Patagonia orizzonte verticale: Appunti di viaggio nella Patagonia argentina. Con illustrazioni
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Book preview
Patagonia orizzonte verticale - Fabrizio Resca
DIGITALI
Intro
L’orizzonte verticale
della Patagonia in un viaggio inconsueto su rotte geografiche apparentemente ordinarie e della memoria, in cui la storia di un Paese, le vite delle persone e i loro racconti attraversano a sorpresa strade infinite come animali selvatici. Una sorta di taccuino di appunti diverso da una guida turistica, piuttosto un ausilio per apprendere a ‘guardare’ oltre la materialità delle cose, spingendo lo sguardo anche oltre ciò che illusoriamente la vista non percepisce.
AVVERTENZA DELL’AUTORE
Poche regioni al mondo come la Patagonia
fanno sentire al visitatore di trovarsi
ai confini della Terra…
(Walter Bonatti, In terre lontane)
La prima stesura di questi appunti di viaggio è stata redatta nell’aprile 1999, seguita poi da alcune variazioni e integrazioni frutto di successivi viaggi compiuti in quella Terra.
A distanza di molti anni, parlando di questa mia scelta con un amico italo- venezuelano da tempo trasferitosi in Canada, sono stato però assalito da un dubbio proprio durante un lungo viaggio in quello sterminato Paese.
Egli riteneva non fosse corretto modificare la sensazione di spontaneità della prima esperienza in un luogo così diverso, sia geograficamente che culturalmente, modificando e integrando i testi originari. Occultare, così facendo, la difficile meraviglia che quegli spazi presentavano alla comprensione di un europeo, il cui orizzonte e punti di riferimento erano ben più limitati rispetto a coloro che, essendovi nati, si erano abituati a riferimenti più dilatati e non definiti; a un paesaggio quasi liquido.
Dopo quel viaggio, facendo tesoro di quei suggerimenti, ho riletto il testo finale rendendomi conto che aveva certamente ragione lui; infatti tutte le considerazioni aggiunte in seguito non ne arricchivano il valore documentario, ammesso ne avesse, ma svilivano semplicemente la spontaneità e il frutto della ricerca del primo viaggio compiuto in un Paese per me mitizzato in un caleidoscopio di motivazioni che partivano addirittura dalle letture dell’infanzia, per arrivare a scrittori come Chatwin, Theroux, Sepulveda, Coloane… Mi ero accorto che nei testi successivi, frutto di esperienze assommate in momenti diversi, sia economici che psicologici, avevo sì aggiunto elementi preziosi alla conoscenza, ma l’avevo fatto perdendo il mio sguardo di bambino curioso. Ero andato contro me stesso senza rendermene conto.
Per questo motivo, senza nessun ripensamento, ho quindi deciso di riportare il testo alla stesura originaria, disponendo che, se avessi dovuto utilizzarlo per la pubblicazione, avrei lasciato la possibilità al lettore di cogliere l’emozione e la spontaneità del primo impatto con la Terra alla fine del mondo.
SENZA NUMERO
poiché, Lao Tzu diceva che un lungo viaggio inizia sempre con il primo passo
Ogni volta che devo trascorrere una notte in albergo nei pressi di un grande aeroporto del nord Italia, in attesa del lungo viaggio del giorno successivo, cerco di arrivare il più tardi possibile in modo da ridurre i tempi di permanenza al minino. Ma quando ciò non è possibile cerco di consumare il tempo fuori della stanza, come fosse la suola delle scarpe, camminando per le vie di un piccolo paesino assuefatto al rombo dei jet in decollo, con le strade trafficate dalle navette che fanno la spola fra gli alberghi e i terminal non lontani.
Domani partirò per un altro viaggio nel profondo sud dell’Argentina e dentro mi porto una strana inquietudine, un senso strano di solitudine e rinnovata emozione.
Cammino a zonzo. Leggo, meglio rileggo alcune pagine di un libro sulla Patagonia che non mi trasmette freddezza. Cammino scorrendo le righe delle pagine senza inciampare, un’arte consumata degna di