La vera storia di Gondrano il cormorano
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Età: dai 10 ai 14 anni.
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La vera storia di Gondrano il cormorano - Francesco Enna
Francesco Enna
La vera storia di
Gondrano il cormorano
illustrazioni di Bruno Enna
ISBN 978-88-7356-866-7
Condaghes
Indice
Dedica
Capitolo 1 Le origini di Gondrano
Capitolo 2 Una mamma regale
per Gondrano
Capitolo 3 Il famoso pirata Gondrano dal naso a becco di cormorano
Capitolo 4 Testa reale cuore di gabbiano
Capitolo 5 Dove Gondrano conosce il tempo che passa
Capitolo 6 Gondrano conosce la paura
Capitolo 7 Gondrano impara a nuotare
Capitolo 8 Un Piumabianca testardo
Capitolo 9 Il Grande Splash
Capitolo 10 Gondrano impara a volare
Capitolo 11 La Valle delle Aquile
Capitolo 12 Gondrano conosce la pioggia
Capitolo 13 Come fu che Gabian Zampacorta inventò la pioggia
Capitolo 14 L’amico segreto di Gondrano
Capitolo 15 Il Cirri
riservato
Capitolo 16 Korma il Collostretto
Capitolo 17 Gondrano conosce la schiavitù
Capitolo 18 Dove finalmente incomincia la grande avventura
Capitolo 19 Mimèsy la pernice e Zig-Zag Cuordiconiglio
Capitolo 20 Quella volpe di Madama Pelorosso
Capitolo 21 Silvano il Setoloso
Capitolo 22 Tantecorna e il grande domatore di cervi
Capitolo 23 Gondrano conosce la Superba Regina
Capitolo 24 La Rocca dei Gabbiani
Capitolo 25 Un piccolo stormo in periferia
Capitolo 26 Volo corto e volo lungo
Capitolo 27 Gabinero il Bucaniere
Capitolo 28 Tempo di neve
Capitolo 29 Come fu che Gabbian Zampacorta inventò la neve
Capitolo 30 L’ultimo volo di Gaby La Dolce
Capitolo 31 I Ta-Pum
dei Senz’Ali Verticali
Capitolo 32 Un rifugio sicuro per Madama Pelorosso e compagnia
Capitolo 33 Il Bucaniere alla riscossa
Capitolo 34 La vendetta del Bucaniere
Capitolo 35 Terralontana
Capitolo 36 La Collina dell’Abbondanza
Capitolo 37 Gondrano il Bombardiere
Capitolo 38 Il ritorno di Korma
Capitolo 39 Il sapore della libertà
Capitolo 40 Il Picco dei Sogni
Capitolo 41 Come fu che Gabian Zampacorta inventò i sogni
Capitolo 42 Il grande volo del Caumajore
Capitolo 43 Ritorno alla Rocca dei Cormorani
L'Autore e l'Illustratore
La collana Il Trenino verde
Colophon
A tutti li puddigghini marangoni
di l’schora S. Pertini
di Sassari,
chi so imparendi a vurà.
A tutti i miei piccoli cormorani curiosi
della scuola S. Pertini
di Sassari
che stanno imparando a volare.
I
Le origini di Gondrano
La grande Rocca dei Cormorani, che scaturisce dal mare come un’enorme parete di granito grigio, si divide in due zone distinte e ben separate.
Nella parte alta della Rocca, all’interno di numerose grotticelle, vivono i cormorani dal Ciuffo, eleganti e vanitosi, con la loro superba cresta di piume nere e le piume colorate di rame.
A mezza costa della Rocca, invece, nidificano direttamente nelle rocce i cormorani comuni, senza ombra di ciuffo, neri come corvi e goffi come anatre da cortile. Ma molto più simpatici.
Gondrano era un cormorano comune. Ed era anche il cormorano più pacifico che fosse mai nato sulla Rocca. Anzi, quando ebbe inizio questa storia, non era ancora neppure nato. Era tanto pigro che, ad autunno già iniziato, non si decideva ancora ad uscire dall’uovo, perchè dentro il guscio, al calduccio, stava bene come un pascià. Perciò non si accorse nemmeno che l’intero stormo di cormorani comuni aveva già preso il volo verso gli stagni caldi del Sud già da alcuni giorni.
Era un’antica tradizione, che i cormorani non si sognavano nemmeno di mettere in discussione. Puntuali come l’autunno, con le prime folate di vento freddo dal Nord, lisciavano ben bene le piume, si rimpinzavano di pesciolini e di gamberetti, facevano un giro di prova attorno alla Rocca e poi... via! Tutti insieme, con il collo teso in avanti, ben allineati in una perfetta formazione a V
, per far piacere al vento.
I cormorani comuni erano sempre i primi a partire, mentre i cormorani dal ciuffo preferivano attendere qualche giorno in più, per non doversi mescolare con la plebaglia della zona bassa della Rocca.
Partito ormai da due o tre giorni l’intero stormo, il sole di mezzogiorno scovò l’uovo di Gondrano proprio al centro del nido e incominciò a scaldarlo a dovere.
L’autunno era appena iniziato, perciò i raggi del sole erano ancora alquanto roventi.
Gondrano avvertì il calore che cresceva, cresceva... e finalmente decise che era venuto il momento di uscire alla luce e al fresco.
Come l’istinto gli insegnava, batté il becco contro il guscio per avvertire chi stava fuori che era tempo di aprire: – Tock, tock!
Ma nessuno rispose. Silenzio assoluto. Nessun becco più robusto del suo rompeva dall’e-sterno l’involucro che lo teneva prigioniero.
– Toc, toc! – insisté. Niente.
Un po’ preoccupato, Gondrano puntò allora le zampette contro il guscio e incominciò a spingere con tutte le forze, anche perché avvertiva ormai come un senso di soffocamento che lo stordiva.
Naturalmente non aveva paura di morire, perché, non essendo ancora nato, non poteva sapere che cosa fosse la morte; però qualcosa dentro il petto, che batteva forte forte, gli metteva addosso una gran fretta d’uscire.
Per fortuna, il luogo in cui si trovava il nido di Gondrano era pericolosamente in pendenza, tanto che più d’un uovo, in passato, si era spiaccicato sulle rocce che limitavano la spiaggia sottostante.
Gli sforzi di Gondrano fecero fare all’uovo un primo mezzo giro, poi un altro e un altro ancora, fino a fargli raggiungere il bordo del dirupo. Un colpo di vento assassino fece il resto, e l’uovo di Gondrano precipitò velocemente da un’altezza di almeno dieci metri.
A questo punto entrò in scena Sua Maestà: il più vecchio, il più bizzoso e il più regale dei gabbiani reali che popolavano la Rocca dei Gabbiani, che si trovava sull’altro lato dell’Isola.
Il vecchio gabbiano si era ritirato a meditare sulla spiaggetta dei cormorani, approfittando del loro esodo, per stare lontano il più possibile dal chiasso fastidioso dei suoi compagni di stormo. E tanta era la concentrazione nei suoi pensieri che sembrava persino che dormisse.
Ma forse dormiva davvero, perché lo si sentiva russare da molto lontano.
Come fu, come non fu, la fortuna di Gondrano fu proprio quella di piombare sulla testa di Sua Maestà, anziché andare a disintegrarsi sulle rocce. Così il guscio dell’uovo si spaccò e Gondrano rotolò sulla sabbia dopo un bel capitombolo, che lo lasciò stordito e dolorante, ma vivo.
II
Una mamma regale
per Gondrano
La caduta dell’uovo di Gondrano proprio sulla zucca di Sua Maestà svegliò di soprassalto il vecchio gabbiano, che starnazzò stralunato per alcuni secondi: – Cau, cau! Ma che diavolo succede?!
Stava già per prendere il volo per allontanarsi il più possibile dalla zona, quando si accorse del batuffolo di piume appiccicose e arruffate che giaceva a poca distanza da lui.
– Cau!... E tu chi sei? Da dove sei piovuto?
Gondrano tentò di mettersi diritto sulle zampe, ancora un po’ intontito, e barcollò per alcuni passi. Poi guardò Sua Maestà, che era il primo essere vivente che gli si parava davanti, e pigolò felice: – Mamma!
Il vecchio gabbiano reale si mise subito in difesa, irritato e confuso allo stesso tempo.
– Eh, no!– esclamò. – Questo no... Io non posso essere tua madre...
Ma ormai la frittata era fatta, ed egli era un gabbiano troppo esperto per non conoscere le regole del popolo dell’aria.
Per una bellissima legge che nessuno ha mai scritto, ma che tutti rispettano, nel meraviglioso mondo degli uccelli non sono le madri che scelgono i propri figli, ma sono questi ultimi che eleggono a loro madre il primo essere vivente che incontrano appena usciti dall’uovo.
– Mamma! – strillò ancora Gondrano, ritrovando le forze e correndo goffamente incontro a Sua Maestà.
– Ma proprio a me doveva capitare! – si lamentò il vecchio gabbiano, guardandosi attorno alla ricerca di qualche suo collega burlone. Ma poiché non vide nessuno nei dintorni, permise al piccolo cormorano di asciugarsi le piume sul suo petto morbido.
– Mamma! – pigolò contento Gondrano. E allora il vecchio gabbiano reale mise subito in chiaro le cose: – Sentimi bene, piccolo! Se vuoi restare con me fino a quando non saprai volare da solo, dovrai evitare di chiamarmi mamma, chiaro? lo per te sarò sempre Sua Maestà, cau?!
– Mamma Cau! – ripeté dolcemente Gondrano, strusciando il capino contro il piumaggio bianco di Sua Maestà.
– No, no! Non hai capito niente! Cau è un modo di dire di noi gabbiani reali... Oh, beh, insomma! Cerca almeno di non esagerare con le