Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Korchin e l'odio: Ciclo: Pulphagus®
Korchin e l'odio: Ciclo: Pulphagus®
Korchin e l'odio: Ciclo: Pulphagus®
Ebook241 pages3 hours

Korchin e l'odio: Ciclo: Pulphagus®

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Fantascienza - romanzo (186 pagine) - Di Korchin si diceva fosse stato un boss di Pulphagus®, ma il suo passato era un mistero. Di certo ora era più di un pirata, era una leggenda. Un nuovo straordinario romanzo nel mondo di Pulphagus®, il romanzo vincitore del Premio Urania


Dopo il romanzo Pulphagus® Fango dei cieli, vincitore del Premio Urania, e la serie Pulphagus® L'inferno dei cieli, Lukha B. Kremo torna nel pittoresco e incredibile universo con un'avventura ancora più appassionante.

Tutto gira attorno a Korchin, pirata spaziale avvolto dal mistero e dalla leggenda, ex gringo di Pulphagus®, l'asteroide orbitante attorno alla luna usato per lo smaltimento dei rifiuti. Korchin ha un'unica missione, un'unica ragione di vita: costruire la sua vendetta nei confronti di coloro che hanno ucciso Arianna, la donna amata trasformata in Golem.

Romanzo finalista al Premio Odissea 2018.


Lukha B. Kremo è autore di romanzi e racconti non solo di fantascienza. Ha diretto la rivista Avatär, vincendo tre Premi Italia. Ha pubblicato racconti su varie antologie tra le quali Supernova Express (2006, Fantanet), Frammenti di una rosa quantica (2008, Kipple) e Avanguardie Futuro Oscuro (2009, Kipple). Un suo racconto è uscito anche su Robot.

Ha pubblicato cd di musica elettronica con lo pseudonimo di Krell e organizzato il progetto Sonora Commedia.

Ha pubblicato i romanzi Il Grande Tritacarne (2005), Gli occhi dell’anti-Dio (2008), Trans-Human Express (2012). Con Pulphagus® - Fango dei cieli  ha vinto il premio Urania 2016.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateOct 30, 2018
ISBN9788825407181
Korchin e l'odio: Ciclo: Pulphagus®

Read more from Lukha B. Kremo

Related to Korchin e l'odio

Related ebooks

Action & Adventure Fiction For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Korchin e l'odio

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Korchin e l'odio - Lukha B. Kremo

    9788825408348

    È l’odio puro: astratto, disincantato, disinteressato; quello che muove l’universo, e che sopravvive a tutto.

    (Sebastiano Vassalli)

    Finché si odia si ama ancora.

    (Alphonse Karr)

    Prezziario

    "™ parole registrate a dominio privato, >100 crediti a lettera

    ® parole registrate a dominio pubblico, 50-99 crediti a lettera

    © parole di I categoria, 10-49 crediti a lettera

    # parole di II categoria, 1-9 crediti a lettera

    parole di III categoria, gratuite.

    (Prontuario delle categorie di tassazione delle parole – edizione 7.88)

    1. Ri/bella

    Il rostro del Barbanera fora la parete del cargo come un cacciavite potrebbe bucare una panetta di burro. Senza troppa resistenza, senza rumore.

    – Azionate le benne coi corvi.

    La figura del capitano si mostra da un piccolo monitor. La voce è bassa, profonda, con il tono neutro e un accenno di raucedine. Gli occhi sono grandi, del colore del cielo artico; i capelli di un bianco omogeneo, da un lato si alzano ritti come orripilati, dall’altro si piegano verso il basso fino a occludere l’esterno dell’occhio e della guancia sinistra.

    Nella Sala Comando, davanti al cruscotto di navigazione, una donna dalla pelle d’ebano e le forme generose e un ometto magro come uno stecco sono concentrati sullo schermo parietale.

    I denti delle benne vanno a mordere il metallo del cargo per fissarlo a sé, prima che i corvi completino la cattura. Segue un lieve impatto, i corpi dell’equipaggio vengono spostati lateralmente, ma recuperano il proprio ancoraggio al pavimento grazie ai magneti ai piedi.

    – Mica hai finito – rimbrotta Mescla con la sua voce querula.

    – Chiudi il tombino della bocca! – ribatte secca la donna.

    Mescla sorride, ma non aggiunge altro. Sa che Helga potrebbe innervosirsi davvero, mollare tutto seduta stante e percuoterlo fino a costringerlo a chiedere pietà.

    All’interno del rostro, una coclea di carotaggio viene estratta come un membro virile, per allargare e limare l’apertura.

    Helga è concentrata sui comandi, l’operazione è delicata, anche se non è nuova per lei. La donna è alta, robusta; ha il volto marcato e i capelli ricci tipici del continente da cui proviene.

    Terminato il lavoro, la coclea si ritira e lascia il posto a un condotto circolare, che s’insinua delicatamente nella falla. Helga si assicura visivamente che il condotto sia posizionato correttamente, quindi aziona le guarnizioni per rendere il collegamento stagno. La gomma si espande sulla falla cercando di aderirvi. Infine vengono sigillate le microfenditure con la schiuma sigillante. Nello spazio non ci si possono permettere perdite d’aria, nemmeno se microscopiche.

    – Arrembaggio! – esclama la navigatrice del Barbanera mostrando la sua dentatura Ferrari™, bianca come il bicarbonato e perfetta come quella delle pubblicità, che contrasta perfettamente con la sua pelle scura.

    – E bravo il nostro cioccolatino! – pigola Mescla, l’informatico di bordo. Capitan Korchin, invece, non dice nulla.

    La donna guarda il monitor con il volto del capitano del Barbanera senza nascondere l’espressione di fierezza. Lui sembra fissarla; ormai Helga ha imparato a leggere le sue espressioni. Quando è orgoglioso gli occhi si allargano impercettibilmente e sembra che una luce lontana vi si accenda per un microsecondo, mentre i muscoli facciali si rilassano. Poi la donna si volta a guardare Mescla, marcando il suo autocompiacimento e quasi sbeffeggiando l’ometto.

    Mescla è un ibrido, piccolo e magrolino, figlio di un chinos e una stafari, con occhi sottili e dread bianchi che tiene legati per non farli svolazzare per l’assenza di gravità.

    – Sapete cosa fare – dice Korchin, prima di disattivare la sua immagine sul monitor.

    Helga avanza verso Mescla con le mani sui fianchi che ci stanno come i manici sulla brocca. I magneti ai piedi amplificano la pesantezza dei suoi passi a lunga falcata. Giunto davanti all’ometto, alza un braccio indicandogli di precederla. Lui annuisce un po’ affranto, ma obbedisce. Sa che è il più adatto a introdursi nel piccolo condotto.

    Mescla e Helga raggiungono la parte anteriore del vascello attraverso un locale altro e stretto. Mescla digita il codice sul tastierino, afferra la maniglia circolare dell’apertura della paratia stagna e comincia a girare con forza. Helga sovrappone le sue mani scure a quelle bianchicce di Mescla e vira la ruota fino all’apertura della porta. Un lieve suono di sfiato riequilibra la pressione tra le navi.

    I due si sorridono. L’espressione di Helga è la stessa di prima, quella di Mescla nasconde un livore benevolo. L’ometto si stringe il nodo che tiene stretti i dread e s’introduce nel varco del condotto.

    Mescla avanza carponi, tenendosi alle maniglie. Potrebbe lanciarsi e arrivare subito, ma Korchin gli ha insegnato a usare cautela, in qualsiasi momento, anche durante un arrembaggio piratesco come questo.

    Mescla raggiunge lo scafo del cargo e accende la torcia. Conosce i principali modelli di cargo. Questo è della Marlin™, la ditta che detiene il monopolio dello smaltimento dei rifiuti umidi di LaTerra®. È il più comune e l’unico che ormai ha come meta Pulphagus®, l’asteroide catturato in orbita cislunare – da cui provengono lui stesso e Capitan Korchin – reso cavo e adibito alla lavorazione dei rifiuti umidi e dei veleni. E per Mescla i cargo della Marlin™ sono come vecchie tasche. L’ometto accende la torcia ed esamina il corridoio su cui danno i container stagni. Naturalmente, all’equipaggio del Barbanera, non interessano i rifiuti, ma ciò che si trova nella stanza pressurizzata, che può contenere alimenti o altri beni che necessitano ai dirigenti della PulphagusCo™, la ditta che controlla il quasi omonimo satellite.

    Mescla si lancia lungo il corridoio verso la porta della stanza. Inserisce il passpartout e apre la porta stagna.

    Strike! – non riesce a trattenersi osservando i bauli refrigeratori e congelatori. – Delizie per un anno! – Si volta per illuminare a una a una le casse metalliche chiuse, impilate, che occupano tutta la stanza; poi la luce si ferma su tre cassoni lignei oblunghi. Il sospetto di Mescla dura pochi millisecondi: viene confermato quando la luce inquadra il logo di HolyVatican®. Quelle sono tre bare cristiane.

    Mescla è sorpreso. Non è la prima volta che rinvengono delle bare in un cargo ma, ovviamente, sempre quando la nave proviene da Pulphagus® diretta verso LaTerra®: sono i corpi dei dirigenti deceduti nell’asteroide che desiderano essere inumati sul pianeta blu, soprattutto perché a Pulphagus® nessuno viene seppellito: i cadaveri, se possibile, vengono aggiunti ai rifiuti. Mescla è sicuro che questo cargo proceda verso Pulphagus®.

    L’ometto con i dread scatta una foto, quindi torna sul Barbanera.

    Appena incontra lo sguardo di Helga libera tutto il proprio entusiasmo: – Lavoro in vista per te, Helga!

    Lei, che sa cosa significa, allarga le braccia esultando.

    – Decine di bauli! – rincara la dose Mescla. Allora Helga lo abbraccia, lo stringe e lo scaraventa per scherzo lungo il corridoio, mentre sghignazza.

    Anche Mescla ride mentre il suo corpo quasi rachitico va alla deriva lungo lo spazio oblungo. Quando riesce a fermarsi, aggrappandosi a una maniglia di cortesia, aggiunge: – E tre bei mortazzi.

    Helga smorza il suo sorriso da trentadue denti. – Oh, grazie dell’informazione, ma io ho gusti differenti dai tuoi!

    Mescla non si lascia sfuggire la frecciata: – Li conosco bene i tuoi gusti…

    Helga mostra la lingua a Mescla, in un atteggiamento a metà tra l’indispettito e il malizioso.

    – Avviso Korchin. Tu intanto ficcati in quel buco, ma occhio a non incastrarti l’osso iliaco carenato…

    Helga non se la prende, è abituata alla gente che scherza con i suoi fianchi. – Perché non parli così al tuo Paese, schiacciatasti? Sai quanto spenderesti?

    – Sono rimasto qua anche per questo, lo sai?

    – Come no.

    Helga s’introduce nel varco aperto dal rostro e Mescla le fa un gesto osceno sapendo di non essere visto; lui si ricorda bene che sul proprio asteroide d’origine – ma anche sui territori standard di LaTerra® – le parole pronunciate sono sottoposte a tassazione, secondo una tabella molto severa. Pare che le autorità acquisiscano le registrazioni grazie a microfoni installati capillarmente e probabilmente anche a microchip sottocutanei. In entrambi i casi, nello spazio aperto si è esclusi, perché i segnali non potrebbero raggiungere le centraline di registrazione.

    Mescla informa il proprio capitano sul contenuto del cargo. Il volto di Korchin compare sul monitor piccolo. L’umano aggrotta le sopracciglia, il suo sguardo si fa profondo, la pupilla sembra navigare in mezzo a un’iride celeste in tempesta.

    – Accertatevi del contenuto delle bare. Ma usate i respiratori – si raccomanda il capitano del Barbanera. – Possono essere contaminate.

    Mescla annuisce e torna ad aiutare Helga. Il capitano non ha bisogno di dire loro di caricare tutto il possibile. La loro sopravvivenza dipende dal cibo, prima di ogni altra cosa.

    Un grosso lavoro aspetta Mescla e Helga. Devono aprire i bauli refrigeranti e mettere gli alimenti in contenitori più piccoli in modo che passino attraverso il varco. Se questi sono troppo congelati, sono costretti a tagliare i blocchi con delle lame laser. Infine devono portare tutto a bordo. L’assenza di gravità li aiuta a non spendere troppe energie, ma loro sanno che non potranno permettersi remore, dato che presto arriveranno i rinforzi della POLphagus®, le forze dell’ordine dell’asteroide.

    Dopo parecchie ore di lavoro, caricata a bordo l’ultima cassetta di alimenti, Helga si stacca i magneti per poter levitare un po’ e rilassarsi. Mescla vede il corpo imponente della donna volteggiare e si prende qualche secondo per osservarlo e immaginare sotto la sua divisa grigia. In confronto lui sembra un ragazzino. Infine torna in sé: – Non abbiamo finito.

    – No? – chioccia lei.

    – Dobbiamo aprire le bare.

    – Che palle! Mica vorrai portare dentro anche i cadaveri‽

    – Certo che no!

    – E allora accomodati tu.

    – Come vuoi. Vado a prendere il respiratore.

    – Bene. Mi trovi in cabina.

    Mescla va a recuperare il respiratore. Non si sono mai visti cadaveri provenienti da LaTerra® verso Pulphagus®, quindi è saggio dare una controllatina. L’ometto entra per l’ennesima volta all’interno del cargo della Marlin™, raggiunge le bare, disposte una sopra l’altra, e sega con il laser le cerniere che chiudono il coperchio della prima. La copertura viene via quasi subito, si stacca e comincia a volteggiare per la saletta. All’interno c’è un materassino di gommapiuma sdrucito. Nient’altro.

    Mescla non si preoccupa più di tanto. Sposta via la prima bara e cerca di aprire la seconda. Le cerniere sono sigillate ed è costretto a tagliarne il metallo. Dentro c’è il corpo di umano, altro, magro, quasi certamente un terrestre, con la pelle bianca e cerea; sembra un ottimo manichino da divertimento sessuale. Non è certo il primo cadavere che vede in vita sua, ma istintivamente si allontana, scatta una foto e richiude la bara, che sposta lateralmente.

    Anche la terza cassa è sigillata. E infatti al suo interno c’è il cadavere di una donna. Ha dei profondi tagli sul volto, l’espressione contrita, come se trattenesse una smorfia di dolore. Le vene disegnano diramazioni bluastre attraverso la cute. Non è affatto piacevole stare a guardarla. Mescla la fotografa rapidamente ed esce dal cargo, come in preda a un’incontinenza psichica.

    L’ometto torna in Sala Comando, dove l’immagine di Korchin annuisce: – Avast!

    Helga lo raggiunge e si prepara alla manovra, mentre Mescla attiva sensori e sistemi automatici e Korchin dirige le operazioni. Il portello stagno viene chiuso e il Barbanera attiva i retrorazzi. Brevi ma intensi getti di gas sono emanati in modo che il vascello si stacchi dal cargo.

    Lo sfregolio dei metalli si sente all’interno come un lamento inquietante di un mostro abissale, ma è di breve durata.

    Quando le due astronavi si staccano completamente, Korchin ordina di spegnere i razzi per non perdere troppo l’orbita. A quel punto entra in gioco Mescla, che calcola una nuova orbita stabile, lontana dal cargo. I dati ottenuti dall’ometto con i dread sono acquisiti da Helga che imposta i getti nella direzione voluta e dà l’impulso della durata necessaria.

    Dallo schermo, che occupa l’intera parete, si vedono prillare i frammenti del tunnel che teneva unite le due navi. Il cargo comincia ad allontanarsi e, intorno, il cielo stellato si riprende la scena, inghiottendo il cargo come se non fosse mai esistito. Basta meno di un’ora al vascello per essere nuovamente libero di solcare i cieli sublunari, sicuro di non essere intercettato da altre navi in quell’immenso mare nero tridimensionale.

    Quando il Barbanera è stabilizzato sulla nuova orbita, i tre dell’equipaggio esultano, ognuno a modo suo. Mescla si è liberato i dread; in assenza di gravità assumono la forma di raggi bianchi, che creano una specie di corona intorno al suo piccolo capo. In quei momenti si sente più importante. Helga si è già catapultata in cambusa a procurarsi da bere.

    Sullo schermo parietale, LaTerra® appare come una sfera bluastra screziata di formazioni nuvolose bianche, come spennellate, sotto cui si nasconde la terraferma, mai come ora così gialla e verde. Si scorge anche Pulphagus®, o meglio Erewhon, come lo chiamano i propri abitanti per risparmiare sulla parola.

    Anche Korchin si mostra raggiante. Il suo sguardo è fiero, gli occhi sono umidi, eppure sembra che quel velenoso asteroide non si voglia piegare al suo sentimento, non voglia né partecipare alla sua festa interiore, né si senta intimorito dalle sue gesta eroiche e piratesche. Niente. Erewhon, come lo aveva sempre chiamato lui, non reagisce. Anzi, ottenebra la sua momentanea felicità. L’umano strizza gli occhi. Ricorda sprazzi di ciò che è successo lassù. Sa che, nonostante la sua vita randagia, non potrà mai smorzare il proprio desiderio di vendetta. Vendetta nei confronti di chi gli ha aperto il corpo, l’ha svuotato delle viscere, l’ha richiuso e l’ha avvolto stretto come si faceva per le mummie per evitare che l’anima se ne scappasse via in preda al terrore o alla rabbia. Ecco come lo fa sentire Pulphagus®. Svuotato. Senza stomaco, senza ossa. Senza cuore.

    Ma per il momento lascia prevalere la soddisfazione di un bottino che durerà mesi, se non anni, e che eviterà loro altri rischiosi arrembaggi. Il capitano dà un’ultima verifica ai livelli di comburente, i gas che permettono al Barbanera gli strategici cambi di orbita per evitare che qualche nave della POLphagus® o di LaTerra® possa intercettarli e arrestarli. I suoi muscoli orbicolari labiali si piegano in modo impercettibile. È il suo modo di sorridere.

    Helga torna in Sala Comando con un paio di bottiglie di vino pregiato, prelevate sul carico precedente.

    – Tappo di sughero, nientemeno.

    Poi mostra una confezione con stampato un sassofono a forma di J.

    – Jazzer! – gongola.

    Dal monitor, Korchin sposta le pupille verso la confezione di una tra le più potenti droghe terrestri. Un mix di molecole lisergiche e stimolanti che garantisce un viaggio psichico iperaccelerato. L’umano non dice nulla. Allora Helga si sente autorizzata e poggia la prima bottiglia sul tavolo di servizio tentando d’infilare il cavatappi. Smanetta un po’, ma per l’assenza di gravità la punta non ne vuol sapere d’infilzarsi nel sughero e la bottiglia bascula lateralmente.

    – Non lo sai usare – la deride Mescla, facendo volteggiare i dread nell’aria. – Hai le mani troppo grosse.

    La donna insiste un po’, ma sente lo sguardo di Mescla addosso. Infatti, appena alza il viso vede che lui ha allungato gli occhietti a mandorla in un ghigno.

    A quel punto la donna lascia il cavatappi a Mescla. – Fai tu, genietto. Mai aperto una bottiglia, quassù.

    Mescla prende in mano la situazione e in pochi secondi estrae il sughero dalla bottiglia, prima d’inserire il tappo ad aspirazione. I suoi dread si dispongono a raggiera sopra la testa.

    – Capitano… – dichiara sollevando la confezione di Jazzer verso lo schermo.

    Korchin osserva la scatolina come se gli ricordasse un remoto evento del passato. Quindi la donna la apre e stringe la prima pastiglia di Jazzer tra pollice e indice. È una compressa ambrata semitrasparente, abbastanza appariscente. Helga se la chiude in bocca, poi alza la bottiglia e poggia la punta della cannuccia del tappo ad aspirazione sulle labbra. Dopo pochi secondi restituisce la bottiglia a Mescla.

    – Buono – dice.

    Mescla si gira verso Helga alzando la bottiglia e sorridendo. I suoi denti non sono messi bene come quelli di Helga, nessun pulphago si può permettere una dentatura Ferrari™, se non i pochi dirigenti. Quando Mescla ride emette un suono rauco e stridulo.

    L’umano prende la sua pastiglia e ci beve sopra il vino.

    – Corpo di mille asteroidi! – scimmiotta, e Helga rimpalla: – Ah ah… per la barba di Achab!

    I due scoppiano a ridere. Poi Helga afferra la bottiglia e fa una sorsata senza fine. Mentre ingurgita si sente il suono di un liquido risucchiato da un gorgo.

    – Ehi, vacci piano! Ne abbiamo solo due casse.

    Helga ignora le sue parole e continua a succhiare fino al fondo della bottiglia, quando si sente il gorgoglio del risucchio dell’aria. La donna stacca la cannuccia ed emette un sonoro rutto, che fa eco tra le pareti metalliche della sala.

    – Ahoy! Saresti in grado di spostare un’astronave!

    Korchin sgrana gli occhi. Il suo sguardo è di fuoco: – Chi sei? – Il tono del capitano è grave e stentoreo.

    Helga

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1