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Alla velocità del cuore
Alla velocità del cuore
Alla velocità del cuore
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Alla velocità del cuore

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About this ebook

Margherita ha trentadue anni e lavora in uno studio legale. Poche sono le cose che le danno sicurezza nella vita: la sua carriera da avvocato, che la assorbe ogni giorno di più, Tati e Dado, i super mega migliori amici e la sua famiglia.
L'amore è complicato, distrae dagli obiettivi... Meglio non rischiare.
Soprattutto se arriva all'improvviso una sera in discoteca e altrettanto all'improvviso sparisce senza neanche l'ombra di una spiegazione, lasciandola stordita e con più dubbi di Amleto.
Ma quando una stampante difettosa si mette di traverso e le fa incontrare di nuovo quell'amore dopo cinque mesi, sotto le spoglie del tecnico chiamato ad aggiustarla, come è meglio reagire? Lanciargli addosso la stampante rischiando una denuncia per lesioni personali o gettare il cuore oltre l'ostacolo?
Beh, quando il destino si diverte a cambiare le carte in tavola senza preavviso, c'è una sola cosa da fare... Tirare fuori gli assi dalla manica e giocare per vincere.
LanguageItaliano
Release dateFeb 21, 2018
ISBN9788827564998
Alla velocità del cuore

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    Alla velocità del cuore - Alessandra Saggi

    Alessandra Saggi

    Alla velocità del cuore

    UUID: 37c88f1a-1be2-11e8-a004-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    1.

    2.

    3.

    4.

    5.

    6.

    7.

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    10.

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    25.

    26.

    27.

    28.

    29.

    Epilogo

    L’autrice

    ALESSANDRA SAGGI

    ALLA VELOCITÀ  DEL CUORE

    Alla mia professoressa di Italiano del biennio,

    perché ha creduto nelle mie potenzialità prima ancora che imparassi a farlo io

    A chi non ha creduto in me,

    il vostro disfattismo è stato benzina sul fuoco della mia autostima

    A me,

    perché nonostante tutto ho imparato a credere in me stessa

    A C.,

    spero che babbo ti abbia dato il degno benvenuto quando sei arrivato dall’altra parte, te ne sei andato troppo presto anche tu

    Questo libro è un’opera di fantasia, ogni riferimento a persone e luoghi realmente esistenti o fatti realmente accaduti è puramente casuale.

    Scusate, ma poterlo scrivere è un sogno che si avvera…

    Alessandra

    1.

    Osservo il mio riflesso sulla vetrina del negozio che vende oggetti antichi poco prima del portone che porta allo studio legale in cui lavoro.

    Mi manca il cappello di lana in testa e una carota al posto del naso, poi la mia trasformazione in pupazzo di neve è quasi completa.

    Ho i guanti di lana nera e grigia senza dita, ma con il cappuccio per evitare l’ipotermia delle mani mentre uso lo smartphone, in pendant con la sciarpa ad anello in lana morbidosa grigia.

    Per smorzare il grigio che indosso ci pensa il naso che sta deviando verso un bel rosso Valentino stamani.

    Maledetto freddo, quanto mi manca l’estate!

    Metto la mano destra nella tasca del cappotto per riscaldarla, mentre la sinistra afferra i manici della borsa che ho appesa alla spalla.

    Ieri indossavo un giacchetto e stamani mi serve il cappotto.

    Mah!

    Mi sfilo la borsa per cercare le chiavi, quando mi accorgo che il portone è già aperto.

    Mauro è già arrivato. Strano.

    Ah, dimenticavo! Doveva chiamare il tecnico per la stampante, ecco perché è già qui.

    Mauro, anche detto Obelix, è il mio capo, nonché mentore, nonché quasi-zio.

    Lui e mio padre sono amici dai tempi del liceo, per quanto ci sia un rapporto personale molto stretto fra di noi, sul lavoro è riuscito ad insegnarmi la maggior parte delle cose che so con professionalità ed eticità, qualità che ancora oggi gli invidio.

    Uno dei punti di arrivo per me in ambito professionale sarebbe leggere il mio nome fra quelli degli associati nella targa in ottone appesa accanto al portone d’ingresso, per questo mi sto letteralmente facendo un mazzo tanto nel lavoro rinunciando a larghe porzioni di tempo libero.

    Lavorare nello studio di Mauro è già un grande privilegio, ma voglio arrivare ad essere una delle socie e se per questo dovrò salutare un po’ della mia vita sociale, allora Ciao ciao!.

    La mia famiglia, ovvero i miei genitori e Stella, la mia sorellina, mi supporta e mi sopporta nel migliore dei modi, i miei migliori amici, Tati e Dado, sono i miei personal life coach che mi impediscono di crollare e sprofondare nel lavoro.

    Non tocchiamo l’argomento amore, né quello vita di coppia, né tanto meno quello situazione sentimentale attuale.

    Anche perché non c’è niente da toccare in primis.

    Salgo le scale per arrivare al secondo piano, apprezzando già l’aria più calda all’interno del palazzo.

    Apro la porta dello studio e vengo accolta da una ventata d’aria fredda.

    Ma che cavolo succede?

    Attraverso il corridoio e l’aria fredda aumenta, davanti alla macchinetta del caffè vedo Emanuele, l’ultimo arrivo nello studio, che sta facendo sciogliere lo zucchero nel caffè che si è appena preparato.

    Oh, andiamo! Ma neanche abitassimo in Lapponia! Dove pensi di andare con quella sciarpa, a fare alpinismo? mi dice ridendo.

    Lo osservo, lui ha solo un cardigan con una camicia sotto e dei jeans.

    Brr, mi viene freddo solo a guardarlo!

    Emanuele ha tre anni più di me, un bel fisico, occhi neri e capelli neri, labbra sottili ma circondate da un pizzetto che le nasconde.

    Molto morbide, forse anche troppo.

    Abbiamo provato ad assecondare l’attrazione fisica che abbiamo sentito fin da subito quando ci siamo incontrati per la prima volta qui in ufficio l’anno scorso, uscendo un paio di volte insieme e finendo anche a letto insieme, ma abbiamo due caratteri troppo simili per poter pensare di sopravvivere come coppia.

    Dall’esperienza è nata però una sana amicizia, ci rispettiamo molto e lavoriamo bene insieme.

    Se tu non percepisci il freddo, non è colpa mia! gli dico guardandolo di traverso. Ma da dove viene quest’aria fredda?

    Seguo il suo sguardo verso la finestra in fondo al corridoio.

    Ma perché è aperta quella finestra? gli chiedo mentre mi precipito a chiuderla.

    Perché c’era odore di aria viziata qua dentro, mi risponde calmo.

    Direi che può bastare, no? gli dico dopo averla chiusa. A proposito, cosa ci fai già qui? Mauro è già arrivato?

    Ho un appuntamento con un cliente fra dieci minuti e Mauro è già arrivato, incavolato marcio a causa della stampante nel tuo ufficio. Ha già chiamato il tecnico, pare che arriverà in mattinata, mi dice mentre mi prepara il caffè. Tre pallini di zucchero, vero?

    Si, anche quattro, gli dico mentre lui ride e scuote la testa. Menomale, ieri sera i documenti li ho stampati a casa dei miei. Grazie, gli dico mentre appoggio la borsa e il cappotto sulla sedia nel corridoio e afferro il bicchierino di carta con il caffè.

    La sciarpa e i guanti? mi chiede ridendo.

    Fammi ambientare un attimo, con calma, gli dico mentre faccio sciogliere lo zucchero con la paletta.

    Bevo il mio caffè e guardo Sally, accanto alla macchinetta del caffè.

    Sally l’hai annaffiata tu ieri l’altro, Ema?

    No, mi dice sorridendo. Sorry.

    Sally è più di una pianta, è un’amica per me. Quando sono venuta a lavorare qui era vicina alla finestra dell’ufficio di Anna, una delle veterane qua dentro, era chiaramente depressa e triste, ho sentito subito l’esigenza di salvarla.

    Non sapevo neanche che tipo di pianta fosse, ma dovevo salvarla.

    Ho cercato su internet e ho scoperto che era una Dracena marginata, l’avevano messa vicino alla finestra direttamente alla luce del sole pensando di aiutarla, invece la stavano uccidendo lentamente per disidratazione, troppa luce e troppa poca acqua. Io non ho il pollice verde, ma vedere quella povera pianta spaesata e abbandonata a se stessa mi ha colpito al cuore.

    L’ho spostata vicino alla macchinetta del caffè dove c’era abbastanza luce, ma non diretta e l’ho annaffiata con la mia bottiglietta d’acqua, dopo qualche giorno l’ho vista letteralmente risollevarsi e con lei la mia autostima, dato che sotto sotto mi sentivo un po’ fuori posto come lei in quel periodo.

    Non l’ho più abbandonata da quel giorno, le tolgo le foglie gialle e due volte al mese le do una fiala di concime che tengo nell’ultimo cassetto della mia scrivania.

    È una combattente e una sopravvissuta, per questo l’ho chiamata Sally, come la protagonista della canzone di Vasco.

    Sally, mai fidarsi degli uomini, lo vedi? dico rivolgendomi alla pianta. Una cosa doveva fare e puntualmente se n’è scordato. Non preoccuparti, ora ci penso io.

    Con la coda dell’occhio vedo Emanuele sorridere.

    Perché annaffiarla se poi posso darti la possibilità di scagliarti contro il genere maschile… Come ci definisci sempre? Ah si, ‘portatori sani di stupida immaturità’, mi dice ridendo.

    Che ridere, gli dico. BRAVO, BRAVO, BRAVO! gli dico imitando Katiana.

    Bambini, non litigate, su! ci dice Mauro mentre si avvicina alla macchinetta.

    Non stiamo litigando, gli dico sorridendo. Sto civilmente e molto maturamente sottolineando il fatto che è impossibile delegare ad un uomo la cura di un…

    Prima di Natale, Rita! Stringi, mi dice Mauro.

    No, vabbè. Mi arrendo, gli dico mentre mi alzo per buttare il bicchierino di carta.

    Ecco, ora l’hai fatta arrabbiare, gli dice Emanuele.

    Così poi le sale il livello di acidità, gli risponde Mauro.

    E poi...

    E basta! Fatela finita, siete peggio di ‘Beavis&Butthead’! gli dico esasperata scoppiando a ridere.

    Che ha detto? Mauro chiede ad Emanuele.

    Boh, non ho capito, gli risponde lui.

    Scuoto la testa e mi tolgo la sciarpa ed i guanti, poi afferro il cappotto, la borsa e mi dirigo verso il mio ufficio.

    Marghe, in mattinata verrà il tecnico a vedere la stampante, ok?

    Annuisco senza voltarmi e alzo il pollice sinistro.

    Margherita Tassi ha messo ‘mi piace’ in diretta, mi urla dietro Emanuele mentre ride.

    Abbasso il pollice e alzo il medio.

    Entro nel mio ufficio e sistemo la mia roba.

    Mauro deve aver provato a riaccendere la stampante che adesso sembra un albero di Natale, pieno di lucine lampeggianti.

    Accendo il computer e, mentre aspetto che si carichi, afferro i documenti dalla borsa e glie li porto nel suo ufficio.

    Busso sulla porta aperta e sventolo i documenti.

    Grazie Blue eyes, mi dice sorridendo.

    Glieli appoggio sulla scrivania e gli faccio l’occhiolino.

    Marghe? mi chiama mentre sono sulla soglia del suo ufficio.

    Dimmi, gli dico voltandomi.

    Sei un ottimo mignolo sinistro, mi dice serio. Ieri sera l’ho punzecchiato sul fatto di voler essere il suo braccio destro e lui ridendo mi ha risposto che al massimo posso essere il suo mignolo sinistro, quindi il suo commento adesso mi riempie d’orgoglio.

    Eviterò il colore fucsia per lo smalto, gli dico sorridendo, riprendendo lo scambio di battute di ieri sera.

    Il suo telefono suona e io mi allontano.

    Torno alla mia scrivania e cerco la pratica del signor Buschini.

    M a non ci voglio credere! Mauro pur di non alzarsi dalla poltrona, ha preferito mandarmi un messaggio.

    Sento puzza di ribellione, Rita! mi urla Mauro dal suo ufficio.

    Mi metto a ridere scuotendo la testa.

    Controllo le mie email, sia quelle dell’account personale che quello della Pec, dato che sto aspettando in gloria la risposta di Equitalia per il signor Pescoli, che mi ha chiamato anche ieri mattina per sapere a che punto era la sua pratica, ma finché non avrò il via libera da Equitalia non so cosa dirgli.

    E come prevedevo, di Equitalia neanche l’ombra.

    Che palle, però!

    Sbuffo e mi accascio sulla tastiera del computer.

    Sento il campanello e subito dopo i passi veloci di Emanuele correre al portone.

    Dev’essere arrivato il suo cliente.

    Che tra l’altro dev’essere un buon cliente per averlo fatto arrivare in ufficio così presto per i suoi gusti.

    Buongiorno, gli sento dire. Lei dev’essere il tecnico della stampante, lo sento continuare.

    Oddio, è già qui?

    Tiro su la testa e cerco di fare un po’ d’ordine sopra la scrivania.

    Buongiorno, si scusate, sono un po’ in anticipo, ma il cliente precedente mi ha dato buca quindi ho pensato di passare da voi. È un problema?

    Mi si gela il sangue nelle vene e un brivido mi attraversa dalla punta dei capelli fino ai piedi.

    E non è per la temperatura esterna, è quella interna ad essere precipitata.

    Non può essere, non può essere lui… Lui non aggiusta le stampanti! Non le aggiusta, vero?

    Ma quella voce così particolare e profonda è così difficile da dimenticare, nonostante tutti gli sforzi fatti negli ultimi cinque mesi.

    Così come non ho dimenticato il suo viso, le sue mani o le sue labbra.

    Così come non ho dimenticato lui, Paolo.

    Cerco di fare mente locale sul lavoro che mi aveva detto di fare, ma non riesco a pensare dato che il mio cervello è vuoto.

    Talmente vuoto che sento anche l’eco dei miei pensieri.

    Possibile che abbia le allucinazioni uditive e la voce del tecnico assomigli soltanto in modo impressionante a quella di Paolo?

    Margherita, niente panico! Respira, profondamente e lentamente…

    Inspiro profondamente e cerco di calmarmi.

    No, no. Prego si accomodi, le faccio strada, gli dice Ema.

    Senti, ti dispiace darmi del tu? Non mi sento m… molto a mio agio a dare del lei a persone che hanno più o meno la mia età.

    Oh cazzarola, è lui!

    Quando è nervoso, riemerge la balbuzie che lo aveva tormentato da piccolo, me lo disse lui durante il nostro primo appuntamento.

    No. No. No.

    Ora che faccio?

    Si stanno avvicinando e non ho vie di fuga! Scatto in piedi e mi sento come in gabbia, non posso scappare!

    Ferma un attimo, scappare da cosa? Lo stronzo codardo e bastardo è stato lui, non io.

    La rabbia prende il sopravvento e mi rimetto seduta.

    Si, si, certo! Nessun problema, gli dice Emanuele. Piacere, Emanuele.

    Piacere, Paolo.

    Mi mordo le labbra per non ridere della situazione.

    L’universo ha uno strano senso dell’umorismo, bisogna ammetterlo! Lui mi ha evitato per tutti questi mesi ed ora non solo dovrà parlarmi, ma dovrà stare a stretto contatto con me finché non avrà capito cosa non va nella stampante.

    Sono curiosa di sapere come si comporterà quando mi vedrà.

    Io ora come ora gliela tirerei addosso la stampante, ma l’aggressione fisica potrebbe far arrivare una denuncia per lesioni personali invece addosso a me, quindi scarto l’ipotesi.

    Per quanto allettante, devo riconoscerlo.

    Marghe, sei un avvocato. Seria, distaccata e focalizzata!

    Seria, distaccata e focaliz…

    Margherita, è arrivato il tecnico, mi dice Emanuele sulla soglia del mio ufficio indicandomi Paolo col pollice.

    Guardo Paolo dritto negli occhi e lo vedo impallidire lentamente, mentre serra la mascella.

    Il mio cuore è partito per la tangente, lo stomaco è sprofondato inghiottito dal buco nero che è diventato il mio umore.

    Ma non cederò, non sono io quella che è scappata come un ladro in piena notte.

    Quindi, anche se dentro di me tutto è esploso di nuovo in mille pezzi, lui vedrà solo quello che vorrò fargli vedere io, non gli concederò il lusso di vedermi cedere.

    E quello che vedrà sarà una donna ancora molto arrabbiata.

    Piacere, sono l’avvocato Tassi, gli dico offrendogli la mano e alzandomi in piedi.

    Lui è rimasto fermo impalato e mi guarda impietrito.

    Emanuele guarda me, con la mano alzata verso di lui, e poi Paolo, che sembra essere diventato di marmo nel frattempo.

    Sto per abbassare la mano cercando disperatamente di rimanere con un’espressione neutrale, quando Paolo si sveglia di botto e allunga la sua per stringere la mia.

    Piacere, dice quasi in un sospiro mentre mi stringe la mano.

    Ma non mi fa alcun effetto il suo tocco, no no no no. Assolutamente. Ma figuriamoci!

    Dentro al mio cervello risuona solo una parola, quella che mi tormenta da quando è scappato dal mio appartamento cinque mesi fa.

    PERCHÉ.

    Ma è davvero importante saperlo?

    No, non adesso. Non più.

    La stampante è quella, gli dico indicandola. Da ieri sera dà un messaggio d’errore quando provo a stampare e si sono accese tutte le luci.

    Lui mi guarda dritto negli occhi in silenzio.

    Non ci penso neanche ad abbassare lo sguardo. Non ha capito proprio niente se pensa che basti quello sguardo da cucciolo spaventato a farmi crollare!

    Posso vedere? mi dice alla fine indicando il mio computer.

    Certo, gli dico sorridendo. Ema, Laura stamani non c’è, vero?

    No, viene oggi pomeriggio. Vuoi usare il suo computer? mi chiede alzando un sopracciglio.

    Si, ma solo finché il tecnico non avrà finito...

    Paolo, mi dice lui serio. Mi chiamo Paolo.

    Come se l’avessi dimenticato!

    Pensa davvero che non mi ricordi di lui?

    Molto bene, vuol dire che sto dando il meglio di me in questa farsa.

    Gli sorrido.

    Ok, gli dico guardandolo in quegli occhi così tristi. Lo userò solo fino a quando Paolo non avrà finito qui, dico rivolgendomi di nuovo ad Emanuele.

    Emanuele non è stupido, sa che Laura non lascia avvicinare nessuno alla sua postazione e sa che lo so benissimo anch’io, quindi ha capito che c’è qualcosa che non va, ma da amico qual è non dice una parola.

    E io non mi avvicinerò neanche lontanamente al computer di Laura, ma riuscire a stare gomito a gomito con Paolo va ben oltre i miei limiti, quindi ho bisogno solo di andarmene da questa stanza prima che il mio autocontrollo vada in malattia.

    Mi allontano dalla scrivania, stando ben attenta a muovermi nella direzione opposta a quella a cui si sta invece avvicinando Paolo.

    Potrei avere bisogno di te, mi dice, mentre io lo fulmino con lo sguardo. Per eventuali password nel sistema, aggiunge subito dopo.

    Se mi cerca, gli rispondo marcando il fatto che gli sto ancora dando del lei solo per il gusto di vederlo a disagio mentre lui mi dà del tu, mi troverà qui nei paraggi, gli dico uscendo dalla stanza e sperando che dietro la porta del ripostiglio di fronte al mio ufficio possa esserci in realtà una porta spazio-temporale che mi faccia evadere in un universo parallelo.

    Evadere sì, ma assolutamente a testa alta.

    Riepilogando il parziale dallo studio legale: Margherita 1, Paolo 0.

    2.

    Dopo essere evasa dalla prigione che era diventata il mio ufficio, mi dirigo verso la macchinetta del caffè e mi metto seduta, anche perché la recita di prima ha richiesto un notevole quantitativo di energia psicofisica e ora le gambe iniziano a tremare.

    Senti Universo, a che gioco stai giocando? chiedo con lo sguardo rivolto al soffitto.

    Ti risponde di solito l’universo?

    Mi volto e vedo Emanuele alle mie spalle.

    No, ma nell’eventualità mi senta io provo a parlargli, gli dico abbassando lo sguardo.

    Già pensa che io sia strana, offrirgli altri motivi per mettere in discussione la mia sanità mentale non mi sembra un’ottima mossa.

    Tiro ad indovinare… Un ex? mi chiede sorridendo.

    Sono tentata di fare finta di non capire a cosa si riferisce, ma sarebbe inutile a questo punto.

    In un certo senso, gli dico. È complicato definire quello che siamo stati.

    Non è da te non saper definire qualcosa, Miss Puntigliosa, mi dice sedendosi nella poltrona accanto alla mia.

    Sorrido.

    Hai ragione. Io so cosa lui era per me, quello che non so e non ho mai saputo è cosa io fossi per lui, gli dico alzando lo sguardo su di lui. Sono stata più esaustiva così?

    Era o è? mi chiede.

    Cosa?

    Cosa lui era o è per te?

    Faccio un grosso sospiro. Mi piace essere sempre diretta con le persone, so catalogare il mondo e la realtà che mi circonda secondo schemi precisi, ma quando si parla di emozioni e sentimenti mi sembra

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