Ana Bahebak
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Book preview
Ana Bahebak - Elena Ventura
Self-Publishing
E’strano.
Sto iniziando a mettere giù lettere, parole. Mi ero promessa che l’avrei fatto solo alla fine, solo quando tutto sarebbe finito, solo allora avrei dato inizio a questo. Quando finisce qualcosa, deve incominciarne un’altra, se no non ti rimane niente e il niente è ciò che fa più paura, più del dolore, più della morte.
Questo dunque è un inizio, l’inizio di una storia, di un pensiero, di una vita. La mia.
Dovrei forse essere felice? I nuovi inizi di solito sono sintomo di gioia.
In questo caso sto iniziando a scrivere, ma i nuovi inizi nascono perché finisce qualcosa, e quel qualcosa in questo caso non doveva finire.
Ormai, però, non posso cambiare ciò che sto provando, posso solo raccontarlo. Raccontare al mondo o forse solo a me stessa. Magari ne nascerà un libro, lo spero, anzi credo che questa sia la mia intenzione. Sì, un libro, gliel’avevo promesso. Voglio poter rivivere ciò che più è ancorato alla mia anima, i ricordi di ciò che ha fatto sì che io sia così come sono. Voglio poterli tenere stretti in mano, sentirli concretamente, perché i ricordi sono quelli che fanno più male, sono come fantasmi che ti seguono per tutta la vita, li senti, sai che ci sono stati, ma sbiadiscono.
Ancora non ho capito se lo sto facendo per te o per me… Ma so che se ora sono qui è perché questa è la fine. Si inizia da dove tutto finisce.
Oh lettore, scusa se in queste pagine mi rivolgerò a te direttamente, come se fossimo grandi amici, e delle volte mi rivolgerò a lui. Del resto questo libro è dedicato a una persona sola. Tu, lettore, come tanti altri o come nessuno mai al mondo, puoi capirmi, guardarmi con occhi diversi da tutti gli altri. Sì, perché voglio che tutti vedano attraverso questa finestrella che ho deciso di aprire al mondo e vorrei che anche tu, lettore, condivida quello che ho avuto la fortuna (o sfortuna) di trovare. Ti chiederò consigli, ti domanderò come se fossimo faccia a faccia davanti a un falò una sera d’estate e ti racconterò della mia preziosa storia. Saremo amici io e te ora, dopo tutto la carta è l’unica che non ti tradisce mai. Cercherò di essere il più comprensibile possibile, e ti prometto che farò di tutto per farti provare la stessa vampata di gioia o di dolore che mi assalivano. Forse perché penso sia giusto così, penso che tutti debbano condividere un po’ di sé stessi con l’esterno, per non essere soli, per non avere paura. Perdonami se non ti piacerò, se ti sembrerò noiosa o se non ti farò nessun effetto. In caso vada male mi riterrò una fallita, promesso.
Dunque, ora mi rivolgo proprio a te, lettore.
Se non credi nell’amore, non andare più avanti a leggere, brucia questi fogli e dimentica il mio nome.
Se non sai cosa sia l’amore, vai avanti con ingenua curiosità tra queste righe e guarda di che luce sono sfumati i miei occhi. Un colore tra le lacrime e i sorrisi così giovani da far tenerezza, così intensi e turbati da sembrare già vissuti.
Se invece conosci i sintomi dell’amore, il suo splendore e le sue ombre, il dolore, i sorrisi e le lacrime amare di qualcosa di infinitamente indescrivibile, vai avanti a leggere con cautela e attenzione, perché nulla è prevedibile nell’infinita prepotenza dei sentimenti umani. Possibilmente, inoltre, donami un abbraccio.
Se non ci metti troppo, ti aspetterò tutta la vita.
Acqua.
Schizzi.
C’è un gran casino, gente che urla, la musica che parte, conteggi, fatica, batticuore, i muscoli che bruciano.
Poi giro la testa un attimo, la vasca affollata, gente che si sposta, si tuffa, respira.
Riprendo fiato, chiudo gli occhi giusto per riattivare il cervello.
Li riapro.
Ecco che il tempo si ferma, il frastuono si fa lontano lontano… Non importa più dove sono, cosa sto facendo o come mi chiamo.
Tutto diventa appena percettibile come se i miei sensi si fossero ridotti improvvisamente.
Attraverso le persone, le corsie, gli schizzi, le grida.
Due occhi azzurri.
Mi stanno guardando, inquadro il viso…e sboccia un sorriso.
C’è intesa in quello sguardo.
Io so solo che il cuore, anche se, avrebbe dovuto, non rallentava, anzi.
Ma quegli occhi.
Lì ci sarei annegata tutta la vita.
Ero ancora tutta da plasmare, ed è in quel momento che ti ho conosciuto. Come tutti gli incontri, avvenne per caso, nulla di speciale, nessun colpo di fulmine. Ero ad una gara di nuoto sincronizzato, il mio sport, e stavo guardando le mie compagne più grandi gareggiare.
Ero appena entrata in quella società e tutto mi sembrava fantastico. Dall’allenamento alla struttura; i progressi che facevo. Fantastico. Mi sedetti sugli spalti ed è lì che ti conobbi per la prima volta. C’era molto chiasso, la piscina era stracolma di persone, genitori, fratelli, amici o semplici amanti di quella disciplina, tutti a urlare e incoraggiare le proprie care che si stavano per esibire. Il complesso era molto grosso, la piscina era da 50 metri e forti luci facevano brillare l’acqua così che gli schizzi sembrassero scintille. Un ragazzo. Ti studiai con interesse, penso per pura curiosità, del resto eri un nuotatore, ma non ti avevo visto molto spesso. Sì perché un altro aspetto interessante della nuova piscina erano i nuotatori. Insomma, ero incuriosita. Eri alto, forte, molto muscoloso, forse un po’ grossino al periodo, sarà perché non ti stavi allenando in quei mesi. Infatti non ti avevo mai visto dal vivo. In ogni caso eri pur sempre bello. Avevi i capelli ricci, semi-lunghi di un colore tra il biondo e il biondo cenere, scompigliati. Un gran sorriso. Due occhi immensi azzurri come non ne esistono al mondo. Eri simpatico, facevi ridere tutti, anche me. Sembravi anche tu incuriosito dalla mia figura, mi avevi pure accarezzato i capelli. Avevi qualcosa che mi attirava, non so bene cosa, ma non riuscivo a essere del tutto indifferente, eppure non era niente di che. Per un attimo mi ero dimenticata della gara. Tu eri lì per vedere la tua ragazza, nonché mia compagna di squadra e, quando è arrivata lei, mi hai fatto spostare con le chiappe tra due seggiolini accanto a un ciccione. Un pochino ci sono rimasta male sai? Non so perché è stata una giornata strana quella. E’ stata una giornata particolarmente incisiva. Avevi qualcosa di strano, forse ero io strana, eravamo strani uguali. E' scattato qualcosa comunque. Che sia stato un bene o un male ce lo può dire solo il futuro.
Per ora, lettore, ti risparmio la sua descrizione, perché sai, al tempo, non ci avevo fatto molto caso. Se ci penso, spesso succede così, incontri un sacco di persone e d’impatto possono colpirti o non farti alcun effetto. Ecco con lui è successa una cosa diversa dal solito. Sì, con te è stato diverso, un po’ un insieme delle due cose, chissà come mai tu riesci sempre a complicare il tutto, anche quando non facevi ancora parte della mia vita. Ti ho visto così e non mi hai fatto nessun super colpo; qualcosa di piccolo e pungente, come un ingranaggio nascosto e che non avevo mai saputo di avere, che si è attivato, e a cominciato a girare creando una serie di pensieri e situazioni che mi portano qui, ora, dove bene non si sa. Già quello strano incontro mi aveva scombussolato, era come se sentissi che da lì qualcosa sarebbe cambiato. Ne avevo la percezione ma non me ne rendevo conto, era come quando senti un odore che ti spinge ad andare verso una certa direzione, involontariamente lo segui. Poi ti ho rivisto sempre lo stesso giorno, in un viale di negozi, ti ho riconosciuto subito, mi avevi lasciato come una specie di timbro, eri con lei. Vi salutai con la mano, sotto sotto speranzosa che rispondessi al cenno, lei lo fece ma tu no, non so perché, ma la risposta non ricevuta da quel ragazzo sconosciuto mi aveva fatto prendere leggermente male, ero stranita da quello che provavo. Cioè, senza offesa, del resto questo libro è dedicato a te non ti voglio sminuire, ma in quel momento non me ne fregava niente, ma il piccolo ingranaggio aveva cominciato a girare ahimè. Proprio quando mi stavo per voltare, ormai eri di spalle, ti girasti e mi salutasti con quel sorriso che ancora non sapevo che mi avrebbe portato alla follia. Povera illusa.
Lettore, non rimanere deluso dalla monotonia e le poche parole che descrivono il primo grande incontro
. Fidati di me, non è come nei film. Il colpo di fulmine esiste, sì, ma viene a scoppio ritardato, non so se mi spiego, è un fulmine! Quello ti colpisce, ma non te ne accorgi fino a quando non senti il tuono. Pensa che io, quando lo sentii, mi spaventai da tanta energia ed ebbi paura di quello che mi stava succedendo. Era travolgente e intenso più del profumo di gardenia. Forse dovrei seguire questo tuono ora che mi ha urtato. Del resto quando ti colpisce un fulmine non resti tanto normale, forse per questo gli innamorati sono tutti pazzi. Comunque, tornando al racconto, questo incontro mi lasciò addosso una strana sensazione, ma niente di più. Chi l’avrebbe mai pensato. Peccato che l’ingranaggio girava veloce, chissà se era successo pure a lui, chissà se pure tu avevi provato le stesse cose. Non lo saprò mai purtroppo, a volte mi sembra di non sapere ancora niente di te. A volte ci si lascia senza essersi capiti, del resto non è facile capirsi a questo mondo.
Da quel giorno tra di noi nacque un’amicizia. Mi iniziasti a scrivere su Facebook (era l’unico modo per contattarci). Mi ero ricreduta: quella sensazione che avevo provato al nostro primo incontro sembrava sempre più concreta. Il bello, il nuovo
era che tu, e tu per primo, mi cercasti. Vuol dire che anche a te era successo qualcosa? Che impressione ti avevo fatto? Ero buffa? C’erano un sacco di domande, anche quando il tutto era appena nato, appena una manciata di parole scritte su una tastiera. Ovviamente, non l’amavo, non era neppure una cotta. Era qualcosa di strano sai, lettore. C’era un pizzico di frizzante nella banalità del parlare con lui davanti a uno schermo, c’era qualcosa che io nella mia persona amo molto: scoprirsi. Ecco, dunque, noi ci stavamo scoprendo a vicenda, era come se ci fossimo incontrati la prima volta, retoricamente coperti con centinaia di strati di vestiti addosso, tutti imbacuccati fino al naso, si intravedeva poco e niente, e, piano piano, più parlavamo, più lo strato si assottigliava, incominciavi a vedere la mia figura, per quello che è senza maschere: nudi.
Gli amori migliori sono quelli non progettati. Imprevisti. Travolgenti.
Questo è scoprirsi, scoprire è una sorpresa. A volte può essere brutta o scomoda, a volte eccezionale, tu, in questo caso, eri la mia più grande scoperta. Con imbarazzo capivo che stavo trovando qualcosa di infinitamente prezioso, un tesoro nascosto a me chissà da quale forza malvagia, una ricchezza che mi si illuminava sotto gli occhi, spaventata, come da tutte le sorprese; accigliata da quanto tu fossi l’incastratura perfetta dei miei pensieri.
Mi piaceva parlare con lui; era simpatico, sai lettore? Vorrei fartelo conoscere un giorno. Vorrei che anche tu, attraverso la mia mente, imparassi ad amarti un po' di più-
Era un semplice chiacchierare, ma era così scorrevole e piacevole, tanto che iniziai ad aspettarlo la sera attaccata al computer. Ero stupita di me stessa. Pensavo Stupida, cosa credi dai! E' grande, in più fidanzato con la tua compagna di squadra. Cosa vuoi che gliene freghi di te?
e poi Tanto siamo amici, parliamo e basta
. Illusa!
Mi auto-convincevo che era normalissimo, ma lentamente la mia coscienza capiva che non era affatto banale. C’era qualcosa in quel ragazzo che mi attirava più di chiunque altro prima di allora.
Il fatto è che io non sono mai stata, lettore, una ragazza facile, no no, anzi, sono molto insicura; delle volte. Faccio la preziosa anche. Pure con lui. Pure con te, te lo ricordi?
Eri tu che mi cercavi sempre, cosa che adoravo, perché mi sentivo importante. Sentivo che l’interesse era contraccambiato, anche se non volevo darlo tantissimo a vedere. Avevi qualcosa, qualcosa di diverso da tutti gli altri, non volevo guastare niente, niente di più, non facevo passi avanti, eri tu che avanzavi sempre di più, osavi, io no, ti seguivo però.
Se tu non mi avessi chiesto ti darti un bacio della buona notte per chat, io non te l’avrei mai dato.
Io non ti scrivevo mai, aspettavo che lo facessi tu, anzi, mi correggo, ‘speravo’ che lo facessi tu.
Ci sentivamo tutti i giorni. Non ci stancavamo mai di scriverci, di parlare, di raccontare, era come una droga. A te è mai capitato, tu che stai leggendo, di essere drogato
di una persona? Penso sia peggio di essere tossicodipendenti; poi non ci sono ricoveri per dipendenza da persone. Ah sì, perché lui mi aveva