello dentro il portagioie e si disse che lo avrebbe restituito il giorno seguente. Non seppe spiegarsi la facilità con cui aveva troncato tutto e grazie alla quale si era lasciata alle spalle il primo amore della sua vita, sapeva solo di sentirlo finito, parte del passato.

    Si mise a letto e cercò di chiudere occhio, ma le tornavano in mente tutte le frasi dette, i problemi in famiglia e la strana faccenda del giardino, della rosa di sua madre, del suo ricordo ormai apparentemente scomparso per suo padre verso tutto ciò che era stato e che non era più e le lenzuola si facevano pesanti, fastidiose in quella notte d’agosto che non le dava pace.

    Agitata e sconvolta da tutto si mise a sedere su un lato del letto che un tempo era stato suo da bambina. Guardava le pareti, la luce soffusa dava loro un colore arancione che andava a sfumarsi nell’ombra e le venivano in mente le serate in cui sua madre si alzava ed entrava nella sua camera dopo che aveva avuto un incubo. Anche allora, quella lampada accesa aveva lo stesso colore, ma a differenza di quel tempo, sua madre non sarebbe entrata dalla porta per confortarla, anche se la sentiva vicina, sentiva di nuovo il bisogno di un suo abbraccio, di sentirla parlare e continuava a sentire una voce che le ripeteva:

    «Non è un incubo questo e lei non potrà mai più entrare da quella porta».

    Si sentiva l’orologio nella sala da pranzo rintoccare la mezzanotte e lei ancora non dormiva, ossessionata da pensieri e ricordi. Tacque. Andò verso la finestra e vide le stelle risplendere. Quell’immagine di cielo estivo e sereno le diede un po’ di conforto e le permise di tornare a dormire.

    La mattina dopo si svegliò alle nove e quarantacinque circa e quando vide la sveglia fece un gran balzo dal letto e chiamò subito Maria, che era già fuori con Davide Misoni, che era stato puntuale al suo appuntamento. Maria sentendo che la ragazza la chiamava corse dentro dicendo all’uomo che sarebbe tornata subito. Luce fu subito fuori e si scusò con lui per il ritardo.

    «Mi scusi, ma non ho sentito la sveglia, mi scusi tanto!»

    «Non si preoccupi, a volte succede».

    «Ha già dato un’occhiata?»

    Disse Luce con voce più seria e timorosa di quali sarebbero state le intenzioni dell’uomo, che dopo essersi tolto gli occhiali da sole rispose alla giovane.

    «Si, ho già dato un’occhiata in giro. Complimenti!» Disse lui. «Avete uno splendido giardino, ed è molto ben tenuto. Chi se ne occupa? Avete un giardiniere?»

    «Avevamo una persona che dava una mano a mia madre, poi è partito e da un po’ di tempo quando posso, me ne occupo io personalmente, ma quando lavoro e non posso venire quassù, ho una persona che abita qui vicino e che conosco da sempre che viene a curarlo. Era di mia madre, ma…questa è un’altra storia».

    Aggiunse con tono più calmo e con la testa bassa.

    «È stata lei ad allestirlo?»

    «Si, ma preferirei non parlarne, o perlomeno non con un estraneo, non sono io il tipo che parla della mia vita a persone che ho appena conosciuto!»

    Quasi inquietata lo guardò malissimo, quasi volesse imputarlo per qualche colpa che lui non capiva. Non le era simpatico, non sopportava che qualcuno s’intromettesse nella sua vita, come non sopportava coloro che s’intromettevano e facevano domande su di lei o sulla sua famiglia senza averne il diritto.

    «Mi scusi, non intendevo essere indiscreto!»

    «Potrebbe sbrigarsi? Avrei da fare molte altre cose che non ho potuto fare per questo suo appuntamento e poi anche dietro la casa il giardino continua».

    Era molto bello il giardino di Villa Garbini, davanti a casa c’era un piazzale che introduceva a quello che era il vialetto principale tramite un gran cancello; costeggiato da alberi, portava all’entrata della villa. Il giardino costeggiava il piccolo vialetto d’ingresso e gli altri tre lati della casa, girandogli intorno ed estendendosi poi in profondità. Era molto ben tenuto, con un piccolo gazebo nella parte destra dall’entrata dove c’erano dei tavolini e delle sedie. Sul retro la piscina spiccava dal prato verde e dai mattoncini che la circondavano. Quando Davide vi fu davanti rimase stupito.

    «Non avevo mai visto un giardino tanto grande in tutto il Casentino! È sicura che riesce ad occuparsene da sola?»

    Esclamò il giovane sorridendole.

    «Certo, cosa crede che ci voglia a tenere un giardino come questo? Basta tosare l’erba e curare le piante ed i fiori. Lo faccio nel tempo libero, poi il signore di cui le ho parlato prima mi dà una mano per il resto, ma a me piace occuparmi dei fiori, mia madre mi ha insegnato e da quando lei ha piantato questi che vede adesso, nessuno ha mai modificato e osato toccare qualcosa, anche le sedie ed i tavoli sono rimasti lì dov’erano. A nessuno è mai interessato toglierli».

    Davide lesse nelle sue parole risentimento, quasi come volesse sfidarlo a modificare qualcosa di quello che per lei era un posto prezioso, particolarmente suo e personale, qualcosa che poteva ancora condividere con la persona che più le aveva voluto bene al mondo.

    «Io sono stato incaricato da suo padre di occuparmi di questo posto e mi ha dato precisi ordini su come lo vorrebbe. Che le piaccia o no, da oggi in poi sarò il suo giardiniere. Le chiedo solo di farmi strada, al resto penso io».

    A quelle parole Luce andò su di giri e non vide altro che una persona da odiare e cacciare via dal suo giardino, anche se in realtà tutto quel risentimento era rivolto a suo padre.

    «A me non interessa cosa le ha chiesto mio padre, questo posto è sacro per me, nessuno ha mai osato metterci le mani al posto mio, di mia madre e di una persona che lavorava qui da vent’anni; non sarà certo lei il primo a sconvolgere tutto quanto. E adesso se ne vada e dica a mio padre che Luce non permetterà neanche a lui di privarla di una promessa che manterrà a tutti i costi, anche a costo di andare contro la sola persona che le sia rimasta al mondo, perché mia madre mi ha chiesto di occuparmene personalmente e io sola deciderò chi deve lavorare in questo posto!»

    Davide rimase scosso e cercò di rispondere.

    «Senta, io non so che dirle, suo padre ha chiesto così e così farò. Per esempio, ho il dovere di parlargli dei miei progetti e nessuno si è messo in mezzo nel mio lavoro, neanche lei lo farà, suo padre paga ed io suo padre accontenterò! Mi lasci fare il mio lavoro e per esempio…invece di starsene lì a fare la primadonna, potrebbe farmi il piacere di dirmi dove porta quella piccola stradina».

    Luce non credeva alle sue orecchie, era talmente indifferente a ciò che le aveva detto che aveva subito rigirato la frittata a suo favore mettendoci anche una buona dose di odiosa ironia.

    «Ma non ha capito ciò che le ho detto? Senta, io non lascio condizionare la mia vita neanche da mio padre e visto che in questo giardino, se io volessi, neanche lui potrebbe mettere piede perché questa casa era di mia madre e lei a me lo ha lasciato, ho tutto il diritto di chiederle di lasciare questo posto!»

    Davide arretrò di un po’, si accorse di essere stato maleducato. Aggiunse cautamente:

    «Va bene, mi scusi, io facevo solo il mio lavoro e… comunque non intendevo offenderla». Disse lui porgendole la mano e chinando il capo, poi proseguì quando vide che lei non face altrettanto, così per allentare la tensione accumulata buttò là una sua curiosità «Ma chiunque faccia il mio mestiere sogna di occuparsi di un posto simile e… e mi piacerebbe tanto sapere dove porta quella stradina che taglia il giardino là in fondo, dopo quel ciliegio. Sempre se non le dispiace parlarmene».

    «Mi scusi!» Ddisse lei più calma. «Ma quando si tratta di difendere le mie idee e le cose preziose per me, non vedo altro che nemici! Mi scusi, non ha colpa lei di questo. Quella stradina… quel viottolo immette nel bosco qui vicino e porta al piccolo torrente che si trova proprio vicino alla piccola baita».

    Dopo quella risposta, Davide la guardò meglio, vide una donna completamente diversa dalla precedente e quando parlava di ciò che l’affascinava le si illuminavano gli occhi. Fecero il giro dall’altra parte della casa, quando all’improvviso notò la splendida rosa bianca. Allora si fermò, si tolse di nuovo gli occhiali da sole e si avvicinò alla splendida pianta.

    «Che splendida rosa bianca! Non ho mai visto una pianta bella come questa, è lei che si occupa anche di questa meraviglia?»

    «Si, quella è la pianta di qui che preferisco!»

    Disse quelle parole con voce calma e pensosa, come se nascondesse ricordi meravigliosi e lontani.

    «Potrei sapere perché?» Chiese lui indiscretamente. «Se non le dispiace».

    «Perché vorrebbe saperlo?»

    «Perché non ho mai incontrato nessuno con una passione simile per un giardino e

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1