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Storie di mare: Storie di Mare di Steve Vernon
Storie di mare: Storie di Mare di Steve Vernon
Storie di mare: Storie di Mare di Steve Vernon
Ebook118 pages1 hour

Storie di mare: Storie di Mare di Steve Vernon

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About this ebook

Affrontiamo la verità.

Circa il settantacinque per cento del mondo è coperto di acqua – e di quell’acqua, circa il novantasette per cento si trova in mare. I naviganti vi diranno che c’è una storia per ogni onda che si è mai abbattuta sulla riva.

Qui ci sono sette di quelle storie.

"Nelle oscure profondità" offre un’inquietante assaggio del servizio di scorta durante la Seconda Guerra Mondiale, e di un marinaio che ha fatto e mantenuto un terribile patto.

"La sirena di Harry” vi presenta un gruppo di uomini senza dimora che pescano qualcosa che POTREBBE essere una sirena. Se questo non vi dice abbastanza sul racconto, provate a immaginare come sarebbe Vicolo Cannery di Steinbeck se fosse stato scritto da HP Lovecraft.

"So perché l’acqua del mare sa di sale" è la storia di un pilota kamikaze dell’aviazione giapponese di stanza a Okinawa e del suo incontro con un mostro marino, più o meno.

"La storia di Finbar" è una storia dark fantasy delle correnti più profonde che si agitano tra le profonde correnti silenziose del freddo cuore di un uomo.

"La donna che perse un dente per aver riso troppo forte del mare" è una piccola tranquilla fiaba che parla d’acqua salata, lacrime e rimorsi.

"Tra chi-sai-tu e il profondo blu" è la storia dell’ultimo patto sulla terra.

Questa raccolta inizia con un patto e finisce con un patto... cosa che a me sembra un ottimo patto.

"Se Harlan Ellison, Richard Matheson e Robert Bloch avessero una serata di sesso a tre in una vasca d’acqua calda, e poi un gruppo di scienziati entrasse e filtrasse l’acqua e mescolasse il DNA rimasto in una provetta, l’esperimento genetico risultante molto probabilmente crescerebbe per diventare Steve Vernon." - Bookgasm

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateAug 22, 2018
ISBN9781547535460
Storie di mare: Storie di Mare di Steve Vernon

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    Book preview

    Storie di mare - Steve Vernon

    Storie di mare

    di

    Steve Vernon

    Storie di mare di Steve Vernon

    STARK RAVEN PRESS

    Nelle oscure profondità

    Fu così veloce.

    La scia di un siluro, increspando l’acqua, passò proprio a poppa della nostra corvetta, la Thistle. Ci fu un tonfo d’impatto attutito. A soli settantacinque metri da noi, la petroliera Cassandra si assestò e si inclinò, imbarcando rapidamente acqua.

    «Alle cariche di profondità», intonò il nostro capitano.

    L’ordine fu istintivo e inutile. Gli uomini erano già in piedi, pronti a far rotolare i grossi e letali barili oltre le balaustre di poppa. L’equipaggio di babordo e tribordo lanciò un altro paio di cariche di profondità in archi precisi. Le spandemmo nel più ampio raggio possibile, sapendo che l’ U-boat sarebbe già stato in movimento, nel tentativo di sfuggire alla nostra certa rappresaglia.

    Le cariche di profondità erano questione di fortuna cieca. Affondavano lentamente, lasciando all’U-boat un mucchio di tempo per fuggire. Era quasi impossibile mirare usandole, e gli scafi degli U-boat erano talmente solidi che solo un colpo quasi diretto avrebbe avuto qualche effetto, ma creavano panico nell’equipaggio del sottomarino e, cosa più importante, davano al nostro un necessario senso di utilità.

    L’equipaggio al sonar si raggruppò dietro le cuffie, sapendo molto bene che le acque agitate e l’impatto delle cariche di profondità avrebbero reso il loro strumento di ascolto pressoché inutile.

    Stavamo mirando alla cieca, come sempre.

    Fumi di petrolio risalivano dalla petroliera come lenti serpenti blu che ondeggiavano ipnoticamente nell’aria. Vidi il capitano immobile al timone per meno di mezzo secondo, la mente che si dibatteva tra tentare di salvare l’equipaggio della Cassandra o dare la caccia all’U-boat.

    Una frazione di secondo

    È l’intera durata di una guerra, alle volte.

    La Cassandra esplose in una palla di fuoco. Uomini urlavano tra le fiamme, i polmoni che gli si riempivano di petrolio, fuoco e acqua di mare. La petroliera, sventrata e contorta in una dozzina di strane angolazioni, scivolò lentamente un po’ più a fondo nelle calme acque grigie e fredde dell’Atlantico.

    Proiettata dalla lanterna delle fiamme crescenti della nave che affondava, vedemmo la sagoma dell’U-boat, col suo equipaggio che si affrettava a puntarci contro i cannoni.

    Forse era affiorato per dare il colpo di grazia alla petroliera, o forse erano state le nostre cariche di profondità a portarlo in superficie. Non lo sapevamo, e non aveva davvero importanza. Lo colpimmo con tutto ciò che avevamo. Lo martellammo con i cannoni da 4 pollici, con gli stabili pom-pom da 2, gli Oerlikon da 40mm e le grosse mitragliatrici calibro .50. Quelli che avevano pistole e fucili si appoggiarono alle balaustre del ponte sparando come al tiro al bersaglio.

    Gli dei della guerra sorrisero all’equipaggio dell’U-boat. Mise a segno un singolo colpo fortunato che spezzò di netto la nostra antenna radio. Fu il loro ultimo buon colpo. Ci avvicinammo, tempestando il loro ponte senza pietà. Un colpo a bruciapelo del nostro cannone da 4 pollici demolì la loro torre di comando.

    L’U-boat era inerme. Avremmo potuto ordinargli la resa, ma non eravamo dell’umore per alcun genere di pietà.

    La guerra può farti questo.

    A quel punto del gioco si trattava solo di vendetta pura e semplice. Ci avevano fatto del male, e ora era il nostro turno di farne a loro.

    Ci avvicinammo ancora e iniziammo a sparare sul serio.

    E poi le fiamme raggiunsero i serbatoi secondari della Cassandra e l’esplosione risultante scagliò l’U-boat nel girone più profondo dell’inferno. Il colpo scosse la Thistle, bruciando il lato di tribordo della nostra nave e mancando per poco di affondarla.

    Esultammo come un bastimento carico di barbari assetati di sangue. Urrà, il sangue era stato versato.

    Urrà, la vittoria era nostra.

    Era il nostro terzo giorno in mare, e avevamo subito le prime perdite.

    La nostra fortuna stava iniziando a girare.

    ***

    Mi ero offerto per il servizio volontario durante il primo anno di guerra.

    In origine avrei voluto volare per la RCAF, ma i miei riflessi si rifiutavano di essere abbastanza veloci per i test.

    «Beh», avevo detto, «se non vado abbastanza bene per l’aeronautica, allora può avermi la marina».

    Per quanto mi riguardava, la RCAF ci perdeva e la RCN ci guadagnava.

    Il mio primo giorno di servizio in mare era stato il ventesimo anniversario della mia nascita. C’erano uomini più giovani di me a bordo. In effetti, la maggior parte dell’equipaggio era composta di ragazzini. Il marinaio più anziano della nave aveva appena trent’anni, e lo chiamavamo Papino.

    Eravamo salpati da Halifax, scortando un convoglio di classe HX, diretto da lì verso l’Inghilterra. Sembrava facile sulla mappa, una semplice allegra passeggiata di due settimane da qui a lì.

    O piuttosto una passeggiata di due settimane in acque infestate dagli U-boat. E, avvicinandoci di più alla Manica, avremmo dovuto guardarci anche dai Condor della Luftwaffe, dai bombardieri Stukas e dalle pattuglie delle E-boat tedesche.

    Era facile quanto cadere fuoribordo, e un po’ più pericoloso.

    Eppure ce la cavammo bene.

    Avevamo un buon equipaggio.

    Il nostro capitano andava per i cinquanta, mi sembrava. Lo chiamavamo il vecchio quando non ci sentiva. Aveva l’aspetto asciutto e temprato di un uomo che ha passato la maggior parte della vita in mare aperto e il resto in impaziente attesa della prossima missione.

    Non appena avevo posato lo sguardo su di lui, avevo deciso che era un uomo a cui avrei potuto affidare la vita, eppure c’era un altro su cui avrei contato in modo molto più profondo della semplice fiducia.

    ***

    Incontrai Big Jimmy Noonan il primo giorno che salii a bordo, andandogli addosso mentre scendevo dalla passerella. Fu un po’ come finire di faccia contro un muro di mattoni, solo non altrettanto piacevole.

    «Beh, presumo che Grazia non sia il tuo secondo nome», tuonò.

    Feci un passo indietro. Big Jimmy Noonan era uno degli uomini più grossi che avessi mai visto. Le sue spalle si incurvavano come un arco, le braccia erano spesse come gomene, con pugni che avrebbero potuto facilmente essere usati come mazzuoli.

    Mi fissò con un’occhiata da capo a piedi, come un capitano che osservasse una costa non presente sulle mappe cercando di comprenderla. «Sei nuovo qui, vero?»

    «Sì, signore».

    Cercai un grado, ma le pieghe della sua manica sembravano oscurare ogni genere di stemma o insegna. Non lo sapevo ancora, ma quell’aria di mistero era uno stile che Big Jimmy Noonan indossava con la facilità con cui alcuni portano il cappello.

    «Niente Signore, ragazzo. Lavoro per vivere, e faresti bene a ricordartelo. Come ti chiami?»

    «William, signore. Cioè... solo William. William McTavish».

    «McTavish, sì?» chiese. «Beh, da adesso in poi sei Taffy, capito?»

    Annuii.

    «Tieni lo sguardo avanti per il tempo e le scorregge dei fagioli dietro e te la caverai benissimo».

    Sorrise e mi diede una pacca sulla spalla. Mi sentii come se avessi appena avuto una sospensione della condanna a morte.

    ***

    Erano passati due giorni dall’affondamento della Cassandra.

    Il cielo era limpido e il mare calmo, e a vederli non si sarebbe detto che c’era una guerra in corso.

    «Guarda il sole lassù, che brilla beato come se non avesse una preoccupazione al mondo», disse Big Jimmy Noonan. «Che ne pensi, Taffy, ragazzo mio?»

    Guardai in alto e mi strinsi nelle spalle.

    Probabilmente non capivo di cosa stesse parlando, ma confidavo che me lo avrebbe detto presto.

    Big Jimmy Noonan era un uomo creato per l’illuminazione.

    «È un sole, Jimmy», dissi. «Niente più che una luce nel cielo. Significa che il tempo è bello, direi».

    «Non in cielo, giovane Taffy, ragazzo. C’è una luce in paradiso. Dio che sbircia di sotto, che dà un’occhiata. E pensi che ci veda quaggiù?»

    Ci riflettei.

    «Dio vede tutto, presumo».

    «Sbagliato. Quel Dio lì non vede nulla. Il vecchio capo è cieco come Saul e due volte più irascibile. Specie qui, nelle oscure profondità» continuò Jimmy. «Sissignore, l’oceano

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