Non voglio morire
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Dalla Prefazione di Arcangelo Badolati
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Anteprima del libro
Non voglio morire - Luciana Maiolino
Shakespeare
Prefazione
La violenza sulle donne. Un tema spinoso, rivisitato dalle assemblee parlamentari del nostro Paese e riconsiderato anche normativamente grazie a un decreto legge del 14 agosto 2013. Un decreto condiviso dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che reca in calce le ragioni della sua adozione. Scrive, all’epoca, il Capo dello Stato: «Il susseguirsi di eventi di gravissima efferatezza in danno di donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato rendono necessari interventi urgenti volti a inasprire, per finalità dissuasive, il trattamento punitivo degli autori di tali fatti, introducendo, in determinati casi, misure di prevenzione finalizzate alla anticipata tutela delle donne e di ogni vittima di violenza domestica». Il decreto consente ai Questori di intervenire, in caso di violenze domestiche, anche in assenza di querela procedendo all’ammonimento dell’autore del fatto. L’ammonimento ha una funzione dissuasiva e viene compiuto sulla base di informazioni assunte dalla polizia giudiziaria indipendentemente dalla denuncia della vittima. Alle straniere che risultano oggetto di abusi e violenze viene invece rilasciato un permesso di soggiorno speciale perché possano continuare a risiedere in Italia. In cinque anni, nel nostro Paese, sono stati migliaia gli ammonimenti fatti dai responsabili provinciali della Polizia a conferma di come lo strumento normativo abbia aiutato le donne a reagire e ribellarsi. Le gravi condotte di uomini violenti lungamente sottovalutate, sono diventate finalmente un problema giudiziario serio e un segnale preciso della deriva, a volte tragica, che il rapporto tra i due sessi ha preso nell’Italia moderna. Lo stalking è entrato nel lessico comune e il femminicidio è diventato una emergenza nazionale. Le norme approvate dal Parlamento hanno contribuito sensibilmente a ridimensionare la subcultura che per decenni quasi autorizzava
gli uomini ad esercitare pressioni psicologiche e maltrattamenti su compagne, mogli e fidanzate.
Nell’area settentrionale della Calabria, in cui donne-schiave vengono costrette a prostituirsi, oppure finiscono assassinate quando si ribellano ai loro padroni
s’è registrato, peraltro, negli ultimi venti anni, il numero più alto di femminicidi. Donne giovani e anziane sono state ammazzate da compagni, mariti o fidanzati mossi da ragioni di gelosia o d’interesse. Basta scorrere le pagine di cronaca per ritrovare i casi più tristemente famosi. Nel luglio del ’99, Franco Vigna, rivenditore di auto, uccise a pochi passi dall’ospedale dell’Annunziata, la moglie che faceva l’infermiera. La coppia era in crisi e s’avviava alla separazione. Vigna utilizzò una pistola calibro 7,65 e, dopo il delitto, si rifugiò in Sila. Dove s’uccise. Nel dicembre del 2002, sulla Statale 107, la giornalista televisiva Maria Rosaria Sessa venne accoltellata a morte dall’ex fidanzato, Corrado Bafaro. La vittima aveva da poco troncato il rapporto sentimentale con l’omicida e non voleva saperne di riallacciarlo. La scelta di rottura le costò la vita. Bafaro s’impiccò poche ore dopo, in una villetta disabitata.
Nel novembre del 2010, in un appartamento di Montalto, un disoccupato di origine padovana, Nicola Sorgato, strozza la convivente, Tiziana Falbo di 37 anni, al termine di un litigio scoppiato per motivi banali. L’uomo fugge poi in auto dalla Calabria e viene arrestato dalla polizia a Bologna. Passa meno di un anno e, nel settembre del 2011, a Luzzi, un autista di bus, Emilio Tolmino, assassina la ex compagna, Adriana Festa, con due colpi di pistola. La ragione? La donna l’ha lasciato.
Il 26 marzo del 2013, a Saracena, un cinquantunenne, Pasqualino Giannieri, ammazza la ex suocera, Maria Carmela D’Aquila, 70 anni. L’omicida è convinto che la pensionata sia la causa vera della rottura con la ex compagna.
Il successivo 24 maggio Fabiana Luzzi, 16 anni, viene prima ferita a coltellate e, poi, bruciata viva a Corigliano dall’ex fidanzato pure lui sedicenne. L’8 ottobre, infine, Maria Vommaro, 56 anni, è stata ammazzata con una randellata in testa sferratale dal convivente, un piccolo imprenditore datosi poi alla macchia. L’uomo, prima di fuggire, ha tentato di disfarsi del cadavere. A tutti questi delitti non può che aggiungersi lo stupro e l’uccisione di Roberta Lanzino. Un crimine ancora impunito dopo 30 anni.
Non meno grave appare lo stalking che vede protagonisti in negativo sia gli uomini che le donne, ossessionati dalla rottura di un rapporto amoroso oppure frustrati dalla incapacità di conquistare l’anelato partner o gelosi di compagni di professione. Gli stalker sono compulsivi e pericolosi. Capaci di riservare molestie parossistiche a ex partner, potenziali fidanzati, rivali in amore, avversari nei luoghi di lavoro.
Per comprenderne i deliri basta citare alcuni esempi ricavabili, anche in questo caso, da vicende trattate in cronaca dai mezzi d’informazione. Il primo caso. Un carabiniere in pensione