Versace n'artro litro
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Book preview
Versace n'artro litro - MANUELA FABIO
MANUELA LALLAI
FABIO
VERSACE N’ALTRO LITRO
Titolo
VERSACE N’ALTRO LITRO
Autore
Manuela Lallai
Fabio
Editore
LUPIEDITORE
Sito internet
http://www.yndy.it
Tutti i diritti sono riservati a norma di legge. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con alcun mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Autore e dell’Editore. È espressamente vietato trasmettere ad altri il presente libro, né in formato cartaceo né elettronico, né per denaro né a titolo gratuito. Le strategie riportate in questo libro sono frutto di anni di studi e specializzazioni, quindi non è garantito il raggiungimento dei medesimi risultati di crescita personale o professionale. Il lettore si assume piena responsabilità delle proprie scelte, consapevole dei rischi connessi a qualsiasi forma di esercizio. Il libro ha esclusivamente scopo formativo.
Introduzione
La mia storia comincia il 22 maggio del 2005.
Il giorno esatto in cui nacqui per la seconda volta. E per la prima vissi. Davvero, intendo!
Ora. Il problema è: quando cazzo è comparsa la Lallai?
Perché, vedete: quando la vita comincia a buttarti addosso merda su merda (che poi?! Qualche colpa ce l’ho eh?! Qualche. Qualchina. Esiste?) Va beh, dicevo.
Quando la vita comincia a buttarti addosso palate di merda le cose, bene o male, sono tre:
piangi (lo faccio)
o bevi (lo faccio)
o la merda la trasformi (questo è l’intento)
Ecco a voi il concime che ne ho tratto. Ma per la Lallai: abbiate un po’ di pazienza! Con affetto,
Manuela
Ho provato, ho fallito.
Non importa, riproverò.
Fallirò ancora.
Fallirò meglio.
Capitolo 1
Quando il tuo nemico è un Linfoma di Hodgkin al quarto stadio...altro che Ivan Drago!
La mia storia?
Ve l’ho detto: comincia realmente il 22 maggio 2005. Avevo ventidue anni allora. E, a dire il vero, esistevo già da un pezzo. Esistere, però, è un conto. Vivere, invece, è tutto un altro par di palle!
La persona che ero mi aveva lasciata insieme ai miei lunghi capelli castani. Ad annientarla un linfoma di Hodgkin al quarto stadio che si era preso prima collo, diaframma, ascelle e milza. Poi, non contento: capelli e sopracciglia.
Infine: la mia spensieratezza. Per sempre.
A dire il vero -e col senno di poi, ovvio- il cancro fu la mia prima benedizione!
Mi volto spesso indietro: e quella Manuela, quella là, quella ragazzina saccente, sicura, capricciosa, insolente, egoista -per dirne giusto qualcuna- io proprio non la sopportavo. Ad ogni modo, che mi piacessi o meno ripensandoci, poco importa!
Fossi stata anche una stronza di alta categoria tendente al lusso, quella che seguì una volta arruolata nel plotone malati
da chi in quest’universo prende decisioni o causa chissà quali malefatte in vite precedenti...beh, sì, insomma: quella che seguì fu una dura, straziante, (immeritata) battaglia.
Dura, straziante, (immeritata), VINTA.
Sapete?! In quei giorni ho sempre preferito una bandana colorata alla parrucca, non so perché! Senso d’invadenza, suppongo. In un corpo già fin troppo soggiogato con cinica prepotenza da un tumore. Ma la comprai lo stesso. Spesi pressappoco duecentonovanta euro e l’appoggiai lì, ferma.
Sulla testa del manichino, non sulla mia. Ne ricordo non solo il prezzo, ma ogni singola sfumatura. Tanto è vivido dopo dieci lunghi anni ogni fottutissimo momento della mia malattia. Perché quando a ventun anni intraprendi una battaglia come questa, vi assicuro, è difficile guardare riflessa nello specchio l’immagine di una testa pelata, il corpo deformato dal cortisone, gli occhi spenti. Ancor prima della stanchezza, della nausea, della Paura.
Perché a ventun anni profumi di rabbia, cercando un Perché
. Una ragione. Anche solo per alzarti dal letto e lavarti i denti. Tu: che avresti dovuto andare al cinema con la cotta di turno e non sapere cosa metterti, Cristo!
Potrei raccontarvi dei pianti di mamma Rosy, delle bestemmie di babbo Pino, dell’impotenza di chi ti è accanto. Dell’immane sofferenza fisica, che è nulla rispetto al dolore che tu percepisci negli altri e brucia tanto quanto quella flebo di sangue non infetto iniettata per forza di cose sottopelle in un mercoledì come tanti. Potrei raccontarvi di come la chemioterapia non sia una tortura, come vuole l’immaginario collettivo, ma che tutti quei buchi nelle braccia lasciano segni indelebili...dentro. Potrei raccontarvi di ospedali, incontri, sofferenza. Di aghi, medici, odori. Di gioie. E ricadute. Di come la ricerca aiuti e gli ospedali sgorghino efficienza. Ma che il tutto non basta se manca la voglia di combattere. E vincere. Potrei raccontare ancora tanto, in effetti. E nel dettaglio. Sì, potrei. Ma non voglio. Che questa è un’altra storia! La verità è che devo ad un linfoma la mia voglia di vivere. La verità è che da quel giorno, tanto lontano quanto limpido, sono roba rara. Ed ogni cosa, anche la più insignificante, sa di buono. La verità è che sono ancora qui! Anagraficamente -mentre raccolgo il tutto in quest’unico scritto- ho superato anche quel burlone del buon Gesù (e lascerei doveroso spazio a rapidissima toccatina!) e quel che voglio raccontarvi è tutto ciò che ne seguì. Nel bene. E nel male.Tutto quel che seguì, nel bene, o nel male: la chiamerò Vita!
Capitolo 2
La vita su carta, al tempo di Facebook
Impossibile cominciare dagli antipodi. Vi annoierei di certo! Senza contare che non ero neanche così simpatica, a quegli antipodi. Prima che comparisse la Lallai!
Questo nome nasce da una lunga storia. Di quelle di un’idiozia imbarazzante su cui è decisamente meglio non indagare.
Inversamente proporzionale a quest’ultima, al contrario, quello che col tempo ne è diventato il significato. Se della Lallai ne ho fatto un personaggio per gli altri mezzo social, per me è diventata quella parte ironica, frizzante, sempre allegra ed ottimista. Sì: di me stessa. E sì: probabilmente sono bipolare! Anzi: togliete pure il probabilmente
. Ma comunque, dicevo. Impossibile cominciare dagli antipodi. Perché vi annoierei. Che poi, se vogliamo, al tempo mica la scrivevo! La mia quotidianità, sempre per in- tenderci. Ho cominciato a farne pubblica piazza solo con l’arrivo di una pubblica piazza. Quella zuckerberghiana. Non so perché. Non so se l’intento fosse semplicemente quello di spiattellare i cazzi miei per darne un fottuto senso o se fosse spicciola indole egocentrica, la mia. So solo che, ad una certa, le mie avventure son diventate alquanto rocambolesche che ho pensato fosse un vero pecca- to non raccontarle. L’unico piglio? Rendere il drammatico, materiale tragicomico!
Ma prima di cominciare un rapidissimo sunto mi pare alquanto doveroso. A rigor di logica, quanto meno! Anche se quello che andrete a leggere, anno dopo anno, sono pensieri sconclusionati e feisbucchiani
che delineano la mia vita. Ed altro che logica! Vabbè. Che dire?! Guarii. Fuori. Un po’ meno dentro. Che là, ahimè, non si guarisce mai del tutto. E non la mia vita, bensì il mio modo di guardare alla vita cambiò per sempre. Prima cambiarono i miei rapporti con famiglia ed amici. Poi quelli con il mondo: sconosciuti, anime di passaggio, quelle che ancora non conoscevo, ma che avrei incontrato. Cambiai io, semplicemente.
E la gente, o il mondo che a dir si voglia, cambiò con me.
Seguirono anni a dir poco favolosi. Mi piace ancora oggi pensare a questi ultimi come un piccolo, grande premio ricompensa!
Mi laureai quasi a pieni voti (e sia ben chiaro: per quel dannatissimo 108 su 110 ancora smadonno, stronzi!). Presi la patente (sì, in ritardo: e allora?!? Il fatto che ad oggi io non guidi non sussiste in rilevanza, ovvio.) E, per magia, creai da zero il lavoro dei miei sogni. E così: a ventiquattro anni avevo una socia, un’agenzia d’animazione ed un portafoglio gonfio di quattrini, passione, gratificazione ed entusiasmo. A venticinque avevo trovato anche il grande amore. A ventisei: mollai tutto! Chiusi baracca e burattini. E da Milano mi trasferii in quel della Capitale. Maledetto cuore! Ancora oggi, col senno di poi, non so dirvi se questo fu l’inizio della fine. O la fine dell’inizio. O semplicemente: il più grande errore della vita mia. Ci sono giornate in cui mi dispero con sconfinato pentimento. Altre in cui sfoggio il mio coraggio e la mia scelta con orgoglio. Ad ogni modo ero innamorata, decisa ed istintiva. Sconsiderata: giusto per raggruppare il tutto! Ed il 3 novembre dell’anno 2009, tronfia, presi casa nel quartiere più malfamato di Roma e cominciai a vivere la vita che volevo. Solo per Amore è possibile fare certe stronzate, sapete? Solo per Amore ti adatti a vendere fottutissime case ripiegando laurea e sogni in uno scatolone sotto il letto. Solo per Amore lasci che prendano polvere. E stringi forte i denti.
Quello che allora non sapevo è che l’Amore da solo non basta: ad alimentare la serenità, intendo. E così passa un anno. E poi ne passano due. E tre. Deglutisci insofferenza. Speri in un cambiamento. E avvenne anche quello, tranquilli! Anzi: fu il colpo di scena.
Ed eccoci arrivati ai postipodi (esistono???)
Li stanzierei forfettariamente nel Novembre 2011, due anni esatti dopo il mio trasferimento e tre dall’inizio della mia relazione con un romano doc, tendente all’Ultras (della Lazio).
Mi conoscerete piano piano, stato dopo stato. Conclusione dopo sconclusione.Perché questi sono i tempi di Facebook, signori: su carta! Giusto alcune doverose premesse però:
1) di sogni ne ho sempre avuti, ma non sono mai stata stakanovista. Il lavoro per me non è mera, ma grezza sopravvivenza ed il mio nell’immobiliare l’ho sempre odiato. Particolare da tenere a mente questo, che sul tema ruoteranno numerosissime, esilaranti vicissitudini
2) per tre anni, io: ho odiato Roma con tutta l’anima. La sua sporcizia. La sua inefficienza. L’Atac...Tutto. Avevo solo un desiderio, o così credevo: riabbracciare la Madunina
3) ero innamorata. Tanto innamorata. Troppo innamorata
4) negli anni più floridi e sereni della vita mia ero a capo di un’agenzia di animazione creata da zero con le mie manine accuratamente sempre smaltate
5) ho lasciato tutto per amore
6) mi martellerei lo scroto per questo, se solo lo avessi
7) non è vero: rifarei tutto altre mille volte, nonostante il senno di poi ed i vari smadonnamenti quotidiani di doveroso pentimento
8) ...come si evince: sono pesantemente bipolare
9) trinco vino come non ci fosse un domani! Rigorosamente rosso, gradi dai tredici in su, generalmente preso in offerta al discount
10) paradossalmente il mio fegato non è alle Barbados: parola delle mie ultime analisi
11) credo ancora nel Principe Azzurro, nelle favole e in un’altra vita in cui rinascerò senz’ acne
12) sicuro, il principe a me predestinato di cui sopra è nascosto alle Barbados e non lo incontrerò mai. Tacci sua!
13) ma l’importante è avere cura del fegato, no?!
14) sono affetta da shopping pesantemente compulsivo
15) anche se non me lo posso permettere: saldo contabile e disponibile su carta Super
Flash Intesa San Paolo aggiornato a...ieri: Euro 2.642, 91. Che in trentaquattro anni di vita mi sembrano comunque un risparmio pensionistico niente male...
16)...se emigrassi su un eremo per i prossimi cinquant’anni, intendo
17) o se Ted Bundy mi rapisse in quest’istante e mi segregasse in un casolare di campagna per l’intero mese dei saldi estivi
18) gli smalti Kiko sono un’ossessione. Ma pure gli ombretti, le matite, le pochette, le cassiere...se sono Kiko
19) suppongo di avere l’emisfero cerebrale che regola la razionalità lesionato. Fratturato. Inesistente
20) dico parolacce, ma chiedo venia con anticipo
21) sono pesantemente misantropa, tendente a Schopenhauer
22) ho un rapporto alquanto controverso con Gesù
23) ed uno davvero ottimo con Babbo Natale!
24) varie ed eventuali
Indi: Motore. Ciak. Azione!
03 Novembre 2011
Titolo: Dal diario di bordo di una milanese Pentita
Ore 6.40 Trillo sveglia
Ore 6.45 Piedi definitivamente a terra
Ore 6.50 Cazzo. Piove che Dio la manda!
Ore 6.50.01 Cazzo Bis: Quando arriverò a lavoro oggi?
Ore 6.50.02 Errata Corrige: Arriverò a lavoro oggi?
Ore 6.50.02 e un millesimo: cazzo.
Ore 7.25 Pronta!
Ore 7.35 Sfida alle intemperie per metri seicento con immancabile tacco dodici
Ore 7.35.01 Complimenti per la genialata, Manu!
Ore 7.40 Che?! L’Italia ha vinto il mondiale?
Ore 7.40.01 No, è solo la Casal del Marmo, Cristo.
Ore 7.40.02 Beh dai, facciamo finta che l’Italia abbia vinto il mondiale!
Ore 7.45 Già venti minuti in attesa alla fermata del bus e fa un freddo porco...
Ore 7.45.01 ...però in fondo l’Italia ha vinto il mondiale.
Ore 7.50 Sarà merito di tutta quest’acqua, ma qui alla fermata sono germogliate almeno una ventina di persone
Ore 7.55 ...in fondo non gioiremmo così tanto dell’estate se non patissimo altrettanto l’inverno!
Ore 7.55.01 ...molto in fondo.
Ore 8.00 Dopo trentacinque minuti una navetta compare all’orizzonte...
Ore 8.00.01 La gente comincia a pizzicarsi a mo’ di sogno o son desto?
Ore 8.00.02 Esultanza generale manco l’Italia avesse vinto il mondiale: è la navetta!
Ore 8.05 Lasciate ogni speranza voi che entrate
Ore 8.10 Cominciano a piovere dal cielo San Pietro e Paolo. E manco riesco a vederli dato che tutto è appannato a mo’ di sauna finlandese
Ore 8.15 Il conducente non apre neanche più le porte dopo che quel simpaticissimo vecchietto ha dato tre gomitate per guadagnarsi l’ultimo centimetro e mezzo a disposizione e dopo che il resto della navetta l’ha minacciato pesantemente di morte violenta
Ore 8.20 ....in fondo Roma è la città più romantica del mondo. E la vita è bella!
Ore 8.25 È tutto bloccato e la vita fa schifo.
Ore 8.26 Piovono anche San Luca e San Francesco!
Ore 8.27 Minaccia numero cinque per quel povero cristo del conducente che in preda alla disperazione apre le porte in mezzo alla strada, roba che Pilato gli fa un baffo.
Ore 8.27.03 Un’orda di persone con l’umore pari a quello di una donna incinta dopo le prime quattordici ore di travaglio abbandona la navetta e si dirige a piedi verso la stazione, mentre in lontananza si scorge il passaggio del treno, già in ritardo di quaranta minuti
Ore 8.30 Salutiamo il treno!
Ore 8.30.01 Ciaooo Trenooo
Ore 8.31 Donne, bambini, cani, gatti e non più simpatici vecchietti cominciano a scavalcare il muro che li separa dal Grande Raccordo Anulare e dalla stazione
Ore 8.32 Finalmente la prima risata della mattina: è una scena tanto incredibile, quanto comica!
Ore 8.35 Volano calci e pugni per guadagnare un posto sul treno che ha non una, non due, non tre, ma ben quattro porte guaste con il risultato che la prossima fermata che cominci ad aspettarti è la Polonia!
Ore 8.36.01 Volano anche le prime parolacce, una sciura* comincia a litigare non so con chi e l’aiuto conducente addetto al fischio rischia seriamente il linciaggio
Ore 8.40 ...finalmente un attimo di quiete. Rido: pensando a quante bestemmie e parolacce ho sentito da un’ora a questa parte. Rido un po’ meno: consapevole che una giornata intera di lavoro debba ancora cominciare.
Ore 9.00 Apertura ufficiale del mio ufficio
Ore 9.06 Avviso il capo che probabilmente riuscirò ad essere a lavoro giusto in tempo per il pandoro
Ore 9.06.02 Dai che in fondo è Natale tra un po’!
Ore 9.06.03...sempre molto in fondo.
Ore 9.10 Il primo sorriso che scorgo me lo regala un vecchietto che nonostante il Parkinson mi cede il posto
Ore 9.10.01 Rifiuto e ringrazio quel poco di cielo rimasto dopo la valanga blasfema precedente che ancora esista. Gente del genere, intendo.
Ore 9.20 Cambio di metropolitana correlato da immancabile orda, tanto che a Roma ci sono più vigili a veicolare il traffico pedonale in metro che sulle strade!
Ore 9.20.01 Ma ‘sti minchia di turisti non possono cominciare il loro tour ad un’ora degna di ciò che viene comunemente definita vacanza
???
Ore 9.24 Volano altre tre o quattro gomitate per salire sulla metropolitana. Ovviamente quella che va nella direzione esattamente opposta, dato che la banchina corretta dista più o meno come da qui al Burundi, causa lavori di snodo sarcazzocosa!
Ore 9.32 Prima pagina del Leggo Roma favorita e pronta per ospitare i Giochi
...sì: le Olimpiadi del 2835!!!
Ore 9.35 Allo scoccare della TERZA ORA da quando stamane ho toccato terra finalmente scorgo l’ufficio. Roba che, paragonato al mio entusiasmo, in confronto Colombo dalla sua Nina o Pinta o Santa Maria pare non avesse scorto un cazzo!
Ore 9.40 Ma sapete che c’è?! C’è che in fondo ho due gambe per farmela tutta ‘sta strada! E scavalcare un muretto. C’è che ho un tetto seppur mooolto lontano sotto il quale dormire. C’è che ho cominciato a lavorare mezz’ora dopo e ho già riso di gusto tre volte. C’è che in fondo sono tanti, tantissimi i motivi per cui vedere un bicchiere sempre mezzo pieno...
Ore 9.40.01...molto in fondo.
* Post Scriptum
Ho googlato Sciura
. È un termine che tornerà spesso, spessissimo nelle mie vicissitudini! Ma la Treccani disconosce. Sarà che è la sola parola di dialetto lombardo che conosco -se si esclude cadrega, ovvio! Sarà che mi piace proprio. Sciura! Suona bene. E rende magnificamente l’idea: di quella signorotta di mezza età che di norma si lamenta di default. Quella rompi cazzo per deformazione professionale. Quella che incontro sempre io, per capirci. E piuttosto spesso me l’ immagino Lucia. Non so perché!
Sì. Sciura Lucia
: signora cagacazzi per eccellenza. E ho coniato un nuovo termine!In barba alla Treccani. E all’Accademia della Crusca in quanto a finezza. Amen
08 Novembre 2011
Ma la vera domanda, quella da un milione di dollari è: sono più idioti coloro che all’apertura delle porte metropolitane si piazzano lì davanti e cominciano a salire prima di far scendere? O lo scettro del più alto grado di stupidità umana va a quelli che una volta saliti a bordo si piazzano immediatamente davanti alle porte impedendo a tutti gli altri di salire?
11 Novembre 2011
Titolo: Ci sono cose che non hanno prezzo
Per esempio. Uscire a braccetto col tuo capo, recarsi dal cinesino di turno e tornare in ufficio con: un salvadanaio per i risparmi (dell’ufficio), quattro tazze, un colino, un bricco ed una tovaglietta di plastica fantasia mucche al pascolo (per l’ora del the, in ufficio).
15 Novembre 2011
Travolgere una sciura per prendere al volo il metrò e sentirsi gridarle e levati.
invece di chiedere scusa. Schiacciare il piede ad una povera ragazza e accusarla di scompostezza. Spiegare minacciosa ad un vecchietto impalato sul lato sinistro delle scale mobili che il senso civico e l’intelligenza vogliono che -e mi cito testualmente- si sta sulla destra, cazzo!
. Come a dire: oggi mi sto pesantemente sui coglioni da sola.
19 Novembre 2011
Titolo: Il dottor Capozzi, il signor Valente e rare perle immobiliari su Gesù
Collega Capozzi: allora signor Valente, l’offerta a duecentosettantamila euro è più che ottima.
E sia ben chiaro: questa casa non la venderà mai ad un importo maggiore. Perché caspita non l’ha accettata?!
Sig. Valente: mah, perché mia moglie ha detto che ha pregato, e pregato, e pregato Gesù per venderla. E Lui le è apparso in sogno. Dice di non accettare perché sicuramente la venderemo a trecentomila.
C: sì signor Valente, ma Gesù mica è uno speculatore!
V: ok, ma la Remax mi ha detto che forse riusciamo anche a chiuderla a tre e venti!
C: certo! Come no. Guardi che i miracoli li fa solo quello...
V: quello chi?
C: quello là, quello di prima. Lo speculatore!
22 Novembre 2011
Ora: io vorrei sapere come cazzo impegnare il tempo per le prossime tre ore?! mentre faccio finta di lavorare, intendo.
Si accettano suggerimenti.
23 Novembre 2011
Che poi?! Per quale motivo barra occasione ancora mi sfugge, ma NECESSITO URGENTEMENTE di un tubino very very stretch, colore nero, modello longuette, senza maniche, a pois bianchi.
24 Novembre 2011
Essere chiamata Dottoressa Fabio -titolo che, aperta e chiusa parentesi, mi dona proprio!- fa quello strano effetto...
Sì, quello. Quello strano effetto molto misto a voglia di bestemmiare che ti ricorda quanto tempo hai tragicamente perso sui libri quando avresti potuto dedicarti ad altro. Che ne so?! Avrei potuto salvare le balene per esempio. Cristo!
25 novembre 2011
Beh. Che dire?! Oggi è uno di quei giorni in cui ti destreggi sui mezzi di trasporto romani e te la ridi e te la canti, senza imprecare in maniera più che colorita contro ogni essere vivente, animato, inanimato o beatificato. Uno di quei giorni in cui anche il ciclo del giorno numero due diventa il tuo migliore amico. In cui ti guardi allo specchio e la cellulite sembra armonizzare le tue forme (ORA STO DECISAMENTE ESAGERANDO). Ma comunque. Giusto per capirci: uno di quei giorni in cui fuori ci sono dieci gradi e la prospettiva di tornare in quel di Milano te ne fa percepire trenta. Per giunta secchi, non umidi! Insomma: uno di quei giorni che auguro a tutti, nessuno escluso. Ma non abituatevici!
Roma -------> Milano
26 Novembre 2011
Presso Milano
Programma della giornata:
ore 10.30 da zia per la prima colazione
ore 11.00 con le amiche di una vita per la seconda colazione
ore 12.00 shopping
ore 13.00 shopping
ore 14.00 shopping
tu tu tu tu tuuuuuu
27 Novembre 2011 – presso Istituto Oncologico Europeo
E comunque oggi ho imparato tre cose di fondamentale importanza:
1) DEPILARSI. Sempre. Anche d’inverno, anche se fuori ci sono due gradi e tu indossi nove strati di roba. Metti che la dottoressa che ti segue da sei anni a questa parte decide d’un tratto di lasciare il posto ad un aitante medico di quarant’anni, per di più gnocco...
2) Davanti alla macchinetta del parcheggio di un ospedale che, laconica, ti annuncia: L’importo da pagare è di cinque euro
...evitare di lasciarsi andare ad esclamazioni tanto spontanee quanto colorite del tipo Mortacci tua, oh!
. Metti che voltandoti, al posto della solitudine, trovi lo sguardo sconvolto di tre amabili coppiette e di un simpatico vecchietto in attesa.
3) La cardiologa mira e rimira il mio cuore. Poi annuncia: Ti dispiace se lo guardo ancora un po’? Capita raramente di vederne uno così bello...
Sarà che l’ho sempre seguito!
rispondo. E nonostante i miei atavici dubbi quotidiani: forse ho fatto bene.
Milano -------> Roma
29 Novembre 2011
Gentilmente: qualcuno può spiegare alla sciura che no, non posso chiamarla in orari che non sono lavorativi dato che chiamarla fa parte del mio lavoro e io lavoro, ahimè, in orari lavorativi?! CAZZONA.
02 Dicembre 2011
Titolo: Letterina a Babbo Natale
Caro Babbo Natale, quest’anno sotto l’albero vorrei trovare:
1) quel fantastico cappottino modello Zara, nero, ma con i bottoni non nascosti, se esiste!
2) ...ti ricordi quel tubino longuette