Alembrack
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Alembrack - Simone Bilardo
Alembrack.>>
1
L’odore dolce delle frittelle si propagava fino in cima alle scale per entrare nella cameretta di Ricky. Un profumo invitante che non era una consuetudine per la madre, perché generalmente non adoperava mai tanto tempo per preparare la colazione, di solito preferiva ripiegare in piatti più pratici e veloci, su uova strapazzate e fette di bacon saltate in padella. Ma, visto e considerato che era un giorno speciale, in qualche modo, voleva contribuire anche lei alla gioia del figlio, un versamento culinario per ribadire il concetto che fosse un’ottima madre, una madre esemplare e unica.
La giornata soleggiata e priva di cumulonembi (come solo il mese di giugno è in grado di regalare), si preparava ad essere splendida, in perfetta sintonia con lo stato d’animo degli studenti della scuola media statale di Fostroch, che si organizzavano per il tanto atteso ultimo giorno di scuola.
Ricky dormiva un sonno leggero, disturbato dalla voglia di porre fine all’anno scolastico e di potersi finalmente dedicare a tutte quelle attività che aveva programmato durante l’anno con i suoi amici. La lista delle cose da fare non era molto lunga, ma il progetto pensato, richiedeva un certo dispendio di energie e molti giorni di lavoro.
Quella mattina, Helena, non dovette nemmeno chiamarlo, il figlio scese al piano terra di gran carriera, intento a consumare la sua colazione. Corse fulmineo giù dalle scale, indossando un paio di pantaloncini color cachi e la sua maglietta preferita che riportava sul davanti l’effige dell’uomo ragno impegnato a saltare tra un grattacielo e l’altro.
Paul, che era già seduto a tavola, leggeva il solito quotidiano che il ragazzo addetto alle consegne, gli lanciava sotto il portico ogni mattina alle sei e trenta.
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Il padre, un uomo di successo come lo definivano in città, nonostante tutto riusciva a mantenere sempre ottimi rapporti con il figlio, sebbene sembrava spesso distaccato dalle relazioni famigliari. In qualche modo assente, troppo concentrato sui suoi affari, perché il lavoro di costruttore, gli garantiva un alto profitto a discapito di una buona gestione dei rapporti con i propri cari. Ogni mattina lo stesso rituale che si ripeteva da anni, o quantomeno da quando si era deciso di mettersi in proprio appena un anno dopo essersi sposato: sveglia in famiglia e poi via fino a sera, senza poter essere d’aiuto alla moglie in nessuna delle faccende che riguardavano la casa o il figlio. Paul Smith, aveva vertiginosamente scalato le prospettive migliori, ritagliandosi un posto tra le persone più facoltose di Fostroch. Si alzava dal letto alle sei e trenta, lettura del quotidiano locale e colazione a casa che si protraeva fino alle sette e un quarto. Successivamente partenza per il cantiere, riunione con pranzo alle tredici con gli architetti e gli ingegneri, palestra alle quindici, ritorno in ufficio fino alle diciannove e trenta per fare rientro nella propria dimora verso le venti. Questa routine per sei giorni la settimana, perché la domenica era sacra, ed era l’unico giorno che adoperava interamente a favore della famiglia. Helena non avrebbe in alcun modo accettato di rinunciare al marito anche il giorno del signore, su questo argomento non sarebbe scesa a nessun tipo di compromesso.
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Il padre annuiva distrattamente, sempre concentrato sulla lettura del giornale. Ora era passato agli annunci pubblicitari per la vendita delle abitazioni. Ricky, sapeva comunque che lo stava ascoltando, gettò quindi la prima esca, evitando volutamente la madre perché sapeva che difficilmente gli avrebbe concesso il permesso:
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Finalmente il padre levò lo sguardo dal quotidiano, come se il figlio avesse attirato la sua attenzione per la prima volta. Ricky non riuscì a giudicare se si trattasse di una cosa positiva o negativa. Non che Paul non ricordasse cosa avessero pianificato il figlio e gli amici per le vacanze estive, era più che altro uno sguardo di ammirazione riferito alla vitalità sprizzata da tutti i pori della pelle. Perché era un ragazzino di tredici anni (quasi quattordici, come soleva specificare lui), animato da una incontrollabile voglia di fare, e per il padre era motivo di orgoglio, perché in qualche modo gli ricordava la propria giovinezza. A scuola Ricky, aveva un profitto piuttosto alto, senza impegnare grande sforzo nello studio. A dir la verità, per lui la scuola era una specie di gioco, dal quale ricavava complimenti e gratifiche dalla sua famiglia. Proprio non si capacitava di come potessero alcuni dei suoi compagni di istituto, riscuotere tanta negatività dall’ambiente scolastico. In fin dei conti era tutto molto più semplice di come la si volesse raccontare. La scuola è un gioco nel quale vince chi rispetta le regole e chi fa quello che gli viene ordinato di fare. Nulla più di questo.
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Paul guardò la moglie, che già sapeva come si sarebbe chiuso il teatrino. Bastò uno sguardo furtivo, una tacita intesa, per dichiarare bandiera bianca e concedere quanto desiderava il figlio.
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Questo nomignolo confezionato per il quintetto di amici, derivava dai tempi della materna. La loro amicizia, era nata proprio da allora, quando frequentavano la scuola che per ragioni volute dalla preside, aveva deciso di nominare le classi con il nome di frutta e animali. Una volta, durante le elementari, discorrendo sui vecchi tempi dell’asilo, decisero di chiamare il loro piccolo gruppetto marmellata di conseguenza al fatto che frequentavano la classe fragola. Con il passare degli anni, il soprannome non era mai cambiato.
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Ricky, annuiva con il capo, sperando che il sermone non si procrastinasse troppo per le lunghe. Aveva fretta, scalpitava con i piedi per fuggire il prima possibile e raggiungere gli amici.
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<Marmellata
<<... per ora, mi basta la promessa che la costruzione sarà realizzata a terra.>>
La madre sbuffò, in una smorfia a metà strada tra il divertimento e la disperazione, consapevole del fatto che ogni suo tentativo di intromettersi nella faccenda, sarebbe stato inutile. A volte era gelosa della complicità tra padre e figlio, domandandosi da certi atteggiamenti chi fosse realmente l’adulto e chi il ragazzo. Spesso risultava una donna troppo ansiosa e di conseguenza poco affine all’intraprendenza del primo e unico genito, preferendo di gran lunga l’idea che se ne restasse a casa con i suoi fumetti.
Ricky, nel frattempo caricò frettolosamente lo zaino di scuola quasi completamente vuoto e, per evitare approfondimenti sulla questione, si precipitò a baciare il padre e la madre imbarcando l’uscio di casa con un saluto allegro ed entusiasta. L’ostacolo maggiore era stato superato, ottenuto il permesso dei suoi genitori, nulla lo avrebbe più fermato.
2
La bicicletta era poggiata come di consueto alla parete di legno laccata di bianco del box adiacente all’abitazione. Fostroch era una cittadina di trentamila abitanti, dove il tasso di criminalità rasentava quasi lo zero per cento. Lasciare una bici incustodita, non era tra le maggiori preoccupazioni degli abitanti.
Ricky, montò in sella e pedalò freneticamente per dirigersi all’incrocio della tredicesima strada dove lo avrebbero atteso, come tutte le mattine della bella stagione, i suoi più cari amici Peter, Marc e Tommy. Solo Sarah non percorreva il tragitto assieme a loro, perché abitava a solo un isolato dalla scuola e preferiva andare a piedi. Nel giro di due minuti arrivò all’appuntamento, mostrando agli altri il suo sorriso migliore.
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A differenza dei suoi amici, era più muscoloso e dimostrava almeno un paio di anni in più di quelli che aveva. Spesso Ricky si domandava per quale strana ragione, si era unito a loro, con una naturalezza incredibile, sembrava si trattasse di un diritto naturale, di un legame come se fossero fratelli. Stranamente Marc, aveva preferito associarsi con loro che erano i più deboli e indifesi della scuola, nonostante i numerosi inviti ricevuti ad unirsi ai ragazzi più prepotenti. Ma non solo Marc aveva preferito la compagnia dei perdenti
, come sovente venivano etichettati, ma spesso si era battuto per proteggerli. In diverse occasioni, era stato costretto a ricorrere alle maniere forti, menando le mani e rischiando di beccarsi l’espulsione dalla scuola.
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Ricky lanciò la sfida pedalando all’impazzata come ogni mattina. E come ogni mattina avrebbe perso. Ma la sconfitta non gli importava affatto, perché arrivare ultimo di una corsa in bici con i suoi amici non gli procurava nessun disturbo. Persino Tommy, il più sovrappeso e il meno sportivo del gruppo riuscì a superarlo facilmente, mostrandogli il dito medio della mano destra.
Entro cinque minuti varcarono il cancello che conduceva al grande cortile dell’istituto. Depositarono le biciclette in attesa dell’arrivo di Sarah, conversando con gli altri studenti indaffarati a correre all’impazzata e a scherzare tra di loro. Quella mattina, non lasciava dubbi sulle intenzioni di tutti: volevano porre fine all’anno scolastico e godere del più o meno meritato riposo. Il clima delle vacanze estive aveva prevaricato su qualsiasi altra cosa.
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Marc, preferì starsene in disparte abbozzando appena un accenno di saluto. I quattro ragazzi erano molto uniti praticamente da sempre, ed avevano deciso insindacabilmente di aggiungere Sarah al quartetto, ma anche se il leader del gruppo non aveva mai fatto opposizioni, spesso sembrava infastidito dalla presenza di lei.
La ragazza, era molto carina, portava quasi sempre i lunghi capelli biondi legati in una coda di cavallo, che mettevano in evidenza gli occhi verdi smeraldo. Aveva un corpo snello, con le forme di donna leggermente abbozzate che spingevano delicatamente la maglietta lontano dal petto. I suoi amici, erano sicuri che con il passare degli anni sarebbe diventata una donna bellissima, ma nessuno di loro aveva mai osato parlarne, perché lei era una della Squadra Marmellata
, e certe cose non si possono nemmeno pensare.
Del gruppo, l’unica voce fuori dal coro, era Peter. Lui era veramente, quello che gli altri studenti della scuola, avrebbero ritenuto uno sfigato. Basso, molto magro e con il viso tempestato di brufoli. Oltretutto, gli occhiali spessi come fossero fondi di bottiglia, gli conferivano un’aria saccente da secchione che nella realtà non era. Ogni anno, riusciva a passare alla classe successiva per il rotto della cuffia. Collezionava un sacco di note disciplinari per non aver eseguito i compiti a casa e i voti erano appena sufficienti. Al contrario, Tommy era molto intelligente, amava la matematica e le materie che prevedevano una certa logica ed estrapolazione mentale. Se solo si fosse deciso di mettersi un po’ a dieta, sarebbe risultato anche un bel ragazzino, ma come sovente ricordava lui, era una questione di genetica: apparteneva ad una famiglia di obesi da molte generazioni.
Marc? Marc era Marc, punto e basta. Bello, muscoloso, intelligente e povero. Maledettamente povero. Viveva in una casa semidiroccata, con la madre semialcolizzata, semi-prostituta e semi-lavoratrice. Il padre invece era completamente alcolizzato, completamente puttaniere e completamente lazzarone. Era un uomo al quale non piaceva lasciare il beneficio del dubbio sulle proprie abitudini di vita. A causa della disastrosa condizione famigliare, capitava che alcune mattine, Marc venisse a scuola con vistose contusioni al viso e categoricamente veniva accompagnato dalla preside. Lui non volle mai spiegare a nessuno dei suoi amici cosa si dicessero in presidenza, fatto sta che ad ogni riunione, usciva dall’ufficio sorridente, quasi felice, come se fosse riuscito a farla franca. Marc Williams era un ragazzo a latere della loro realtà, ma allo stesso tempo era la persona giusta nel momento giusto. Qualunque di loro avesse avuto un problema, la prima persona alla quale si sarebbero rivolti, sarebbe stata sicuramente lui. Tranne che per lo studio si intende, per quell’argomento se la sarebbero cavata tra di loro, ognuno con le proprie affinità. Perché per Marc, la scuola non era una priorità, ma solo un luogo dove essere costretto ad andare, quindi si arrangiava da solo, lavorando quel tanto che gli permetteva di conseguire delle buone verifiche, non brillanti ma comunque soddisfacenti.
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Nel frattempo si avvicinò a Marc inumidendosi il dito indice con la saliva per pulirgli una macchia di latte della colazione sulla parte destra del labbro inferiore:
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Marc, come al solito non le rispose, ma la lasciò fare senza battere ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale.
Sentirono strimpellare dall’interno la campana della prima ora, un trillo che dava inizio all’ultima giornata lavorativa per gli studenti, un suono che solitamente non era ben atteso, ma che per quel giorno così speciale, sembrava essere musica per le loro orecchie. Entrarono tutti e cinque all’interno dell’istituto, dirigendosi ognuno ai propri corsi, con la promessa di rivedersi durante l’intervallo quando sarebbe iniziata la festa di fine anno, terminata la quale, avrebbero potuto finalmente dare inizio al progetto per il quale avevano pianificato e dedicato molto tempo delle loro giornate libere.
3
Quella mattina, le lancette dell’orologio sembravano non avanzare mai, ma alla fine, l’ultima campana suonò e le vacanze si potevano definitivamente dichiarare iniziate. Sarah, fu la prima ad uscire e gli altri la trovarono vicino all’ingresso, in attesa che la raggiungessero. Ricky, portava la bicicletta camminandole accanto, perché sarebbe andato a pranzo a casa dell’amica, mentre gli altri si sarebbero riuniti con loro nel primo pomeriggio. Peter e Tommy, partirono rapidamente montando il sella alle proprie biciclette, per accelerare i tempi e potersi ritrovare il prima possibile. Solo Marc, sembrava non avere alcun entusiasmo, lasciando intendere che non nutrisse alcun interesse, si limitò solo a salutare frettolosamente. Come di consueto, non era incline a qualsivoglia manifestazione affettuosa. Lui solitamente partecipava, a volte dirigeva le operazioni, ma restando sempre apatico, come se fosse un osservatore di uno spettacolo poco accattivante.
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Sarah, lo guardò di sbieco, con un’espressione dubbiosa in volto. Sapeva per certo che la fame del suo amico, consisteva al massimo in una voracità che sarebbe scemata entro due minuti dall’inizio del pasto.
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In realtà, Ricky cercava solo un modo per far della comunicazione e nulla più. Onestamente, di quello che avrebbe trovato sulla tavola della famiglia Perez, non gliene importava un fico secco. A volte, soprattutto nelle giornate particolarmente luminose, dove il calore viene smorzato leggermente dall’aria fresca, si trovava in balia di un misterioso imbarazzo nel restare solo con Sarah. Vero è che fin dai tempi dell’asilo, la trovava molto carina, ma con il passare degli anni, qualcosa in lui era incredibilmente cambiato. Cominciava a maturare un sentimento diverso, una vera e propria attrazione fisica. Cresceva in lui una componente sessuale che lo privava della solita naturalezza, facendogli compiere alcune volte, atteggiamenti buffi e fuori luogo. Ricky era certo che anche per Sarah qualcosa era mutato. Era diventata più riservata, più schiva alle confidenze che avevano alle elementari. Esempio, se capitava che dovesse andare in bagno, cercava di nasconderlo e allontanarsi con una scusa, a differenza di Tommy che non si sarebbe fatto nessuno scrupolo anche a pisciarle nei piedi. Ne concluse che qualcuno della Squadra Marmellata
era maturato, qualcun’altro meno. Marc era la solita eccezione: lui era adulto anche da bambino.
In breve arrivarono a casa di Sarah. L’abitazione, era una grossa villa circondata da un muro di cinta alto quasi due metri, interamente dipinto di bianco e ricoperto da un’edera rampicante con foglie che sfumavano dal verde pisello al giallo. Il padre, investiva un sacco di soldi all’anno solo per la manutenzione della recinzione. Ma le vere meraviglie comparivano una volta varcato la soglia del cancello di ingresso. La proprietà, una struttura degli anni trenta interamente riammodernata, era circondata da un grande parco con l’erba perfettamente curata, come fosse un campo da golf. I diversi pini disseminati nell’ampio giardino, creavano delle zone d’ombra utilizzate per riparare dal sole tavolini in ferro battuto adibiti per i momenti di relax durante le giornate estive. Ricky, ormai non ricordava nemmeno più quanti pomeriggi aveva trascorso sotto quegli alberi a studiare con i suoi amici. Tutti i componenti della Squadra Marmellata
erano soliti andare a casa di Sarah, ma solo Ricky era un vero habitué. Solo lui veniva invitato per il pranzo e solo lui aveva confidenza con i signori Perez. In fondo al cortile, sulla destra della casa, l’operaio addetto alla manutenzione era intento a preparare la piscina, che presto sarebbe stata utilizzata. Della maestosa abitazione, non c’era nulla che non piacesse a Ricky, dall’esterno all’interno, ad esclusione delle tre statue che sovrastavano tre piccole fontane a forma di putto. Le trovava inquietanti e fuori luogo. A volte, quando viaggiava particolarmente veloce con la fantasia, si prometteva che se mai in futuro avesse sposato Sarah e fosse andato ad abitare in quella casa, la prima lavorazione da effettuare, sarebbe stata quella di rimuovere immediatamente le fontane per sostituirle con qualcosa di floreale, magari altre piante che sarebbero invecchiate con loro.
Appena varcato il cancello, videro in lontananza il goffo tuttofare della tenuta che gli andava incontro per aiutarli con gli zaini di scuola. Il signor Roger Morris, era un uomo sulla sessantina che da oltre dieci anni lavorava alle dipendenze del padre di Sarah. Era claudicante dalla gamba sinistra, a causa di un grave incidente sul lavoro procuratosi all’età di ventinove anni. Per puro caso, una volta si ritrovò ad aiutare il facoltoso Perez alle prese con la foratura di una gomma della sua Jaguar nella periferia di Fostroch. Roger Morris, era di ritorno dalla casa di cura che ospitava la ormai defunta madre e, vista la scena, si decise di fermarsi per aiutare. Nel giro di cinque minuti, sostituì la gomma. Un tempo sufficientemente tale durante il quale raccontò le sfortune della propria vita. Jeremy Perez, un po’ per gratitudine e soprattutto per compassione, gli offrì un piccolo lavoretto nella sua proprietà. Da allora, Morris non ebbe più la necessità di trovare un altro impiego.
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Ricky nel frattempo si chiedeva come mai la famiglia Perez non si decidesse ad assumere anche una cuoca. Susanna, la madre di Sarah, con la cucina non aveva proprio niente da spartire. Per una ragione non definita, aveva deciso a suo insindacabile giudizio, quantomeno di occuparsi della preparazione dei pasti per i componenti della sua famiglia, un contributo dovuto, visto e considerato che non lavorava. La sua unica occupazione, era quella di dirigere le operazioni del personale e di verificare le ristrutturazioni che tutti gli anni disponevano per mantenere l’efficienza della tenuta.
I ragazzi entrarono all’interno della proprietà dirigendosi immediatamente in bagno per lavarsi le mani. Erano entusiasti e frettolosi di uscire nuovamente di casa e riunirsi agli altri componenti della squadra, dovevano solo essere accondiscendenti con la madre di Sarah ed evitare di darle delle preoccupazioni.
Come avevano immaginato, Susanna aveva confezionato alcuni toast accompagnati da un succo d’arancia per il pomeriggio e, toast e succo d’arancia per il pranzo. Bastarono appena quindici minuti per terminare tutto, dopo di che salirono in camera a raccogliere il libro della Squadra Marmellata
che compilavano da diversi anni e che avrebbero portato