Infinite Solitudini
By F. Lucas
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Book preview
Infinite Solitudini - F. Lucas
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PREFAZIONE
Giovanni Ettore Bellini, in arte Johnny Dente di Squalo, è un vero duro.
Cavalca la sua moto come fosse un destriero selvaggio, ha le mani callose per via delle numerose risse da bar in cui si fa coinvolgere, indossa una giacca di pelle borchiata e porta al collo una vistosa catena argentata, il cui pendente è proprio un dente di squalo.
Quello stesso squalo che, almeno come racconta l’uomo, una volta, alle Baleari, lo ha quasi ucciso, procurandogli una cicatrice vistosa che ogni tanto fa colpo sulle donne.
Johnny è uno sbandato, uno che da ragazzo si è fatto il riformatorio, e di solito non ha una meta nella vita.
«Amori, carburatori, bar di strada, casse di pesce, Minnie dalle gonne leopardate: la vita di Johnny è una pellicola che si srotola indistinta, consumandosi come l’asfalto davanti alle ruote».
È proprio questo il secondo dei dieci racconti che va a formare la galassia di questa antologia, tanto bella quanto piena di significato.
Incontreremo più avanti Mr Morgan, di Johannesburg. L’uomo è in cura da uno psichiatra per quella che comunemente è chiamata sindrome post traumatica, causata da un bruttissimo incidente avuto con la macchina.
Ma siamo davvero sicuri che sia stato davvero un banale
incidente automobilistico a ridurre Mr Morgan in quelle condizioni? Eppure l’uomo ricorda alieni, bagliori e pratiche crudeli.
Scorrendo le pagine, che creano un percorso di storie dalle quali sarà difficile riprendere fiato, si presentano alla nostra attenzione due archeologi che, nella fitta e selvaggia giungla dell’Honduras, faranno una scoperta a dir poco agghiacciante.
«Sì, una scoperta incredibile
parole che si spengono nella bocca dell’archeologo come braci sotto la pioggia equatoriale: lui è ancora lì, seduto su un umido blocco di pietra, di fronte alla piramide. La giungla che lo circonda sembra riecheggiare in un crescendo di note selvagge e dissonanti; un brivido passa per la sua schiena grondante, mentre la foresta sembra essersi fatta d’improvviso gelida».
E poi un cacciatore molto particolare, che tiene i suoi trofei mostruosi all’interno della sua dimora da riccone, nel New Hampshire.
E ancora, un astronauta in viaggio nello spazio da undici anni, disposto a tutto pur di trovare un nuovo pianeta.
Infinite solitudini è una raccolta di racconti che è anche una raccolta di personali e uniche solitudini, proprio come il titolo vuole suggerire.
La tematica dell’uomo solo è declinata in mille sfumature: l’uomo solo in mezzo a tanti, solo con le sue paure, solo con i suoi vizi
e le sue devianze, solo con la propria coscienza, non sempre pulita.
Quello che accomuna tutte queste storie, è uno stile lucido e sublime. Racconti brillanti, dal ritmo incessante, dalle descrizioni affilate e talmente vivide da proiettare il lettore all’interno dell’azione e non solo, anche all’interno delle psicologie dei vari protagonisti.
Una scrittura che di certo rimane impressa, come impressi rimarranno luoghi, pensieri e storie.
Spostandosi dalla selvaggia savana del Sud Africa alla Bologna moderna, dalla Francia rivoluzionaria alle ville dei ricchi nel New Hampshire, dallo spazio profondo alla giungla più fitta, il lettore avrà la buona compagnia di questi dieci racconti che sono come dieci colpi di pistola, la cui eco rimbomberà a lungo nelle sue orecchie.
CHIARO DI LUNA
La pallida luce della luna piena, attraverso le grate, illumina, pennellandola d’argento, la vuota parete di fronte a me. Il resto della stanza, la mia cella, è avvolta in una soffice penombra.
Non riesco a dormire. Accovacciato sul fondo del letto, avvolto in una ruvida coperta di lana infeltrita, ascolto il silenzio, che pervade ogni cosa. È notte fonda, e la fioca luce crea attorno a me una atmosfera irreale, dove i contorni degli oggetti diventano evanescenti, e sfuggono a questo mondo. Il tempo sembra essersi fermato, sospeso in un sogno. Trattengo il respiro, cerco di rimanere immobile, vorrei fermare i battiti del cuore, per non rompere l’incanto. Ma so che non servirà a nulla: lentamente, la fascia d’argento continua a muoversi sulla parete. Scende dal muro, si allunga, tocca i miei piedi ossuti, risale le caviglie. A un certo punto pare fermarsi, indecisa, ma poi riparte, comincia a ritirarsi, giù, sulle assi del pavimento, e indietro, sempre più indietro, scivolando via oltre le sbarre, dolcemente, inesorabilmente.
Tra poche ore sarà giorno, e il destino è segnato. Le mie mani hanno commesso troppi peccati perché io possa essere perdonato. Nelle strade là fuori, miserabile tra i miserabili, ho combattuto la mia lotta. Ho lottato con furore, come solo un nobile guerriero o un mendicante disperato può fare: io, signori, ho mendicato.
Ho rubato, per sopravvivere, e sono sopravvissuto. Fuggendo, nascondendomi nelle ombre. Nel buio di vicoli fangosi, talvolta, ho danzato. E sotto una pallida luna, ho incontrato lei. Ho preso le sue esili mani di ricamatrice, l’ho stretta a me nella danza, sotto una pioggia di stelle. L’ho tenuta stretta a me anche quando, percossa da un ubriaco balordo, nei bassifondi di Parigi, il suo cuore ha rallentato sempre più, fino a fermarsi.
Mi hanno trovato lì, all’alba, mentre ancora la stringevo, coperto del suo sangue.
Ho urlato di dolore, mentre i gendarmi mi trascinavano via, tra le facce indifferenti dell’oste, del fabbro, del panettiere, dei nobili a cavallo, delle dame di corte.
Ho urlato di disperazione, quando mi hanno rinchiuso qui, tra le mura umide di questa cella.
Infine, ho taciuto.
La luna piena inonda oran di luce la piazza del popolo, dove il patibolo, domani, mi aspetta.
Domani… la piazza sarà gremita di gente, domani.
Il fabbro, l’oste, il panettiere, i nobili a cavallo, le dame di corte. Sarà piena di sole e calda e senza un filo d’aria, come è sempre nel giorno delle esecuzioni. La gente aspetterà pazientemente, nella canicola, che una lama di puro acciaio cancelli ogni colpa, e