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Hai Paura di Me?
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Hai Paura di Me?

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SCREAM incontra FRIDAY NIGHT LIGHTS nel nuovo young adult suspense di Elodie Nowodazkij, autrice di "Uno Due Tre" e "Il Mio Unico Sogno".
Una rete di segreti, una piccola città nel Texas, un serial killer a piede libero, una storia d’amore… Questo romanzo ti terrà sveglio la notte!


La cheerleader diciassettenne Erin Hortz dovrebbe prepararsi per l’esibizione più grande della sua vita, quella che potrebbe permetterle di andare via dalla piccola città nel Texas in cui vive. Ma con suo padre sospettato di omicidio, è difficile gestire tutto quanto, soprattutto quello che prova per l’ex stella del football Dimitri Kuvlev: il fratello della sua migliore amica Nadia e la sua cotta da sempre, il ragazzo che le ha scalfito il cuore…
L’infortunio del diciannovenne Dimitri lo ha portato dall’essere un campione del football, con le università di ogni paese davanti alla sua porta, al non sapere più cosa fare della propria vita. L’unica persona che sembrerebbe capirlo è la stessa che Dimitri ha giurato di tenere nella friendzone, almeno fino a quando non si sarà rimesso in piedi: Erin.
Quando Nadia non torna a casa dopo una festa, Dimitri ed Erin sanno che dovranno trovarla prima che sia troppo tardi, anche se questo dovesse costargli la vita e tutto ciò che Erin abbia mai conosciuto.

LanguageItaliano
Release dateJun 12, 2018
ISBN9781547532773
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    Hai Paura di Me? - Elodie Nowodazkij

    Hai Paura

    di Me?

    Gavert City series

    Un romanzo di

    Elodie Nowodazkij

    Traduzione a cura di

    Paolo Costa

    SCREAM incontra FRIDAY NIGHT LIGHTS nel nuovo young adult suspense di Elodie Nowodazkij, autrice di "Uno Due Tre e Il mio unico sogno".

    Una rete di segreti, una piccola città nel Texas, un serial killer a piede libero, una storia d’amore... Questo romanzo ti terrà sveglio la notte!

    La cheerleader diciassettenne Erin Hortz dovrebbe prepararsi per l’esibizione più grande della sua vita, quella che potrebbe permetterle di andare via dalla piccola città nel Texas in cui vive. Ma con suo padre sospettato di omicidio, è difficile gestire tutto quanto, soprattutto quello che prova per l’ex stella del football Dimitri Kuvlev: il fratello della sua migliore amica Nadia e la sua cotta da sempre, il ragazzo che le ha scalfito il cuore...

    L’infortunio del diciannovenne Dimitri lo ha portato dall’essere un campione del football, con le università di ogni paese davanti alla sua porta, al non sapere più cosa fare della propria vita. L’unica persona che sembrerebbe capirlo è la stessa che Dimitri ha giurato di tenere nella friendzone, almeno fino a quando non si sarà rimesso in piedi: Erin.

    Quando Nadia non torna a casa dopo una festa, Dimitri ed Erin sanno che dovranno trovarla prima che sia troppo tardi, anche se questo dovesse costargli la vita e tutto ciò che Erin abbia mai conosciuto.

    AI MIEI LETTORI

    Cari lettori,

    grazie infinite per aver scelto "Hai Paura di Me?"

    So che avrete avuto un milione di libri come alternativa e vi sono veramente grata per aver scelto il mio.

    Incrocio le dita, sperando possa piacervi.

    Scriverlo mi ha fatto ridere e piangere e perdere i sensi... Ed anche terrorizzato, questo è certo.

    Se dopo averlo letto doveste avere un paio di minuti, non esitate a lasciare una recensione, e soprattutto a contattarmi.

    Potrete parlare con me sul mio gruppo Facebook, Elodie’s Cozy Nook, dove condivido estratti in esclusiva e organizzo diversi giveaway. Mi trovate anche su Instagram (@enowodazkij) e Twitter (@ENowodazkij).

    Infine, adoro ricevere le vostre email: authorelodienowodazkij@gmail.com

    Grazie ancora!

    Elodie.

    Questo è per te, Rinette.

    Non aver paura di raggiungere le stelle.

    Non aver paura di essere te stessa.

    PRIMA PARTE

    CAPITOLO 1

    La paura.

    C’è qualcosa nella paura. Qualcosa di intossicante. Il modo in cui ci si crede senza speranze. L’adrenalina e il bisogno e la voglia che rilascia.

    La paura aggiusta ogni cosa sbagliata.

    La paura è potere.

    E per una volta, ho io il potere.

    Non riusciranno mai a salvarle.

    Non riusciranno mai a prendermi.

    Non capiranno mai.

    CAPITOLO 2

    - ERIN -

    ––––––––

    Ecco cosa sappiamo tutti: presto o tardi, questa settimana o la prossima, troveremo il corpo di un’altra ragazza. Ogni anno, una ragazza scompare, ed ogni anno viene trovata morta con l’ala di un angelo incisa sulla guancia.

    Quest’anno non farà la differenza.

    Un’altra ragazza è già scomparsa.

    Rachel Stine, ex capitano delle cheerleader, è uscita da casa sua sabato scorso e da allora nessuno ha sue notizie. Nonostante le ricerche dell’intera città e le suppliche dei suoi genitori e i sensitivi che inondano la città che affermano di sapere dove sia finita, Rachel non è mai stata trovata. Tutti si tengono ancorati alla speranza che sia sana e salva.

    Si è diffusa la voce che sia scappata, che l’assassino non abbia ancora trovato la prossima vittima, che sia ancora a caccia.

    «Forza ragazze, dobbiamo farcela!» Shawna, il nostro acclamato capitano, sembra convincere più sé stessa che noi. Si liscia la gonna e controlla il telefono un’altra volta prima di lasciarselo alle spalle. «Per Rachel!» Questa volta, la sua voce non vacilla. Tiene i capelli scuri infilati in una coda di cavallo, che rimbalza mentre salta per scaldarsi. Il suo sorriso rivela il bagliore bronzeo delle sue guance, ma la sua pelle scura non è così perfetta come nelle foto. Le borse sotto agli occhi sono più pronunciate. Lei e Rachel erano molto amiche, e Shawna sta trattenendo le lacrime da quando siamo entrate allo stadio. Rachel aveva preparato Shawna a diventare il capitano; si allenava con lei e l’aveva presa sotto la sua ala quando Shawna era solo una matricola, mentre Rachel andava già al secondo anno.

    «Forza!» Si pavoneggiò andando avanti.

    Ci mettiamo al solito posto per il primo giro, in attesa che la squadra di football entri in campo.

    I riflettori illuminano l’intero stadio, ma falliscono nel misero tentativo di nascondere la paura che si increspa tra la folla. L’odore di hot dog impregna l’aria, ricordando i tempi felici e spensierati, ma le risate dei bambini non sono più rumorose come sempre. I genitori li tengono sempre d’occhio, non proprio tranquillamente. Se non fosse per il football, la maggior parte di loro sarebbe rimasta a casa. Se non fosse per il football, Gavert City sarebbe una città fantasma per tutto il mese di settembre. Se non fosse per questa partita, saremmo tutti al lago, a fingere che non possa succedere nulla di male mentre dentro moriamo di paura.

    Nonostante la folla sia in adrenalina al solo pensiero di vincere un’altra partita e spaccare ad un altro campionato statale, non si può ignorare il senso di pesantezza che si avverte nell’aria.

    Le persone camminano più velocemente, sussurrano più spesso, si spiano l’un l’altro e si assicurano che le porte siano bloccate. Alcuni pensano di poter giocare a fare gli eroi, organizzando giri di ronda del quartiere e istituendo il coprifuoco.

    Un coprifuoco che nessuno ha mai rispettato.

    Ci sono studenti che organizzano delle feste a tema Sfida il Killer, dopo la scuola. I sabato sera li passiamo a raccontarci storie dell’orrore e bevendo o festeggiando, finché non ci stacchiamo dalla realtà. I sabato sera sono fatti per le spavalderie e per i fanculo la vita. Sono lì per farci credere che vivremo in eterno.

    Ma ogni anno, poche settimane prima dell’incoronamento del Re e la Reginetta del ballo, tutto cambia.

    La paura è quasi palpabile. La paura di perdere qualcuno, o di morire. L’intera comunità resta ferma per settimane, finché non viene trovato un altro corpo.

    La mia migliore amica, Nadia, è in piedi accanto a me e saltella da un piede all’altro. Entrambe siamo troppo alte per stare in cima alla piramide, ma siamo più basse di Kelly e Aliyah, quindi Shawna ci ha messe l’una accanto all’altra per il giro di apertura. Nadia mi guarda e sistema una ciocca di capelli castano scuro nella coda. «Come stai?» Chiede il più silenziosamente possibile.

    «Tutto bene.» Allungo il collo e mi alzo sulle punte, rivolgendo il mio sguardo agli spalti. Mio padre si alza assieme a Caleb, sulla parte anteriore. Mia madre è rimasta a casa questa sera, troppo stanca per uscire e affrontare la folla. Mi sforzo di salutarli, ma il mio gesto è troppo rigido per una cheerleader. I posti attorno a loro sono vuoti. Nessuno vuole essere visto lì accanto.

    Ecco perché il mio cuore si gonfia quando noto i capelli biondi di Audrey alle loro spalle. Sta parlando con Caleb e sorride. Anche se Audrey ed io siamo concorrenti nella stessa gara, è diventata una delle mie amiche più care. Sua madre le proibiva sempre di venire alle partite, ma negli ultimi mesi è stata meno severa. Audrey ci saluta e si sistema a pochi posti di distanza da mio padre e Caleb. Indossa il suo top blu scuro preferito, quello che le risalta gli occhi. Carlos, il ricevitore migliore della squadra, è riuscito a convincerla a venire ad una partita e alla festa che ci sarà dopo. Sembrava più nervoso per il fatto che Audrey fosse lì, e non per la partita in sé.

    Nadia si avvicina a me. Il suo profumo familiare, quello che sua madre le ha regalato quando ha compiuto dodici anni, mi avvolge e mi rilassa. «Stanno arrivando.» La sua voce ha ancora un pizzico di stupore, come quando avevamo cominciato a fare le cheerleader all’inizio.

    I giocatori di football cominciano a fare jogging sul campo e la folla li acclama più forte. Salto su e giù con un lungo sorriso in volto, come il resto della squadra di cheerleader.

    «Forza, Tigers, forza!» Gridiamo, ballando e scuotendo i nostri pon-pon. Eppure, Nadia non salta più così in alto, il mio tifo non è più così forte e l’intera squadra sembra priva di energie.

    Shawna continua ad inclinare la testa di lato, fissando il suo telefono sul prato, cacciando via le lacrime. Da quando Rachel è scomparsa siamo tutti sul filo del rasoio, sperando contro ogni aspettativa che possano trovarla viva.

    La squadra di football indossa una fascia da braccio blu, non nera, perché tutti vogliono credere che la storia di Rachel finirà in modo diverso rispetto a quella delle altre ragazze.

    I miei occhi non si fissano sui giocatori, però. Finiscono dritti sull’assistente tecnico di questa stagione, Dimitri. Sembra in forma come quando era lui il protagonista in campo: la sua camicia blu è stretta sulle sue spalle larghe e i suoi capelli scuri sono spettinati in modo così perfetto che sembra non averci neanche provato, ma la sua espressione è ancor più corrucciata del solito. Lui e Rachel facevano tira e molla da alcuni mesi, prima del suo incidente d’auto. Adesso aiuta i volontari del gruppo di ricerca ogni volta che è libero, e mi ha detto che sta avendo problemi a dormire ultimamente. Una parte di me vorrebbe che mi rivolgesse un’occhiata, così da potergli mostrare un sorriso rassicurante. Ma l’altra parte mi urla di proteggere il mio cuore, perché ha già dimostrato di poterlo rompere facilmente. Siamo solo amici. Niente di più.

    Il coach Miller gli avvolge le spalle con un braccio e gli parla da dietro la mano. Da quando una squadra è riuscita a leggergli interamente il labiale, ha cominciato a prestare attenzione.

    Nadia mi dà uno spintone e mi rivolge una delle sue strizzate d’occhio esagerate, una di quelle che riusciresti a vedere dal fondo dell’auditorium mentre lei sta sul palco. Potrei cascarci al suo entusiasmo, se non fosse per le sue labbra così strette in una linea sottile. «Dovresti fare il tifo per la squadra, non per il mio fratello maggiore.» Solleva leggermente le labbra e sappiamo entrambe che dobbiamo metterci anche la faccia, nel gioco. Le persone hanno bisogno di questo punto di luce nell’oscurità. Il venerdì sera è una tradizione, oltre che l’orgoglio della nostra città nel Texas.

    «Tuo fratello fa parte della squadra,» le faccio una linguaccia, quasi naturale.

    Shawna balla davanti alla squadra e la musica si diffonde attraverso gli altoparlanti per il nostro secondo giro.

    Il coach Miller percorre il campo a testa alta con pochi passi, mirati verso il centro. Col microfono in mano, si schiarisce la voce. Il suo tono, solitamente così forte, si spezza. «Entrambe le squadre parteciperanno al gruppo di ricerca per Rachel, organizzato per domani mattina alle dieci. Spero che possiate unirvi a noi. Ci incontreremo al municipio. Potremmo essere rivali stasera, ma siamo tutti uniti nelle nostre preghiere per ritrovare Rachel viva. Che Dio vi benedica!»

    Il silenzio sugli spalti è lugubre. L’intera folla trattiene il fiato.

    La voce rimbombante dell’annunciatore risuona nell’aria. «Signore e signori, in piedi per il nostro inno nazionale. Sarà cantato stasera dalla giovane Tessa Gardner.»

    Tessa avanza sulla linea delle cinquanta yard con gli occhi incollati per terra. Tutti si alzano e la signora Gardner resta in piedi accanto ai genitori di Rachel, in seconda fila. Si asciuga le lacrime e indossa una maglietta che ha fatto quando la sorella di Tessa è scomparsa cinque anni fa: una foto di Melanie con le parole "L’hai vista?" e il numero 1800TROVATEMELLIE.

    Il corpo di Melanie non fu mai trovato. La polizia crede che sia morta, convinti che l’Angelo l’abbia presa. Credevano fosse la sua terza vittima.

    Tessa avanza lungo la linea, e la sua voce cristallina che canta "The Star-Spangled Banner" risuona per tutto il campo e scava a fondo nei nostri cuori. La mano di Nadia trova la mia ed io afferro quella di Shawna. L’intera squadra di cheerleader si raduna e si unisce.

    Alla fine della canzone, qualcosa cambia. Una volta cominciata la partita, le persone si concentrano sulla palla, sulla vittoria e su tutto ciò che non riguarda la sensazione di impotenza nel non poter cambiare il corso degli eventi.

    Il mio corpo rabbrividisce, nonostante la tiepida serata di settembre. La mia pelle formicola come se qualcuno mi stesse guardando. Scaccio via la sensazione di disagio. Alle partite di football sono i giocatori a catturare tutte le attenzioni, ma anche le cheerleader hanno le loro.

    «Touchdown!» Urla Nadia, e torniamo in posizione.

    Per tutta la durata della partita, cerchiamo di portare gioia e sorrisi in città, anche solo per un breve istante.

    Il sudore mi scorre lungo il collo e fino alle spalle. Avevamo bisogno di questa vittoria e ce l’abbiamo fatta, e speravamo che il nostro tifo avesse qualcosa a che fare con questo.

    «Bel lavoro, ragazze!» Dice Shawna mentre controlla di nuovo il telefono. «Siete state fantastiche. Non dimenticate che dobbiamo allenarci domenica e molto presto quasi tutte le mattine, la prossima settimana. Dobbiamo essere in forma per l’homecoming.»

    Non aspetta una risposta, affrettandosi verso lo spogliatoio.

    Nadia si asciuga la fronte e mi porge una bottiglietta d’acqua. La sua tenuta da cheerleader rossa e bianca aderisce sulla sua pelle come la mia. Si accarezza il viso con una mano. Ha le guance arrossate e i suoi occhi castano chiaro vanno verso le gradinate. «È stata una partita strana. I giocatori hanno dato il massimo, ed anche noi, ma non potevo fare a meno di guardare i genitori di Rachel e chiedermi come si sentissero a stare lì.» Si mordicchia il labbro inferiore in tipico stile Nadia. Sua madre aveva cercato di farla smettere, ma era il suo meccanismo di copertura per tutte le volte in cui si sentiva ansiosa o preoccupata.

    «Ogni volta che suonava un telefono, pensavo che qualcuno l’avesse trovata. Non riesco ad immaginare come possano sentirsi.» Prendo un altro sorso d’acqua.

    Nadia inclina il mento a destra. «Sta arrivando il tuo fan club,» e le farfalle nel mio stomaco fanno un miliardo di giri. Ma non si tratta di Dimitri.

    Il mio fratellino, Caleb, si precipita verso me. I suoi sporchi capelli biondi, simili a quelli di mio padre, si attaccano in tutte le direzioni ed ha una grossa macchia di qualcosa che gli è schizzato addosso sulla maglietta di Superman. Probabilmente gelato al cioccolato, se è riuscito a convincere mio padre a comprarglielo. Si getta tra le mie braccia ed io indietreggio, ma lo prendo, facendolo girare. Sta ridacchiando e mi supplica di andare sempre più forte.

    Invece rallento, quando mio padre si avvicina. Le sue mani sono serrate a pugno lungo il fianco, e faccio fatica a respirare a fondo, lottando per mantenere un sorriso in volto e per non afferrare la mano di Caleb per scappare a casa senza preoccuparmi di mio padre. «Hai detto a papà che stavi venendo a trovarmi?» Sussurro mentre Caleb abbraccia Nadia. Adora passare il suo tempo con lei, non solo perché è un sacco paziente, ma anche perché ha sempre qualche progetto per lui. Domenica scorsa hanno realizzato delle macchinine con una busta di latte e un pallone.

    «Sì.» Il suo tono è sulla difensiva, ma i suoi occhi blu cielo si allargano leggermente mentre pensa. «F-F-Forse l’ho fatto.» La sua balbuzie è migliorata molto nell’ultimo anno, ma riappare ancora quando è un po’ ansioso. Come la sua asma. Ecco perché tengo sempre un inalatore nella borsa.

    Prendo la sua mano tra le mie. «Va bene.»

    Mio padre si ferma di fronte a noi. Le pieghe dei suoi pantaloni beige mi fanno venire un brivido di disagio lungo la schiena. Ha sempre stirato i suoi vestiti, ed ha i capelli leggermente più lunghi, mentre prima li tagliava ogni due settimane. I suoi vecchi studenti potranno anche non notare la differenza tra questo outfit e quello che portava a lezione tutti i giorni, ma è un chiaro segno di quanto stia cadendo verso il basso. Da quando la scuola lo ha messo in congedo amministrativo, è difficile capire quando sia di buon umore e quando ce l’abbia col mondo intero.

    I suoi occhi blu-verdi, così simili ai miei, brillano di rabbia ma sembra contenersi. «Porto Caleb a casa,» mi dice senza rivolgermi un’occhiata, guardando Nadia invece. «Bel lavoro oggi, Nadia.» Il tono di mio padre è caldo, in contrasto con il suo sorriso finto. Mi trattengo dal sollevare un sopracciglio, perché è molto più freddo a casa di quanto non fosse a scuola. Per tutti, era un insegnante di gran successo, e per molti dei suoi studenti lo è ancora. I loro genitori invece sono molto più cauti. Gli dicevano spesso quanto credessero nella sua innocenza, quanto fosse meraviglioso, ma da quando Rachel è scomparsa, sempre più persone attraversano dall’altro lato della strada quando gli veniamo incontro. Rachel è la quarta studentessa scomparsa ad avere mio padre come insegnante. È la nona ragazza a scomparire in tutta Gavert City. Lo sceriffo iniziò a preoccuparsi davvero di mio padre quando Melanie non tornò più a casa cinque anni prima, eppure Melanie non frequentava ancora il liceo allora, e il suo corpo non fu mai ritrovato. Ecco perché molti rifiutavano quell’idea a quei tempi, dal momento che lo sceriffo era stato troppo zelante. Col tempo però, il comportamento dello sceriffo è peggiorato, e negli ultimi tre anni non ha nascosto il fatto che considera mio padre il principale sospettato degli omicidi. Mio padre crede che lo sceriffo abbia qualcosa contro di lui, e forse ha ragione.

    «Grazie, signor Hortz.» Nadia mi tocca l’avambraccio. «Ascolta, devo andare a prepararmi. Liam mi sta aspettando nel parcheggio. Ci vediamo stasera, no?»

    Mio padre si schiarisce la gola, come faceva prima di entrare in classe. «Erin potrebbe non venire stasera.»

    Mi lamento interiormente.

    «Perché?» Chiedo, mantenendo un tono più calmo possibile. Il venerdì sera al lago era tradizione, ma con il killer a piede libero, i venerdì sera di settembre si spostavano in una delle case dei giocatori di football. Stasera è a casa del quarterback.

    «Perché tua madre si preoccuperebbe troppo.» Inclina le labbra in segno di vittoria. Sa benissimo che non farei mai qualcosa che possa preoccupare mia madre.

    «Va bene. Lascia che prenda le mie cose. Sarò a casa presto.» Abbasso le spalle leggermente. Non voglio che Caleb capisca quanto sono delusa. È già difficile affrontare i bulli a scuola, quando dicono che suo padre è un serial killer. Anche se non hanno alcuna prova.

    Anche se papà non è stato mai arrestato.

    Anche se Caleb non c’entra nulla con tutto questo.

    Stringo i denti, ma non basta ad impedire alla rabbia di diffondersi. Caleb si è addormentato piangendo ieri sera.

    «Bene.» Mio padre afferra la mano di Caleb e lo trascina verso il parcheggio. Lui non protesta nemmeno.

    «Bene,» borbotto, e la rabbia si trasforma in tristezza. Caleb ha sempre cercato di fare il bravo e di seguire le loro regole, per rendere felici i nostri genitori, e loro neanche lo vedono.

    Nadia sospira e mi circonda le spalle con un braccio. «Tuo padre è... In uno dei suoi momenti.» Nadia e Dimitri sono gli unici amici che sanno come può diventare mio padre a volte. «Posso rimandare l’appuntamento con Liam e vederlo più tardi, se ti va di prendere un gelato mentre torni a casa. Magari farebbe piacere anche a tua madre.»

    Le colpisco un fianco col mio, per farle capire che va tutto bene, anche se so che non se la berrà mai. «Va bene così. Ho comunque bisogno di una bella notte di riposo. Devo allenarmi per il concorso e Jenna è stata più pungente del solito. Non ha indossato il suo anello di fidanzamento, quindi credo che sia successo qualcosa col suo ragazzo.»

    «Quello che ha sputtanato all’ultimo spettacolo?»

    «Proprio lui,» annuisco.

    «Non le farà bene così.»

    «E neanche a tutti noi. Sta sfogando la sua rabbia su tutti.»

    Nadia sussulta. «Questo vuol dire che, se venissi a vederti al concorso Regina di Cuori, potrei sentirmi dire ancora una volta che devo assolutamente entrare in una compagnia teatrale, perché la mia faccia e il mio corpo non sono adatti al grande schermo?»

    «Hai talento e sei stupenda. Potrei dirtelo tutto il giorno.» Getto un pon-pon nell’aria. «N-A-D-I-A.»

    Lei poggia una mano sul braccio. «L’ho capito, pensi che sia fantastica.» Ride, e la piccola piega tra le sue sopracciglia scompare.

    «Anche a Jenna mancano i suoi giorni al teatro. Una volta mi raccontò di quanto si divertisse a stare sul palco.» Mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Da quando ha smesso di indossare l’anello, è andata peggiorando. Ha fatto piangere una bambina di sei anni perché non riusciva a ricordare la sua piccola parte.»

    «Che cattiveria.»

    «Esatto. Quanto vorrei farle trovare un altro sbocco per la sua rabbia.» Sospiro rumorosamente, vedendo Caleb in lontananza correre assieme al suo migliore amico, Julian. Forse mio padre si era sciolto un po’. «Proverò a venire al gruppo di ricerca domani.»

    «Anch’io,» risponde Nadia. Restiamo entrambe in silenzio per qualche secondo, perse nei nostri pensieri. Un altro giorno, un’altra ricerca, e Rachel ancora non si trova. Le auto si allontanano dal parcheggio, dirette verso la festa.

    Spingo Nadia. «Dovresti andare, o Liam si preoccuperà.»

    Questa volta, le sue labbra si aprono in un sorriso da giovane innamorata. Liam e Nadia escono assieme dal nostro primo anno, e hanno vinto il premio per la coppia più simpatica per due anni di fila. Lei mi rivolge un rapido abbraccio. «Ti chiamo più tardi!» Dice da dietro le spalle, mentre corre verso il parcheggio.

    Mi affretto verso gli spogliatoi. Tutte le cheerleader se ne sono andate, sia per andare alla festa che per restare a casa e rassicurare i propri genitori.

    La squadra di football sta festeggiando dall’altra parte dello stadio, probabilmente pensando già alla prossima partita. Il taccuino di Dimitri sarà pieno di scarabocchi. Tiro fuori il telefono e il calore si diffonde dalla punta dei miei ricci fino alle dita dei piedi.

    Piccoletta, ho notato che la tua auto perde olio nel parcheggio. Perché non la porti in garage? Te la sistemo io.

    Rispondo subito. "Grazie! Ci vediamo domenica per la nostra corsa?"

    Da quando il fisioterapista gli ha detto che può tornare ad allenarsi, Dimitri è deciso a rimettersi nella sua forma migliore.

    Un delizioso formicolio mi scorre lungo la schiena, pensando a lui che corre di nuovo senza maglietta. È decisamente nella sua forma migliore, adesso.

    Sciolgo la coda e mi passo le dita tra i capelli.

    Una porta si chiude in lontananza e il cuore mi salta in gola. Il silenzio nello spogliatoio mi blocca il petto, e i miei occhi guizzano da destra a sinistra. «Non fare la stupida, va tutto bene,» mi dico ad alta voce anche se non riesco a respirare a fondo. «Saranno i giocatori di football che vanno via.»

    Afferro la borsa ed esito tra l’uscita di emergenza e l’uscita principale, un po’ più in là. Il sangue mi martella nelle vene e sono tentata di correre verso l’uscita di emergenza, il che è ridicolo. Nessuno mi aspetterà dall’altro lato.

    I passi risuonano ed io accelero.

    Ma i passi si avvicinano.

    C’è qualcuno.

    Qualcuno alle mie spalle.

    Una mano si allunga e mi tocca il braccio.

    Una serie di brividi di percorre la schiena, su e giù, ed urlo.

    CAPITOLO 3

    - DIMITRI -

    ––––––––

    Il campo di football sembra quasi più piccolo. Quando il coach Miller mi ha chiamato per chiedere se mi andasse di fare il volontario come suo assistente

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