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Padre Camorra
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Ebook173 pages1 hour

Padre Camorra

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Antonio, quattordicenne ragazzino figlio di Gennaro, gestore di una avviata "kebaberia" nel cuore di Salerno, cresciuto senza mamma e con poca scuola, comincia a porsi delle "strane" domande sulla reale attività del padre, che è in realtà un piccolo boss camorrista. La sconvolgente conferma arriva quando si trova a contatto con un uomo ucciso e scopre che il padre e i suoi amici sono ben coinvolti, tanto da dover preparare una fuga strategica.


 
LanguageItaliano
Release dateJun 18, 2018
ISBN9788828337829
Padre Camorra

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    Padre Camorra - Vittorio Vavuso

    dimostrarlo.

    Il coraggio del talento, il talento del coraggio

    Diciassette anni, un’adolescenza normalmente ricca di sogni e di emozioni ed eccezionalmente caratterizzata da un profondo amore per la lettura, la scrittura, la cultura. Tra tanti fattori di crisi e di decadenza che ci circondano, raccogliamo con gioioso piacere la voce di speranza e il grido di ribellione che nasce da Vittorio Vavuso, da questo suo primo romanzo, dalla sua età e, speriamo, dalla sua generazione.

    Come chiarisce nella sua dedica, Vittorio vuole dimostrare che essere giovani non significa solo cellulardipendenza e sociale indipendenza, ma anche coscienza dei problemi che ci circondano e consapevolezza di dover fare la propria parte perché il futuro, oggi tanto nebuloso, dipenda pure dalle azioni, dalle ribellioni, dalle proposte individuali e generazionali.

    Volendo creare, scrivere e narrare, Vavuso non si abbandona al gioco astratto della fantasia ad effetti speciali tra giochi magici e guerre stellari, ma, elaborando un racconto duro ed a colori forti, si lascia mordere dalla realtà, senza veli edulcoranti. Con la speranza di poterla a sua volta mordere, digerire e cambiare e con l’invito di partecipazione a questo banchetto di vita a tutti i suoi coetanei ed alle persone di buona volontà.

    Cos’altro, del resto, può essere un romanzo che racconta di un quattordicenne alle prese con una scoperta generatrice di un feroce conflitto padre-figlio: avere come genitore non la persona buona e giusta che credeva, ma un efferato mestierante della camorra, una figura da Gomorra, un quotidiano praticante dell’illegalità e del crimine? Le scoperte sempre dolorose di un contrasto così dilaniante tra ideale e reale, che non dipende dal soggetto, hanno sempre davanti a sé il bivio delle scelte, queste sì soggettive: adeguarsi o ribellarsi, conservare l’incontro oppure preparare uno scontro, costi quel che costi.

    Tra il bisturi e la pilloletta, Vittorio Vavuso sceglie il primo, pur consapevole che richiede coraggio e può costare lacrime e sangue. Non si può, non si deve negare che la scelta radicale è figlia diretta della sua adolescenza, ancora naturalmente portata a vedere molto il bianco o il nero e poco i colori intermedi. Non si può, non si deve negare neppure che di fronte all’illegalità e alla criminalità o si va allo scontro oppure si va al compromesso. Per un giovane, il compromesso non può fare luce.

    Per questo, da una parte sul giovane Antonio, protagonista del romanzo (e forse di un conflitto adolescenziale di Vittorio stesso come persona), egli incentra la sua attenzione per descriverne dall’interno il cammino: certezze, dubbi, paure, determinazione, infine nuove, rinnovate certezze e prospettive. Eppure rischia non solo l’isolamento, ma anche la vita stessa. Eppure sceglie. Un difensore della propria dignità e della sua generazione, indubbiamente. Un eroe? Forse, chissà: del resto un eroe non è l’uomo senza paura, ma l’uomo capace di dominare le sue paure.

    Vittorio non lascia solo Antonio nella sua lotta. Ed è questa una delle luci del romanzo, che, per quanto realistico, ha le strutture della favola: il protagonista, l’antagonista, l’aiutante, lo scontro, la vittoria.

    No, non è solo, Antonio: il primo aiutante, tanto importante da diventare coprotagonista lei stessa, è una coetanea, l’amata Carlotta, figlia di un altro, e ben più importante boss del crimine. Insieme, fanno trincea contro il mondo dell’illegalità, che è anche il mondo dei loro genitori, è il mare sporco dell’identità in cui hanno nuotato fino a quel momento. Sono, per certi versi, moderni Giulietta e Romeo, messaggeri d’amore in un mondo di guerra. Alleati e compagni, quindi, nell’amore personale e nella formazione individuale e per questo simbolo di una generazione che non ci deve stare, se vuole esserci.

    Se a questo aggiungiamo che l’aiutante più concreto è un poliziotto, che sostegni importanti all’evoluzione di Antonio vengono dal mondo dei dottori e dell’assistenza sociale, che sono posti via via sul piatto anche temi come lo sfruttamento della donna, l’importanza della conoscenza o la gravità dell’evasione scolastica, ci rendiamo conto che la proposta di Vittorio Vavuso non è di taglio netto con la società, ma di un recupero di valori etici e del riconoscimento di quanto la società stessa e le istituzioni, se coerenti col loro ruolo, possano contribuire all’auspicata palingenesi.

    E Vittorio stesso, come persona, può ben dire questo, provenendo dagli stimoli continui che gli vengono offerti da una scuola di qualità, qual è quella che egli frequenta, e da un ambiente ricco di fermenti, come è quello di famiglia, dove si respirano Arte e Cultura e impegno diretto per la loro promozione e la loro difesa dall’Indifferenza e dal degrado.

    Tornando al romanzo, se finora abbiamo affrontato i temi più significativi di un contenuto comunque ricco e stimolante, non bisogna dimenticare però l’altro aspetto che conta, cioè quello strettamente letterario, vale a dire il rapporto tra l’intuizione e l’espressione, per dirla con un concetto del mai trascurabile Benedetto Croce.

    Qui bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare e nello stesso tempo stabilire dei paletti chiari e solidi. A Cesare, cioè a Vittorio studente-scrittore, bisogna riconoscere l’abilità non comune alla sua età, e a volte neppure ad altre età, di tenere bene tra le mani il filo del discorso dall’inizio alla fine. Egli gestisce la successione ed il montaggio delle scene con una chiarezza cinematografica ed una felice capacità di colpi a sorpresa (soprattutto in un finale da fuochi artificiali...) e mantenendo sempre tesa l’attenzione del lettore, grazie anche all’uso di un linguaggio semplice, senza fronzoli né dispersioni e comunque comunicativo. Insomma, se si comincia a leggere il racconto, non viene certo la voglia di chiudere il libro.

    Questi, che sono indubbiamente dei pregi anche, e non solo, in rapporto all’età, in assoluto non vanno oltre il limite dell’età stessa, per quanto nobilitata essa sia da un’intelligenza creativa di notevole portata. Vittorio è certamente una felice eccezione, nel nostro panorama antiumanistico, ma ovviamente non è ancora Alessandro Manzoni o Camilleri. Questo lavoro è un battesimo brillante e promettente, ma è un punto di partenza, non un traguardo. Deve essere per Vittorio motivo di orgoglio per quanto realizzato, ma anche e soprattutto uno stimolo a lavorare e sudare, con volontà e umiltà, se vuole, per usare una metafora calcistica, passare dal vivaio alla Nazionale. Naturalmente in questo processo un ruolo fondamentale spetta al mondo di noi adulti: Vittorio è un talento che va coltivato e non bruciato.

    Intanto, abbandoniamoci pure, con il cuore illuminato, a creare il brindisi di benvenuto per il nostro Vittorio, con l’augurio che diventi il gabbiano che è in lui. Un gabbiano, però, con le gambe tanto lunghe da non perdere mai i contatti con la terra... Magari in una società veramente nuova, quella idealmente ricreata nel romanzo. Una società pulita, un mondo che per respirare non abbia bisogno di essere salvato dai ragazzini...

    Franco Bruno Vitolo

    Una speranza, oltre ogni speranza

    Sono tanti i giovani italiani legati alle mafie, dalla Sicilia alla Calabria fino ai margini della Capitale. Un esercito di ragazzini cresciuti all’ombra dei clan e dei cattivi maestri, pronto a morire o uccidere. Quasi sempre per soldi, o per il solo fascino del potere.

    È possibile sfuggire ad un destino già segnato alla nascita? È questa la domanda che si pone il lettore di fronte alle vicende del giovane quattordicenne Antonio Criscuolo figlio di un noto camorrista e costretto da suo padre a non frequentare più la scuola per poter assolvere al suo ruolo di corriere per le attività di spaccio nella sua zona. Il tema del rapporto padre-figlio, dell’educazione e della solitudine dei minori che vivono in condizioni di disagio e che desiderano liberarsi per rispondere al grido della propria coscienza, è il centro del romanzo del giovanissimo scrittore Vittorio Vavuso.

    Mentre nelle recenti narrazioni di fatti criminali come nella famosa serie Gomorra, lo spettatore è proiettato in una realtà violenta e fine a se stessa dove spesso si confondono anche i ruoli positivi, nel romanzo Padre-Camorra, con una bella scrittura lucida e

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