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L'oscura evoluzione del male
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L'oscura evoluzione del male

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About this ebook

Uno stimato commercialista assume l'incarico di consulente presso un’importante azienda manifatturiera che si trova in gravi difficoltà finanziarie, situata lungo una strategica arteria stradale della Lombardia.
Pochi giorni dopo aver accettato l'incarico, un primario gruppo commerciale chiede di acquistare tutto il complesso immobiliare ritenendo la sua posizione ideale per realizzare un grande Centro Commerciale.
I proprietari decidono di accettare la generosa offerta senza tener conto delle accese proteste dei dipendenti, restii al trasferimento in un altro luogo individuato dalla ditta.
All'improvviso la già pesante atmosfera aziendale viene avvelenata ulteriormente dalle gesta di un ignoto killer, che uccide due persone legate da interessi diversi alla società.
Gli investigatori seguono piste differenti: quella dell'islamismo radicale, perché molti dipendenti sono musulmani, e quella finanziaria, legata alle segrete attività estere del Presidente.
Il professionista è invece convinto che il movente dei delitti sia da ricercare altrove e, aiutato dai suggerimenti di un vecchio sacerdote, scoprirà una sconvolgente verità...

Il primo responso sulla morte dei due partecipanti alla riunione di quel nefasto venerdì sera arrivò tre giorni dopo per Renato Bergamini. Aveva nel sangue una quantità abnorme di alcol etilico, il suo tasso alcolemico era pari a 2,8 m/l. Se fosse stato fermato da una pattuglia prima dello schianto, avrebbe rischiato sei mesi di reclusione e la sospensione della patente di guida a tempo indeterminato, come minimo per un paio di anni, oltre al sequestro del mezzo. Per lui comunque quella misura sarebbe stata una benedizione, ma sulla sua strada ha trovato quel grosso TIR ...
LanguageItaliano
Release dateJan 20, 2018
ISBN9788867933563
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    L'oscura evoluzione del male - Giovanni Obezzi

    Sant’Agostino

    1° CAPITOLO

    La grave crisi finanziaria, scatenatasi dopo il tracollo della Lehman and Brothers, aveva coinvolto in modo preponderante tutto il mondo industrializzato. La conseguente deflazione si era maggiormente abbattuta su quei Paesi dove l’indebitamento pubblico era molto elevato. Il rialzo dei tassi di interesse dei titoli di Stato con obbligo alle banche nazionali di acquistarli aveva privato gli stessi Istituti Bancari della liquidità necessaria per finanziare le imprese.

    In Italia questo fenomeno aveva raggiunto livelli molto più alti rispetto agli altri Paesi fondatori dell’Unione Europea che facevano della politica industriale il loro campo di battaglia, superando in esposizione il dieci per cento. La logica conseguenza è stata il fallimento di molte società i cui fascicoli hanno affollato le cancellerie dei tribunali, lasciando sul terreno lunghe file di debiti impagati verso altre realtà economiche del mondo produttivo. In Italia solo alcuni gruppi industriali, che si erano dotati di un consistente Capitale Proprio, hanno potuto prontamente uscire dalla crisi investendo in nuove tecnologie per far fronte all’accresciuta e aggressiva concorrenza internazionale.

    Il settore economico più colpito dalla recessione è stato quello dell’edilizia: le case crollavano di valore e con loro quei titoli derivati che erano garantiti da mutui immobiliari. In Italia, la politica invece di incentivare questo settore trainante lo aggravò ancora di più di procedure normative legate ai problemi delle gare ai massimi ribassi, dei perenni ricorsi che ritardavano l’avvio delle opere, dei ripensamenti delle Pubbliche Amministrazioni, dove le nomine dei loro vertici continuavano a essere una prerogativa dei partiti politici, a cui si aggiungevano le lentezze nei pagamenti e nella risoluzione giudiziaria dei contenziosi. Stessa sorte è toccata alle imprese direttamente collegate a quelle delle costruzioni che per salvarsi dovettero, obtorto collo, rivolgersi al mercato europeo ed extraeuropeo.

    Rifacendosi ai dati statistici, diversi mass media del settore accertarono che i permessi a costruire rilasciati in Italia negli anni successivi al fallimento o al drastico ridimensionamento di alcune società finanziarie, furono circa la metà di quelli dell’anno 2007. Nel resto del mondo occidentale la situazione non era molto migliore, nonostante il calo repentino del prezzo delle materie prime e quindi dei manufatti.

    2° CAPITOLO

    Le notizie secondo cui la Confortis S.p.a. navigasse in cattive acque circolavano già da qualche mese. L’azienda erogava gli stipendi ai dipendenti con ritardi crescenti e dilazionava le imposte e i contributi pagando le rate quando disponeva della liquidità necessaria, senza rispettare la scadenza predeterminata; anzi, spesso non le pagava affatto. Saldava i fornitori anche dopo otto/dieci mesi dal ricevimento della merce, sovente dopo telefonate e lettere di minaccia e in seguito a pressanti solleciti legali. Sembrava proprio che la società fosse ormai sprofondata in una pericolosa e irreversibile crisi aziendale.

    Il bisnonno di Adriana Pillotteri, l’attuale Amministratore Delegato, aveva iniziato l’attività aprendo un piccolo laboratorio di falegnameria a Carate Brianza. Suo figlio Alessandro l’aveva ampliato e con l’incremento continuo di lavoro aveva deciso di buttarsi, come amava dire, acquistando da un fallimento un grosso capannone a Magenta, cittadina posta all’estremità occidentale della Lombardia.

    Per essere più vicino al Piemonte, si era giustificato, quella regione rappresenta un altro importante bacino di lavoro.

    Insieme a suo figlio Roberto aveva poi ingrandito l’attività iniziando a produrre, oltre ai consueti serramenti in legno, anche infissi di metallo e in PVC.

    La qualità degli articoli era sempre stata di medio-alta fattura e comprendeva, oltre alla consegna, la posa in opera.

    Alla morte del padre, Roberto Pillotteri si era subito trovato ad affrontare da solo le conseguenze di una profonda crisi economica scatenatasi soprattutto nel comparto dell’edilizia. Quella inaspettata recessione aveva interessato l’intera economia nazionale, ma in particolar modo il settore direttamente legato all’attività produttiva della Confortis S.p.a. per la quale la diminuzione del fatturato risultò molto più significativa rispetto agli altri comparti economici: un crollo senza eguali.

    "Altro che casa dolce casa, soleva dire spesso Roberto Pillotteri ai due figli Adriana e Davide, se le banche entro breve tempo non riprenderanno ad allargare i cordoni della borsa e ci concederanno qualche apertura di credito in più, dovremo in qualche modo razionalizzare la struttura operativa della nostra gloriosa società e tagliare non solo i costi aziendali fino a quanto possibile, ma anche quelli della nostra famiglia."

    Davide fin da piccolo si era dimostrato disinteressato, tra il disappunto del padre, all’attività aziendale e aveva scelto dopo il liceo di frequentare la facoltà di medicina. Quel ragazzo mi preoccupa era solito dire agli amici Roberto Pillotteri. Ha il carattere remissivo di sua madre. Temo che alla mia morte l’azienda andrà a picco. Laureatosi con un’eccellente votazione e specializzatosi in endocrinologia, il giovane era riuscito a vincere il concorso per un posto di medico internista presso il grande ospedale Niguarda. Giovane molto sensibile ed estroverso, sempre difeso dalla mamma contro le ossessionanti pretese del padre, si era volutamente allontanato dalle vicende societarie di famiglia e ciclicamente si recava, per conto di Medici Senza Frontiere, nelle zone povere e svantaggiate del pianeta per curare i malati bisognosi privi di assistenza sanitaria.

    Diversissimo, invece, si era subito rivelato il carattere della sorella Adriana. Di un paio d’anni più giovane del fratello, si era anch’essa laureata, ma in Giurisprudenza e a pieni voti e svolgeva il praticantato per potersi poi iscriversi all’Esame di Stato e ottenere l’abilitazione a svolgere la professione forense; nel frattempo era entrata a piè pari nel board dell’azienda di famiglia. Sicura di sé, con un’innata mentalità imprenditoriale, aveva presto affiancato il padre nella direzione dell’importante società. Dotata di idee innovative votate alla spregiudicata massimizzazione del profitto persino a scapito del rispetto delle più elementari regole comportamentali, appena l’azienda incominciò a risentire della crisi di fatturato intraprese una massiccia politica di riduzione dei costi fissi aziendali imponendo alle organizzazioni sindacali il blocco degli aumenti contributivi già contrattualizzati, legandoli esclusivamente all’incremento della redditività aziendale quantificabile dal risultato di bilancio. Quell’unilaterale pugno di ferro aveva di conseguenza prodotto una frattura tra la Confortis e la Commissione Sindacale Interna, che rappresentava gli oltre quattrocentocinquanta dipendenti. Quest’ultima, già dall’ingresso in società, aveva mal digerito l’arroganza di potere manifestata dalla manager.

    Me ne frego delle vostre rimostranze, aveva subito dichiarato la giovane in assemblea ai rappresentanti sindacali, io devo salvaguardare il mio investimento e userò tutti i mezzi necessari per farlo.

    Ovviamente il padre appoggiava ogni iniziativa della combattiva e audace Adriana, anzi era lui che più volte le suggeriva evolute mosse strategiche apprese attraverso esperienze personali o consigliategli dai colleghi dell’Associazione Industriali.

    Dopo diversi mesi dal manifestarsi della grave crisi di fatturato della Confortis S.p.a., una multinazionale della Grande Distribuzione Organizzata che intendeva realizzare un grosso Centro Commerciale sulla strada statale che da Magenta porta verso Vigevano, non trovando terreni edificabili per erigere la costruzione e avviare il progetto, aveva inoltrato ai Pillotteri una proposta di acquisto del loro fabbricato offrendo un prezzo, per quel difficile periodo, davvero molto interessante.

    Andiamocene da qui, papà sollecitava Adriana, dalla vendita dello stabilimento potremo ricavare il denaro occorrente per pagare tutti i debiti aziendali.

    Prima dobbiamo trovare un’altra posizione valida, inoltre gli acquirenti ci concedono massimo un anno di tempo per lasciare libero il fabbricato, troppo poco per spostare tutta la produzione. Se non troviamo qualcosa di già edificato, non riusciremo mai a ripartire rispettando tutti gli impegni ribatteva il padre.

    Papà, ci sono centinaia di fabbriche abbandonate per fallimento o per trasferimento delle lavorazioni all’estero, non sarà difficile trovare una soluzione adatta per noi. Per di più, potremmo ottenere finanziamenti a tassi vantaggiosi dalla Cassa Depositi e Prestiti e, forse, interventi a fondo perduto tra le pieghe di qualche legge e mediante l’aiuto di qualche ‘amico’. Sai che molti dei nostri macchinari sono obsoleti. Sarebbe un’eccellente opportunità per sostituirli magari usufruendo di erogazioni agevolate come per la ‘Legge Sabatini’.

    Dopo una breve ricerca commissionata a un’importante Agenzia Immobiliare, i Pillotteri ricevettero cinque interessanti proposte per il trasferimento dell’attività in stabili capienti e adatti al loro tipo di produzione. Erano tutti situati lungo strade importanti e abbastanza vicine a un casello autostradale. Dopo averli ben visionati, ottenuto il parere favorevole dallo studio di ingegneria immobiliare, scelsero una localizzazione a circa quaranta chilometri da Magenta lungo la strada regionale che da Novara porta ai laghi di Orta e Maggiore e poi prosegue verso la Svizzera.

    Fino a quattro anni prima quel grosso stabile era occupato da un’azienda alimentare, trasferitasi in seguito presso la casa madre in Veneto, centralizzando le due unità produttive della società per razionalizzare i costi di produzione.

    Sulla grossa vetrata laterale rivolta verso la strada era affisso da mesi, come una inoperabile cataratta, un enorme cartello scolorito dal tempo con scritto Affittasi – Vendesi.

    Ovviamente i rappresentanti della Commissione Interna di tutte e tre le maggiori Organizzazioni Sindacali si opposero a quel trasferimento ritenendo il luogo scelto troppo distante dalle abitazioni degli operai e degli impiegati, i quali avrebbero dovuto sopportare onerosi costi giornalieri di trasferimento.

    Allo scopo di tentare di tacitare le proteste, la rampante neo manager avanzò una proposta durante un Comitato Esecutivo:

    "Mettiamo a disposizione per i primi tre anni un servizio gratuito di autobus per chi lavora dalle otto di mattina alle diciassette e non se la sente di guidare, inoltre rimborsiamo il costo del carburante per chi usa l’auto privata, però solo in carpooling con un minimo di tre occupanti. Vedrete che, con l’andar del tempo, il numero dei pendolari si assottiglierà per dimissioni o pensionamento. Ovviamente i turnisti che coprono gli orari di produzione su due o tre turni di lavoro devono per forza trovare un accordo per viaggiare in auto."

    La buona intenzione ottenne perlomeno l’attenzione da parte degli organi regionali delle Organizzazioni Sindacali, i quali consentirono che si aprisse una breccia di trattativa nel muro eretto tra le maestranze e la direzione aziendale. La contrattazione si svolse presso la sede regionale della C.G.I.L., il sindacato che più di tutti si era dimostrato scettico sul raggiungimento di un onorevole compromesso.

    L’avvocato Giovanni Pillotteri, cugino di Roberto e parlamentare iscritto nel Gruppo Misto della Camera dei Deputati, era stato eletto in una lista elettorale di Forza Italia, ma aveva presto traslocato nel Nuovo Centro Destra per poi lasciare anche questa compagine. Ex socialista, maneggione e intrigante, era stato subito coinvolto dai parenti per aiutarli a risolvere il difficile negoziato.

    Lui si darà subito da fare, conosce mezzo mondo disse il cugino. Ci fornirà le indicazioni giuste per stemperare nel modo migliore questa seccatura.

    La parola seccatura era usata spesso dall’industriale, persino nelle riunioni con i rappresentanti dei lavoratori.

    Seccatura? Per lui, forse, che ha montagne di soldi depositati chissà come in sicuri forzieri di banche svizzere e lussemburghesi, ma non per noi che dobbiamo subire questo disagio sulla nostra pelle. Ora che dovrebbe riportare in Italia almeno una piccola parte di quel denaro che ha nascosto all’estero e magari, come si mormora, guadagnato con affari non proprio legali, se ne frega. Definiamo questo comportamento con il giusto nome: sopraffazione, oppure prepotenza strillavano i rappresentanti sindacali interni durante le assemblee di fabbrica, stufi di ascoltare quella parola ritenuta persino offensiva.

    La procugina Adriana era stata dal deputato a Roma già tre volte, mentre quest’ultimo, quando era a casa e non si trovava oberato da impegni istituzionali, passava dalla fabbrica dei parenti trattenendosi a confabulare con padre e figlia nell’ufficio presidenziale mentre bevevano coppe di spumante.

    Si è rivelata un’ottima strategia personale aver deciso di non essere più schierato politicamente. Ora ho le mani libere e dialogo con tutti i rappresentanti dei partiti. Vi indicherò la soluzione migliore per centrare senza troppi problemi il vostro vero obiettivo. La definitiva tattica di comportamento dovrà però essere coperta dal più assoluto segreto, aveva raccomandato ai cugini l’onorevole durante il loro ultimo colloquio tenutosi in azienda a notte inoltrata.

    C’era però qualcosa nell’aria che non convinceva pienamente i dipendenti. Sembrava che il trasferimento di sede in provincia di Novara non fosse il vero obiettivo dichiarato dai due proprietari. Si notava, in effetti, un via vai di persone sconosciute che dopo l’orario di lavoro si attardavano nell’ufficio presidenziale rimanendovi fino a notte inoltrata.

    Cosa staranno tramando, mormoravano operai e impiegati sempre più preoccupati per il lavoro e per il futuro delle loro famiglie.

    Sovente interpellavano Fatima, l’addetta alle pulizie degli uffici, che dalle diciotto a mezzanotte svuotava i cestini, puliva le scrivanie, lucidava i vetri delle finestre e i pavimenti in gres ceramico.

    Ma tu non senti quello che dicono? chiedevano.

    Io faccio il mio lavoro e basta. Ho un figlio piccolo da mantenere dopo che mio marito mi ha lasciata ed è ritornato dalla sua famiglia d’origine, se dovessi essere scoperta a origliare, mi licenzierebbero.

    Fatima era una graziosa signora di origini nordafricane con la pelle ambrata e, anche se di fede islamica, non portava il velo. Il suo aspetto rivelava una giovinezza un po’ avanzata ma ancora fiorente. Alta, ben proporzionata, suscitava l’ammirazione degli uomini pur essendo molto riservata e sembrava per nulla interessata a raccogliere i sottintesi e persistenti complimenti dei colleghi. Assunta da circa tre anni, godeva della fiducia dei dirigenti, infatti svolgeva il suo lavoro con diligenza e responsabilità.

    3° CAPITOLO

    Agostino Ferrandi era il miglior venditore della Confortis. Disponeva di un parco clienti di prim’ordine ed era molto apprezzato dal Direttore Commerciale e dalla proprietà.

    Ago gli chiese l’ingegner De Ambrosi al termine del solito incontro settimanale con gli Agenti di Commercio in sala riunioni, tu abiti vicino a Novara, chi è il tuo commercialista? È bravo? Ti segue con cura?

    Stupito da quelle domande, Ferrandi ne chiese il motivo e dopo essere stato informato che la direzione voleva trovare un bravo consulente amministrativo più vicino alla nuova sede operativa della società, rivelò il nome del suo tributarista: il dottor Giuseppe Orelli.

    Il presidente vorrebbe parlare con lui e proporgli l’incarico di consulente amministrativo e fiscale della società. Contattalo e fissagli un appuntamento da noi per dopodomani alle dieci. Parlerà con Roberto, Adriana Pillotteri e con il dottor Bergamini, il Direttore Amministrativo e Finanziario.

    Orelli, subito interpellato, accettò di buon grado di partecipare all’incontro.

    Parcheggiò davanti allo stabilimento con mezz’ora d’anticipo.

    Il grosso capannone rettangolare, sebbene non di recente costruzione, era di foggia moderna. Lo osservò con attenzione. Era assemblato con grossi pannelli prefabbricati posati in stile sandwich, con interposto uno strato coibente, e raggiungeva un’altezza superiore ai quindici metri. Ampi finestroni aperti ai bordi del tetto piatto consentivano un moderato riciclo d’aria.

    Accanto, collegata da un tunnel simile a quelli aeroportuali, la palazzina uffici si erigeva su due piani oltre il seminterrato.

    Bella fabbrica commentò prima di essere introdotto.

    Piacere di conoscerla lo salutò il presidente della Confortis presentandogli gli altri due interlocutori.

    L’uomo poteva avere circa sessantacinque anni, comunque ben portati. Di statura superiore alla media, mostrava un volto curato e con poche rughe, evidentemente frutto di più di qualche seduta di lifting.

    Le comunico anticipatamente che se dovesse accettare la proposta che mi accingo a illustrarle, la considererei anche come un favore personale.

    Il tono della voce era perentorio e Orelli rimase un po’ stupito.

    Come le è stato riferito, noi ci trasferiremo il prima possibile in un grosso stabilimento vicino al suo Studio professionale e avremmo l’intenzione di contrattualizzare un duraturo rapporto di collaborazione con il suo Studio.

    Dopo un breve attimo di pausa, riprese a parlare la dottoressa Pillotteri.

    Noi non intendiamo rottamare il nostro precedente consulente, il dottor Puricelli, ma siccome è in scadenza il triennio del Collegio Sindacale, vorremmo proporgli la carica di presidente dell’organo di controllo.

    Tranquillizzato dal chiarimento, Orelli, quasi onorato di aver ricevuto una così interessante proposta di collaborazione da un’importante società industriale, rispose che sarebbe stato onorato di accettare l’allettante offerta. Chiese però di avere al più presto accesso ai dati contabili dell’azienda e

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