Il destino del Re
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Il destino del Re - Gino Barzacchi
633/1941.
Prefazione
L’uomo può essere artefice del proprio destino? Quali valori non possono essere schiacciati sotto il peso di qualsiasi ideologia?
È giusto l’accanimento terapeutico o, talvolta, l’eutanasia è la decisione che l’uomo dovrà considerare?
La necessità di rispondere a tali interrogativi, che spesso mi sono posto, mi ha portato ad immaginare situazioni ed eventi che prendono vita nel romanzo Il destino del re
.
Ho cercato di fissare in esso immagini, suoni, colori ed emozioni che spero possano suscitare nei lettori la stessa sensazione provata da tutti noi quando si accendono le luci nella sala, alla fine della proiezione di un bellissimo film.
Gino Barzacchi
Il destino del Re
Una palla da football vola sullo sfondo di un cielo azzurro. Forse in qualche stadio è in pieno svolgimento un’importante partita?
La palla scende ruotando a vite su se stessa, fino a quando due mani la afferrano. Sono quelle di un bambino che gioca assieme ad alcuni coetanei in un ampio prato.
Dai King… corri, fai vedere chi sei!
Grida incitante un ragazzino con in mano un cono gelato, mentre quello con la palla ovale viene gettato a terra dagli avversari.
Quando il bambino si rialza, incontra lo sguardo del compagno col cono gelato, il quale, dopo averlo fissato, scuote la testa dicendo: Il vero KING avrebbe fatto molto meglio.
Tutti ridono. Tutti meno quel ragazzino, che, raccolta la palla, cammina verso di lui con aria minacciosa.
I due sono l’uno di fronte all’altro.
Il ragazzino che ha la palla ovale esclama: Tieni!
Allunga il braccio e preme il pallone sullo stomaco dell’altro. Perché non lo fai tu King adesso, se ti credi più bravo di me?
Dicendo questo gli sottrae il cono gelato e comincia a mangiarlo, mentre l’altro tossisce per la pressione sull’addome.
Con aria imbronciata, senza più il suo gelato, il bambino si allontana dal gruppo con le mani in tasca e la testa abbassata, mentre gli altri ridono e riprendono a giocare.
Dai, lo faccio io King.
No… ora tocca a me!
Continuando a camminare, l’attenzione del bambino viene catturata da due ragazzi poco più grandi di lui che stanno armeggiando attorno ad un giocattolo aerodinamico.
Il bambino li osserva attentamente. Uno è occupato a trattenere a terra il giocattolo, mantenendolo con la punta rivolta verso il cielo, mentre l’altro lo aggancia con l’elastico della sua grande fionda.
Il ragazzino che osserva chiede: Come si chiama questo aereo?
Non è un aereo, non vedi che ha le ali corte? È un missile che si chiama Cacciatore di stelle, ma adesso scansati che lo lanciamo in orbita
.
Gli elastici si tendono:
Pronto?
Quello che lo trattiene a terra comincia il conto alla rovescia:
Meno TRE, DUE, UNO… PARTENZA!
Il giocattolo, che comunque ha buone dimensioni, sfreccia veloce in alto, seguito dagli sguardi dei bambini che restano con il naso all’insù. Il missile di plastica raggiunge un’altezza considerevole; poi comincia a ricadere, fino a quando fuoriesce un paracadute dai colori sgargianti che si apre e scende lento.
Evviva! Lancio perfettamente riuscito.
Strilla il ragazzo con la fionda.
Tutti e tre i bambini corrono a raccoglierlo e, quando sono vicini al giocattolo, il ragazzino che ha assistito al lancio chiede:
Posso raccoglierlo io?
Fai pure, ma stai attento a non far ingarbugliare i fili del paracadute!
Il bambino raccoglie il missile, esclamando: Caspita, è fortissimo!
Scopre che la capsula che forma la punta del missile ha uno sportello semitrasparente che si può aprire, intravedendo qualcosa al suo interno, la apre. All’interno c’è una grossa lucertola viva che, appena liberata, salta via, sfuggendogli di mano.
Ciò fa arrabbiare i due ragazzi, infatti uno di loro esclama:
Ehi ti avevo detto che potevi raccoglierlo, non che potevi aprire la cabina di pilotaggio. Hai fatto fuggire il PILOTA!
Il bambino è imbarazzato:
Mi dispiace. Io non sapevo.
Ancora una volta si allontana triste, con le mani in tasca e l’aria sconsolata. Mentre cammina, arriva ai suoi piedi una palla da football; si volta e vede il gruppo di coetanei con i quali prima giocava.
Tra questi, al centro, c’è il bambino del diverbio di poco prima, che gli grida:
Dai, vieni a giocare con noi
Il volto del bambino s’illumina di un gran sorriso, afferra la palla ovale e, prima di lanciare, chiede: Chi lo fa King?
E l’altro:
Ma sì, dai, fallo tu
. Il ragazzino, ancora più felice, grida al gruppetto un po’ distante: OK, ma fate attenzione, perché questo lancio sarà più veloce di un missile
.
La palla ovale sfreccia nel cielo azzurro.
Quando questa cade, con una lunga parabola, il cielo sullo sfondo non è più vuoto, ma ci sono le gradinate di un importante stadio, gremito di folla. La palla scende sempre più ed ecco che viene afferrata, questa volta da un vero giocatore della NFL e che giocatore!
Sul retro della maglia antistrappo è stampato il suo nome: Alan.
I tifosi lo incitano a gran voce, chiamandolo con il suo famoso soprannome, KING, mentre lo speaker televisivo che fa la telecronaca della partita commenta:
Ed ecco Alan, capitano delle Aquile, soprannominato King per le sue eccezionali prestazioni, che prende possesso della palla e corre in meta. Anche questa volta non si smentisce, sì… King è il miglior giocatore visto oggi in campo. C’è da dire che Alan si è veramente meritato l’appellativo di RE del FOOTBALL e credo che difficilmente avremo un altro re in questo sport. Meta! King ha segnato un altro punto!
All’interno di una palestra molti atleti stanno allenandosi, con pesi ed attrezzi, per rinforzare la muscolatura, mentre salta subito agli occhi un pesante bilanciere caricato con cento chili.
L’uomo che si appresta a sollevarlo non si vede subito in faccia; solo le sue poderose braccia colpiscono lo sguardo nel momento in cui si appresta ad aggiungere all’attrezzo altri dieci chili di peso. Due tipi che stavano allenandosi si arrestano e parlano tra loro, osservando il nostro uomo che, nel frattempo, si è seduto su una panca orizzontale, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Tiene la testa bassa per concentrarsi prima di compiere lo sforzo: mostra il volto, fino a quel momento nascosto, quando uno dei due gli rivolge la parola:
King, ho scommesso venti dollari con Bob che riuscirai a sollevare dieci volte di seguito questo peso.
Finalmente si distingue il volto del protagonista, seduto sulla panca, con ai lati il pesante bilanciere, mentre, sollevando il capo, risponde con tono seccato:
Sentite ragazzi, perché non andate a rompere le scatole altrove e mi lasciate allenare in pace! Sapete bene che la prossima settimana avrò impegni molto duri!
William: Ma è proprio per questo. Si parla molto in giro sia di te sia della tua squadra, e non sono certo il solo a fare delle scommesse.
King, sempre più scocciato, manda al diavolo lo scommettitore con un gesto della mano, senza aggiungere nient’altro e si sdraia sulla panca. Le forti mani cercano la giusta impugnatura sulla lucente asta del bilanciere per una presa sicura, l’altro incalza:
Sai King, ho scommesso una piccola fortuna sulla tua squadra, mentre Bob ha puntato tutto sui Predoni di Boston.
King si ferma; alza lo sguardo osservando Bob e gli dice:
È così? Non me l’aspettavo da te Bob!
Quest’ultimo, alzando le spalle:
Tu sei un ottimo capitano, ma alcuni… troppi ragazzi della tua squadra lasciano un po’ a desiderare in questi ultimi tempi. Le recenti partite lo dimostrano.
Alan, con le mani che impugnano ancora il pesante attrezzo, risponde con grinta:
Domenica vinceremo. E tu Bob perderai la scommessa!
Bene King, perché non provi intanto a farmi vincere questa?
Alan osserva i due, soffermando intensamente lo sguardo su Bob, poi appoggia la testa sulla panca; distacca il bilanciere dagli appoggi metallici e comincia le sue potenti distensioni.
William, che aveva scommesso a favore, scandisce ad alta voce: Uno… due… tre…
Passati alcuni istanti l’attrezzo viene sollevato sempre più lentamente, con molto sforzo, sotto l’incitamento del compagno. … Sette… otto… forza King… DAI!
Le grosse braccia di Alan tremano per il tremendo sforzo, mentre accorrono altri atleti, che sospendono per un attimo i loro esercizi, attratti dall’incitamento a gran voce di William.
Ancora due, forza Alan… soltanto altre due!
Il bilanciere sale, ma questa volta ancora più lentamente ed in equilibrio precario, pendendo vistosamente da un lato. Ma sale… Nove! Bene King, forza, ancora una, dai… su!
Con un urlo, una specie di grugnito animalesco per lo sforzo, Alan riesce a sollevare i centodieci chili per la decima volta consecutiva.
Lo scommettitore:
Ho vinto!
e si fa pagare subito i venti dollari che l’amico estrae dalla propria tuta ginnica. Nello stesso momento Alan King sfila una banconota da dieci dollari dalle mani del vincitore, aggiungendo con inevitabile affanno, ma nel contempo con tono sicuro:
Questo è il mio cinquanta per cento.
Ehi! Ma, OK. Purché tu non pretenda poi anche il 50% della mia vincita per la scommessa sulla partita di domenica.
Bob, che ha perduto, interviene:
Non credo che avrai di questi problemi, William
.
Poi rivolto a King:
Non ho niente contro di te Alan, lo ribadisco, anzi, ti ammiro e ti stimo molto, ma le Aquile non potranno battere i Predoni, domenica, solo perché hanno un grande capitano.
Vedremo!
Conclude King mentre si avvia verso le docce, seguito da un altro atleta (molto robusto), che era intervenuto come spettatore quando William stava tenendo concitatamente il conto delle alzate.
I muscolosi corpi dei due giocatori di football risaltano sotto i getti d’acqua delle docce, mentre l’altro atleta dice:
Sai, King, non per portare sfortuna, ma penso che Bob non abbia tutti i torti.
Alan:
Hai scommesso contro anche tu?
L’atleta:
No Alan, sai che tifo sempre per la tua squadra, ma sta veramente perdendo terreno nel campionato e questo devi ammetterlo anche tu.
È vero, ma è stata solo sfortuna. Noi siamo i migliori.
No, King… tu sei il migliore! Ma come ha detto Bob, le Aquile non ce la faranno mai se contano soltanto sulla forza e 1’abilità del loro capitano.
King lo osserva un attimo e non risponde; quindi gira la manopola dell’acqua calda, chiudendola, ed apre quella dell’acqua fredda. Dall’esterno una voce chiede:
C’è una doccia libera?
Quindi un uomo s’affaccia all’interno, dalla parte del robusto atleta che stava poco prima parlando con Alan e vedendo che quest’ultimo stava ormai finendo, risponde: Sì, vieni pure al posto mio! King ha finito ed io scorro di un posto.
Alan si infila l’accappatoio ed esce dall’altra parte delle docce, lasciando aperto il rubinetto dell’acqua fredda, mentre l’altro scorre, cedendo il suo posto al nuovo arrivato. Sotto la doccia, lasciata aperta da Alan, esclama:
Per la miseria, è gelata! Alan, la fai sempre così tu?
Alan, voltandosi:
Ti disturba mezzo minuto d’acqua fredda e poi vieni a dirmi che i miei ragazzi sono dei rammolliti? Beh, loro almeno la doccia la terminano sempre in questo modo, quindi sarebbe bene che lo facessi anche tu.
L’ultimo arrivato scoppia a ridere, mentre l’atleta che ha avuto il diverbio con King si volta, lo guarda serio e sbotta: E tu che hai da ridere?
Poi gli gira contro il getto dell’acqua fredda, cancellandogli il sorriso dalle labbra.
King, in completa tenuta da giocatore di football, con le classiche spalliere e protezioni anti-urto che lo rendono ancor più grosso, sta parlando con i componenti della sua squadra, i quali sono seduti in circolo sul campo di gioco.
Bene, avete capito tutti? Dovremo giocare tatticamente e se farete come vi ho detto i Predoni, domenica, non avranno neanche il tempo di capire che cosa sta succedendo! Ma è necessario un gioco di squadra, OK? Non lasciatemi fare tutto da solo! Forza, ora proviamo.
Il capitano e tutti gli altri si infilano il casco.
Durante le prove sul terreno di gioco, King si accorge che qualcosa non va per il verso giusto. Smette di correre, si sfila il famoso casco con stampato ai lati l’effige dell’aquila e lo getta per terra, gridando:
"No, non ci siamo capiti! Ho detto che voglio un gioco di