John Carpenter - Prince of Darkness
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Book preview
John Carpenter - Prince of Darkness - Stefano Falotico
Indice
1.
They Live
2.
Escape from New York
3.
Prince of Darkness
4.
Riflessioni
5.
Big Trouble in Little China
6.
Fog
7.
Halloween
8.
Starman
9.
Christine
10.
The Thing
11.
Assault on Precinct 13
12.
In the Mouth of Madness
13.
Village of the Damned
14.
The Ward
15.
Vampires
16.
Memoirs of an Invisible Man
17.
Escape from L.A., Ghosts of Mars, Dark Star
18.
John Carpenter’s Cigarette Burns
19.
Filmografia
20.
Final credits
John Carpenter
Prince
of
Darkness
di
Stefano Falotico
Copyright © 2018 Stefano Falotico
Immagine di copertina by Mala Spina
ISBN: 9788827845097
Youcanprint Self-Publishing
Notte aliena e macabra, alle pendici eruttive del mio interiore ruggire. Scarnificato, deambulo fantasmatico, crocifisso alle mie emozioni slabbrate, nella membrana paralizzante di un appartamento spettrale, nella cui atmosfera soffoco, avviluppato dalla sua strozzante tetraggine che profuma di adamantino, lucente, raffinato avorio. E la mia mente, sepolta viva, lentamente, respirando sempre più d’ossigenanti neuroni, si sterilizza nel pacifico, silente mormorio tagliente di reminiscenze cinematografiche che, screziando il mio cuore e radendolo d’incisioni mnemoniche, lo innalzano in gloria d’abbrustolente ardore.
Sì, quest’appartamento è spoglio, scarno come il volto pietrificato del poster appeso a quella bianchissima, ruvida parete. Che ritrae nudamente i lineamenti ossuti di un uomo che tanto issò nella mia anima il fulgido splendore delle mie oramai eterne memorie. Un volto etereo, che occhieggia malandrino a scolpire il mio cuore nell’irradiarmi brividi laconici dentro le mie sfrenate viscere e interiora, come se dai sepolcri dei miei puri, immanenti, emozionali nitori, or attraverso i suoi occhi, come un affamato vampiro, dopo incessanti bui e patimenti strazianti, m’incorporassi alle più solari aurore.
Il suo nome è John Carpenter, principe della mia invincibile, stupenda tenebra virulenta.
Ebbene, ottenebrato da falsi miraggi, mi dischiudo e lentamente aspiro perfino la tensione muscolare di miei arti selvaggi che, ribelli, scalpitano per ambire al germogliare di nuova, madida luce, e nel sole di questa giornata sull’imbrunire, in tal tramonto cereo frastagliato da nuvole livide, dopo essermi spento e inaridito, ecco che rimembro John Nada, trafitto e illuminato da nuove estasi visive, per un risveglio della coscienza addormentatasi in tanto trambusto di gente farisea a pensarsi savia e invece poltrente appunto da incosciente e dormiente.
Oh sì, e con far saggio parlo quasi da sobillatore, ma non millanto nessuna falsa verità, enuncio il vero più profondo e arcano, quello che da millenni schiavizza l’uomo in un addormentamento fuorviante, castigante, vigliaccamente furfante.
1.
They Live
Ebbene, oggi voglio parlarvi di Essi vivono (They Live), al solito del Maestro per antonomasia, il re dei brividi e il profeta del nostro mondo, sospeso com’è nella perentoria immanenza di un presente inevitabilmente ancorato al passato, ma in perenne, continuo, inarrestabile, putrefacente divenire. Un mondo già squagliato, eroso, malato e infetto, che imperterrito però prosegue nel suo aderire adorante a un processo irreversibile forse di autodistruzione, soccombente a una crisi incombente, ma invisibile ai più, scongiurata dalla retorica insistita e invadente dei mass media che, con le loro fake news, influenzano il nostro stile di vita, sgualcendolo nella sua incontaminata, libera, democratica bellezza.
Film uscito in patria, cioè negli Stati Uniti, il 4 Novembre del 1988 e arrivato da noi, come sovente tutt’ora accade con molte pellicole contemporanee, in leggero ritardo, ovvero il 16 Aprile del 1989. Film della durata secca e oserei dire nerboruta di un’ora e trentaquattro minuti. Sì, perché Carpenter non ha mai amato girare lungometraggi troppo lunghi ed è sempre stato puntualmente contenuto nel minutaggio, rimanendo sotto le due ore. Anzi, filmografia alla mano, posso altresì confermare che solo Christine e Starman si avvicinano a 120 min. ma neppure ci arrivano, gli altri stanno invece tutti molto sotto. Insomma, Carpenter ha rispettato inderogabilmente questo permanente parametro, e non credo sia un caso, ma una scelta, quasi un suo stilema e marchio inconfondibile di fabbrica. Questa è un’altra delle sue caratteristiche, la stringatezza sintetica delle sue opere non inficia l’effettiva, radente potenza incisiva del suo Cinema.
Anzi, nella lapidaria sinteticità delle sue opere consiste e rifulge vigorosa la loro concisa efficacia inattaccabile e poderosa.
Essi vivono è un altro dei suoi indubbi capolavori. Sì, lo è. Con buona pace dei suoi infimi detrattori che si ostinano a relegare questo film semplicemente fra le interessanti pellicole d’intrattenimento. E sostengono che sia sopravvalutato.
Dicevo della durata. Sì, su per giù è quanto quella di una puntata un po’ più espansa di Black Mirror. E non a caso cito la serie Netflix che da qualche anno a questa parte spopola tra milioni di fan. Io non ne sono affatto un cultore e più di tanto, nonostante ne riconosca i pregi e nudamente ammetta che il suo fervido creatore Charlie Brooker abbia compiuto davvero dei prodigi immaginifici, non mi son lasciato incatenare e influenzare dall’orda di sfegatati ammiratori che l’elevano superbamente in auge. E sapete perché? Perché molti dei suoi temi trattati, come l’influsso subliminale delle tecnologie, l’alienazione dell’alterata società contemporanea, ideologicamente lobotomizzata dalla meccanizzazione delle coscienze, eran già stati ampiamente evidenziati in questo film seminale di Carpenter. Sì, perché uno degli enormi pregi di Carpenter è sempre stato quello di aver inventato idee a profusione, di aver vivificato la fantasia più creativa e aver anticipato il Cinema e la televisione a venire. Quasi tutte le sue opere sono infatti modelli granitici, eterni, progenitori e ispiratori di ciò che è venuto dopo e di quel che inesorabilmente gli è stato anche, volente o nolente, inconsapevolmente debitore.
Detto questo, Carpenter firma qui, oltre alle musiche, anche la sceneggiatura, attingendo a un racconto del 1963 di Ray Nelson, Alle otto del mattino, e celandosi dietro lo pseudonimo di Frank Armitage, che è peraltro il nome di uno dei co-protagonisti del film.
Ecco qua la storia... un vagabondo senza meta, John Nada (interpretato dal compianto ex wrestler canadese Roddy Piper, morto a soli 61 anni per un arresto cardiaco nel 2015), arriva a Los Angeles in cerca di lavoro. Grazie all’aiuto di un uomo di colore, Frank Armitage appunto (Keith David), viene assunto come operaio in un cantiere e alloggia assieme a lui