Fegato: Tutto Quello Che Avreste Voluto Conoscere Di Napoli, Tutto Il Bello.
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Naturalmente esso è scritto anche per il suo pubblico di riferimento, ossia quello dei bambini dagli otto ai tredici anni, purchè accompagnati nella lettura alle riflessioni che si pongono in ogni sua pagina.
Qualcuno potrà anche dire che questo libro è stato scritto in risposta a "Cuore", di Edmondo De Amicis; certamente sarebbe una risposta un po’ tardiva ma che in effetti non è lontana dalla volontà di chi scrive. Infatti il menabò è praticamente il medesimo ma dobbiamo aggiungere che la sostanza ed i racconti sono completamente diversi.
Allora è una specie di "verso" a Cuore? Sì, penso di sì. Ma questo libro, è più vero, anzi verissimo.
Scritto in appunti da Francesco, un grazioso e intelligente bambino di terza elementare, ed abbandonato come si fa spesso con i diari personali, esso fu poi ripreso dal padre, un meticoloso impiegato dell’amministrazione Statale delle Due Sicilie, rivisto e corretto con grande rispetto dei suoi contenuti e poi dato alla stampa. La lettura di questo libro vi donerà sensazioni uniche e vi porterà a profonde riflessioni; ne sarete tutti entusiasti.
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Fegato - Domenico Iannantuoni
© 2017 Domenico Iannantuoni
All rights reserved. No part of this publication may be reproduced, distributed, or transmitted in any form or by any means, including photocopying, recording, or other electronic or mechanical methods, without the prior written permission of the publisher, except in the case of brief quotations embodied in critical reviews and certain other noncommercial uses permitted by copyright law.
ISBN: 978-1-54-392748-1
Sommario
Introduzione
CAPITOLO I
Ottobre
Il primo giorno di scuola
17, lunedì
Il mio maestro
18, martedì
La disgrazia
21, venerdì
Il ragazzo torinese
22, sabato
I compagni
24, lunedì
Stare insieme
26, mercoledì
Bontà d'animo, volontà e discrezione
27, gioevedì
La mia maestra di prima e seconda e la sua partenza
28, venerdì
A spasso per Napoli
30 Domenica
Il senso della scuola
31, lunedì
Vincenzo di Bartolo e la rotta del pepe
Racconto mensile
31, Lunedì
CAPITOLO II
Novembre
Volersi Bene
1, martedì
I nostri morti
2, mercoledì
Il mio amico Ciceri
4, venerdì
Classi sociali e rispetto
7, Lunedì
Mia sorella
10, giovedì
Mia madre e mio padre
10, giovedì
Studio e lavoro
13, Domenica
Il Direttore di Scuola
18, venerdì
I soldati delle Due Sicilie
22, martedì
Aiutare i meno fortunati
23, mercoledì
Il primo della classe
25, venerdì
1848, la guerra di liberazione di Milano e Venezia contro l'Austria, Curtatone, Montanara e Goito
Racconto mensile
25, venerdì
L'albergo dei poveri
29, martedì
CAPITOLO III
Dicembre
Il mio amico del Rione Sanità
1, giovedì
Via Toledo
4, Domenica
Nozioni di Economia Commerciale.
5, lunedì
S. Maria Immacolata Concezione, festa nazionale del Regno
8, giovedì
Visita al Museo Mineralogico di Napoli
9, venerdì
Napoli sotterranea
16, venerdì
Il mio presepe
18, Domenica
Il Natale a Napoli
19, lunedì
Ultimo giorno di scuola…il racconto mensile
Racconto mensile
23, venerdì
I miei nonni
23, venerdì
La vigilia di Natale e la messa di mezzanotte
24, sabato
CAPITOLO IV
Gennaio 1860
Il maestro supplente
9, lunedì
Il maestro Riggio è ritornato
10, martedì
Ricordando la morte di Ferdinando II, 22 maggio 1859
17, martedì
Mandes, ripreso (forse) dal Direttore
21, sabato
Il Meraviglioso ponte sul Garigliano
Racconto mensile
23, Lunedì
L’amor di patria
24, martedì
Non c’è invidia tra di noi
25, mercoledì
I maestri sordi
28, sabato
Il valore dell’acqua raccontato da mia madre
29, Domenica
CAPITOLO V
Febbraio 1860
La gara di aritmetica
4, Sabato
I compiti a casa di Perretti
10, Venerdì
Un cimitero per tutti
11, Sabato
Il ferro nelle Due Sicilie…Mongiana
13, Lunedì
L’acciarino di Ferrecchia
17, venerdì
San Leucio, un modello economico-sociale del governo borbonico
Racconto mensile
18, sabato
L’officina di Nicola Caruso
18, sabato
Il carnevale a Napoli
20, lunedì
L’ultimo giorno di carnevale
21, martedì
La scuola per i nostri ragazzi ciechi
23, giovedì
La casa del maestro Riggio
25, sabato
Le strade di Napoli
26, Domenica
CAPITOLO VI
Marzo 1861
La scuola serale
2, giovedì
La selezione per la visita al Teatro San Carlo
5, Domenica
La gita al San Carlo
6, lunedì
Il richiamo del direttore
8, mercoledì
L’assicurazione ha accettato la proposta…intanto Domenico Ragona docet!
Racconto mensile
13, lunedì
Domenico Ragona, un grande astronomo delle Due Sicilie
Il nostro sistema di illuminazione delle coste
14, martedì
Un quasi litigio in classe
20, lunedì
Mia sorella
24, venerdì
Visita alle Officine di Pietrarsa
Un racconto mensile dal vivo
25, sabato
Un nostro compagno malato
27, lunedì
Il Piemonte ed il mondo intero contro le Due Sicilie
29, mercoledì
CAPITOLO VII
Aprile 1861
Primavera napoletana (l’ultima)
1, sabato
La sismologia, una scienza tutta meridionale
3, sabato
Mio padre è molto preoccupato
4, martedì
La visita a Pompei
5, mercoledì
Garibaldi organizza la sua spedizione verso la Sicilia partendo da Quarto (Genova)
11, martedì
Una mia malattia
20, giovedì
La Madre di Jannace muore
29, sabato
CAPITOLO VIII
Maggio 1861
La meteorologia a Napoli
1, lunedì
Il primo esperimento di illuminazione elettrica d’Italia
2, martedì
Il nostro maestro è ancora assente!
3, mercoledì
Un tenente nella nostra classe!
12, venerdì
Riggio parte per la Sicilia!
19, venerdì
Notes
INTRODUZIONE
E’ questo un libro particolarmente dedicato ad un pubblico maturo, sebbene ambientato nel mondo scolastico meridionale delle scuole scolopiche elementari. Una storia che parla di giovinetti delle scuole primarie dello Stato delle Due Sicilie in un periodo particolarmente importante per la sua Capitale Napoli e che va dal 1859 al 1860.
Naturalmente esso è scritto anche per il suo pubblico di riferimento, ossia quello dei bambini dagli otto ai tredici anni, purchè accompagnati nella lettura alle riflessioni che si pongono in ogni sua pagina.
Qualcuno potrà anche dire che questo libro è stato scritto in risposta a Cuore
, di Edmondo De Amicis; certamente sarebbe una risposta un po’ tardiva ma che in effetti non è lontana dalla volontà di chi scrive. Infatti il menabò è praticamente il medesimo ma dobbiamo aggiungere che la sostanza ed i racconti sono completamente diversi.
Allora è una specie di verso
a Cuore? Sì, penso di sì. Ma questo libro, è più vero, anzi verissimo.
Scritto in appunti da Francesco, un grazioso e intelligente bambino di terza elementare, ed abbandonato come si fa spesso con i diari personali, esso fu poi ripreso dal padre, un meticoloso impiegato dell’amministrazione Statale delle Due Sicilie, rivisto e corretto con grande rispetto dei suoi contenuti e poi dato alla stampa. La lettura di questo libro vi donerà sensazioni uniche e vi porterà a profonde riflessioni; ne sarete tutti entusiasti.
*
CAPITOLO I
OTTOBRE
Il primo giorno di scuola
17, lunedì
Che felicità riprendere la scuola e ritrovarsi con tutti gli amici per potersi raccontare le esperienze trascorse in vacanza. Io dovevo iniziare il secondo ciclo di studi, ossia la terza elementare e pur con la testa ancora al bel mare del Cilento in provincia di Salerno, tenevo stretta la mano di mia madre che mi portava al bancone delle iscrizioni sistemato nell’atrio della mia scuola Luigi Vanvitelli
.
Napoli era già una grandissima Città e contava oltre seicentomila abitanti, come spesso mi diceva mio padre quando voleva farmi capire il significato e l’importanza della mia città che era seconda solo a Parigi nel continente europeo e terza contando anche Londra. La piazza davanti alla scuola era gremita da una folla indescrivibile di genitori che accompagnavano i loro bambini. Davanti alla scuola erano ben piazzate due alte guardie urbane che controllavano il regolare afflusso di bambini e genitori. Le librerie vicine erano stracolme di gente impegnata negli ultimi acquisti necessari agli studenti. Proprio sull’ingresso incontrai la mia maestra di prima e seconda che mi salutò con un sorriso. Sapevo che non l’avrei più vista in classe poiché il secondo ciclo elementare imponeva il cambio degli insegnanti. Le sorrisi con affetto anch’io. Finalmente si entrò nell’atrio dove il vociare era decisamente insopportabile ma le indicazioni appropriate degli insegnanti che completavano rapidamente le iscrizioni mi consentirono in breve di raggiungere la mia classe che stava al primo piano. Baciai mia madre e corsi sulla scalinata per raggiungere i miei vecchi o nuovi compagni e insieme a loro entrai nella mia nuova aula. Piano piano il vociare si ridusse di intensità e dopo poco il silenzio regnò in tutta la scuola. Il Direttore, sempre lui ma un po’ più anziano secondo il mio parere, accompagnò nella nostra classe il mio nuovo maestro Antonio Riggio spiegandoci che egli veniva da Cosenza e che felicemente ci avrebbe portati fino alla fine dell’anno. Alle undici del mattino eravamo cinquanta studenti perfettamente seduti ai posti che in parte avevamo litigato tra di noi. I più lecconi
si erano accaparrati immediatamente i primi posti vicini alla cattedra avvinghiandosi sul banco e lasciandosi poi cadere sulla sedia. A me toccò un terzo banco ma non ebbi interesse in ciò; tanto sapevo che nei giorni appresso il maestro avrebbe sicuramente cambiato la disposizione.
Il maestro Riggio era veramente simpatico e subito iniziò a parlare. Era alto ed aveva un bel paio di baffi ed un pizzetto che lo rendevano curioso. Ci parlò della Città di Cosenza e degli incantevoli posti calabresi che aveva abbandonato per poter studiare ancora a Napoli. Stava frequentando Giurisprudenza ai corsi serali.
Di colpo giunsero le dodici e trenta e la campana scolastica, azionata dal capo bidello, ci avvisò che era ora di uscire…proprio mentre il maestro Riggio ci stava incantando con le descrizioni dei monti del Pollino e dei maestosi ed antichissimi pini loricati.
Questo primo giorno di scuola fu bellissimo, solo un paio d’ore si sapeva già. Ordinatamente si formò la nostra colonna per l’uscita ed il maestro ci accompagnò, giù per le scale fino al portone e ci salutò.
Mia madre era già lì fuori con alcune borse della spesa ed io corsi da lei ad abbracciarla.
*
Il mio maestro
18, martedì
Il mio maestro Riggio mi piacque da subito, si vedeva che era giovane e determinato ma al contempo anche disponibile verso di noi. Il sorriso sul suo sguardo era poi accattivante e ci faceva immaginare che ci avrebbe raccontato qualcosa di nuovo e di eclatante in ogni momento della giornata.
All’inizio della lezione, poco prima, stette sull’uscio della porta a salutare tutti i suoi allievi dell’anno precedente e notai che li richiamava tutti con i loro nomi. Doveva avere una memoria di ferro.
La campana di inizio suonò ed il maestro Riggio, senza preoccuparsi dei posti a sedere che avevamo liberamente occupato, prese dalla sua borsa un libricino e lo aprì più o meno a metà. Ci guardò tutti e ci chiese di aprire il quaderno a righe e di assicurarci che le nostre penne fossero pronte ed i calamai colmi di inchiostro.
Iniziò a leggere lentamente assicurandosi di aver capito il ritmo medio di comprensione della classe, ma la sua voce era forte e ferma e si sentiva senza problemi fino all’ultimo banco.
Il racconto era semplice e parlava della natura, nello specifico del fiume Lao che nasce nel territorio lucano per poi scendere (dai monti del Pollino) in quello calabrese presso Laino Borgo e Laino Castello. Poi dopo circa dieci miglia terrestri, nel territorio di Papasidero, ad Orsomarso, confluisce con altri fiumi per sfociare dopo trenta miglia di percorrenza nel Mar Tirreno. Il dettato era semplice ma bellissimo perché ogni tanto parlava del fiume, spesso della ricca vegetazione che lo costeggiava e dei pesci che lo abitavano. Inoltre il racconto si soffermava anche sul fatto che alcuni barcaioli bravi ed intraprendenti osavano discenderlo in parte, proteggendo i bordi dello scafo con imbottiture di pelle e paglia ed usando corti remi per il governo nelle rapide.
Il maestro passeggiava in classe mentre dettava e noi ci concentravamo sulla sua voce per non perdere il filo del racconto.
Finito di dettare si fermò in cattedra, chiuse il libricino e ci guardò uno a uno.
-Bene ragazzi- Disse.
- Avete mai visto in vita vostra il fiume Lao?-
Tutti restammo zitti e stupiti da tale domanda.
-Suppongo di no- Proseguì il maestro Riggio.
-Eppure se riflettete per qualche secondo la vostra risposta sincera sarebbe dovuta essere esattamente quella che è stata, e cioè il silenzio. Infatti mentre voi scrivevate il dettato, non potevate esimervi dal vedere con la vostra fantasia ciò che io vi narravo. Naturalmente salvo i distratti o meglio coloro che ripetono senza capire.
- Ora rileggete in silenzio ciò che avete scritto e poi chiudete gli occhi immaginando di essere su una barca nel fiume Lao e di vedere tutto ciò che io vi ho descritto.
Rimanemmo tutti colpiti da questo esperimento che mai avevamo fatto in vita nostra, ma tutto fu vero. Il racconto del dettato era entrato nella nostra immaginazione e si era impresso come fatto vero e vissuto.
La campana di fine lezione ci scosse tutti da una specie di torpore…erano già passate quattro ore e ci sembrava di essere da pochi minuti entrati in aula!
Il fiume Lao
*
La disgrazia
21, venerdì
A Napoli disgrazie ne accadono tutti i giorni e se pensiamo che vi risiedono oltre seicentomila persone (quattro volte quelle di Torino), non è difficile immaginarne contorni, situazioni e probabilità che queste accadano; ma che la disgrazia dovesse capitare proprio vicino alla mia scuola questo non se lo sarebbe aspettato mai nessuno.
Stavo giungendo a scuola, quel giorno ero accompagnato da mio padre, che vedemmo proprio in prossimità dell’ingresso un cumulo di gente vociante. Mio padre accelerò ed io con lui per meglio renderci conto dell’accaduto. Giunti che fummo all’assembramento mio padre mi disse:
- Caro Francesco, la scuola comincia proprio male. Questa è una vera disgrazia. Vedo sdraiato ed immobile a terra…credo un genitore. Di fianco vedo anche un bambino piangente.
Mi divincolai un attimo da mio padre per potermi avvicinare strisciando da sotto le gambe degli astanti e capii che doveva essere successo qualcosa di grave al papà di Iarossi, mio compagno di classe, che stava vicino al corpo del padre e continuava ininterrottamente a piangere.
Il direttore si apprestò al capanello di gente per rendersi conto dell’accaduto e nel frattempo comunicava ai presenti che aveva già mandato ad avvisare la guardia medica del San Gennaro, su richiesta dei bidelli, la quale sarebbe presto giunta sul posto.
Il pover’uomo non si muoveva affatto e pareva morto.
-Chissà, forse un infarto - Disse una donna sommessamente.
- Certo che avere un infarto mentre si accompagna il figlio a scuola, non è il massimo delle aspirazioni di un genitore – Chiosò un altro padre.
Solo un bravo ragazzo come Francesco poteva capire che la posizione dell’uomo non fosse agevole ed infatti gli si avvicinò e prima di tutto toccò la spalla di Iarossi, come a dirgli, guarda che ci sono anch’io!
Poi prese delicatamente la testa del Sig. Iarossi e gli sistemò sotto la nuca la sua giacchetta giallo-rossa ripiegata, a mò di cuscino; gli allargò leggermente le braccia e gli distese bene le gambe. Poi chiese all’amico Iarossi di aiutarlo a tenerle sollevate da terra.
Mentre gli schiamazzi non si fermavano e i bambini più piccoli ridevano dell’accaduto, il Sig. Iarossi aprì gli occhi emettendo un lungo sospiro. In quel mentre arrivarono gli ambulanzieri del San Gennaro con un dottore.
Questi, prima di intervenire, osservò bene la scena complimentandosi con Francesco e Iarossi, che si erano prodigati nelle prime cure del caso; estratto lo stetoscopio, iniziò una veloce visita cardiorespiratoria. Poi scuotendo negativamente la testa ordinò agli ambulanzieri di portare il Sig. Iarossi all’ospedale con la massima celerità.
Tutti si ammutolirono all’istante a quelle parole del dottore pensando al peggio.
Mi avvicinai di nuovo a mio padre per salutarlo ed entrare a scuola, mentre tenevo per mano il mio compagno Iarossi.
Iarossi sopprimendo un forte ed imminente pianto, rispose:
Il padre di Francesco rimase come stordito da quella notizia senza riuscire a dir nulla.
I ragazzi entrarono insieme a scuola, ma non parlarono con nessuno. Il maestro comprese bene ed ogni tanto, durante la lezione, si avvicinava a Iarossi accarezzandolo sul capo e quasi in contemporanea mi lanciava uno sguardo di ringraziamento accennando un sì
con il capo.
Io arrossivo ogni volta perchè non avevo fatto nulla di speciale, solo mi ero ricordato delle lezioni di salvamento che avevo seguito al mare quando ero in vacanza, pochi mesi prima, nel Cilento, e per me fu naturale mettere in pratica i principali rudimenti appresi; vero che presi anche il brevetto di assistente ambulanziere, ma ero piccolissimo rispetto agli altri partecipanti e non gli diedi peso.
*
Il ragazzo torinese