Napoli, le vie della bellezza
By Tonino Scala
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Napoli, le vie della bellezza - Tonino Scala
Introduzione
Napoli non è una città, un capoluogo, un’area metropolitana. Napoli è un luogo dell’anima, ove l’interno di ogni napoletano si estende fino a coincidere con l’esterno. So che questa frase è ermetica, è una sensazione difficile da spiegare. Solo un napoletano può comprenderla, un napoletano o chi ama questa città fin dentro le proprie viscere.
In queste poche righe di Tonino Scala è racchiuso il senso di questo viaggio nella triste
bellezza di Napoli che è una delle più belle (e tormentate) città del mondo! E non lo dico solo per luogo comune o perché napoletana DOC.
Quanto accade a Napoli, la città dai due volti:… il bene e il male, la grandezza e la miseria, la luce e il buio, l’oro e il piombo; attraversa con la magistrale narrazione di Tonino Scala quella via maestra che si chiama Legalità
, in mancanza della quale non c’è stupore, non c’è emozione, e non c’è quel senso di appartenenza che ci lega a questa città.
È questa la via della bellezza intrapresa dagli allievi dell’I.C. Tenente Mario De Rosa
di Sant’Anastasia che con letture, confronti e tavole rotonde, hanno più volte incontrato l’autore, emozionandosi ed interiorizzando ciò che in maniera semplice e suggestiva è riuscito a comunicare loro. Ciò è facile evincerlo dalle elaborazioni grafico-pittoriche che accompagnano il testo. Un testo che fotografa la città ove, se è vero che sono reali i problemi della malavita, dell’edilizia fatiscente, della droga e delle pistole, è anche vero che su questo territorio esistono una serie di risorse che riscattano con dignità e decoro i disagi. Le storie narrate da Tonino Scala ci trasmettono proprio questo: la denuncia di quanto di sbagliato esiste nella città del sole, del mare e della buona gente e ci indirizzano alla riflessione, alla conversazione su quelle tematiche che perseguono la speranza del riscatto facendo leva sulle forze giovani.
Prof.ssa Maria Capone
L’avvocato napoletano
Come mai i moscerini prendono sempre l’autostrada contromano non è dato sapere.
Siamo sull’autostrada Napoli-Salerno, l’A3, direzione Napoli. Usciamo a Torre del Greco, la città del corallo. Alla rotonda prendiamo la seconda traversa sulla destra, poi all’incrocio imbocchiamo la strada sempre a destra e, pochi metri dopo, sullo stesso lato, ci fermiamo.
Di fronte a noi una villa, di quelle che si trovano da queste parti, di colore giallo, un giallo un po’ scambiato dal tempo. Lo stile è liberty, ha due piani e un giardino in cui possiamo ammirare un’estesa pineta. Fu costruita nel 1928 dall’ingegner Platania.
Perché ci siamo fermati? Perché proprio davanti a quest’edificio? Non correte, lo scoprirete fra poco!
Nel Vesuviano di ville ce ne sono tante, anche di più belle. Tutto vero, nulla da eccepire. Questa struttura però è stata la residenza del primo Presidente della Repubblica Italiana, Enrico De Nicola.
Per quale ragione iniziare questo viaggio per le vie della bellezza napoletana proprio da qui? Perché in questo luogo è nata l’Italia repubblicana, la nostra Repubblica fondata sul lavoro e sull’antifascismo.
Un viaggio atipico che vuole mettere in risalto come questa terra abbia contribuito a rendere grande il nostro Paese. Il nostro viaggio non può che partire da chi questo Paese l’ha edificato.
Enrico De Nicola, come già detto, è stato il primo Presidente della Repubblica Italiana, un uomo bizzarro e bizzoso, come l’hanno definito in tanti. Un bravo avvocato, che con i soldi guadagnati con la sua professione si fece costruire, per sottrarsi alla frenesia della vita politica, questa villa sobria immersa nel verde. Doveva essere la sua casa per le vacanze, lontano dal caos cittadino, ma diventò ben presto la sua residenza abituale, dove trascorse tutta la sua vita.
Nato a Napoli nel 1877, dopo gli studi al Liceo Genovesi di Napoli, s’iscrisse a Giurisprudenza, alla Federico II e divenne un bravissimo penalista. La sua fama raggiunse l’intero Paese. La passione per la politica c’era e nel 1907, a soli trent’anni, fu eletto Consigliere Comunale ed entrò nel prestigioso Consiglio Comunale di Napoli. Due anni dopo, nel 1909, si candidò alle elezioni politiche diventando parlamentare.
Il 26 giugno 1920 fu eletto Presidente della Camera dei deputati. Rieletto nel 1921, ebbe incarico da Giolitti, con Ivanoe Bonomi, per la formazione del nuovo governo che sarebbe dovuto succedergli, ma preferì rinunciare.
Tra i tanti ruoli assunti in una lunga carriera politica, fu scelto anche come garante di un patto di pacificazione
tra socialisti e fascisti, patto che non ebbe sviluppi positivi.
Nel 1929 fu nominato dal re, Vittorio Emanuele III di Savoia, senatore del Regno su proposta dell’Alto Commissario di Napoli, ma non prese mai parte ai lavori assembleari, se non ad alcune commissioni giuridiche.
Il suo studio legale era tra i più importanti del Regno d’Italia e negli anni trenta ebbe come collaboratori il futuro presidente della Repubblica Giovanni Leone e l’azionista (Partito d’Azione), poi leader socialista, Francesco De Martino.
Politicamente di area liberale giolittiana, era un monarchico.
Un monarchico che diventa primo presidente della Repubblica? Vi starete chiedendo come sia possibile.
So che può sembrare una contraddizione, ma proprio perché monarchico divenne il primo Presidente!
Bisognava unificare il Paese dopo il conflitto mondiale. Conoscendo le sue doti di mediatore, di uomo integerrimo, vista la sua autorevolezza riconosciuta da tutti, l’Assemblea Costituente chiese a lui di assumere un ruolo così delicato: era la persona più adatta.
All’indomani del referendum istituzionale del 2 giugno, che sancì per pochi voti la vittoria della Repubblica sulla Monarchia (La Repubblica ebbe 54,3% dei voti, la monarchia, il 45,7%), le massime cariche dello Stato erano occupate da due settentrionali fieramente repubblicani: il trentino Alcide De Gasperi al governo, il piemontese Giuseppe Saragat alla Costituente. Un periodo difficile era da poco terminato la guerra e le città erano ancora distrutte dalle bombe. In quelle circostanze il partito della Democrazia Cristiana parteggiava per Vittorio Emanuele Orlando, i socialisti per Benedetto Croce. Tra i papabili c’è pure De Nicola, ex deputato liberale e ministro giolittiano, anche se nessuno era disposto a scommettere su di lui, per le sue convinzioni e per il suo passato.
In tanti erano convinti che avrebbe rinunciato alla candidatura, visti i tanti i rifiuti nel corso di una vita: per ben quattro volte rifiutò la presidenza del Consiglio, una nomina a senatore, un’elezione a deputato, una poltrona a sindaco di Napoli.
Alla sua prima seduta, il 28 giugno 1946, l’Assemblea Costituente lo elesse Capo provvisorio dello Stato, con 396 voti su 501, al primo scrutinio.
Accetterà l’incarico, Enrico De Nicola?
In tanti, compresa la stampa, sostenevano che l’avvocato napoletano adorava farsi pregare. Manlio Lupinacci, importante giornalista, lo schernì sul Giornale
d’Italia: «Onorevole De Nicola, decida di decidere se accetta di accettare». Lui, infatti, alle prime avvisaglie della sua elezione, scappò da Roma rintanandosi nella sua casa di Torre del Greco. Saragat tentò di avvertirlo che stava per cominciare la votazione decisiva, ma trovò il telefono staccato. Qualche ora dopo ci riprovò De Gasperi, per comunicargli l’esito finale. Enrico De Nicola il neoeletto Presidente rispose solo qualche ora dopo. Sapete cosa disse? «M’inchino alla volontà popolare».
Non ci fu nessun ringraziamento ai deputati che lo elessero alla più alta carica dello Stato. Alcide De Gasperi ci rimase male, come ci raccontano le