Il giro del mondo in 80 giorni
By Jules Verne
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...Jules Verne (Giulio Verne)
Il giro del mondo in 80 giorni
è un romanzo coinvolgente, piacevole e divertente. La scelta di creare un personaggio così estremo nei suoi comportamenti, tanto da rischiare di essere additato come ossessivo, e di buttarlo in un’avventura che per sua natura è soggetta ai più vari imprevisti, è stata secondo me una scelta perfetta. Affascinato dalla tecnologia e dalle innovazioni, Verne non manca di inserirle tutte in questo racconto permettendo a noi, abitanti ipertecnologici del XXI secolo, di fare un salto indietro nel tempo, in un’epoca nella quale l’aereo non era altro che una fantastica ed incredibile macchina volante del futuro.
Il successo straordinario dell’opera è tuttavia da ascrivere alla lettura “euforica”. Tra i 100 migliori libri di sempre.
Scoprite quanto piacere può darvi leggere o rileggere questo testo dopo tanti anni: Solo ora in età adulta lo apprezzerete in ogni pagina...
Jules Verne
Victor Marie Hugo (1802–1885) was a French poet, novelist, and dramatist of the Romantic movement and is considered one of the greatest French writers. Hugo’s best-known works are the novels Les Misérables, 1862, and The Hunchbak of Notre-Dame, 1831, both of which have had several adaptations for stage and screen.
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Il giro del mondo in 80 giorni - Jules Verne
Jules Verne
IL GIRO del MONDO
in 80 GIORNI
Table Of Contents
Capitolo primo 4
Capitolo due 13
Capitolo terzo 25
Capitolo quarto 40
Capitolo quinto 64
Capitolo sesto 86
Capitolo settimo 101
Capitolo ottavo 125
Capitolo nono 154
Capitolo decimo 168
Biografia dell’ autore 172
BORELLI EDITORE
Capitolo primo
Nel 1872 la casa contraddistinta col numero sette in Saville-row, Burlington Garden, casa nella quale Sheridan mori nel 1814, era abitata da Phileas Fogg esquire, uno dei membri più singolari e notevoli del Reform Club di Londra, benché egli non sembrasse prendersi cura di fare nulla che potesse attirare l'attenzione.
In uno dei più grandi oratori che onorano l'Inghilterra, succedeva dunque Phileas Fogg, personaggio enigmatico di cui non si sapeva altro che era un galantuomo ed anche uno dei più bei gentlemen dell'alta società inglese. Affermavano che assomigliava a Byron, solo nella testa perché in quanto a piedi era irreprensibile, un Byron coi baffi e le basette, un Byron impassibile che avrebbe vissuto mille anni senza invecchiare.
Britannico al cento per cento Phileas Fogg non era forse però londinese. Non lo si aveva mai notato né alla Borsa, né alla Banca, né in nessun ufficio della City, né i bacini e i docks di Londra avevano mai accolto navigli di cui Phileas Fogg fosse armatore. Il gentleman non faceva parte di alcun consiglio d'amministrazione.
Il suo nominativo non era mai stato menzionato in un collegio d'avvocati, né al Temple, né al Lincoln o al Gray’s inn. Mai aveva pronunciato perorazioni alla Corte del Cancelliere, né al Banco della Regina, non allo scacchiere o alla Corte ecclesiastica. Non era né industriale né negoziante, né mercante, né agricoltore. Non faceva parte dell'Istituto Reale della Gran Bretagna, né dell'Istituzione di Londra, né dell'Istituto degli Artigiani, non dell'Istituto Russell o di quello letterario dell'Ovest, non dell'Istituzione di diritto e nemmeno dell'Istituto delle Arti e delle Scienze riunite, posto sotto l'alto diretto patronato di Sua graziosa Maestà. Infine non apparteneva a nessuna delle tante società che pullulano nella capitale inglese; dalla Società dell'Armonica alla Società Entomologica fondata col preciso scopo di distruggere gli insetti nocivi.
Phileas Fogg era membro del Reform Club: ecco tutto. A chi si stupisse che un tal misterioso gentiluomo facesse parte dei membri di questa onorevole associazione risponderemo che egli vi era stato ammesso dietro raccomandazione dei Fratelli Baring presso i quali aveva un credito aperto la cui area gli era favorevole, dato che i suoi assegni erano sempre regolarmente pagati a vista e il suo conto corrente invariabilmente coperto.
Viveva da ricco Phileas Fogg? Indubbiamente. Ma come aveva fatto fortuna anche i meglio informati non potevano dirlo e Mr. Fogg era proprio l'ultimo a cui si sarebbe potuto chiederlo per saperlo. In ogni caso non era prodigo, ma non avaro, perché, in ogni occasione che abbisognasse di un aiuto per qualcosa di utile o generoso, egli lo offriva anonimamente e in silenzio. Insomma nulla di meno comunicativo di lui. Parlava il meno possibile e appariva tanto più misterioso di quanto fosse silenzioso. Benché la sua vita si svolgesse in pieno giorno, quello che faceva era cosi matematicamente sempre la medesima cosa che l'immaginazione insoddisfatta cercava qualcosa di più.
Aveva viaggiato? Probabilmente sì perché nessuno possedeva meglio di lui la carta del mondo. Non c'era luogo, per quanto nascosto, di cui egli non sembrasse avere una speciale conoscenza.
Qualche volta in poche e concise parole rettificava i numerosi pareri circolanti al Club circa viaggiatori sperduti; puntualizzava le diverse probabilità di ritrovarli e le sue parole erano come ispirate da una seconda vista tanto gli eventi finivano per giustificarle. Quell'uomo doveva, se non altro con la fantasia, aver viaggiato dappertutto!
Quanto era certo, tuttavia, è che Phileas Fogg da lunghi anni non aveva lasciato Londra. Quelli che avevano l'onore di conoscerlo un po' di più degli altri dichiaravano che, se non sulla strada diretta che percorreva ogni giorno da casa sua al Club, nessuno poteva affermare di averlo mai visto altrove. Il di lui solo passatempo era di leggere i giornali e di giocare a carte whist! A questo gioco silenzioso, cosi consono alla sua natura, vinceva spesso, ma i suoi guadagni non entravano mai nella sua borsa, ma figuravano per una somma importante nel suo bilancio delle donazioni. D'altronde, bisogna affermare che, Mr. Fogg giocava evidentemente per giocare, non per il profitto. Per lui il gioco era un combattimento, una comoda lotta senza faticosi spostamenti, cosa adatta per il suo essere.
Nessuno sapeva se avesse moglie o figli, né parenti né amici, il che veramente è più raro. Phileas Fogg viveva solo nella sua casa di Saville-row dove nessuno entrava mai. Dell'interno di essa non si parlava. Un solo domestico bastava a servirlo. Facendo colazione e pranzando al club ad ore determinate cronometricamente, nella medesima sala, alla medesima tavola, non trattando coi colleghi, né invitando ospiti, egli non rientrava a casa che per coricarsi a mezzanotte precisa, non godendo mai delle belle confortevoli camere che il Reform Club teneva a disposizione dei soci del circolo. Su ventiquattro ore, dieci le passava al suo domicilio sia che dormisse sia che si occupasse della sua toilette. Se passeggiava, era con passo misurato e invariabile nell'anticamera pavimentata in piastrelle o su nella galleria circolare sopra la quale s'incurvava una volta di azzurre vetrate poggiante su colonnine ioniche in porfido rosso. Se cenava o faceva colazione erano le cucine, le dispense e la latteria del club che fornivano alla sua tavola le loro succulente riserve, erano i domestici del club, gravi personaggi calzati di pantofole dalla suola di feltro, che lo servivano con porcellane rare su una preziosa tovaglia di Sassonia; bicchieri di cristallo molato contenevano il suo sherry, il suo porto e il suo chiaretto odorante di cannella ed altre droghe; era infine il ghiaccio che il club faceva giungere con grandi spese dai laghi dell'America che manteneva alle sue bibite una deliziosa soddisfacente freschezza. Se vivere così è essere eccentrico, conveniamo che l'eccentricità ha del buono!
Senza essere sontuosa la casa di Saville-row poteva essere considerata più che confortevole benché, per le abitudini metodiche e sempre uguali del suo locatario fosse necessario ben poco servizio. Phileas Fogg però esigeva dall'unico domestico una puntualità e una regolarità straordinarie. Quel giorno, il due ottobre, egli aveva licenziato James Foster colpevole di avergli portato l'acqua per la barba a ottantaquattro gradi Fahrenheit invece che a ottantasei, ed ora attendeva il subentrante che doveva presentarsi tra le undici e le undici e mezza.
Phileas Fogg, rigidamente seduto sulla poltrona, piedi uniti come quelli di un soldato sull'attenti, mani sulle ginocchia, corpo eretto, testa alta, guardava camminare la sfera della pendola, il complicato apparecchio che indicava le ore, i minuti, i secondi, i giorni, i mesi e l'anno. Alle undici e mezza come sua abitudine egli avrebbe lasciato la casa per andare al Reform Club.
In quel istante bussarono alla porta del salottino dove stava Mr. Fogg. James Foster, il congedato, apparve dicendo: Il nuovo domestico
.
Un giovane di apparente età, una trentina d'anni entrò e salutò.
Siete francese e vi chiamate John?
gli domandò Phileas Fogg.
Jean se non le dispiace, signore
rispose il nuovo venuto "Jean Passepartout, un soprannome che mi è restato per dimostrare la mia attitudine naturale a sapermi arrangiare in ogni impaccio. Io credo di essere un ragazzo onesto ma per essere sincero le dirò che ho fatto parecchi mestieri. Sono stato cantore ambulante, cavallerizzo in un circo dove facevo anche dei volteggi e ballavo sulla corda come i grandi acrobati.
Successivamente per rendere utili le mie cognizioni ho fatto il professore di ginnastica, sono stato poi sergente dei pompieri a Parigi ed ho al mio attivo più di un incendio di grande dimensione e pericolo. Ho lasciato la Francia da cinque anni e desiderando godere di una vita di famiglia faccio il cameriere in Inghilterra. Adesso sono senza posto e avendo saputo che Mr. Fogg è l'uomo più esatto e più sedentario del Regno Unito mi presento in casa del signore con la speranza di vivervi tranquillo dimenticando perfino quel nomignolo di Passepartout..."
Passepartout mi conviene
rispose il gentleman. Voi mi siete stato raccomandato con buone informazioni, sapete le mie condizioni?
Si, signore
.
Bene, che ora fate?
Undici e ventidue
rispose Passepartout estraendo dal profondo taschino del panciotto un enorme cipollone d'argento.
Siete indietro
disse Mr. Fogg.
Scusi, signore, è impossibile
.
Siete indietro di quattro minuti ma non importa, basta tener conto della differenza. Dunque, partendo da questo momento, ore undici e ventinove del mattino di mercoledì due ottobre 1872, voi siete al mio servizio
. Detto questo Phileas Fogg si alzò, prese con la mano sinistra il suo cappello, se lo piazzò sul capo come da sua abitudine e se ne andò senza aggiungere parola.
Passepartout sentì la porta di strada chiudersi una prima volta: era il suo nuovo padrone che usciva, poi una seconda volta: era il suo predecessore James Foster che se ne andava. Passepartout restò solo nella casa di Saville-row.
In fede mia
si disse Passepartout, un po' sbalordito sul principio ho conosciuto da Madam Tussaud dei fantocci altrettanto vivi che il mio nuovo padrone!
Conviene dire qui che i pupazzi di Madama Tussaud sono delle figure di cera, molto visitate a Londra e alle quali non manca veramente che la parola.
Nello spazio di pochi istanti in cui aveva intravisto Phileas Fogg, Passepartout aveva rapidamente e accuratamente studiato il suo futuro padrone. …Un uomo che poteva avere quarant'anni, di aspetto nobile e bello, alto di statura, con una leggera pinguedine che non guastava, biondi i capelli e la fronte liscia senza rughe alle tempie, viso più pallido che colorito, denti magnifici. Egli sembrava possedere nel più alto grado quello che i fisonomisti chiamano, il riposo nell'azione, facoltà comune a quelli che fanno più lavoro che rumore. Calmo, flemmatico, l'occhio puro, la palpebra immobile, era il tipo perfetto di quegli Inglesi a sangue freddo che si incontrano abbastanza frequentemente nel Regno Unito la cui attitudine un po' accademica è stata meravigliosamente resa dal pennello di Angelica Kaufmann. Visto negli atti diversi della sua vita, quel gentleman dava l'idea di un essere equilibrato in tutte le sue parti, giustamente ponderato e perfetto quanto un cronometro di Leroy o di Earnshaw. Infatti, Phileas Fogg era l'esattezza personificata, il che si vedeva chiaramente, dall'espressione dei suoi piedi e delle sue mani, poiché tanto nell'uomo come negli animali le membra stesse sono gli organi espressivi delle passioni.
Phileas Fogg era una di quelle persone matematicamente esatte, mai frettolose e sempre pronte che sono econome di passi e movimenti. Non faceva un passo di troppo, prendendo sempre per la via più breve. Non sciupava uno sguardo a fissare il soffitto. Non si permetteva alcun gesto superfluo. Non lo si era mai visto commosso o turbato. Era l'uomo meno frettoloso del mondo, ma arrivava sempre in tempo. Tuttavia si potrà comprendere che egli vivesse solo e, per così dire, lontano da ogni relazione sociale. Sapeva che nella vita si devono subire degli attriti, e siccome questi causano ritardo, egli non si legava mai a nessuno.
In quanto a Jean detto Passepartout, un vero parigino di Parigi, da cinque anni che risiedeva in Inghilterra, facendo il cameriere a Londra, non aveva trovato ancora un padrone al quale potersi affezionare.
Passepartout non era un tipo di quelli che, alti di spalle e naso al vento, sguardo impavido ed occhio asciutto non sono che degli impudenti bricconi. No. Passepartout era un bravo ragazzo dall'amabile fisionomia, dalle labbra un po' sporgenti sempre pronte a gustare o a baciare, un essere dolce e servizievole con una di quelle buone teste tonde che amiamo vedere sulle spalle di un amico.
Aveva gli occhi azzurri, la carnagione vivace, le fattezze abbastanza grasse da poter vedersi i pomelli delle sue guance, petto largo, figura forte, muscolatura vigorosa, forza poderosa che gli esercizi della giovinezza avevano mirabilmente sviluppata. I suoi capelli bruni erano un po' arruffati. Mentre gli scultori sapevano arrangiare la capigliatura di Minerva in diciotto modi, Passepartout non ne sapeva che uno per riordinare la sua: tre colpi di pettine ed era pettinato.
Dire se il carattere espansivo del giovanotto si sarebbe accordato con quello di Phileas Fogg è ciò che la più elementare prudenza non permette. Sarebbe Passepartout il domestico fondamentalmente esatto che abbisognava al suo padrone? Non lo si vedrà che in prosieguo.
Dopo aver avuto una giovinezza vagabonda, egli aspirava al riposo. Avendo sentito vantare il metodismo inglese e la freddezza proverbiale dei gentlemen, era venuto a cercar fortuna in Inghilterra. Ma, fino allora, la sorte non l'aveva favorito. Non aveva potuto mettere le radici in nessun luogo. Aveva servito in dieci case. In tutte erano fantastici, diseguali avventurieri o girovaghi, il che non poteva convenire a Passepartout. Il suo ultimo padrone, il giovane Lord Longsferry, membro del Parlamento, dopo aver passato la notte nelle Oyster-rooms
di Hay-Market, rientrava troppo spesso a casa sulle spalle del poliziotto di servizio. Passepartout, che voleva principalmente poter rispettare il suo padrone, aveva arrischiato qualche rispettosa osservazione che fu male accolta e condusse a una rottura. Venne a sapere in quel momento che Phileas Fogg esq. Cercava un domestico. Prese informazioni su quel gentleman e, avendo saputo che la sua vita era così regolare, che non dormiva mai fuori casa, non viaggiava, non si assentava mai neppure un giorno, pensò che gli convenisse; si presentò e fu assunto nelle circostanze che sappiamo.
Passepartout, alle undici e mezza suonate, era dunque solo nella casa di Saville-row. Subito ne cominciò l'ispezione percorrendola dalla cantina al granaio. Quella casa pulita, severa e puritana gli piacque; gli sembrava un bel guscio di lumaca, ma un guscio rischiarato e riscaldato a gas poiché l'idrogeno carburato vi sopperiva ai bisogni di luce e di calore. Passepartout trovò facilmente al secondo piano la