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Gli Elementali 1: Insieme verso la libertà
Gli Elementali 1: Insieme verso la libertà
Gli Elementali 1: Insieme verso la libertà
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Gli Elementali 1: Insieme verso la libertà

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About this ebook

Peter vive a Forest Glade ormai da nove anni quando comincia a fare strani sogni in cui compare una ragazza molto simile alla sua migliore amica, talmente bella e felice che lui comincia a chiamarla dea. Nella vita reale Angelica sembra sfuggirgli e man mano che i suoi comportamenti si fanno più bizzarri, capisce che gli sta nascondendo qualcosa. Quando poi all’improvviso Peter viene attaccato da alcune creature simili agli uccelli, i due scoprono che le loro menti sono in qualche modo collegate e l’amica, per evitare di metterlo in pericolo, scappa.
Peter è sempre più confuso, finché un giorno scopre che una bellissima ragazza di nome Lucy è stata mandata dall’amica per seguirlo e proteggerlo. Lucy riesce a penetrare là dove nessuna è mai riuscita ad arrivare, dandogli completa fiducia e curandolo dalle ferite inferte da Angelica. Tramite lei, Peter scopre un lato del bosco che non conosceva, popolato da creature affascinanti che secondo i miti avrebbero il nome di Elementali, esseri in grado di controllare i quattro elementi.
Tra elfi, demoni, silfi, salamandre e ninfe, il bosco svela la sua natura dinanzi ai suoi occhi stupefatti. E se anche un umano fosse in grado di controllare un elemento?
In un clima di tensione sempre più prossimo alla guerra, Peter dovrà allenarsi e imparare ad essere più forte, anche a costo di rischiare la vita... e di innamorarsi follemente.

Trilogia fantasy de "Gli Elementali":
1) Insieme verso la libertà
2) La spada degli elfi
3) L'amore non si arrende
La trilogia è conclusa e disponibile alla vendita sia in ebook che in cartaceo.
LanguageItaliano
Release dateMay 6, 2018
ISBN9788828319917
Gli Elementali 1: Insieme verso la libertà

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    Gli Elementali 1 - Jessica Maccario

    JESSICA MACCARIO

    Insieme verso la libertà

    Fantasy

    Primo libro della saga

    Gli Elementali

    Copyright © II edizione, aprile 2018 by Jessica Maccario

    Sito: http://jessicamaccario.wix.com/jessicamaccariobooks

    © Copertina a cura di Elisabetta Baldan

    Sito: https://www.facebook.com/ElisabettaBaldanDigitalArt

    Modella: lisajen-stock.deviantart.com

    Tutti i diritti sono riservati, incluse la riproduzione e la traduzione di parti o dell’intero testo, in ogni forma.

    Questa è un’opera di fantasia. Tutti i personaggi e gli avvenimenti descritti in questo romanzo sono il frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio.

    Alla mia amica Debo e al mio amore Fra

    Senza le nostre discussioni eterne

    questo libro non sarebbe lo stesso.

    Grazie del vostro aiuto!

    PROLOGO

    13 marzo

    Peter si alzò in piedi guardando con disappunto in lontananza. Da giorni provava una sensazione di vuoto dentro di sé, cercava inutilmente una risposta alla permalosità e scontrosità dei suoi gesti. Si era accorto che Angelica lo fissava di sottecchi durante le lezioni di matematica, mentre il professore accigliato batteva sulla lavagna aspettando una risposta, ma non sapeva spiegarle cos’avesse. Se ne stava chino sul banco a disegnare, proprio lui che a malapena era in grado di creare un omino striminzito; riportava sulla carta immagini oscure e prive di senso che ogni notte si presentavano dentro la sua testa. Tante volte aveva dovuto tenere sotto controllo il desiderio di parlargliene, per non sentirsi uno stupido.

    Angelica era la sua migliore amica. Su molti aspetti non avrebbero potuto essere più diversi: lei amava l’avventura e le storie di terrore, lui era da sempre un ragazzo romantico convinto che la più grande fonte di felicità fosse l’amore, al punto che si faceva grandi storie mentali che poi, purtroppo, non riusciva a concretizzare a causa della sua timidezza. Angelica era molto meno sdolcinata e, dopo una serie di storie finite male, sembrava intenzionata a non voler dare più fiducia ai ragazzi. Peter si stupiva ogni volta che pensava a quanto fossero legati nonostante lui fosse tranquillo e riservato e lei così spensierata e vivace. Se l’amica non credeva all’amore, dava invece una grandissima importanza all’amicizia. Perché Peter, da quando lei era rimasta orfana e viveva con la nonna, rappresentava l’unico vero legame stabile che aveva.

    Neanche a dirlo, al contrario lui viveva in un’enorme villa con la famiglia più numerosa che Angelica avesse mai conosciuto, lamentandosi continuamente di desiderare un po’ di privacy in camera sua. L’amica aveva a disposizione non soltanto una stanza e un bagno privati, persino uno studio con un computer tutto suo, dove vedeva film a non finire. Lì dava sfogo alla sua passione per il sovrannaturale, che Peter proprio non comprendeva. Gli toccava sempre ascoltare storie di vampiri e alieni a cui non voleva dare alcuna importanza.

    Il sole era ormai sceso dietro le montagne e la pelle scoperta di Peter era infreddolita, ma lui ancora stentava a muoversi. Continuava con ostinazione a soffermarsi sui sogni spaventosi che da qualche settimana lo perseguitavano. Non aveva mai creduto ai presagi, eppure questa volta una parte di lui lo spingeva a pensare che potessero avere un significato nascosto. Poteva ben immaginare il sorriso ironico che sarebbe comparso sullo splendido viso dell’amica.

    Dovresti cominciare a leggere qualche storia di fantasma così ti spaventeresti davvero avrebbe scherzato lei.

    Niente lo atterriva quanto il pensiero che nel mondo potesse davvero esistere una creatura diversa dall’uomo. Aveva letto di robot, personaggi extraterrestri, mostri, animali giganti, fantasmi, vampiri e di tutti gli altri esseri più ignobili e malvagi inventati dalla mente umana, ma non credeva nell’esistenza di nessuno di questi. Ammetterne l’esistenza sarebbe stato un trionfo per l’amica: nonostante il profondo legame che li univa, esisteva da sempre una sorta di competizione fra loro, nessuno dei due cedeva con facilità alle teorie dell’altro.

    Peter si sedette per terra, nonostante le panchine distassero soltanto un paio di metri dalla sua postazione. Guardava verso l’orizzonte, fermo nei suoi pensieri. Adorava stare seduto da solo a riflettere, questa volta però una morsa di terrore gli stringeva lo stomaco. Non era ancora pronto a cercare una qualche verità in quegli improvvisi sogni, che lui riteneva simili alle visioni degli indovini.

    In quelle immagini che si erano fatte man mano più nitide, vedeva un uomo rivolto di schiena camminare in mezzo a una radura. All’improvviso appariva qualcuno dall’alto, lo afferrava per le spalle e lo trascinava via con sé; lui non si arrendeva e combatteva disperatamente per liberarsi, tirando pugni a quegli esseri spregevoli. Peter non capiva cosa fossero, l’immagine era sfocata e riusciva a concentrarsi soltanto sull’uomo che urlava. Il sogno si concludeva sempre allo stesso modo, con la sua uccisione. Qualche volta c’erano delle varianti dove l’uomo veniva trafitto da degli artigli, ucciso sul colpo o squarciato vivo, e il suo corpo presentava sempre delle profonde ferite.

    Più volte si era svegliato madido di sudore, domandandosi chi fosse e perché avesse quegli incubi.

    Il tramonto era ormai giunto al termine e le solite nubi grigie che caratterizzavano Forest Glade erano comparse sopra di lui. Sapeva di doversi alzare perché era ora di cena, ma non riusciva a staccare gli occhi dalle montagne in lontananza; quelle stesse alture che vedeva da quasi dieci anni, ora gli lasciavano addosso una profonda malinconia.

    Non si accorse del movimento dietro di lui e del rumore leggero dei passi, udì soltanto una voce allegra e vivace.

    Ti ho cercato tutto il giorno! Possibile che tu ti nasconda sempre nei posti più assurdi? Stamattina mi sembravi strano, sei sicuro di stare bene?

    Angelica lo travolgeva ogni volta, spesso non attendeva nemmeno una risposta prima di rivolgergli un’altra domanda. Peter era abituato al suo carattere espansivo e le lasciava volentieri lo spazio libero sotto i riflettori. Di solito preferiva di gran lunga la solitudine e il silenzio piuttosto che le compagnie rumorose, lei era l’unica eccezione.

    Tutto a posto. Non hai in progetto di fare un viaggio, vero?

    Angelica gli lanciò un’occhiata di traverso. Stai scherzando? Siamo appena a metà quadrimestre, dove potrei andare? alzò gli occhi al cielo e si sedette a gambe incrociate vicino a lui.

    Le aveva rivolto quella domanda perché nell’ultimo sogno c’era proprio lei che guardava con tristezza la casa della nonna e si allontanava. Poco dopo l’immagine si era dissolta e loro si erano trovati in un altro luogo, non in un paese tranquillo come Forest Glade, ma all’interno di un bosco, catapultati in un mondo a loro estraneo dove niente era consueto e monotono. Un mondo che entusiasmava la ragazza e di cui lui non sapeva assolutamente nulla. Un altro dei suoi sogni privi di senso.

    In quel momento era combattuto tra l’idea di confessare all’amica le paure che da giorni lo ossessionavano e il desiderio di cambiare discorso. D’altra parte, con chi avrebbe potuto parlarne? Nonostante abitasse da quasi diciotto anni con la sua famiglia, Angelica rappresentava tutta la sua vita.

    Fu proprio lei a cambiare argomento. Stasera mi vedo con Alberto dichiarò, l’espressione gioiosa che si fece di colpo pensierosa.

    Peter trattenne a stento la morsa di gelosia che lo trafisse, come accadeva ogni volta che nominava un ragazzo. Si sentiva fin troppo protettivo nei suoi confronti e quell’Alberto cominciava a dargli sui nervi, anche se i due si conoscevano da pochi mesi, non abbastanza perché diventasse una storia seria. Di lui sapeva che aveva ventidue anni, che si era trasferito da un anno lì vicino e si diceva che lavorasse come muratore da quando il padre gli aveva ceduto la ditta.

    Davvero? borbottò contrariato.

    Sì, però non sono sicura di volerci stare assieme. Alberto adora uscire in compagnia e i suoi amici sono simpatici, però ogni tanto fanno gli arroganti e si lasciano sfuggire battute che mi infastidiscono.

    Dal modo in cui lo disse evitando il suo sguardo, Peter intuì che al centro di quelle frasi ci fosse lui. Mi difendi davanti a loro? domandò sorpreso.

    In realtà non era questo a stupirlo, sapeva che Angelica si sarebbe sempre schierata dalla sua parte. Si chiedeva invece perché ce l’avessero con lui e cosa sapessero della sua vita. L’amica gli aveva raccontato che gli amici si riunivano in un garage due sere la settimana per provare nella band che avevano formato. Il leader, all’interno del gruppo, era ovviamente Alberto, era lui a prendere le decisioni.

    Angelica rivolse gli occhi chiusi verso il cielo limpido di una giornata di fine inverno, cosparso appena qua e là da nubi passeggere. Appariva tormentata e persa nei suoi pensieri, e Peter si smarrì a guardarla.

    Infine lei si riscosse dal torpore e sorrise con dolcezza. Certo che ti difendo! Noi siamo inseparabili, ricordi? Loro dicono che tu...

    Cosa? la incoraggiò, curioso.

    Beh, pensano che tu sia strano ammise con spontaneità.

    Gli era sempre piaciuta la sua onestà e non solo nei suoi confronti, Angelica aveva un rapporto di fiducia anche con la nonna. Lui, poiché i suoi erano impegnati ad accudire i fratelli più piccoli e gli concedevano molta libertà, non confidava loro quasi nulla né si sentiva a disagio se qualche volta si lasciava scappare un’innocente bugia. Rafforzò l’idea di non parlarle di quei sogni assurdi per il timore di apparire ancora più strano.

    Tu sei d’accordo con loro?

    Angelica sbuffò impaziente. Ti conosco da nove anni, Pete! Ormai ho imparato a convivere con il tuo lato sentimentale, ti accetto così come sei scherzò.

    Peter prese la palla al balzo per iniziare una bella discussione. Perché non capisci? L’amore è ovunque, è reale. Al contrario dei tuoi mostri, il sentimento che lega gli uomini esiste e dovrebbe essere alla base della vita di ognuno di noi.

    La bocca dell’amica si aprì in un sorriso colmo di amarezza. E se ciò non fosse possibile? Se qualcosa ci impedisse di amare davvero? Se una qualche legge ci trattenesse dall’esprimere liberamente i nostri sentimenti?

    Peter la fissò confuso, pensando che stesse scherzando. Eppure, guardando i suoi grandi occhi azzurri sempre così sorridenti e ora malinconici, si rese conto di due cose: primo, nell’amarezza delle sue parole stava un fondo di verità; secondo, avrebbe dato qualsiasi cosa per non vedere più la tristezza negli occhi dell’amica.

    Il campanile della chiesa suonò le otto, con rintocchi profondi e decisi; Angelica si alzò e in pochi attimi era già dall’altra parte della strada, rapida come sempre.

    Ci vediamo domani a scuola! gridò, prima di scomparire dietro l’angolo.

    Peter rimase immobile ancora per un po’, a godersi gli ultimi secondi di quel tramonto che vedeva da anni, ripensando con nostalgia al mare che aveva abbandonato per seguire la famiglia in quel minuscolo paesino di montagna. Si avviò verso casa che era già buio.

    Durante la cena, mentre la madre raccontava con allegria aneddoti del suo lavoro da infermiera, Peter ripensò alle parole di Angelica: cosa le impediva di essere felice, di credere come lui all’amore? Esisteva davvero una legge in grado di fermare quel sentimento che lui inseguiva ormai da anni? Tutta la sua famiglia aveva valori ben saldi, che gli aveva trasmesso fin da quando era piccino: la disponibilità, l’affetto, la cura degli altri, la solidarietà, il rispetto. Tutti elementi che secondo lui erano racchiusi nella parola amore. Non c’era posto per il conflitto, per il disaccordo né tantomeno per le fantasie inutili. Allora perché la gente credeva in tutto ciò che i film mostravano? Come si poteva davvero pensare che da qualche parte nella galassia ci fosse un altro pianeta abitato da uomini che in realtà non avevano braccia e gambe, parlavano una lingua diversa e presto avrebbero attaccato la Terra?

    Il pasto durò quasi un’ora, perché bisognava sfamare tre bocche non ancora del tutto in grado di provvedere a loro stesse e ogni sera i genitori, stanchi, chiedevano con un sospiro l’aiuto del figlio più grande. A volte Peter si sentiva inadatto nel prendersi cura dei fratelli più piccoli e pensava che i genitori gli attribuissero troppa responsabilità. Sentiva troppa fiducia da parte degli adulti ed essere il primogenito e il fratello maggiore era spesso difficile e frustrante. Tanto più che l’unico con cui aveva un bel rapporto era Andrea, il fratello minore di nove anni; i due gemelli di cinque, giocavano con i vicini e passavano il tempo combinando pasticci, mentre l’ultimo nato aveva occhi solo per la mamma.

    Prima di ritirarsi in camera sua, prese il libro che il mattino aveva posato sul divano del salotto. Mandò un bacio ai fratellini, diede la buonanotte e salì con lentezza gli scalini, mentre con una mano cercava il segno dell’ultima lettura. Lo trovò e si trattenne finché entrò in camera sua; dopodiché si sdraiò sul letto e continuò la lettura. Adorava Cecilia Ahern. Stava divorando Se tu mi vedessi ora e aveva già in programma di comprare il prossimo libro, Il libro del domani. L’amore descritto nei libri era un amore romantico, incondizionato, al di là di ogni limite spazio-temporale, quello che avrebbe tanto voluto avere. Questo era il suo piccolo segreto. Se Angelica avesse saputo quanto adorava quel libro, probabilmente l’avrebbe preso per pazzo. Era la sesta volta che lo leggeva. Lei non era una grande lettrice, aveva una predilezione solo per quelli di Isaac Asimov.

    Di quell’autore conosceva soltanto le Tre leggi della robotica, delle quali l’amica gli aveva parlato con grande serietà. Ricordava solo la prima, secondo la quale un robot non poteva rischiare la vita di un umano; doveva preservarlo sempre, mettendo la propria esistenza in secondo piano. Forse, a forza di vivere continuamente nei film, l’amica si era creata delle leggi che le imponevano di non credere all’amore e le impedivano di abbandonarsi a esso. Che cosa assurda. Come assurdo era il voler trovare un senso logico al discorso che aveva fatto.

    Alle dieci, posò il libro e chiuse gli occhi con un sospiro stanco. Sapeva che nel giro di cinque minuti sarebbe ripiombato nel bosco risvegliandosi angosciato.

    CAPITOLO 1

    La neve si stava sciogliendo rapidamente, regalandogli dei sospiri di felicità. Per fortuna in quella parte del continente la primavera arrivava presto, scacciando il gelo dell’inverno; tempo due settimane e le temperature si sarebbero alzate ancora. Non come a Seaside Town, il suo paese di nascita, dove faceva caldo quasi tutto l’anno.

    Peter non sopportava il freddo e ancor meno gli piaceva andare a scuola in quella stagione, quando il cortile si animava e diventava quello che chiamava ‘il luogo delle torture’. I ragazzi raccoglievano neve a palate, formavano enormi palline da lanciare agli avversari e si preparavano delle barriere per proteggersi da quelle nemiche. Angelica, con risolini di gioia, si lanciava in mezzo al campo minato cercando di evitarle e raggiungeva infreddolita le amiche che l’aspettavano all’entrata. Peter, invece, calava il berretto sugli occhi e, sperando che nessuno lo notasse, si sbrigava a costeggiare il perimetro per raggiungere l’amica, che ironicamente gli dava del fifone.

    Anche quella mattina lo aspettava nello stesso punto, bagnata come un pulcino; battendo le mani per riscaldarsi, si affrettò verso la classe.

    Sbrigati Pete, abbiamo il compito di matematica, non vorrai arrivare in ritardo? Lo prese per un braccio vedendo che arrancava dietro di lei e quasi lo trascinò lungo il corridoio.

    Il giorno precedente Peter si era completamente dimenticato di studiare e quella mattina si sentiva impreparato e agitato. Nelle ultime settimane aveva dedicato poco tempo allo studio e non sopportava la sensazione di essere un incapace; avrebbe voluto essere come lei, che riusciva a cavarsela in ogni situazione, uscendone sempre vincente.

    Come già aveva previsto, durante il compito non riuscì a concentrarsi, completò due risposte e per le altre lasciò il foglio in bianco. Mentre aspettava che i compagni terminassero, tutti intenti a scrivere sul foglio in una corsa comune contro il tempo, un’immagine del sogno si affacciò alla mente.

    Prima erano flash del bosco di cui capiva ben poco, adesso riusciva a distinguere delle figure, tra le quali spiccava il corpo snello di Angelica. Ciò che l’aveva lasciato senza fiato al risveglio, aggiunto alla sua bellezza unica, era la risata che sembrava quasi surreale. Non riusciva a capire da dove provenisse e ogni volta che si voltava di scatto, lei scompariva. La sentiva sempre così vicina, come se fosse lì soltanto per lui, per rivelargli il suo segreto. Nel sogno Peter contemplava i suoi capelli castani e ondulati mossi dal vento e sentiva il desiderio di sfiorarli per ammirarne la morbidezza. Provava una strana sensazione di pace e di sicurezza, sapeva che con lei al suo fianco non sarebbe successo nulla di brutto, tuttavia qualcosa gli faceva credere che in quel bosco stesse per capitare qualcosa di terribile.

    Accigliato, pescò un foglio bianco dalla cartellina e provò a disegnarne i lineamenti, così come li aveva sognati; non era mai stato un bravo disegnatore, al contrario del fratello Andrea, e nessuna traccia fatta a mano riusciva a eguagliare l’immagine che aveva in mente. Era così difficile riprodurre sulla carta un sogno! Le sembianze erano le stesse, ma vederla in uno di quei momenti gli procurava una sensazione diversa, come se fosse avvolta da un mistero e avesse una particolare magia attorno a sé. Era semplicemente perfetta, rappresentava in un certo senso la ragazza dei suoi sogni, così come l’aveva sempre immaginata.

    Il suono della campanella lo riscosse, la lezione era conclusa e tutti si alzarono rumorosamente per consegnare il compito. Fu l’unico a lasciare il foglio quasi in bianco al professore e se la svignò prima che questi si accorgesse che non aveva scritto nulla. Prima di essere costretto a dare spiegazioni all’amica, si dileguò tra la folla per raggiungere la palestra. Così come nella velocità Angelica era migliore di lui, anche in campo e nei giochi di squadra era imbattibile. Tutti facevano la fila per sceglierla in squadra perché tutti sapevano che con lei al loro fianco la vittoria era già in pugno. Peter si sedette sulla panchina ad assistere alla partita di pallavolo, la guardò lanciarsi in avanti rapida e gettarsi a terra per recuperare le battute più temibili. Non sapeva da dove arrivasse tutto quel coraggio né dove tirasse fuori tutta quella grinta, ma la ammirava molto; la ricordava così da sempre, ogni volta pronta a mettersi in gioco e determinata al massimo nel raggiungere la vittoria. A malapena degnò di un’occhiata le altre compagne, di cui sapeva poco o niente. Alcune avevano un nome europeo, altre americano e non poteva neanche risalire alla loro origine da quella differenza, visto che circa duecento anni prima l’intero Paese aveva assistito a un grande flusso migratorio con gente proveniente da più parti del mondo e, da allora, famiglie anche molto diverse si erano mescolate tra loro. Bastava pensare alla sua, di famiglia, composta da antenati italiani e americani che avevano portato i genitori a dare al fratello un nome che per gli americani era solo femminile, in onore del bisnonno italiano Andrea approdato lì molti anni prima, e a lui quello di un pro-zio americano.

    La mattinata scolastica trascorse tranquilla e l’ora di pranzo giunse troppo velocemente. Ancora una volta Peter si ritrovò a fare ciò che più temeva, cioè attraversare il cortile evitando le palline di neve e gli sguardi ironici dei compagni. Dietro di lui, Angelica lo seguiva silenziosa, stavolta non si divertì ad attraversare di corsa sfidando agguerrita gli amici.

    Allora, cosa mi dici? Sei uscita con Alberto? chiese lui per rompere il silenzio. Aveva bisogno di capire perché l’amica fosse tanto interessata a quel ragazzo. Cos’aveva di speciale? Lo preferiva soltanto perché era bello e muscoloso o perché sapeva suscitare in lei sensazioni che lui non era in grado di far affiorare?

    Lei accennò un sorriso. "Siamo andati a prendere da bere da Rocco. Alberto mi ha offerto un Whisky, come se per conquistarmi fosse necessario un alcolico! Si vede proprio che non mi conosce..."

    Peter aggrottò le sopracciglia, chiedendosi se lui volesse soltanto un’avventura o se sperava in qualcosa di più. Ciascuna delle due risposte lo innervosiva, ma non voleva mostrarsi invadente nei confronti dell’amica.

    Angelica deviò dalla strada e si fermò accanto a un larice spoglio, fissandolo con tristezza. Vederla malinconica gli procurò uno sconforto ancora più grande.

    Cosa succede? mormorò, avvicinandosi a lei. Angelica alzò i grandi occhi chiari su di lui e lo fissò confusa, come se non lo riconoscesse. Poi scosse le spalle.

    Niente, pensavo al gruppo di Alberto. Non saprei dirti il motivo, ho come l’impressione che in quello stanzino succeda qualcosa di strano.

    Peter sobbalzò spaventato. In che senso?

    A volte si comportano come se fossero... demoni sussurrò lei, talmente piano che a Peter sembrò di nuovo di essere nel sogno. Chiuse gli occhi e riaprendoli l’immagine non cambiò, si trovava proprio lì. Angelica era appoggiata all’albero e sembrava così indifesa che Peter si preoccupò e si avvicinò per toccarle il braccio. Non appena la sfiorò, l’amica fu avvolta da un bagliore e scappò, lasciandolo solo in mezzo alla strada. Peter strabuzzò gli occhi. Stava iniziando pure ad avere le allucinazioni, adesso.

    Steso sul letto in camera, Peter non riusciva a concentrarsi nella lettura. Ogni parte di lui tremava al ricordo del pomeriggio, non riusciva a capire quale pezzo fosse reale e quale inventato dalla propria mente. Perché toccandola non era riuscito a sentire la sua pelle calda, ma una consistenza strana, quasi immateriale e fatta di luce?

    Dopo tutte le riflessioni fatte quella sera, si accorse di avere troppe domande senza risposte, così giunse alla conclusione che si era immaginato tutto quanto. Sua madre, se avesse saputo di quelle percezioni illusorie, l’avrebbe mandato subito dal medico, ne era sicuro.

    I genitori erano sempre stati molto premurosi nei suoi riguardi, litigavano pochissimo e non avevano mai dovuto metterlo in punizione, anche perché non sentiva il bisogno di partecipare a feste e incontri notturni con gli amici per essere considerato un eroe; in realtà non usciva quasi mai e quando lo faceva era perché la madre lo spingeva a togliersi di casa. Peter non sentiva la necessità di essere qualcuno d’importante agli occhi della gente, come invece era il desiderio della gran parte dei ragazzi che conosceva. L’unico rimpianto che sentiva dentro era dovuto al fatto di non essere mai riuscito a dire ad Angelica quanto volesse che lei, proprio lei, fosse la sua anima gemella. Ovviamente, quando aveva deciso di esporre questa teoria secondo cui esisteva una persona perfetta per ognuno di noi Angelica gli aveva riso in faccia, dandogli una spinta amichevole tale da farlo rotolare giù dal letto.

    Guardò le lancette dell’orologio spostarsi sulle nove e dieci: era troppo presto persino per dormire e sapere che il giorno successivo era sabato, quindi più tempo per sognare, non lo entusiasmava. Senza soffermarsi a lungo sull’idea, Peter si alzò e aprì la porta della stanza. Udì la televisione sintonizzata su un film poliziesco, le urla del fratellino di appena otto mesi e il sussurro della madre che cercava di calmarlo. Non aveva bisogno di fare piano perché sapeva che non l’avrebbe sentito nessuno. Chiuse la porta e si avviò deciso verso le scale che l’avrebbero condotto sulla terrazza. Al contatto con l’aria fresca della sera, le sue guance si fecero rosse e le mani ghiacciate. Si sedette contro il muro, nella posizione migliore da cui riusciva a vedere ogni cosa: il campanile della chiesa vicino al bar aperto e animato, i pochi negozi di alimentari che popolavano il paesino, il lago nel quale si rifletteva la luna, dov’era solito trascorrere le domeniche in compagnia di Angelica, e infine si stagliavano davanti a lui le cupe montagne.

    Sospirò cercando di calmare il battito frenetico del cuore; una parte di lui, forse quella inconscia, già sapeva che sarebbe successo anche se non si fosse trovato a letto. Ma la razionalità sperava che l’aria fresca l’avrebbe tenuto sveglio e non avrebbe permesso ai sogni di annebbiargli la mente. Così, quando di colpo si accorse di non essere più sul terrazzo di casa sua, non si sentì sorpreso e impaurito. Forse per la prima volta era curioso, quasi ansioso, aveva bisogno di rivedere la ragazza e di capirci qualcosa in più.

    All’inizio gli alberi nascondevano la vista delle persone, l’unica fonte di luce era data dalla luna che penetrava tra le foglie e rischiarava il terreno davanti a lui. C’era una profonda pace attorno a lui, la calma lo avvolgeva e gli permetteva quasi di entrare a contatto con la natura circostante. Gli alberi erano immobili, le foglie si muovevano appena in risposta alla leggera brezza serale. C’erano delle luci in lontananza. Sembravano tante luminose lucciole, ma erano troppo grandi per essere dei piccoli animali. Strabuzzò gli occhi per cercare di cogliere ogni più piccolo movimento; udiva delle voci vicine, peccato non riuscisse a vedere nulla. Era come se qualcuno, oltre quella cinta di alberi, si divertisse un mondo, ballando e cantando, ma non riusciva neanche a distinguere le parole, non erano della sua lingua.

    Fece qualche passo in avanti, finché si sentì trattenuto da un filo invisibile, che non gli permetteva di avanzare oltre. L’unica figura che vedeva bene era Angelica. Sbalordito, rimase a bocca aperta, con gli occhi incollati alla ragazza: era davvero bellissima, con un lungo vestito rosso che le avvolgeva con grazia i fianchi; si muoveva con leggerezza, cantando piano una strana melodia, e teneva le dita intrecciate a quelle di un ragazzo, che accanto a lei sembrava quasi sfocato. Peter si concentrò sul viso dell’amica, così pulito e chiaro da sembrare trasparente, esprimeva una grande armonia e tanta serenità. Come tutti coloro che erano in quel cerchio, era circondata da un forte bagliore di luce.

    Il respiro di Peter divenne più concitato mentre si avvicinava, dalla fretta quasi inciampò in una radice e si tenne all’albero per non cadere. Senza volerlo fece rumore e l’aria attorno a lui s’immobilizzò. Quando alzò gli occhi, tutte le figure erano scomparse, rimaneva soltanto la radura spoglia e inanimata.

    CAPITOLO 2

    Nei giorni di pioggia, Angelica spesso s’intristiva e preferiva restare in casa, dedicandosi a uno dei suoi hobby più strani: la raccolta di ghiande e foglie che nascondeva sotto il letto come un tesoro prezioso. Peter sapeva dove teneva il cofanetto e, seduto a gambe incrociate sul letto, la guardava trafficare lì sotto, mentre fuori dalla finestra socchiusa il temporale si scatenava portando l’eco fino alle montagne.

    Battendo con la penna sulle dita, quel pomeriggio era intento a risolvere un problema di matematica e non riusciva a capire come trovare la soluzione.

    Angelica si spinse fuori dal letto con le braccia. Ti serve una mano? Aspetta che prendo il quaderno... ecco, copia pure se ti va. Rovistò nello zaino e gliene lanciò uno, rosa e colmo di appunti, prima di dileguarsi nuovamente sotto. Ammirato, Peter sfogliò le pagine scritte in bella grafia e trascrisse l’esercizio, il cui risultato ovviamente combaciava con quello riportato sul libro. Era incredibile quanto fosse intelligente e brillante quella ragazza.

    Ho deciso di concedere un appuntamento ad Alberto, questa volta seriamente annunciò di punto in bianco Angelica.

    Peter sentì subito crescere l’irritazione dentro di sé e si sfogò copiando frenetico gli appunti. Non pensavi che fossero strani? Hai scoperto cosa succede in quel garage? ribatté brusco.

    Lei sobbalzò, stupita dalla veemenza delle sue parole. No, ma sembra davvero interessato a me, perciò ho deciso di concedergli una possibilità. Tutto qui.

    Lui alzò gli occhi al cielo. Se è per questo, la maggior parte dei ragazzi è interessata a te. Non ti accorgi di come mi guardano quando sono al tuo fianco? Non sono soltanto invidiosi, se potessero mi farebbero a pezzi.

    Angelica scoppiò a ridere e lo spinse via, gli occhi luminosi e il sorriso ironico. Bastò un attimo e lo sguardo cambiò, divenne serio e immobile, come fosse in trance.

    Peter si avvicinò e abbracciò le spalle snelle dell’amica. Ehi, Ange, tutto a posto? Sei pallida.

    L’amica scosse la testa e sussurrò piano: Nessuno di loro può stare con me, lo vuoi capire? La Legge me lo impedisce.

    Peter restò a bocca aperta, soppesando le sue parole. Ancora quella stupida legge! Indietreggiò, impaurito dai suoi occhi spenti e desiderando ardentemente trovare il modo per darle un po’ di conforto. Ma l’attimo passò e dopo appena pochi secondi la vivacità tornò a riempire il viso dell’amica.

    Per tutto il tempo che trascorsero insieme, Peter rimase turbato. Sentiva il bisogno di conoscere la vera Angelica, perché soltanto quando la malinconia l’avvolgeva riusciva a mostrargli una parte di sé che non aveva mai conosciuto. Per il resto del tempo, era come se vedesse soltanto una maschera, come se ogni sofferenza e turbamento fossero nascosti dall’allegria e dal divertimento. Cosa gli stava nascondendo?

    Resti a cena con noi, stasera? domandò Marta, la nonna di Angelica, dopo che scesero in cucina. Posò con stanchezza la borsa della spesa sul tavolo e Angelica si affrettò ad aiutarla, lasciandole un bacio colmo d’affetto sulla guancia.

    Marta era una donna semplice, a suo agio solo con gonne lunghe e grembiuli, adorava cucinare e Peter non mancava mai di fermarsi se sapeva che avrebbe preparato un piatto delizioso. Anche questa volta non riuscì a resistere; si sedette con loro, mentre Angelica raccontava con entusiasmo della partita di pallavolo disputata a scuola. Accennò appena al pomeriggio e disse che quella sera si sarebbe vista con Alberto, destando la preoccupazione della donna sui ragazzi che frequentava.

    Dopo un piatto di spaghetti alle verdure, avevano appena finito di gustarsi della buona salsiccia quando la nonna iniziò pensierosa: Stamattina sono passata vicino al sentiero che s’inoltra nel bosco e ho trovato un pezzo di tessuto, sembrava quello di una camicia rossa. È un colore un po’ strano in inverno, non trovate? E poi, chi sarebbe così pazzo da avventurarsi in quelle vie buie di notte? concluse critica. Non ricevendo risposta, si

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