Primo Levi davanti all’assurdo. Dire l’indicibile: Il linguaggio della Shoah
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Anteprima del libro
Primo Levi davanti all’assurdo. Dire l’indicibile - Caterina Frustagli
Stahl
INTRODUZIONE
Questa ricerca nasce dal desiderio di rileggere la produzione letteraria di Primo Levi ed analizzarla in un’ottica che provi ad integrarne gli aspetti letterari e quelli pedagogici, al fine di evidenziarne lo straordinario potere trasformativo, ma anche la necessaria rinuncia all’onnipotenza. Per tale ragione sono state innanzitutto analizzate le caratteristiche che fanno del testo letterario anche una forma di comunicazione: gli aspetti strutturali, gli elementi di autore e lettore implicito, l’immagine del testo galeotto
, il processo di identificazione estetica, l’intenzionalità comunicativa del mittente e la significazione del destinatario e, infine, l’aspetto pragmatico del linguaggio. Dopo aver dunque mostrato le possibilità comunicative e trasformative del testo letterario, rispetto al contesto culturale in cui esso si sviluppa, abbiamo in seguito preso in considerazione, nello specifico, la produzione letteraria di Primo Levi, evidenziando come in essa si sia manifestata l’influenza dei tre mestieri di chimico, scrittore e testimone. È stata poi illustrata come rappresentativa del processo di sviluppo dell’opera leviana, la metafora del termitaio e le tematiche fondanti della poetica dello scrittore (offesa, memoria, indignazione ed impegno morale). Si è poi provveduto ad effettuare un’analisi testuale di alcuni brani estratti da Se questo è un uomo (l’eclissi della parola), da La tregua (la parola come riconquista dell’identità) ed infine da I sommersi e i salvati (la parola che si spinge oltre la testimonianza). L’analisi testuale è stata utilizzata come base di partenza per riflettere sul potere trasformativo e sui limiti della parola in Levi, partendo dall’influenza che Manzoni ha avuto come modello letterario, fornendo lo spunto per sistematizzare la riflessione in merito agli aspetti di contagio del male e di retorica del giudizio. Si è dunque evidenziato come si sviluppi, all’interno del corpus leviano, il pensiero narrativo, che consente di superare le lacune della testimonianza, per poi esaminare la funzione della parola come strumento di interpretazione dell’assurdo e la posizione assunta dalla parola stessa come mezzo per chiarire e mettere ordine nel caos degli eventi. Si è poi indagato l’aspetto del limite che la parola, come prodotto specificatamente umano, assume. A fronte dunque di queste caratteristiche, estremamente formative, dell’opera dello scrittore, si è prodotta una riflessione sulla conciliabilità tra questi aspetti e la morte controversa di Levi. Infine si è posta in evidenza l’utilità del racconto come possibilità di dire l’indicibile e come strumento educativo, che incide profondamente sulla costruzione del sapere, a fronte di meccanismi difensivi individuali e di gruppo che tendono da un lato alla cristallizzazione della cultura in forme di sapere rigide e generalizzate, quali gli stereotipi ed i pregiudizi, dall’altro alla rimozione del dolore, attraverso stati di negazione del trauma e della sofferenza. Si è infine concluso che la Shoah, intesa come evento paradigmatico dell’oltraggio e della disumanizzazione, debba essere posta come punto di partenza per ripensare la pratica educativa, attraverso l’utilizzo della parola letteraria, capace di ricomporre e riformulare la vita.
Note per il lettore
Per rendere più scorrevole la lettura, si è utilizzato un sistema di citazione delle opere di Primo Levi che si riferisce all’antologia, curata da Marco Belpoliti, Primo Levi. Opere, Einaudi, Torino 1997.
La siglatura utilizzata, seguita dal numero di pagina, è la seguente:
AM = L’altrui mestiere
AOI = Ad ora incerta
LAR = Lìlit e altri racconti
LT = La tregua
PS = Pagine sparse
SS = I sommersi e i salvati
SP = Il sistema periodico
SQU = Se questo è un uomo
CAPITOLO I Il testo letterario come forma di comunicazione
1.1 Gli aspetti strutturali della comunicazione letteraria
In questo capitolo prenderemo in considerazione quegli aspetti che caratterizzano un testo letterario come comunicativo. Analizzeremo dunque i meccanismi narrativi, ma anche quelli più prettamente linguistici coinvolti nella comunicazione di tipo letterario, focalizzando quindi quegli elementi e quei processi che consentono all’autore di trasmettere una propria intenzione comunicativa al lettore, che rielaborandola, se ne appropria.
Cesare Segre¹ ritiene che la letteratura sia una forma di comunicazione, intendendo col termine comunicazione un sistema di processi che trascendono il campo dell’informazione, poiché quest’ultima può venir tradotta in un’altra lingua, senza residui, mentre nella comunicazione intervengono anche elementi non informativi che assumono, a loro volta, la dignità stessa di nozioni. L’autore, riprendendo Jakobson², identifica gli elementi che contraddistinguono la comunicazione letteraria. Perché si realizzi una forma di comunicazione, anche letteraria, si deve creare una correlazione tra i seguenti elementi: mittente, destinatario, contatto, messaggio, codice e contesto.
Nella comunicazione infatti un mittente manda un messaggio ad un destinatario. I due agenti comunicativi utilizzano un codice comune e stabiliscono un contatto tra di loro, condividendo un contesto.
A differenza della comunicazione dialogica quotidiana però, nella comunicazione letteraria, il mittente ed il destinatario non sono compresenti, in quanto vivono in tempi diversi. Dunque la comunicazione letteraria non opera sulla classica triade mittente-messaggio-destinatario, ma si struttura su due diadi: mittente-messaggio e messaggio-destinatario.
Da ciò deriva un aspetto strutturale peculiare: la comunicazione letteraria è unilaterale, cioè non prevede, a differenza della conversazione, un feedback da parte del destinatario. Il contesto a cui il mittente si riferisce non è completamente ed immediatamente noto al destinatario, che può tuttavia ricercare informazioni aggiuntive in merito.
Il codice linguistico utilizzato inoltre potrebbe non essere così familiare al destinatario, come avviene solitamente nella conversazione, né intervengono elementi paralinguistici (intonazione, mimica facciale, prossemica). A questi aspetti critici, si aggiunge tuttavia un aspetto positivo importante: il mittente ha la possibilità di rileggere il messaggio e quindi di comprenderlo meglio. In letteratura il mittente del messaggio viene definito autore e, secondo Segre, rappresenta l’artefice, ma anche il garante della funzione comunicativa dell’opera
³. L’autore infatti non s’identifica solo con la figura dello scrittore, ma anche e soprattutto con la figura dell’autorità, del garante della possibilità e della pregnanza comunicativa della costruzione linguistica che ha prodotto. Di fronte a questa funzione dell’autore, il lettore, dal canto suo, si trova tra due posizioni possibili: la comprensione e la variazione. Il lettore può cioè cercare di comprendere i significati dell’opera, oppure investirli di significati propri, associando, ai contenuti esposti dall’autore, altri contenuti non originariamente prodotti dallo scrittore. Ad ogni modo, se l’autore garantisce la costruzione semiotica del testo, al lettore spetta il compito di garantire l’azione semiotica: solo attraverso la lettura da parte del lettore dell’opera, i significati impliciti possono esplicitare la propria forza comunicativa potenziale.
1.2 L’autore implicito ed il lettore implicito
Segre pone inoltre l’attenzione sulla definizione di autore implicito e lettore implicito. L’autore implicito si distingue dall’autore storico, cioè dalla persona che ha scritto l’opera, rappresentando invece l’autore come si rivela nell’opera stessa, ovvero depurato dei suoi tratti concreti e reali.
L’autore implicito dunque non è nello specifico la persona in carne ed ossa che ha composto il testo, ma è un soggetto che assume i caratteri che il testo stesso prevede; può essere definito come destinatore perché rappresenta quella parte dell’autore reale che ha prodotto quel determinato messaggio al fine di comunicarlo. In modo simmetrico il lettore implicito, cioè il soggetto ideale per cui il testo viene composto, differendo dunque a sua volta dal lettore reale, diventa il vero destinatario dell’opera. L’autore implicito o destinatore, precisa Segre⁴, è dunque presente in modo inevitabile in ogni testo letterario. La distinzione tra questo autore e quello reale deve essere mantenuta anche nei casi in cui l’autore reale permane nel testo, per esempio in figura di narratore e testimone dei fatti. Anche in questi casi infatti l’autore implicito rappresenta una stilizzazione volontaria dell’autore reale, persino quando si riscontrano delle sovrapposizioni tra le vicende del narratore e quelle dell’autore reale. L’autore implicito infatti rappresenta sempre una sublimazione ed una stilizzazione di quello reale; per tale ragione è dunque indipendente dagli sviluppi temporali e resta fissato, come qualsiasi altro personaggio, alle pagine del libro. Nelle forme più semplici di diegesi, il narratore può rimanere impersonale.
Segre⁵ ipotizza che nella storia della narrativa questa impersonalità del narratore sia stata vissuta dagli autori come una sorta di inumanità e che ciò abbia fatto emergere il bisogno di rivitalizzare, a livello simbolico, il circuito comunicativo attraverso la personalizzazione della voce del narratore. Una prima forma di personalizzazione consiste nell’attribuire al narratore, non solo il compito di raccontare degli eventi, ma anche di commentarli con alcuni interventi meta-comunicativi di commento sulla diegesi. Uno degli esempi letterari più significativi in tal senso è costituito da I Promessi sposi del Manzoni.
In una seconda forma di personalizzazione, in cui compare un Io come testimone⁶ l’autore utilizza, per far narrare le vicende, un personaggio secondario, in qualità di testimone diretto o indiretto degli eventi narrati. In alcuni casi il narratore è il protagonista stesso della vicenda, distinguendosi dunque in questo caso come Io come protagonista. L’io protagonista mantiene, rispetto alle vicende narrate, un distacco minimo, poiché il narratore s’identifica con la vicenda narrata ed il suo coinvolgimento negli avvenimenti e nella diegesi è molto intenso. È questo il caso dei testi di Primo Levi Se questo è un uomo e La tregua.
1.3 Il testo galeotto
Il rapporto che si istituisce tra chi compone un testo letterario e chi ne fruisce come lettore è dunque molto complesso, perché mette in moto profonde dinamiche meta-testuali. Tali dinamiche creano forme di immedesimazione del lettore nelle vicende narrate e talvolta di identificazione vera e propria, quando la forza narrativa dell’opera prevarica la distinzione sopra citata tra autore implicito ed autore storico, nonché quella tra lettore implicito e lettore reale.
Isabella Pezzini⁷ definisce il testo letterario come galeotto, riprendendo dal V canto della Commedia dantesca, l’immagine di un testo letterario tanto potente dal punto di vista narrativo da accendere l’amore tra i due giovani ed indurre Francesca al tradimento. La raccolta di saggi della Pezzini si fonda proprio sull’ipotesi che la lettura di romanzi possa non solo suscitare emozioni, ma anche produrre profondi cambiamenti nel lettore, soprattutto quando la tematica affrontata tocca aspetti profondi del sentire e del vivere. Si può dunque creare, secondo l’autrice, un circolo virtuoso tra la vita vissuta dagli uomini e quella raccontata dagli scrittori, considerando i testi letterari come utili strumenti di cambiamento di cultura e società.
La Pezzini infatti, riprendendo alcuni saggi contenuti nell’opera Il romanzo, a cura di Franco Moretti (2001), sottolinea il ruolo che il romanzo ha avuto nella scoperta (l’autrice parla addirittura di invenzione) della soggettività moderna, intesa come lo spazio interiore, intrapsichico dell’uomo. Allora si produce secondo