I monaci di Fontebrad
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Una tragedia inaspettata farà rabbrividire, imprimendo un segno indelebile e sconvolgendo chi si troverà ad affrontarla.
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Book preview
I monaci di Fontebrad - Saverio Marcante
I MONACI DI FONTEBRAD
Saverio Marcante
Titolo: I monaci di Fontebrad
Saverio Marcante
Immagine di copertina: Nomad_Soul
Grafica di copertina, rielaborazione e Realizzazione e-book: Rosso China Servizi Editoriali
Tutti i diritti riservati
A mio figlio Giovanni.
Presentazione
I monaci di Fontebrad è una storia agghiacciante che non concede tregua, un susseguirsi di omicidi che inquietano; sullo sfondo, un’abbazia di Lione diventa la tomba di personaggi ambigui, divisi tra bene e male, un luogo dove la vita sembra essere un bene sempre più prezioso.
Non c’è ragione apparente per gli omicidi che in quel luogo avvengono. Solo l’ispettore Borget, chiamato a districare e risolvere la sequenza di drammatici delitti, grazie al suo fiuto speciale riuscirà a districarsi fra indizi e moventi.
In tutto questo, due personaggi prendono la scena: Isabella, che – dopo aver trascorso un’infanzia travagliata – si troverà immersa in una tragedia immane che non le lascerà scampo. Tuttavia non rinuncerà a battersi: tenterà con tutte le sue forze di sfuggire al tragico destino e alla infelicità insondabile che le ha riservato la sua esistenza.
E poi c’è Robert, il romantico amante dei viaggi, che si verrà a trovare, suo malgrado, immerso in un lago di sangue, in un’atmosfera angosciante dalla quale uscirà rabbrividito e sconvolto.
Introduzione
Il destino di Robert il greco era la Francia.
In primavera suo zio Michel, residente a Marsiglia, scrisse una lettera, che arrivò in un caldo pomeriggio del mese di marzo; il postino appoggiò la bicicletta al muretto di recinzione e salutò Edward, il padre di Robert, che si trovava seduto al tavolo sotto il pergolato intento a sorseggiare un bicchiere di vino bianco.
«C’è posta per tuo figlio» disse con tono confidenziale.
Poi, tenendo la lettera fra le mani, chiese: «Robert è in casa?».
Edward spinse indietro la sedia dal tavolo e si alzò.
«Non c’è, è andato a comprare il pane, forse passava anche dal bar e in quel caso ritornerà più tardi».
Il postino masticò qualche cosa, dischiuse le labbra, mise le mani nel borsone da dove uscì un foglietto di colore giallo.
«Firma qui, per favore».
Consegnò la lettera, salutò e si avviò a piedi verso un’abitazione posta nell’altro lato della strada.
Il padre di Robert continuò a tenere la lettera fra le mani pensieroso, poi diede uno sguardo intorno e, mentre il postino si allontanava, entrò all’interno della casa e si sedette alla scrivania; accese la lampada, trovò i suoi occhiali di lettura e scorse attentamente il retro della busta dove appariva evidenziato l’indirizzo di provenienza.
«È di mio fratello» esclamò tutto preoccupato.
Si asciugò il viso con un fazzoletto e sentì il battito del cuore accelerare; non era la prima volta che arrivavano lettere indirizzate al figlio con inviti a lasciare la Grecia per recarsi a Marsiglia; pensò sicuro che in quelle righe ci fossero, per l’ennesima volta, contenute informazioni che avrebbero determinato l’allontanamento del figlio.
Devo occultare la lettera il più presto possibile prima che arrivi mio figlio, pensò immediatamente.
Cercò di riflettere su un possibile nascondiglio, scelse un cassetto dell’armadio lontano da occhi indiscreti e, principalmente, quelli del figlio, sua unica risorsa.
Robert era figlio unico, con il suo lavoro riusciva a mantenere la famiglia, lavorava in un ufficio turistico; alla sera, quando il lavoro era terminato, amava fermarsi in un bar per parlare con amici e a volte le discussioni duravano anche ore, sino a quando finivano la birra.
* * *
Dopo alcuni mesi, Robert, rovistando casualmente alla ricerca di un libro in un cassetto dell’armadio che custodiva gelosamente nella sua camera, trovò una busta riportante il suo nome. Si accorse che era chiusa e cercò di aprirla; dalla fretta ne strappò un lembo, poi prese il tagliacarte e incise la carta come un coltello nel burro.
Estrasse il foglio, per lui una perla nascosta, si spostò accanto alla luce naturale della finestra e iniziò a leggere con la massima attenzione. Suo zio Michel aveva scritto per informarlo che aveva pronto un posto di lavoro, nella stessa società di spedizioni, nel porto di quella città, dove anch’egli lavorava. Era un uomo meticoloso, molto pratico a tenere gli elenchi dei materiali da spedire; il lavoro aumentava e si era reso necessario un aiutante.
Quando era studente ginnasiale, Robert nutriva un forte sentimento di ammirazione per lo zio Michel e, leggendo la lettera, fu colto da una particolare emozione, che aveva fatto nascere in lui il desiderio di intraprendere un viaggio a Marsiglia per incontrare lo zio ed eventualmente scoprire la sua futura occupazione.
Suo padre lo attendeva in cucina, era ormai pronto il pranzo; Robert si sedette a tavola alla sua sinistra e posò la lettera sul tavolo.
«Santo cielo, perché hai nascosto la lettera?» domandò.
Il padre lo guardò stupito e replicò: «Quale lettera?».
«Questa lettera… l’hai ricevuta tu, vero?» disse Robert mentre la mano gli tremava.
«Ascoltami, io sono vecchio, tua madre non c’è più e io da solo come farei senza di te?»
«Marsiglia mi piace» disse il figlio. «È da tanto che attendevo questo momento» continuò mentre guardava il padre tenendo la lettera fra le mani.
Robert pensò per un momento, poi si alzò dal tavolo con quel pensiero in mente, salì le scale e raggiunse la camera da letto chiudendosi dietro la porta.
Edward lo seguì; il pensiero di perdere l’unico figlio era doloroso, voleva prenderlo per le braccia, trattenerlo.
«Parliamo, almeno!»
Aveva capito che Robert aveva preso una decisione irreversibile.
«Ti prego».
Edward si appoggiò con le spalle al muro e delle lacrime gli scorsero sulle guance.
«Cerca di capire, non voglio litigare; pensa a cosa stai facendo».
* * *
Nel caldo afoso della sera, Robert lanciò uno sguardo all’armadio, poi lo aprì e iniziò a stipare il borsone di indumenti.
Diede un’occhiata all’orologio che segnava le nove; era ancora presto e decise di uscire.
* * *
Tornò tardi a casa, quella notte, e la passò insonne.
Il mattino seguente, vedendo i raggi del sole trapelare dalle tende, si preparò per partire; si sistemò nervosamente la giacca, si annodò la cravatta e uscì dalla camera; raggiunse l’uscita, poi si fermò sulla soglia. Prima di partire guardò per l’ultima volta suo padre, che lo fissava con gli occhi spalancati, ammutolito e impotente, troppo stordito per reagire.
Robert fece un passo indietro e lo guardò intensamente.
«Stai tremando» mormorò.
Edward si asciugò gli occhi con il fazzoletto e cercò di trattenere le lacrime.
Robert lo abbracciò dandogli un bacio, poi chiuse lentamente la porta e uscì, passando quasi correndo dal giardino e arrivando sulla strada.
Non lontano dalla casa vi era la fermata dei taxi, la raggiunse e salì sulla prima vettura.
«Accompagnatemi alla stazione» disse posando il borsone sul sedile accanto.
* * *
Robert controllò l’orologio: erano le otto del mattino.
Mancava un’ora alla partenza del treno per Atene, il traffico era caotico; a un incrocio si fermarono a causa di un incidente.
Persero del tempo prezioso, ma mancavano ancora venti minuti alla partenza del treno e avrebbero fatto in tempo a raggiungerlo.
Arrivò alla stazione appena in tempo, corse alla biglietteria a fare il biglietto e salì sul treno. Proseguì camminando nel corridoio, facendosi largo fra i viaggiatori e raggiunse la seconda carrozza, non accorgendosi che era di prima classe.
Si posizionò nello scompartimento, issò la borsa nel portabagagli e si sedette vicino al finestrino.
Il treno scivolò via lentamente.
Per sua sventura, percorsi alcuni chilometri, passò il controllore e subì un controllo; poiché era sprovvisto di regolare supplemento del biglietto, fu costretto a pagare una multa oltre al prezzo dello stesso.
Mentre il treno avanzava rumoreggiando sui binari, dal finestrino guardava le terre che scorrevano veloci e tutto gli sembrava immaginario; riuscì addirittura quasi a pensare che al suo posto ci fosse un altro lui, o un gemello. Vide le tanto tormentate e mutate terre e città, così lontane dalla sua immaginazione, forse perché il treno che lo stava portando da Atene a Venezia passava per uno dei cuori inquieti d’Europa. Riemerse come un lampo, in quei brevi momenti, tutta la sua contraddizione e comprese che stavano per essere svelati e messi in scena due spettacoli. Quello che stava vivendo all’interno del vagone con i suoi passeggeri uniti da una situazione umana fatta di tanti discorsi di sfaccettature della vita quotidiana, di racconti del passato, del presente e di quelli futuri. Poi l’altro che si svolgeva al di fuori del finestrino, misterioso, sfuggente e cinematografico.
La costa della Francia era a portata di mano, il colore azzurro avvolgeva la terraferma dove i villaggi scorrevano via perdendosi alla sua vista. Sempre avanzando sui binari, il lento dondolio delle carrozze accompagnava le onde di quel mare amico che lo scortava verso la sua nuova destinazione.
Appoggiò le braccia sul finestrino abbassato e sporse il capo per farsi rinfrescare i capelli dall’aria marittima, tornò a sedersi e attese che il treno, esaurita la sua lunga corsa, lentamente entrasse alla stazione di Marsiglia.
Appena scese, vide la stazione affollata; dopo aver viaggiato nello scompartimento seduto per moltissime ore, era felice di camminare per sgranchirsi le gambe. Guardò verso la locomotiva: cinque vagoni lo dividevano dalla fine delle rotaie.
Mentre il treno si fermava, Michel, posizionato sotto la pensilina, cercò di vedere fra la folla il volto del nipote. Proprio là Robert incontrò lo zio, già in attesa da qualche minuto; poiché il suo sguardo spaziava contemplando il movimento dei viaggiatori, dovette battergli sulla spalla per attirare la sua attenzione.
«Ciao zio Michel» disse Robert abbracciandolo, sorridendo cercando di scacciare l’emozione.
«Ciao Robert, mio caro, com’è andato il viaggio?»
«Non male» rispose, cercando di tranquillizzare lo zio che in quel momento teneva fra le mani una rivista con tutti gli itinerari turistici delle migliori città europee.
Aveva già vissuto gran parte della sua vita, era abbastanza anziano, per motivi di lavoro aveva avuto modo di visitare molte città in Europa.
Lo zio, nonostante fossero passati molti anni, della sua Grecia custodiva gelosamente i ricordi, era un uomo molto orgoglioso, si interessava dello studio degli astri, possedeva una rara intelligenza, riusciva a camminare agilmente quasi saltellando nonostante i suoi cinquanta anni; aveva una pelle bianchissima, i capelli erano biondi, il fisico possente, appariva come un uomo romantico, affascinante, catapultato nel presente, proveniente da un mondo remoto, le donne in lui trovavano la considerazione e il rispetto dei grandi valori persi nel tempo.
Il cielo era sereno a Marsiglia; era un giorno di festa, la stazione era piena di persone che si fermavano in attesa degli arrivi, nel settore delle partenze un gran numero di passeggeri si accalcava ai bordi delle rotaie in attesa di salire sui vagoni per accomodarsi negli scompartimenti e partire per le varie destinazioni.
«Mi hai colto di sorpresa» proseguì con un mezzo sorriso.
«Finalmente, dopo tantissimo tempo» lo zio Michel si guardò attorno, poi fissò Robert. «Vedo che non sei cambiato, sei sempre quel bel giovanotto che ho incontrato molti anni fa in Grecia».
Robert respirò a fondo.
«Zio Michel, il tempo passa… anche tu non scherzi. A proposito, sul treno non ho mangiato nulla, che ne diresti se andassimo in una trattoria? Così mentre siamo seduti tranquilli attorno a un tavolo possiamo parlare».
«Sì» rispose lo zio. «Appena fuori della stazione, senza correre lontano, conosco un piccolo ristorante accogliente».
Uscirono dalla stazione; Robert strascicava a fatica il grosso borsone, per fortuna la trattoria si trovava a pochi minuti di distanza.
Arrivarono al primo incrocio, attesero il verde del semaforo, attraversarono la strada seguendo le strisce pedonali, ci mancò veramente poco venissero investiti; sentirono un forte stridere delle ruote che si fermarono bloccate dai freni.
L’odore acre li pervase, la vettura riuscì a fermarsi appena in tempo, a pochi centimetri da loro.
«Vedo che tutto il mondo è paese» esclamò Robert.
Lo zio non si scompose, raccolse il borsone che dalla paura era caduto dalle mani del nipote e si avviarono al vicino ristorante.
Sulla parete di mattoni rossi, una grande insegna rettangolare con incisa una scritta dorata indicava Angelo Blu
.
Un ristorante tipico della cucina marsigliese; quando si avvicinarono al palazzo, sulla parete videro dipinti grappoli d’uva bianca e nera.
Entrarono e si accomodarono a un tavolo rustico in legno posto nell’angolo del locale, uno di fronte all’altro; contro le pareti vi erano grandi scaffali contenenti bottiglie di vino, sopra erano ben riposti dei piatti di porcellana raffiguranti pesci impigliati nella rete dei pescatori.
Lo zio Michel si girò a osservare, diede una sbirciata al menù con la lista dei vini e ordinarono due razioni di Bouillabaisse, un classico piatto di zuppa di pesce di Marsiglia.
Mentre erano in attesa dell’ordinazione, il cuoco fu chiamato dal cameriere e sbucò dalla porta della cucina dirigendosi alla cassa; portava dei capelli nerissimi e aveva un’età che non superava i quaranta anni; poi, strofinandosi le mani, fece un cenno di saluto e si ritirò chiudendo la porta.
Si presentò poco dopo tenendo fra le mani due piatti colmi all’inverosimile; l’aroma che diffondevano era così appetitoso che altri clienti seduti accanto a loro si affrettarono a ordinare il medesimo piatto.
Durante tutto il pranzo Robert lanciava occhiate verso la donna ferma in piedi davanti alla cassa e stava tormentando la sua mente con delle profonde fantasie sessuali. La cassiera era una donna di mezza età e aveva un aspetto veramente attraente, possedeva un viso ovale con occhi di colore ambra non comuni, una massa di cappelli castani era raccolta alla sommità del capo, audacemente indossava un abito azzurrino con una profonda scollatura. Robert nella sua mente stava controllando i suoi primordiali impulsi, pensava ai suoi seni appuntiti che oltrepassavano la scollatura, aveva addirittura pensato di toccarli e di baciarli, la immaginava nuda, era troppo affascinante.
Finirono il pranzo. Il cameriere si avvicinò al tavolo e ordinarono un dolce e il caffè. Robert si raccomandò: «Non troppo lungo» disse guardando fisso il cameriere.
Un sorriso spuntò sul volto di Michel; era il preannuncio di una domanda.
Arrivò il cameriere, posò le tazzine del caffè compresi i dolcetti sulla superficie del tavolo.
«Beviamo uno Scotch Whisky per festeggiare il tuo arrivo?» propose lo zio quando finirono di sorseggiare il caffè.
A Michel lo Scotch Whisky era sempre piaciuto; trovò il nipote un po’ stanco per il lungo viaggio che aveva appena affrontato e per lo stress a cui si era sottoposto.
«Mi sembra un’ottima idea» aggiunse Robert riflettendo un attimo. «Penso sia il modo migliore per festeggiare in questo momento» aggiunse.
Per lui trovarsi a Marsiglia era un avvenimento importante, un’occasione che aveva sempre cercato per tutta la sua vita; finalmente poteva coronare il suo sogno, adesso aveva la possibilità di insediarsi in un luogo che aveva sempre sognato, sperava da molto tempo vivere a Marsiglia per lavorare, uscire e divertirsi e di trapiantare i semi della sua cultura lì a Marsiglia; purtroppo suo padre non aveva capito e mai avrebbe potuto farlo.
Si avvicinò il cameriere e li raggiunse per prendere l’ordinazione; quando si allontanò, Michel fissò il nipote, poi con aria un po’ impacciata gli chiese del padre lasciato in Grecia.
Laggiù aveva lasciato suo padre e le sue radici forti, ma era sicuro che avrebbe superato