Marina. Di libri, di pulci e di ratti
By Antoni Arca
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Ma che fa, sua madre, si mette a cantare? È così strana la gente, cambia d’umore e di carattere così spesso. Oppure no, forse è Marina che vorrebbe tutto preciso e non sopporta che sua madre, la sua amica, i suoi compagni di scuola, gli altri possano essere diversi da come li immagina, da come se li rappresenta. Chissà se anche loro la vedono sempre uguale o la trasformano seguendo i propri stati d’animo.
Età: dai nove anni in su.
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Marina. Di libri, di pulci e di ratti - Antoni Arca
Antoni Arca
Marina
Di libri, di pulci e di ratti
illustrazioni di Bruno Olivieri
ISBN 978-88-7356-877-3
Condaghes
Indice
Dedica
Primo – Marina non è come Marta
Secondo – Catalan Horror Novel Show
Terzo – Il Marchese dei libri
Quarto – Di libri, di pulci e di ratti
Cinque – Marina è dritta ma non cammina
Epilogo
L'Autore e l'Illustratore
La collana Il Trenino verde
Colophon
A mossen Francesc Manunta
home d’estudis i de poesia
Al sacerdote Francesc Manunta
uomo di studi e poesia
Primo
Marina non è come Marta
1. Marina non è come Marta. A lei non importa se Cubiddu ha gli occhi chiari, i capelli neri e la voce suadente. Marina non lo ascolta per come parla e per come appare, ma per ciò che dice e ciò che è realmente. E Mario Cubiddu è un rompi
di professore. Insopportabile quando decide, da solo, ciò che è davvero importante per loro, i ragazzi. Adesso sembra che non si potrà più vivere senza avere svolto una ricerca storica sul passato della città. Perché non può esistere futuro senza conoscenza del passato, e il presente è la somma dell’accaduto moltiplicata per il coefficiente delle aspirazioni
. È fatto così Mario Cubiddu professore di storia dai capelli scuri, gli occhi chiari e la voce di velluto. Parla a vanvera spacciando per concetti pieni di significato facili slogan che nemmeno ricorda più da chi ha copiato.
E Marta, poveretta, lo ascolta con gli occhi socchiusi, le labbra atteggiate a valletta da idiot show
e non capisce mai nemmeno una parola. Quando Cubiddu non c’è, tormenta Marina perché le traduca in italiano schietto quelle quattro baggianate che il professore atletico ha spacciato per roba bella roba buona.
È sempre così tra Marina e Marta. Le due inseparabili M. Si conoscono fin da bambine. Da piccole non erano veramente amiche. A Marta non andava giù che Marina fosse considerata la saputella, l’unico genio della classe
, come diceva la maestra a righe
; e nemmeno che fosse la prima che capisce tutto
come diceva la maestra a quadretti
. Ma soprattutto, Marta non capiva perché, quando faceva una scemata, tutti le davano addosso, maestre e compagni, mentre quando la stessa idiozia la faceva Marina, tutti diventavano comprensivi, tolleranti e pronti al perdono. Marta non poteva accettare che Marina godesse di tanti privilegi soltanto perché non poteva camminare e se ne andava in giro su una comoda sedia a rotelle.
Forse per questo dalle medie in poi erano diventate amiche inseparabili, le due M. Perché anche a Marina non andava giù l’ipocrisia di insegnanti e compagni, voleva essere considerata per ciò che realmente era, una persona. Una persona come tutte le altre, perché nessuno ti sorride o ti giustifica se hai studiato poco, se soffri di acidità di stomaco, o rinite allergica, o unghie incarnite, o piedi piatti. In fondo, a scuola si va per imparare a studiare, non per imparare a sfilare mezza nuda nei concorsi di miss Italia. Che cosa doveva importare a maestre e professori se lei non era mai riuscita a muovere le gambe, se però il cervello, gli occhi, le orecchie, le mani e la bocca funzionavano benissimo? Niente, non doveva importare niente, e infatti, dalle medie in poi, quasi più nessuno faceva caso alla menomazione di Marina, anzi, quasi nessuno faceva caso a lei, né compagne né compagni, nemmeno i professori, quasi, se non al momento delle interrogazioni.
Forse era per questo che Marta le stava addosso come un francobollo. Chissà, magari si sentiva responsabile per avere trascurato l’amica durante gli anni della scuola materna e della scuola elementare, anzi, per esserle stata quasi nemica. Mentre adesso, almeno dai dodici anni, sapeva di essere l’unica a volerle bene sul serio. L’andava a prendere a casa e aiutava sua mamma a infilare carrozzina e proprietaria dentro l’auto e poi la spingeva su per lo scivolo e da lì lungo tutto il corridoio fino alla classe, poi in bagno, poi in cortile, poi di nuovo in classe, poi di nuovo in auto e poi ancora a casa. Così tutti i giorni, da anni, dal lunedì al sabato, e la domenica insieme a chiacchierare dei compagni, dei prof antipatici e simpatici e, da mesi, di Mario Cubiddu, il prof di storia più figo e intelligente di tutti, perché due anni prima aveva pubblicato un libro in cui spiegava le origini della città: Alghero nei secoli, dal neolitico alla luna.
2. Ma Marina non è come Marta, a lei non importa un bel niente degli occhi chiari di Cubiddu.
– Non capisci, a Cubiddu non importa nulla della nostra crescita culturale.
Marta fa hmm, hmm
tra un morso e l’altro del panino, ma è chiaro che non la sta ad ascoltare.
– Cubiddu vuole profittare di noi, ci sguinzaglia tra gli archivi della città per farci lavorare al suo posto. Non è a noi che pensa, ma al secondo volume del suo libro!
– Si avvicina, fai finta di niente – dice Marta indicando Marco Madeddu. – Non fargli capire che ci piace.
– Non devo fargli capire un bel niente, io; Madeddu è un perfetto idiota preoccupato soltanto dei suoi capelli e dei suoi jeans.
– Ciao, Marcoooo! – cinguetta Marta