Confessioni di uno psicopatico
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Quello di Michele Ponte non è proprio un romanzo, non è esattamente una biografia né una monografia. Non è, dunque, come lo immaginate. Non è una presa in giro, non del tutto; non è una pazzia, perché, diciamolo, è alquanto ragionato. Ma soprattutto non è una guida all'arte del furto.
Tra le tante cose che non è, ce ne sono alcune che è; a voi, cari lettori, spetta scoprire quali.
"Chi diavolo è lo psicopatico? Attento, lettore... La risposta potrebbe non piacerti!" - Simone Sarasso
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Book preview
Confessioni di uno psicopatico - Michele Ponte
Edizioni Il Foglio
NARRATIVA
Direttore: Gordiano Lupi
www.ilfoglioletterario.it
Via Boccioni, 28 - 57025 Piombino (LI)
© Edizioni Il Foglio - 2011
1a Edizione cartacea - Novembre 2011
ISBN cartaceo 9788876063367
IBN eBook 9788876064494
Elaborazione grafica e impaginazione | shangrya@libero.it
Creazione e impaginazione eBook | creoebook.blogspot.com
Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi somiglianza con persone, vive o morte che siano, è da considerarsi puramente casuale.
Michele Ponte
Confessioni di uno psicopatico
Edizioni Il Foglio
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Grazie.
A Maria,
il primo giorno mi hai dato speranza,
in quelli successivi mi hai mostrato
il mondo che gira intorno ai libri.
Benvenuti nella mia mente
(Se proprio dovete)
Curioso. Sì, è così che mi sento.
Questa sera, tornando a casa dall'università, osservo i mille volti stravolti ad attendere la metro. Facce mosce come mozzarelle o stressate come canne di bambù piegate dal vento.
Mi hanno detto che, rispetto a quando sorridiamo,per fare un'espressione arrabbiata o stufa (non me lo ricordo bene) costringiamo il nostro corpo ad utilizzare almeno il doppio dei muscoli facciali; ebbene io, lì in attesa come loro, non avevo quel tipo di problema,anzi la curiosità superava qualsiasi preoccupazione,anche quella di essere costretti ad attendere per poterla soddisfare.
Una folata di vento seguita da uno stridore di freni,ancor prima del pannello elettronico, annuncia l'arrivo della metro alla stazione Termini.
Calca di gente dai capelli corti, rasati. Un po' di dread, accanto a persone ricoperte di gel sino al pizzetto e uomini in completo, sicuramente qualcosa da poco, altrimenti non utilizzerebbero i mezzi pubblici.
La fila si crea ancor prima dell'apertura delle porte. Rimango in disparte ancora un po', aspetto che le acque si allarghino. Non voglio essere travolto dall'onda.
Facce identiche che scendono, facce identiche che salgono.
La mia non deve essere diversa dalla loro, perlomeno negli altri giorni, o forse solo quando decido di mimetizzarmi...
Portafogli e telefonino nelle tasche davanti dei jeans grigio perla, zaino in mano ed entro nel più grande forno a microonde di Roma. Qualcuno gira la manovella e imposta due minuti di cottura, il tempo di arrivare a Cavour e scoprire che il piatto è ancora freddo. Non scende nessuno. Tre minuti e siamo a Colosseo. Dei turisti, sia in entrata che in uscita, si fanno largo a forza di «sorry». I condimenti americani non ci piacciono, e ce ne accorgiamo solo dopo altri tre minuti, quando si arriva a Circo Massimo, e scambiamo tre-quattro hamburger per un kebab. Carne decisamente gustosa. Poi dell'aria, chi sta preparando la cena si sarà ricordato che alcune cose cuociono prima di altre, così a Piramide appare pure qualche posto a sedere. Altri tre minuti, e Garbatella passa veloce e innocua. Un paio di minuti e si arriva a San Paolo, una delle ultime stazioni che permette di cambiare treno (cioè piatto). Ci si accorge che non si è più costretti a guardare la testa delle persone a quindici centimetri di distanza, vedi che ora quella faccia da gnocca non ha il corpo di un ortaggio, ma quello di un maialino troppo coccolato dalla mamma; va be', che ci posso fare, un po' di pancetta nel minestrone ce la mette pura mia nonna. Nel frattempo passano Marconi, EUR Magliana ed EUR Palasport. Quest'ultima stazione porta ricordi tragici: la squadra di casa, la Virtus Roma, mangiata letteralmente da tutte le sue avversarie di campionato in Serie A di basket. Ad Eur Fermi una brava persona apre lo sportelletto del forno e ci tira fuori, in salvo: chi arriva a Laurentina viene ingoiato,chi supera il capolinea viene espulso, e non c'è bisogno di spiegazioni.
Salgo le scale con una certa acquolina in bocca... pregusto la curiosità, non pensate male. Attraverso la strada – vuota, o piena di cartoni lasciati dal mercato – e scendo le scale dall'altra parte, quelle che mi portano a riprendere la metro in direzione Termini, ma non me la sento di affrontare un'altra digestione, così svolto a destra e imbocco un'altra rampa. A forza di scale siamo finiti in un quadro di Escher. Attraverso il ponte che passa sopra il laghetto artificiale voluto da Mussolini e arrivo alla collina dove è parcheggiata la macchina, la collinetta dei ricconi. Mmm, sì, come avete intuito non sono tra loro. Ma non vi preoccupate,per passare dal linguaggio culinario a quello di internet vi dico che la mia non è una faccina da due punti-aperta parentesi tonda, bensì da due punti chiusa parentesi tonda. Per chi non l'avesse capito sono sorridente, e questo vi basti.
Trovo le chiavi della Panda, o meglio, del Pandino,visto che è il modello vecchio, e osservo il suo color cacca d'uccello. Il pensiero di lavarlo mi sfiora, immaginando i vostri volti disgustati, ma contate poco per me, basta che continuiate a leggere.
Viale dell'Umanesimo, strada tristemente nota perché un sindaco che vi abita fece spostare i bisognosi di metadone in un luogo lontano; via Laurentina, che si meriterebbe uno slogan del tipo: Il traffico c'è ogni volta che sei di fretta!; via di Trigoria, conosciuta da tutti i calciofili d'Italia perchè qui si allena la Roma – squadra che, esattamente come le altre, non tifo e che non sono mai andato a vedere allo stadio –, e sono a casa. Un semplice «ciao» alla famiglia mentre passo loro davanti e, sempre spinto dalla curiosità, mi fiondo in camera.
Su un dizionario cerco il significato di psicopatico.
Può capitare che la tua ragazza ti dica: «La vuoi smettere di comportarti come uno psicopatico?», e lì ti viene da ridere: pensi che la cosa le piaccia, ma ti assicuro che non è così per tutte.
Può capitare che i vostri amici ti dicano: «Sei proprio uno psicopatico», poi si fanno due risate e ti danno una pacca sulla spalla. Gli stai simpatico per quello che sei, l'ultimo fottuto coglione sulla faccia della terra.
Può capitare che inizi a pensarlo: sono uno psicopatico, sono uno psicopatico, sono uno psicopatico... fino a che ti chiedi, e lo fai ad alta voce: «Sono diventato uno psicopatico?»
Così torni a casa e cerchi sul vocabolario. Psicopatico: Leggere psicopatia. Psicopatia: 1, ogni forma di alterazione del comportamento che però non costituisce malattia mentale; 2, (nel senso comune) pazzo, fuori di testa.
Qui tocca scegliere, la uno o la due?
Appoggio il vocabolario sulla scrivania sotto la libreria. Mi sdraio sul letto a pancia in su e osservo il soffitto bianco candeggina, che in realtà non è immacolato: oltre alla lampada penzolante c'è appiccicato con il nastro adesivo un assegno formato maxi.
BANCA DEI RICCONI – I poveri non sono graditi
Causale: giusto pagamento dovuto a demeriti mentali
Euro: quattrocentomila/zerozero – 400.000,00
Intestato a: Luigi Trampoli
Allora, come dirvelo... quando ho iniziato a scrivere questa storia-confessione mi è venuto in mente che umiliarmi e prostrarmi al mondo intero doveva essere un po' come dare il culo, e il culo non lo si dà mai gratis. Quindi ho deciso che la giusta ricompensa da ritirare un anno dopo la pubblicazione, magari proprio come regalo di Natale, sarebbe stata una cifra a cinque zeri con il quattro davanti. Non ho un'idea precisa del perché io abbia scelto il quattro al posto del novecentonovantanove, ma mi sembrava giusto fare le cose un passo alla volta, perciò, tanto per iniziare, più di mille euro al giorno mi bastano... Accidenti! Mi sono ricordato che almeno il 15-20% andrà all'agente letteraria, un'altra grossa percentuale alla SIAE e... cavoli, questi scrittori fanno proprio la fame!
Adesso voi, dopo aver letto queste righe, che fate, mi inserite ancora tra gli psicopatici? Se sì, nel primo o nel secondo gruppo?
Okay, non posso proseguire così: non mi va che riponiate questo libro sullo scaffale della libreria, voglio quei quattrocentomila, ricordatevelo!
Ora vi fornisco un aggancio che scuoterà un po' la situazione, qualcosa che vi dovrà tenere incollati almeno per le prossime dieci pagine. Vediamo, che vi posso dire... ah, ecco un'idea!
Il giorno dopo, più o meno verso le 11:00 sento il cellulare vibrare. Lo tiro fuori dalla tasca e leggo il nome sul display. Mario. Che strano, cosa vorrà?
«Pronto» dico.
«Luigi, è successo un casino...»
«Dimmi.»
«Tuo fratello, il mio migliore amico, è morto!»
È andata proprio così, ve lo assicuro, non vi sto prendendo in giro. La telefonata è proseguita, Mario dopo avermi