Al di là della collina
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Mino, Tommi e Gabri abitano in una tranquilla cittadina circondata da colline. Il Natale si avvicina, ma l’irruzione di pericolosi malviventi in casa di Mino guasta l’atmosfera festosa. I tre ragazzi decidono di indagare da soli, accompagnati dal simpatico Cucciolo, il cagnolino di Mino. La pista seguita condurrà i tre amici in situazioni rischiose. Il tentato furto, infatti, nasconde molto di più. Mozziconi di sigaretta, una macchina verde, un capanno abbandonato, una casa diroccata, un casale di pietra e un cane feroce sono alcuni degli elementi raccolti dai ragazzi nella loro caccia alla verità, in cui ogni scoperta conduce a nuove, imprevedibili rivelazioni.
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Book preview
Al di là della collina - Rachele Coerezza
Cover
I
«Stai zitto, Cucciolo, non farti sentire».
Mino si era nascosto nella stanza degli armadi, dietro a una scarpiera che arrivava quasi al soffitto. Sperava di aver scelto il nascondiglio migliore: se anche avessero aperto la porta, i ladri avrebbero visto solo armadi chiusi.
I due malintenzionati erano entrati in casa rompendo il vetro della finestra della cucina, che dava sul retro del giardino. Quando Mino li aveva sentiti era nella sua camera al piano superiore. In un primo momento, colto dal panico, si era infilato sotto il letto tenendo Cucciolo per il collare. Rannicchiato lì sotto, però, aveva capito che la sua non era stata una scelta intelligente, perché un’occhiata sotto i letti i ladri normalmente la danno. L’aveva visto parecchie volte guardando film polizieschi in televisione. Era allora uscito da quel nascondiglio e, con il cane in braccio, aveva raggiunto la stanza dove ora si trovava, la più lontana dalle scale.
Dal suono delle voci aveva intuito che gli sgraditi ospiti erano due. La sua speranza era che si accontentassero di prendere l’argenteria che faceva bella mostra di sé sul tavolo e sui mobili del soggiorno. Se erano stati istruiti da qualcuno, avrebbero saputo anche dove trovare la cassaforte, ma quella era molto difficile da aprire e non era trasportabile, perché troppo grande e cementata alla parete.
Cucciolo cominciava a dare segni d’impazienza, nonostante Mino cercasse di tenerlo buono accarezzandogli il muso e coccolandolo.
Sembrava che i ladri non avessero premura: ora si erano fermati in cucina. Mino lo intuì dal rumore delle sedie trascinate sul pavimento, e di bottiglie e bicchieri posati con fragore sul tavolo di marmo. Forse avevano aperto le birre che c’erano in frigorifero. Con circospezione, e facendo attenzione a non fare il minimo rumore, socchiuse un poco la porta per capire come si stessero muovendo gli intrusi. Sentiva ridere e parlare, ma non comprendeva nemmeno una parola, poi uno dei due cominciò a salire le scale. Sebbene la moquette che ricopriva i gradini attutisse il rumore dei passi, Mino si rese conto che la voce si faceva sempre più distinta e vicina e il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Che fare? Avrebbe potuto uscire con le braccia alzate, rivelando la sua presenza. Oppure avrebbe potuto aprire di colpo la porta quando il malvivente vi fosse passato davanti, dandogli così una botta tale da farlo cadere per terra. Anche quella, però, non sembrava una mossa tanto intelligente: il ladro si sarebbe ripreso in fretta, inoltre il rumore e le grida avrebbero allarmato il compagno, che sarebbe accorso subito. In quel caso se la sarebbero presa con lui, magari l’avrebbero steso con pugni e calci, rendendolo inoffensivo e soprattutto malconcio. No, non era una buona idea. Doveva agire con furbizia e rapidità, ma la paura lo teneva inchiodato al suo nascondiglio, mentre il respiro si faceva sempre più affannoso.
Doveva trovare il modo di fuggire. Se fosse riuscito ad abbandonare la casa, avrebbe potuto correre dai vicini e chiedere aiuto ai genitori di Tommi, il suo compagno di scuola e di giochi. La sua mente cominciò ad analizzare questa possibilità. La finestra del bagno si affacciava sul tetto del portico davanti alla casa. Avrebbe potuto raggiungere l’angolo e aggrapparsi al glicine, che aveva rami non molto robusti, ma abbastanza folti. Forse ce l’avrebbe fatta. Si impose di essere coraggioso e immaginò di essere Spiderman, di scappare e dare l’allarme perché i cattivi fossero catturati e imprigionati. Un colpo di tosse gli fece capire che il ladro numero uno era arrivato al piano e aveva aperto la porta della camera di fronte alle scale. Aveva sentito il battente urtare contro il muro, ma non sapeva se l’uomo fosse entrato o volesse solo dare uno sguardo superficiale. Il grande coraggio di Mino venne subito meno. È meglio starsene tranquilli, si disse. Teneva fermo il muso di Cucciolo, sussurrandogli: «Stai zitto.»
Una voce dal basso gridò qualcosa che Mino non capì, ma sentì il ladro scendere di corsa le scale. Il ragazzino respirò con più calma e decise che doveva muoversi subito, se voleva salvarsi.
Parlò con il cane e accarezzandolo gli disse: «Devi stare buono, rimani qui nascosto, poi verrò a prenderti.»
Cucciolo lo guardò con i suoi occhioni scuri, come se volesse fargli capire che aveva compreso le sue parole. Poi si accucciò tranquillo, sistemando il muso sotto una zampa come quando dormiva.
Muovendosi con cautela, Mino uscì della stanza e, con le scarpe in mano, andò in bagno, dove si chiuse con cura la porta alle spalle. Gettò un’occhiata fuori dalla finestra: tutto era tranquillo, nessuno si era accorto di ciò che stava succedendo nella villetta. Mise fuori una gamba e scavalcò il davanzale, quindi si calò fino alla tettoia. Era in una posizione precaria, doveva stare attento a non fare il minimo rumore per non allarmare i ladri. Con tutta probabilità stavano trafficando con la cassaforte. A un tratto sentì il rumore di qualcosa che veniva lanciato contro la parete, seguito da parole urlate, troppo confuse per essere comprensibili. Mino si immobilizzò. Forse i ladri stavano sfogando la rabbia per non essere riusciti ad aprire la cassaforte rompendo quello che capitava loro a tiro. Poteva sentirli discutere animatamente. Per alcuni minuti rimase fermo a osservare le beole che facevano da copertura al portico. Si disse che doveva stare molto attento a dove metteva i piedi, perché erano semplicemente appoggiate l’una all’altra e si sarebbero potute muovere, facendogli perdere l’equilibrio. Senza appigli a cui aggrapparsi, sarebbe scivolato fino alla grondaia e avrebbe rivelato la sua presenza.
Stava diventando buio e si era alzata una brezza leggera che lo faceva rabbrividire. Improvvisamente non seppe trattenersi e starnutì una, due, tre volte. Non poteva farci nulla, quando sentiva freddo, a Mino venivano starnuti che non riusciva a frenare nemmeno tappandosi il naso.
«Oh, povero me, sono perduto», si disse, aspettandosi che uno dei due delinquenti uscisse dalla porta finestra del soggiorno per vedere se fuori ci fosse qualcuno.
Invece nessuno lo aveva sentito: forse erano troppo occupati per fare caso a un rumore proveniente dall’esterno. Con le spalle appoggiate alla parete, passo dopo passo, Mino arrivò miracolosamente all’angolo e riuscì ad aggrapparsi a un ramo del glicine che sporgeva oltre il tetto. Piano piano, cercando di scorticarsi il meno possibile, si fece scivolare lungo il tronco, fino a terra. Era arrivato! Ora doveva solo correre velocemente fino alla siepe.
Non aveva fatto neanche un passo che sentì aprirsi la porta finestra del soggiorno. Si nascose dietro l’angolo il più in fretta possibile, ma un ramo che si era impigliato nel suo maglione si spezzò con un rumore secco. Ebbe un tuffo al cuore e si appiattì contro il muro, nascosto dal glicine. Udì alcuni passi che si dirigevano dalla sua parte, poi il miagolio di un gatto che correva lungo la siepe. Fu la sua salvezza.
I passi si fermarono, poi tornarono indietro. Mino, che aveva trattenuto il respiro, si rilassò. Sentì lo scatto di un accendino e l’odore di sigaretta arrivò fino al suo naso. Si sporse leggermente e vide un uomo che soffiava il fumo verso il cielo. Era molto alto, aveva capelli chiari di media lunghezza e la faccia squadrata. Gli sarebbe piaciuto osservarlo meglio, ma ormai il giardino era al buio e la lampada sotto il portico non faceva abbastanza luce. Presto rimase visibile solo il puntino rosso della sigaretta. Temeva che lo scorgessero, quindi si ritrasse dopo la prima occhiata. Aveva sperato di poter correre verso la siepe che separava il suo giardino da quello di casa di Tommi, in un punto in cui i frequenti passaggi dei bambini avevano creato un piccolo varco. Sapeva però che finché l’uomo fosse rimasto