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Ostello della gioventù bruciata
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Ostello della gioventù bruciata
Ebook94 pages37 minutes

Ostello della gioventù bruciata

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Da Amsterdam a Ulan Bator, da Torino a Parigi, da Montréal fino a Milano: Ostello della gioventù bruciata non è l’ultimo libro di Irvine Welsh o di Christiane F. (sì, un po’ di droga c’è ma niente di serio), ma un viaggio vorticoso e a tratti straniante in un mondo tutto da scoprire, geografico ma anche interiore.
Con uno stile semplice che non disdegna l’uso della rima (ma quella cuore/amore no, tranquilli) Alfonso Maria Petrosino spazia schizofrenico fra uno stato d’animo e l’altro, ma soprattutto tra un bar e l’altro.
Ne viene fuori che Petrosino a volte è un po’ depresso (come diceva il profeta di Quelo, “c’è grossa crisi”, si sa), a volte ha un cuore che trabocca d’amore, altre volte ha solo voglia di perdersi dentro a un bicchiere (o ad una bottiglia di Martini).
Forse tutto questo vagare non porterà, infine, a trovare o a ritrovare la propria Itaca, ma, al massimo, ad una discarica abusiva sulla luna. In ogni caso, non c’è male.

La vita è più ampia così, e vera.
Pensavo fosse amore e lo era, lo era.
LanguageItaliano
PublisherSLAM Books
Release dateNov 20, 2018
ISBN9788894396553
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    Ostello della gioventù bruciata - Alfonso Maria Petrosino

    bruciata

    Pensavo fosse amore

    Palpeggiamenti e palpiti

    fra tutti e due discerno

    con quanta furia scalpiti

    il cuore nello sterno.

    I nervi sono fulmini

    che abbagliano le membra;

    sembra che tutto culmini

    in una vetta. Sembra.

    Ma quella forza

    si placa e smorza,

    finisce lì. Non era

    poi tutta questa furia.

    Pensavo fosse amore

    e invece era lussuria.

    Ti guardo ed una serie

    di cose mi sconquassa:

    il sangue nelle arterie

    ha la pressione bassa;

    sento che aumenta il battito,

    si mozza il fiato e resta

    in gola, e sono madido

    di sudore e la testa

    si disorienta,

    è sonnolenta

    e mi diventa nera.

    Gli occhi, così, li abbasso…

    Pensavo fosse amore

    e invece era un collasso.

    Mi sento molto stupido

    e contagioso: rido.

    È stato un anno cupido

    ma non perciò Cupido

    a destra e a manca sfreccerà,

    perché, sebbene cieco,

    sa già quanto sia becera

    l’umanità, che spreco

    l’amore sia

    per noi. Va via,

    raggiunge l’alta sfera

    di un mito senza età.

    Pensavo fosse amore

    e invece era chissà.

    Qualcuno al buio mormora

    una promessa casta

    sperando che la formula

    funzioni; ma non basta.

    Ci rivediamo in un bar

    che non esiste più

    per fare una macumba

    con bambole voodoo

    e matrioske

    con facce fosche.

    Si muta la chimera

    in incubo, l’ennesimo.

    Pensavo fosse amore

    ed era un incantesimo.

    Lascio che mi raggiungano

    le immagini che spargo.

    Il tempo non si allunga, no,

    ma si può fare largo.

    Io ti scrivevo lettere

    appassionate e oscene

    e ora potrei scommettere

    che le hai buttate: bene.

    Mi sembra giusto.

    Io te ne imbusto

    ancora, con la cera,

    e dopo le stropiccio.

    Pensavo fosse amore

    e invece era un capriccio.

    E se anche fosse? Immagina:

    se fosse solo questo?

    Melensa testardaggine

    che serve da pretesto

    ai bassi istinti, all’alea

    (la freccia di Cupido),

    a dare un po’ di sale

    alla squallida libido;

    che cosa cambia?

    La vita è più ampia

    così, e vera.

    Pensavo fosse amore

    e lo era, lo era.

    La nostra terra di nessuno

    Entra il tram nel solco,

    nel canale di scolo

    di lacrime, piogge acide e latrine.

    Tremano le carrozze

    mentre evito le pozze

    come se l’acqua nascondesse mine.

    Ripenso alle poltrone al cinema,

    a quanto fossero vicine

    all’uscita e, quindi, alla fine;

    camminare sopra una grata

    è ancora un rischio inopportuno.

    Nel mezzo del diluvio

    vado per via Vitruvio

    e Settembrini e Cincinnato e viale,

    mi pare, Tunisia

    per arrivare in via

    Settala, dove imbocco la spirale

    vertiginosa delle scale

    con cui verso di te si sale

    al più non mi ricordo quale

    piano. Milano è diventata

    la nostra terra di nessuno.

    Mappa del tesoro

    Ti cerco a destra e a manca

    – e soprattutto a manca – e sopra e sotto.

    Quanto mi stanca

    mettere di traverso il numero otto

    e a te moltiplicandolo

    rendere il senso della mia ricerca.

    Ho perso il bandolo

    e il labirinto si misura in circa.

    Donna che sei svanita

    e volatilizzandoti dissolta

    dalla mia vita

    quanto vorrei vederti un’altra volta.

    Alla fermata del bus,

    sul molo, all’aeroporto, alla stazione.

    Il mondo è un rebus

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