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Andòrax, La congiura dei sàmina VOL. 2: VINCOLI DI SANGUE
Andòrax, La congiura dei sàmina VOL. 2: VINCOLI DI SANGUE
Andòrax, La congiura dei sàmina VOL. 2: VINCOLI DI SANGUE
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Andòrax, La congiura dei sàmina VOL. 2: VINCOLI DI SANGUE

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About this ebook

Noi non stiamo combattendo nessuna battaglia... Lottiamo solo per sopravvivere in questa esistenza senza luce che per quelli come noi non è altro che un limbo fra due inferni”. Sono le parole che Cladyan confida a Armin nella squallida taverna dove si sono incontrati. Cladyan è un uomo che possiede il dono: è un sàmina, identità di cui porta il marchio a fuoco sulla pelle e nell'anima.
I regni di Efyle e Ihssa, che quattro anni prima hanno tradito Mizhar e Yliash aiutando e accogliendo gli erdemiani di Dehanne, sono visti sempre più come una minaccia da eliminare da parte di Shimon, il Sommo Cavaliere ossessionato dal desiderio di spazzare via  chiunque appoggi gli stregoni di Andòrax e la stessa Armin. Nel frattempo, per garantirsi la vittoria nella guerra ormai alle porte fra i cavalieri Darsow, re di Efyle, è disposto a comperare a caro prezzo, sacrificando il sangue del suo sangue, l'appoggio di un prezioso alleato del nord: i temuti e barbari Signori delle Montagne.
Circuiti da Shimon, i sàmina arrivano a organizzare una congiura contro gli stregoni. Lo stesso re di Mizhar nella sua pazzia architetta un piano che coinvolge Cladyan e che mette a rischio l'esistenza di Armin e il suo futuro assieme a Varsha...
Ma proprio nel futuro di un sàmina si cela un'insospettabile verità, mentre gli eserciti dei cavalieri si schierano per affrontare un conflitto che resterà nella storia di Alghend.
LanguageItaliano
PublisherF. Santini
Release dateSep 8, 2018
ISBN9788829506286
Andòrax, La congiura dei sàmina VOL. 2: VINCOLI DI SANGUE

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    Andòrax, La congiura dei sàmina VOL. 2 - F. SANTINI

    F. SANTINI

    Andòrax, La congiura dei sàmina VOL. 2

    VINCOLI DI SANGUE

    UUID: 46d35296-b44f-11e8-8a0c-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    " Purtroppo a volte non è possibile scegliere

    il momento in cui combattere.

    Possiamo solo farlo con coraggio

    quando ci viene richiesto"

    (Giorgio Faletti)

    Proprietà Letteraria Riservata

    ©2016 by Federica Zozzoli Santini

    Prima Edizione: febbraio 2017

    https://andorax.jimdo.com/

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    Andorax: un medioevo ai confini del tempo

    1

    LA STIRPE DI ERDEM

    Varsha setacciò le stalle, dove recuperò per istinto la borraccia da una delle selle, poi i locali lì attorno per più di mezz'ora alla ricerca della ragazza, che trovò vicino alle mura in un cortile interno alle spalle dell'edificio che ospitava il refettorio, dove arrivò vagando per curiosità, attirato dalla riservatezza del luogo in cui lei aveva effettivamente trovato la solitudine e la tranquillità di cui aveva bisogno. Armin era accucciata sulle gambe, addossata al muro di pietra; i gomiti puntellati sulle ginocchia, nascondeva il viso fra le mani. Non aveva l'aria di sentirsi bene; in effetti, gli era parsa molto pallida quando si era precipitata fuori dalla sala comune. Le si avvicinò facendo il minimo rumore, i passi smorzati dall'erba soffice. Armin dovette sentirlo arrivare comunque perché alzò la testa e lo guardò. Era un po' meno pallida, rifletté l'erdemiano con sollievo mentre studiava la sua espressione: il suo incarnato era roseo, le labbra accese. L'aria aperta le aveva fatto bene. La ragazza non gli nascose la propria sorpresa nel constatare che lui l'aveva seguita all'esterno senza temere che il suo gesto potesse essere notato dagli altri cavalieri. Provò un piacere autentico nel vederlo. Con un sospiro si alzò in piedi ma non accennò ad andargli incontro. Cercò sostegno contro il muro al quale appoggiò la schiena e lasciò che fosse l'erdemiano ad avvicinarsi.

    L'espressione dipinta sul volto di Varsha era scura, la fronte accigliata; non si preoccupò di mascherare quanto fosse turbato per lei per quello che le stava succedendo ultimamente – turbato e arrabbiato. Di più. Aveva iniziato a sospettare che lei gli nascondesse qualcosa di grave. Non aveva indagato se a Efyle avesse avuto occasione di incontrare Tessa come si era impegnato a far sì che accadesse, né se avesse analizzato assieme a lei i sintomi del suo malessere; era curioso in proposito, ma evitò di farle pressioni e rivelare così che si era intromesso. Senza parlare, l'uomo le tese la borraccia con l'acqua e lei la prese, bevendone un sorso con gratitudine per lavare via il sapore amaro che le era rimasto in bocca. Non aveva dato di stomaco, ma i conati che l'avevano assalita le avevano irritato la gola e l'esofago.

    <> si giustificò dopo aver deglutito l'acqua fresca. Non accennò a restituirgli la borraccia.

    Varsha annuì con una smorfia, per educazione più che perché condividesse quell'osservazione, e continuò a tacere. La ragazza non ricordava di averlo mai visto così serio e imbronciato; si domandò se le stesse preparando un interrogatorio o un rimprovero. Il suo prolungato silenzio le pesò, così riprese a parlare nervosamente.

    <>. La voce le si spense. Non capiva se l'uomo fosse arrabbiato o se si trovasse sul punto di afferrarla, gettarsela su una spalla e trascinarla di peso dal primo guaritore disponibile anche se si fosse trovato a giorni di viaggio da lì.

    Varsha sfregò i palmi delle mani sui calzoni e puntò gli occhi a terra, come se stesse cercando i termini più calzanti con cui sbottare e coprirla di rimproveri al fine di scuoterla e farsi dire da lei quello che era ormai evidente gli nascondesse. Smosse un sasso dal terreno con la punta dello stivale. Il cortile era deserto tranne che per loro due. Erano circondati solo da cielo e montagne, da pareti di pietra ed erba. Cavalieri e erdemiani erano a pranzo; quelli di turno sui cammini di ronda si trovavano in alto lungo le mura; li avrebbero intravisti ma non avrebbero potuto ascoltarli.

    Armin vide Varsha aprire la bocca per prendere fiato e venne assalita da un'insopprimibile agitazione. Parlò prima di lui, di getto, senza nemmeno pensare. <> esclamò. Sul momento non si capacitò di averglielo detto. Avere dato voce alla propria condizione la rese ancora più reale e allo stesso tempo la fece sentire incredibilmente sollevata. Armin trattenne il respiro, in attesa della reazione dell'uomo.

    Varsha rialzò la testa di scatto, come un cacciatore attirato dal segnale improvviso di una preda, e fissò la ragazza, esterrefatto. Le sue sopracciglia si avvicinarono, gli occhi color smeraldo si socchiusero di conseguenza. Per dei lunghissimi minuti non replicò. Non fece che guardare Armin, incapace di dare un senso alla sua affermazione, incapace persino di mettere assieme parole e pensieri per replicare. Nella sua mente si era creato il vuoto. <> le chiese in un soffio a stento udibile.

    Il cuore della ragazza batteva furiosamente, le riempiva le orecchie, frastornandola. <> ripeté in un sussurro. Avvertì un brivido percorrerle la pelle. Non aveva più dubbi al riguardo, ormai: il suo periodo non si era presentato per il secondo mese di seguito e i sintomi che Tessa aveva tratteggiato non erano scomparsi; in aggiunta, il seno era diventato gonfio e sensibile e aveva iniziato a farle male al tatto. Sentì la bocca di nuovo arida. Bevve un altro sorso d'acqua per darsi coraggio.

    Gli occhi di Varsha lasciarono il viso di lei e scandagliarono per alcuni istanti il vuoto alla ricerca di un appiglio, quindi tornarono a posarsi sulla ragazza. Si portò una mano alla fronte, che massaggiò, poi la spostò per lisciare i capelli che portava legati e pettinati all'indietro. Era sempre più accigliato. Ripensò alle volte in cui era stata male, al modo in cui il malessere si era manifestato, agli atteggiamenti di lei che negli ultimi tempi gli erano parsi inusuali: tutto sembrò acquistare una spiegazione alla luce di quella rivelazione. Varsha scosse la testa, come nel tentativo di liberarla dal torpore. <> osservò, senza tuttavia terminare la frase. Non avevano mai affrontato quell'argomento, già abbastanza destabilizzati dalla vita che conducevano e che non aveva ancora trovato un equilibrio. Dapprima guardò la ragazza, incredulo, poi lentamente la notizia che gli aveva dato cominciò ad attecchire in lui: le rughe sulla sua fronte si spianarono, il suo viso si rilassò e si aprì in un sorriso raggiante. <> ripeté, desideroso di ricevere una volta di più quella conferma, la certezza che lei non stesse scherzando.

    Armin annuì. Un nodo in fondo alla gola le impedì di parlare; gli occhi le pizzicarono. Non riuscì a muoversi, pietrificata. Fu Varsha a colmare lo spazio che li divideva e a travolgerla in un abbraccio così impetuoso che la sollevò di peso da terra. La ragazza si strinse a lui.

    <<É meraviglioso!>> mormorò l'uomo, entusiasta. La voce gli tremò quando l'emozione lo tradì. Credette di essere sul punto di scoppiare in lacrime da un momento all'altro. Continuò a tenerla stretta mentre rideva di felicità, incurante che qualcuno di passaggio li potesse notare. <<É meraviglioso!>> continuò a ripetere. Quando finalmente la scostò da sé il sorriso svanì dal suo volto nel vedere che la ragazza stava piangendo. Armin provò ad abbassare la testa per nascondergli le lacrime, timorosa che Varsha le fraintendesse, ma lui le prese il viso fra le mani e la costrinse a guardarlo, il volto a pochi centimetri dal suo. <> volle sapere sospettando che quelle non fossero lacrime di gioia.

    La ragazza scoppiò a ridere senza smettere di piangere. <> lo rassicurò.

    Varsha venne assalito da un sospetto che gli strinse lo stomaco in un crampo. <>.

    La nota di ansia nella sua voce fece sorridere Armin. <>. Non riuscì nemmeno a concludere la frase. <> gli spiegò.

    Varsha la attirò d'impeto di nuovo contro il proprio petto e la cullò come una bambina. Le accarezzò i capelli, le tenne la testa premuta contro la giubba. <> le assicurò continuando a ridere. Non riusciva a smettere. La sentì singhiozzare e riprese a parlare per cercare di calmarla. <>.

    Armin si aggrappò a lui. Le sembrava che tutto stesse accadendo troppo in fretta. Pianse: scoprì di non poterne fare a meno. La faceva sentire meglio, sfogava il malessere che la divorava, la frustrazione derivante dal non avere più controllo su quel corpo che cambiava senza aspettare che lei ci si abituasse. Aver finalmente condiviso quel segreto aveva dato sfogo alla tensione accumulata e la faceva sentire meno sola.

    <> gli sentì chiedere dopo un po’.

    <<É un bel casino, Varsha>> singhiozzò la ragazza contro il suo petto.

    Sorrise, divertito dall'espressione che lei aveva usato. <> le garantì l'erdemiano. Le appoggiò la guancia contro la fronte e la barba morbida le solleticò la pelle. In quel momento l'uomo era talmente entusiasta che nessun impedimento gli sembrava insormontabile. La sentì scuotere la testa.

    <> mormorò Armin.

    Lui annuì. <> le confidò. Non gliene aveva chiesto il motivo; se lei non aveva ritenuto necessario rivelarglielo, era giusto così. Le circondò le spalle e la strinse forte.

    La ragazza tirò su con il naso. <> proseguì vedendo che non capiva. <>.

    Varsha si irrigidì e la ragazza si accorse di quel cambiamento. Tuttavia, non smise di stringerla. <> volle sapere l'uomo con una certa riluttanza.

    Armin si staccò da lui per reclinare la testa all'indietro e guardarlo in faccia. Aveva gli occhi arrossati, le iridi grandi, la loro tonalità perlacea variegata di sfumature rosa e azzurre. Le lacrime le rigavano ancora le guance, ma aveva smesso di piangere. <> gli rivelò.

    <>. Gli spiacque doverla contraddire, ma serviva che lei si ricordasse la realtà con cui si era già scontrata quando era rimasta a Efyle prima di partire verso la fortezza, la stessa che l'aveva accolta adesso e che le segnava le nocche di una mano.

    Armin si inumidì le labbra, che trovò salate a causa delle lacrime. <>.

    Varsha la squadrò, perplesso. L'idea non gli sembrò così assurda. Venne assalito da un sospetto. <<Élian lo sa?>> le chiese.

    <>. Armin fece una pausa e osservò la reazione dell'erdemiano, il cui volto era una maschera impenetrabile. Intuì come doveva suonare quella parola alle sue orecchie. Decisione. Implicava che i suoi propositi erano chiari, la sua mente convinta. Implicava che aveva volutamente tenuto l'erdemiano fuori da quel progetto. <> si affrettò ad aggiungere per giustificarsi, per scusarsi, <>.

    L'uomo apprezzò il suo ragionamento. Sorrise con una punta di tristezza. <> mormorò. Era sincero. <>.

    <> concluse per lui. <>.

    Varsha produsse un verso indefinito di assenso dal profondo della gola, niente più. Non sembrava convinto, ma la notizia non lo aveva indisposto quanto Armin si era aspettata. L'aveva incassata stranamente bene. <> aggiunse. Le posò con delicatezza una mano sulla pancia, un gesto che riassunse le parole che non aveva pronunciato per concludere quella frase; lei la coprì con la propria e gli sorrise a sua volta. <> fu il commento ironico dell'erdemiano. Sollevò le sopracciglia. <>.

    <>.

    Varsha piegò la testa da un lato e venne scosso da un brivido involontario. <<Élian mi farà a pezzi...>> rifletté. Scrutò il cielo, quasi fosse in grado di vedervi ciò che lo attendeva. <>. Annuì fra sé e sé. <>. Aveva pronunciato quelle parole con l'intenzione di farla sorridere e sdrammatizzare la prospettiva della reazione dello stregone, ma la ragazza era tornata seria e non si sciolse. Per allontanare quella visione sanguinaria strinse il viso della ragazza fra i palmi caldi delle mani e si avvicinò per baciarla. La gioia che gli invadeva il cuore era assoluta. Avrebbe voluto gridare a piena voce quella notizia, rendervi partecipe chiunque. Dalla morte di Thalìa non aveva mai contemplato la possibilità di rifarsi una vita, di avere una donna, dei figli, una famiglia: aveva desiderato la morte e nient'altro prima di entrare a far parte dell'esercito erdemiano. Il pensiero che la dinastia di Erdem sarebbe continuata con lui lo riempì d'orgoglio e gli fece ripensare alle frasi misteriose incise sulla spada che era appartenuta al suo avo. Un improvviso sapore salato in bocca lo spinse a scostarsi da Armin. Piangeva di nuovo e quella vista gli strinse il cuore. <> volle sapere da lei. Sentiva che non gli aveva detto tutto.

    <> gli confidò fra i singhiozzi. <>. La voce le si spezzò e dovette fermarsi. Trasse un profondo respiro, poi proseguì. <>.

    D'impulso, Varsha le afferrò le braccia per fermare il gesticolare irrequieto con cui aveva accompagnato quei discorsi. Premette le labbra sulle sue e le impedì di proseguire, di tormentarsi con quelle visioni deliranti di ciò che sarebbe stato il loro futuro. Durante gli anni trascorsi con la ragazza su Andòrax aveva accantonato la verità che lei aveva appena rievocato, sforzandosi di vivere una vita normale accanto a lei pur consapevole della magia che la incatenava e le impediva di invecchiare come lui, con lui. Non aveva risposte alle sue domande. Soprattutto, non voleva porsele quelle domande. Non sarebbe servito. Le angosce della ragazza erano anche le sue. Smise di baciarla appena avvertì che si era rilassata. <> le disse con dolcezza, le labbra che sfioravano le sue. <>. Fece una pausa per stringerla a sé e le braccia di lei lo circondarono, gli si aggrapparono con disperazione. Armin strinse gli occhi e appoggiò la guancia contro il suo petto, là dove il cuore scandiva il ritmo della vita che lo lasciava a ogni battito. Gli permise di confortarla con la sua rassicurante vicinanza. <> ripeté l'uomo.

    Ancora quel suo sconfinato ottimismo! Quella sicurezza incrollabile che tutto si sarebbe sistemato! Armin desiderò poter avere un briciolo della sua fiducia, ma la paura di perdere lui e il loro bambino iniziò a trasformarsi in un cancro capace di divorarle l'anima.

    In lontananza, il gorgoglio minaccioso del temporale si fece sempre più vicino.

    2

    UNA QUESTIONE PERSONALE

    Keyla lottò con la forcina che le si infilzava nella testa e la tormentava. Rovistò con le dita nella massa di capelli senza smettere di camminare con l'intenzione di sistemarla meglio se non addirittura di strapparla via. Quel contrattempo non l'avrebbe fermata né rallentata; giocava solo un ruolo importante nell'acutizzare la sua irritazione mattutina. Aveva dormito per brevi intervalli e si sentiva esausta. Non aveva fatto altro che pensare a ciò che le aveva detto Moran e sperato che si sbagliasse. Aveva un unico modo per verificarlo: parlare con su padre e bramava di farlo il prima possibile.

    Sua figlia non era mai stata molto mattiniera. Quando Darsow la vide varcare la soglia della sala dove stava facendo colazione restò a fissarla, inebetito. Il servitore in piedi accanto alla porta chinò il capo al suo ingresso in un saluto silenzioso.

    Keyla si fermò alla destra del re e gli rivolse un cenno con la testa, le mani unite davanti allo sterno. <> disse.

    Darsow si accigliò. <> rispose, incerto. <>.

    Le indicò la sedia vicino a sé e la ragazza vi prese posto dopo che il servitore l'ebbe allontanata per lei e accompagnata al suo movimento per permetterle di sedere. La tavola era già apparecchiata, pronta per il momento in cui i tre figli di Darsow sarebbero arrivati per la colazione. Il servitore versò a Keyla del tè in una tazza di porcellana, per poi allontanarsi quando la ragazza rifiutò con un garbato gesto della mano l'elenco di cibi che le propose. Lei sollevò la tazza e sorseggiò il tè in silenzio, osservando di sottecchi il padre che spalmava del miele su una fetta di pane. Si accorse che Darsow la stava studiando a sua volta, sorpreso che fosse già sveglia. Come qualsiasi genitore il re aveva imparato a riconoscere il comportamento dei propri figli e sospettava che la ragazza si trovasse lì per un motivo ben preciso: doveva chiedergli un favore? Aveva combinato un guaio? Dato che Keyla non si decideva a parlare, l'uomo prese a chiacchierare del più e del meno per ingannare l'attesa. Keyla lo ascoltò in maniera palesemente distratta, annuendo di tanto in tanto per cortesia, fingendo di seguire il discorso mentre in realtà rincorreva dei pensieri propri. Darsow notò che non era loquace e gioviale come il solito; la sua espressione tirata, gli occhi segnati, la tensione della sua postura rivelavano che qualcosa la tormentava. Fu nell'osservarla che il re venne folgorato dalla realizzazione che non era più una bambina: indossava un abito verde scuro in un tessuto pesante e opaco che la avvolgeva con morbidezza evidenziando la sua vita sottile e le forme da donna che riempivano il corpetto che presentava inserti beige. Lo scollo diritto esponeva le clavicole sporgenti, l'avvallamento sensuale alla base della gola, il collo lungo e chiaro. La ragazza si accorse dello sguardo del re e alzò il viso per incontrarlo senza imbarazzo, ma con una scintilla di rabbia che paralizzò l'uomo. Darsow terminò il pane, che mandò giù con un ultimo sorso di tè, dopo di che si pulì la bocca con il tovagliolo e si rilassò contro la spalliera alta della sedia. Anche Keyla terminò il proprio tè ed entrambi attesero che il servitore sparecchiasse e lasciasse la stanza. Rimasero finalmente soli. Darsow tacque e continuò a fissare la figlia, in attesa. Lei sedeva con la schiena diritta e le mani posate in grembo per nascondere alla vista del padre il fatto che le teneva serrate per la tensione.

    Ad un certo punto, Keyla produsse uno sbuffo leggero che voleva essere un sorriso. <> disse, sforzandosi di mantenere ferma la voce.

    Darsow puntellò il gomito sul bracciolo della sedia e appoggiò il mento fra le dita, pensieroso. Non capiva a cosa si stesse riferendo. Si accigliò, colpito dal chiaro tono di sfida della ragazza. <> replicò.

    Keyla distolse lo sguardo e lo tenne diritto, fissando il posto vuoto che aveva di fronte a sé. Il suo respiro era accelerato. <> insistette. <>. Darsow aprì la bocca per replicare ma poi, folgorato da un'improvvisa comprensione, la richiuse. A Keyla quel particolare non sfuggì. Sorrise con sarcasmo. <> osò.

    Il re si grattò la barba mentre si domandava come potesse essere venuta a conoscenza dell'offerta che aveva fatto a Yarin. Non ne aveva fatto cenno con nessuno. Il suo silenzio infiammò la ragazza, che girò di scatto il viso verso il padre per trapassarlo con occhi furiosi. <> la riprese Darsow con durezza. Si alzò dalla sedia e si allontanò dal tavolo puntando verso la porta che era rimasta aperta.

    La ragazza, colta alla sprovvista dal suo movimento inaspettato, raccolse la gonna ingombrante e gli andò dietro. <> esclamò, correndo per reggere il suo passo rapido. Il padre le stava sfuggendo per non affrontare la questione. <>.

    Darsow si fermò in mezzo all'ampio corridoio e si voltò per affrontare la ragazza, la quale lo raggiunse e gli si mise di fronte a qualche braccio di distanza con aria spavalda. Il re congiunse le mani dietro alla schiena e assunse l'atteggiamento che riservava di solito ai propri cavalieri: autoritario e inflessibile. Bene, si disse Keyla, vediamo chi cede per primo.

    <> le domandò l'uomo intono tagliente.

    La ragazza deglutì. <> gli rispose con sicurezza. <>. Il silenzio del padre la irritò, così decise di non usare mezzi termini. <>.

    <> ribatté Darsow in un sibilo pericoloso. <>.

    <> esclamò la ragazza senza muoversi di un passo dal punto in cui si trovava. La distanza fra loro era comunque molta e non si trattava più solo di una distanza fisica. Keyla sperò che il padre compisse un gesto amorevole e le si avvicinasse per spiegarle con calma la situazione, per comprendere le sue ragioni e magari valutare un'altra possibilità. Non lo fece e lei lo sentì più lontano che mai.

    <> puntualizzò Darsow. I suoi occhi grigi erano freddi, distanti.

    <> gli chiese. Il rossore le stava salendo al viso lungo il collo. <> azzardò.

    Darsow la scrutò con diffidenza e sospetto. <> insinuò.

    La domanda la scioccò perché metteva in discussione la sua moralità. Avvampò. <> rispose. Anche se avrei voluto, pensò, ma si guardò dall'aggiungerlo. <>.

    Il re raddrizzò la schiena con uno scricchiolio di ossa ed ebbe uno stanco sorriso. <>.

    Spiazzata, Keyla non seppe cosa replicare. Suo padre non stava negando di averla offerta in sposa in cambio di un'alleanza con i regni del nord, ma non aveva neanche avuto il coraggio di ammetterlo chiaramente. <> dichiarò.

    <> ribatté Darsow. Considerò chiusa la questione. Girò sui tacchi e riprese a percorrere il lungo corridoio.

    Keyla sollevò la gonna con le mani e lo rincorse. <> gli gridò dietro. L'uomo non si fermò e la ragazza non vide altro che la sua schiena e la nuca coperta dai capelli quasi bianchi. <>.

    Darsow si bloccò all'improvviso e si voltò, obbligando la ragazza a fermarsi per non volargli addosso. Il volto dell'uomo era una maschera contorta di insofferenza. <>.

    <> lo attaccò, irrefrenabile.

    Per un attimo Darsow rivide nella furia che ardeva in quegli occhi e nei lineamenti angosciati il ritratto esatto della madre della ragazza: combattiva, sognatrice, animata dai buoni sentimenti. Come lei, non riusciva ad arrendersi alla realtà delle cose, al fatto di essere una donna e quindi che la sua vita e le scelte che la riguardavano sarebbero sempre state nelle mani di uomini – come suo padre, prima, e suo marito, poi. <> ripeté il re in un soffio. <>.

    Avvilita dalle sue parole che non lasciavano intravvedere nessuno spiraglio di mediazione, Keyla gli chiese ciò che si era domandata nelle ultime ore. <>.

    Darsow lasciò che quel sussurro svanisse nella quiete del corridoio. I rumori del mattino erano lontani, non arrivavano a toccarli.

    <> insistette la ragazza.

    Era davvero cresciuta, rifletté Darsow. Era diventata una donna. Era arrivato il momento che capisse cosa implicava. <> rispose. I battiti del suo cuore accelerarono in maniera involontaria al ricordo della madre della ragazza. <>.

    In un certo senso. Quelle parole raggelarono Keyla. Il pensiero che avrebbe condiviso il destino di sua madre gliela fece sentire d'un tratto di nuovo vicina e al tempo stesso le fece provare una sensazione di vertigine improvvisa. Si immaginò cosa si provasse a vivere sotto lo stesso tetto con un uomo che non si conosceva, costrette a un'intimità forzata con lui, forse anche alla violenza di un rapporto fisico indesiderato... Il suo stesso padre si era comportato così con la donna che gli avevano dato in moglie: sapeva cosa significava, sapeva ciò a cui sua figlia sarebbe andata incontro eppure non esitava a prepararle quella stessa sorte...

    <> disse Darsow. Keyla lo guardò senza vederlo, spaesata e atterrita. <> continuò. Fece una breve pausa. <>. Sorrise con una punta di tristezza. <>.

    Keyla si domandò se il padre stesse parlando seriamente e temette di sì. Come faceva l'uomo a ignorare con tanta leggerezza quello che per una donna significava il rapporto con un marito non voluto? Si trattava di un suo limite oppure soprassedeva per comodità a quella verità dipingendola con le più rosee quanto illusorie aspettative? Sperò che il padre aggiungesse dell'altro... una parola con cui esprimesse un po' di dispiacere per quella decisione, per quello che le stava facendo... per la condanna che le stava infliggendo per tutta la vita... La ragazza venne colta da un capogiro e si appoggiò al davanzale interno di una finestra per non crollare a terra. Non si era resa conto che suo padre si era allontanato lungo il corridoio, l'eco dei suoi passi un ticchettio lontano che si affievolì fino a svanire. Ammettere che Moran aveva avuto ragione le provocò una fitta alla bocca dello stomaco. Perse consapevolezza del passare del tempo, rivolta completamente dentro se stessa a contemplare l'orrore che la attendeva e che le dava la nausea. Come sarebbe riuscita a sopportare il tocco di un estraneo, la sua vicinanza, l'intimità a cui non si sarebbe potuta sottrarre?

    Le voci acute di due ragazzi echeggiarono nel corridoio e arrivarono fino a lei con violenza, strappandola a quelle riflessioni disgustose. I suoi fratelli si avvicinarono e la travolsero in un abbraccio. Nonostante la sua mente fosse come assopita, lei li strinse forte a sé, premette la loro carne giovane contro il proprio corpo per assaporare quell'intimità: l'intimità familiare che non la nauseava.

    3

    IL POSTO SBAGLIATO...

    Moran riuscì a lavarsi in tutta fretta e a prepararsi. Il primo drappello di venti cavalieri cui si unì lasciò Efyle di mattina presto e si diresse galoppando verso sud. Tutti loro, cavalieri o erdemiani che fossero, indossavano l'armatura che sul pettorale sfoggiava il simbolo rosso dell'unica ala, simbolo degli erdemiani e di Armin. Attraversarono il boschetto che attorniava la città, con le sue ombre grigie e le piante che lentamente si arrendevano all'autunno che rubava linfa alle foglie in cambio di una colorazione infuocata, finché uscirono sulla distesa di prati aperti. Un paesaggio sconfinato si stendeva davanti a loro mentre i cavalli aggredivano il terreno con la furia degli zoccoli, strappando zolle e sollevando erba. Le sfumature verdi e marroni erano interrotte da discontinue macchie viola di erica fiorita che sgomitavano fra cespugli rinsecchiti e fili d'erba incolti. Gli uomini avevano con loro una riserva di provviste e dei tegami per cucinare; si sarebbero procurati della selvaggina non appena ne avessero avuto occasione.

    Il cielo non era uniforme: degli ammassi di nubi si spostavano compatti sulla scia del vento arrivando a coprire il sole per qualche ora per poi passare oltre anche senza scrosci d'acqua e lasciare che la luce rischiarasse la giornata. C'erano momenti in cui la compresenza di raggi di sole e nuvole creava meravigliosi giochi di luce, quando il sole filtrava la cortina densa in lame dorate che cadevano a terra oblique come fari puntati. Moran si lasciò invadere dall'adrenalina del viaggio, che per il primo giorno ebbe la capacità di staccare la sua mente dal pensiero ossessivo di Keyla. La prospettiva dell'azione lo infiammava, gli scaldava i muscoli per prepararlo a sostenere lo sforzo. Anche solo tenersi in sella e cavalcare lo alleggerì dalle preoccupazioni. Aveva assicurato l'elmo alla sella per godere dell'aria fresca che gli sferzava il viso e i capelli, selvaggia come lo spirito che animava il giovane.

    Si diressero verso le rovine di Volmek, in vista delle quali giunsero dopo tre giorni. I contorni duri della pietra spiccavano contro il cielo chiaro e la bandiera di Efyle sventolava rassicurante lungo le mura. Fecero una piccola scorta di viveri e condivisero le novità con i cavalieri che presidiavano le rovine prima di ripartire e deviare verso sud-ovest per avvicinarsi al confine con Mizhar affiancandosi alla costa per alcuni giorni. L'aria era salmastra e umida, con uno spiccato profumo

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