Michael Jackson: Analisi del fenomeno artistico, estetico e sociale
By Luca Izzo
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Book preview
Michael Jackson - Luca Izzo
Baudelaire
Prefazione
Dal muscolo all’anima
A distanza di poco più di due anni dalla scomparsa, in questo libro viene proposto un accurato e appassionato percorso sulla complessa e discussa figura di un artista a più dimensioni, chiarendone aspetti ancora sconosciuti e luoghi comuni non ancora sfatati. Nel leggere i capitoli e discutendo con l’autore ho potuto osservarne l’attento e rispettoso racconto che, distante da ogni forma di furbo sensazionalismo, guida lentamente il lettore in un dedalo di considerazioni umane, economiche e sociali, del geniale performer, e che portano ad una valutazione più obiettiva ed a tutto tondo. Ciò che personalmente mi ha da sempre interessato del personaggio Michael Joseph Jackson è stato il suo rapporto con il corpo e il gesto. Tralasciando il fattore espressivo vocale, tra l’altro perfettamente articolato con il movimento in un gioco d’artificio di rara qualità, è avvincente l’aspetto legato al suo corpo come testimone - cioè martire in senso etimologico - di una Crudeltà di stampo artaudiana, visto che è stato costretto a saltare pie’ pari le fasi dell’infanzia e dell’adolescenza, spingendo prematuramente e oltre ogni limite il lavoro sulle proprie qualità espressive, per poi essere dato in pasto al pubblico già da bambino. Nei suoi concerti la danza e la coreografia hanno avuto sempre uno spazio, potremmo dire, prevalente; ma vorrei spingermi più lontano per approdare alle rive del mimo novecentesco, quello più legato al corpo come macchina disarticolata e quindi disumanizzata, oggetto d’uso sfruttato da una società avida e senza scrupoli come nel film Modern Times (1936) di Charlie Chaplin, dove la catena di montaggio e l’operaio vengono messi sullo stesso piano. Il lavoro di scomposizione di un’anatomia sempre torturata, in continua metamorfosi, lì dove il corpo viene plasmato, rimodellato ed esercitato ad una espressività distante dalle pastoie naturalistiche, ci riporta nel pieno del Novecento dove con Antonin Artaud, in un ambito culturale completamente diverso, si sviluppa il concetto di pantomima non pervertita in uno dei più bei capitoli della sua opera maggiore Il Teatro e il suo Doppio, ed alla nascita del Mimo Corporeo Astratto creato da Etienne Decroux, lo stesso che già negli anni ’30 al Théàtre de l’Atelier di Charles Dullin, mise a punto con il suo geniale allievo Jean Louis Barrault la marche sur place, che simula/mima un uomo che cammina senza spostarsi dal luogo dove si trova. Questa stessa marcia è stata riproposta da un grande del mimo, Marcel Mangel, in arte Marcel Marceau, ispirando a sua volta lo stesso Jackson che traducendola nello stile della Break Dance, per questo come per altri passi, ha ripreso, nei movimenti a scatto e meccanici del robot, i principi di dinamoritmo e scomposizione nel mimo studiati in precedenza sempre da Etienne Decroux, tra gli anni ’50 e ’60 in Francia e negli USA. Il corpo di MJJ è stato un sincopato urlo di dolore con voce di bambino. MJJ è stato un performer totale perché creatore di un crocevia di segni che vanno dal movimento al trucco, dal costume alle luci, dalla voce allo spazio scenico, dal testo alla scansione ritmica percussiva, dal muscolo all’anima…e tutto ciò per rivendicare il suo Paradiso perduto, ovvero il diritto ad un’infanzia negata.
Michele Monetta
Attore, autore e regista. Allievo di Etienne Decroux. Docente di Mimo, Maschera e Commedia dell’Arte all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico
di Roma e di Recitazione e Commedia dell’Arte all’Ecole-Atelier RUDRA Béjart a Losanna. Direttore artistico con Lina Salvatore dell’ICRA Project - International Centre for the Research of the Actor - con sede a Napoli e Roma.
"…so che un bambino non dimentica
ciò che gli è accaduto" da Diari di Vaslav Nijinsky (1919)
Prefazione
Un ragazzo di più generazioni
Dal giorno della morte di Michael Jackson, intere schiere di cittadini del mondo intero si sono prodigati in analisi più o meno sensate nel parlare del fenomeno Jackson: il valore dell’artista, la sua storia familiare, sessuale, religiosa, psicologica, ecc.. Si sono lette cose fantastiche ed altre aberranti, come quelle di un medico francese, che non ha mai visto ed incontrato Michael, ed ha ipotizzato che i suoi genitori, fin da piccolo, gli abbiano somministrato deliberatamente alcuni farmaci per la cura dell’acne aventi anche le proprietà, come effetto collaterale, di innescare la castrazione chimica per non fargli alterare la voce durante la trasformazione da bambino ad adulto. Non è facile in poche parole tentare di descrivere una personalità complessa come quella di Michael Jackson, che ha fatto la storia della musica pop dell’intero pianeta. Gli aspetti da evidenziare sarebbero molti e le prospettive di analisi tantissime. Un fenomeno è tale perché racchiude in sé simboli e significati profondi che tutti possono percepire, anche se non sempre il messaggio arriva a livello cosciente. Dato per scontato che il nostro eroe
pop sia stato usato dalla strepitosa e dannata
macchina del consenso culturale, e dell’industria dello spettacolo americano, fino all’inverosimile, e che la stessa ha creato non pochi problemi di identità ad un ragazzino divenuto fenomeno mondiale, che alla fine è rimasto schiacciato dal peso del personaggio che si era creato, mi interessa evidenziare che il nostro combattente
ha avuto una enorme vittoria politica e culturale, secondo me sottovalutata, quando ha dovuto far inghiottire
, alla parte retriva e reazionaria della cultura americana, la proiezione del suo favoloso video Thriller sulla emittente MTV. Si potrebbe ritenere questa affermazione come esagerata, ma provate a spiegare, ad un giovane di oggi, che fino a pochi anni fa, nella libera e contraddittoria America del nord, era impedito, ad un essere umano di pelle nera, proiettare i suoi video musicali su MTV. Non ci crederebbe. Lui, Michael, come tutti i grandi che hanno creato fenomeni sociali e culturali, si è imposto con la forza della sua bravura, intendendo con ciò non solo il dono di natura di avere una bella voce, ma la determinazione e la volontà dimostrata nel lavorare duramente affinché quel dono non andasse perduto, e lo si potesse condividere con milioni di persone che hanno ascoltato le sue canzoni. Dicevamo che fino a quel momento, inizio anni 80 del secolo scorso, nella civilissima
america, patria della rivoluzione liberale e faro delle democrazie del mondo, era negato dare spazio sulla TV video-musicale ai cittadini di pelle nera. Per quelli della mia generazione (che hanno amato i simboli della lotta per le libertà, come Rosa Parks, prima donna nera che, nel 1955 a Montgomery, si rifiutò di alzarsi dalla sedia di un autobus perché il posto era riservato ai bianchi e per questo fu arrestata, avviando una lotta per i diritti civili contro il razzismo poi portata avanti dall’indimenticabile reverendo Martin Luther King), piace vedere nella figura di questo eterno ragazzo una delle icone culturali che hanno contribuito ad abbattere un altro muro della cultura razzista strisciante. Molti narratori che hanno parlato in vita e post mortem di Michael, hanno preferito dare spazio al suo presunto tentativo patologico di cambiare il colore della pelle, come a voler dire che, persino un grande della musica come lui, aveva capito che la perfezione
consiste non tanto nell’avere una strepitosa voce musicale da nero, ma nell’avere la pelle bianca. Per anni è stato additato al pubblico disprezzo perché rappresentato come un pedofilo maniaco sessuale che poteva permettersi tutti i capricci del mondo; come se non bastasse lo hanno accusato anche di voler rinnegare il suo essere persona di colore, additando a questo fatto la sua autodistruzione fisica e morale. Non ci vuole molta intelligenza per arrivare alla conclusione che questa interpretazione è debole e inconsistente. Se ci fermiamo ad ascoltare le canzoni e ad osservare i video musicali di Michael Jackson, possiamo percepire con nitidezza che ogni sua parola cantata ha la vibrazione di una preghiera. Il suono esce dalla profondità del cuore, ti colpisce e basta. Egli, meglio di tanti scrittori, ha saputo dare voce ai dannati del mondo, ha saputo catturare l’attenzione dei giovani verso le ingiustizie dei nostri tempi. Ed è ai giovani contemporanei che penso, ora che finalmente abbiamo tutte le certezze sulle falsità delle accuse nate contro Michael. Paradossalmente dalle ombre inconsistenti del mostro orrendo
visto e additato dalle masse giudicanti, affamate di mangiare, aggredire, distruggere, senza neanche conoscere, è venuto alla luce poi un umano di grande esempio. Un grandissimo esempio per i giovani di oggi, volenterosi e capaci ma schiacciati da un sistema che non lascia spazi per un sufficiente ricambio generazionale, abbandonati al ruolo d spettatori quando i loro nonni e genitori
ancora si spartono ricchezza e canali di espressione- affermazione. Jackson ha lavorato durissimo fin dai primi anni di vita, raggiungendo una preparazione professionale al quale nessuna barriera ha potuto resistere, da quella razziale a quella diffamatoria. Il suo successo è la vittoria di un uomo per bene in un sistema che troppo spesso favorisce i furbi
, se non le iene
. È la vittoria del 16 duro lavoro di un ragazzo contro i cancelli chiusi dalle generazioni precedenti. È la vittoria di chi, seppur passato alla storia, seppur ricco e famoso, divo a livello globale, conserva in sé, per sempre, quella modestia e quella umiltà che portano a mettersi sempre in discussione, a rispettare sempre al massimo ogni impegno, ma soprattutto ogni persona, con una sensibilità verso il prossimo simile a quella dei leader di religioni, qualche volta caratteristica dei più grandi umanisti. Michael Jackson, nelle sue performance, è riuscito a ricomporre ad un livello altissimo l’armonia fra cuore e voce, facendovi partecipare in maniera spettacolare anche il corpo. Anche le società contemporanee evolute, se vogliono realmente porsi come modelli guida dell’umanità, devono trovare il modo di dare il meglio di sé, e possono riuscirci soltanto se sapranno superare le disarmonie preponderanti, perché voce, cuore e corpo delle stesse, sono percepite dai cittadini come eccessivamente disarticolate.
Agostino Saselle
Sociologo. Esperto in comunicazione. Direttore della Formazione ed Agg.to Azienda Ospedaliera Dei Colli-Monadi-Cotugno- Cto-Napoli
Prefazione
Senza maschera
Un personaggio unico, diverso da ogni aspettativa prima di lui. David Bowie dovette inventarsi un personaggio per la scena, come fanno gli attori. Jackson era personaggio. Non ha avuto bisogno né di un nome d’arte né di una maschera
da indossare. E come quelli di Pirandello, resterà immortale proprio in quanto personaggio. Istintivamente sapeva che, in tempi di consumismo e di cambiamenti estetici, il trucco per stare sempre sulla scena è quello di apparire esteticamente diversi. In considerazione che la sua voce e movimenti erano tecnicamente perfetti, poteva cambiare solo una cosa: il suo viso. L’anima musicale mai! Questo è il prezzo che ha dovuto pagare con se stesso e alla società dell’immagine. Desiderava stupire senza ricorrere a volgari e banali trasformazioni, come hanno fatto la gran parte degli artisti dello star system.
Franco Califano
Cantautore, scrittore, poeta.
Prefazione
Una Nota Azzurra
Dondolarsi tra due accordi, rendendo 2° e 5° grado di una scala, usata da oltre 400 anni, due luci che ad intermittenza scandiscono il passaggio di una melodia, mai banale, tantomeno retorica.