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Tra le pagine di un libro
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Tra le pagine di un libro

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About this ebook

“Sonia Gimor è stata una bella scoperta, una penna capace di regalare emozioni e sensazioni uniche.”
Blog Esmeralda viaggi e libri
    
“Sono sempre disarmata quando leggo i romanzi della Gimor, perché li trovo simili a una sorgente d’acqua fresca, un’oasi rigenerante che riscalda il cuore e acquieta l’anima.”
Book’s Angels
Ilaria è una ragazza che sogna di diventare una famosa scrittrice di romanzi rosa.
Daniele è un editore affermato, di successo, ma preda di una dipendenza che lo logora giorno dopo giorno.
La luce. Il buio.
Giochi di potere, sotterfugi, inganni... quanto può essere pericoloso un mondo dove, per arrivare alla ribalta, tutto è lecito?
«Sai cosa dovresti fare?»
«Cosa?»
«Quello per cui sei nata: scrivici un libro.»
Lo guardo sorpresa. «Vuoi dire un libro su tutto questo?» Non ci avevo pensato fino a questo momento, eppure l’idea prende velocemente piede nella mia mente.
«Certo. Su tutte le cose che hai visto succedere in questi anni nel mondo del rosa.»
«Ma io scrivo romanzi d’amore…»
Ammicca sornione. «Per quello ci sono io, no?»
Rido, ma il mio cervello ormai è in movimento e sta già delineando la bozza di ciò che potrei inserire in una storia del genere. «Quindi vorresti che includessi la nostra storia in questo romanzo?»
Mi sfiora il naso con le labbra. «Basta che tu mi descriva bello e irresistibile» ci tiene a precisare.
«Un libro sul mondo rosa. Una storia d’amore tra un editore e una delle sue autrici. Un libro di denuncia verso ciò in cui in tutti questi anni mi sono imbattuta. Mi piace!» sancisco decisa.
«Bene. Ora manca solo il titolo… posso suggerire?»
Lo guardo curiosa. «Cosa propone il mio editore?»
«Cosa ne dici di “Tra le pagine di un libro?»
LanguageItaliano
Release dateJan 15, 2018
ISBN9788868672874
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    Tra le pagine di un libro - Sonia Gimor

    Gimor

    1. ILARIA

    Inviato a: manoscritti@stareditore.com

    Da: ilaria.salva@smail.com

    08/02/2017 ore 09.14

    Oggetto: Invio del manoscritto Una vita io e te

    ----------------------------------------------------------------

    Buongiorno,

    Sono Ilaria Salva e scrivo romance da qualche anno. Ho sempre curato i miei testi in autonomia e li ho sempre autopubblicati nelle piattaforme online. Vorrei sottoporre alla Vostra attenzione un testo inedito, un manoscritto al quale tengo molto e che spero possa incontrare il Vostro gusto.

    In allegato troverete la sinossi, il testo completo e la mia biografia.

    Sperando in una vostra cortese risposta,

    Vi porgo i miei distinti saluti.

    Ilaria Salva

    Premo invio con la mano tremante e il cuore che martella inesorabile nel petto. Non avevo mai avuto il coraggio di proporre il mio lavoro a una casa editrice, ma questa volta voglio tentare.

    Scrivo romance contemporanei da quattro anni ormai, ho un discreto pubblico e ritengo che la mia dimestichezza nello scrivere sia notevolmente migliorata rispetto al primo scritto, a soli vent’anni.

    Ogni volta che ripenso al momento in cui ho caricato negli store il primo romanzo, non posso non provare una certa tenerezza. Ero inesperta, sola e assolutamente inconsapevole. Ora invece conosco bene le dinamiche. Da quando ho iniziato ad autopubblicarmi ne ho viste talmente tante che potrei scriverne un libro. Non so se la cosa valga solo per il genere rosa, ma la cattiveria e gli sgambetti che ho osservato in questi anni tra le autrici hanno di gran lunga superato la mia immaginazione. Penso ai poeti: non riesco proprio a immaginarmeli mentre perdono tempo a creare gruppi segreti su Facebook dove scambiarsi recensioni, mentre nel rosa…

    Faccio un lungo sospiro e rileggo la richiesta appena inviata. Potrei spedire la stessa mail a più case editrici, ma la verità è che ho letto i romanzi rosa della Star Editore fin da ragazzina, ed è sempre stato il mio sogno fare parte di quella collana. Non mi sono mai sentita all’altezza per proporre qualcosa di mio, però su questo manoscritto ho lavorato davvero tanto e spero che possa venire preso in considerazione. Inoltre adesso ho una bibliografia da presentare e, seppur modesta, è sicuramente una carta a mio favore.

    «Tutto bene?» mi domanda Marco, facendomi alzare di scatto il viso nella direzione della sua scrivania.

    Marco è un mio collega, ma da quando lavoro qua è diventato un caro amico. Siamo gli assistenti personali di due notai che condividono uno stesso studio, così ci troviamo a lavorare fianco a fianco per la maggior parte del tempo.

    Sospiro.

    «Sì, tutto bene… Ho appena inviato la mail» gli rivelo.

    Marco sgrana gli occhi e spinge la sedia con le rotelle su cui è seduto, in modo da scivolare accanto a me.

    «Vuoi dire quella mail?»

    Annuisco, mentre entrambi fissiamo lo schermo.

    «Hai fatto bene, Ila. Era ora che trovassi il coraggio di farlo. Vedrai che ti prenderanno in considerazione. Ormai hai un bel numero di lettrici, scommetto che quando leggeranno il tuo nome sapranno benissimo chi sei.»

    «Non lo so, Marco. Riceveranno talmente tanti manoscritti che con ogni probabilità il mio non verrà nemmeno notato. In ogni caso nella vita bisogna buttarsi, no?»

    «Non essere sempre negativa con te stessa.» Mi ammonisce.

    Alzo le spalle e le rilasso, cercando per un attimo il suo sguardo.

    «Sono solo realista. In ogni caso adesso basta chiacchierare, abbiamo un sacco di scadenze mentre la Star Editore avrà ben sei mesi di tempo per rispondere a questa mail… Rimettiamoci a lavoro.»

    Sbuffa sonoramente e fa scivolare di nuovo la sedia fino alla sua scrivania.

    «Mi piaci di più quando sei nella tua bolla librosa, intenta a scrivere i tuoi romanzi o a rispondere alle domande delle lettrici» osserva, sfottendomi.

    Gli rivolgo una linguaccia ed esco dalla mia casella di posta, pronta ad aprire il foglio Excel sul quale stavo lavorando.

    In effetti, capita spesso che io a lavoro mi perda in attività non esattamente attinenti. A mia discolpa però posso dire che lo faccio solo nei periodi dell’anno tranquilli… e ovviamente solo se Sandra Dinaldi, la notaia della quale sono assistente, è fuori sede o impegnatissima in riunioni con i clienti.

    Mi metto a lavoro, ma non riesco a concentrarmi.

    Giocherello con il mouse sullo schermo e, come fosse il canto di una sirena, l’icona di Facebook mi richiama insistente, fino a che non cedo alla tentazione di entrare nel mio profilo.

    Faccio scorrere velocemente gli ultimi post nella bacheca, poi sospiro rassegnata.

    «La Florez è uscita con un nuovo libro» annuncio svogliatamente a Marco. Non so quanto realmente sia interessato a tutte le dinamiche che gli racconto, inerenti a libri e autori, però devo ammettere che presta sempre attenzione. Non fa solo finta, mi ascolta per davvero. Caratteristica alquanto rara in un uomo.

    «Ludovica Florez, giusto? Quella brutta spilungona antipatica che arriva sempre prima in classifica e sputa veleno su tutti quelli che le capitano a tiro?»

    Scoppio a ridere.

    «Proprio lei. A parte il fatto che non è brutta, anzi… è una ragazza davvero bellissima» dico sincera, mentre osservo la sua foto profilo.

    «Credimi, quella è la Crudelia De Mon dell’editoria.»

    Non ribatto, perché sono d’accordo con lui.

    Ho conosciuto Ludovica su Facebook, ha iniziato a scrivere circa un anno dopo di me. Inizialmente sembrava realmente interessata alla mia amicizia, parlavamo molto, poi ha cominciato a vendere, a essere conosciuta, ed è sparita.

    Ora la osservo da lontano, ma purtroppo è cambiata. Ad oggi per lei contano solo i numeri delle pagine lette, le strategie di marketing, e utilizza ogni mezzo a sua disposizione per affossare le colleghe sotto ai suoi tacchi a spillo.

    Controllo le notifiche. Sono quasi settanta. Le faccio scorrere velocemente e rispondo alle lettrici che mi hanno cercata. Questa è la parte più bella di tutte: quando una persona ti legge e ti cerca per complimentarsi con te, per farti sapere quanto la tua storia l’abbia emozionata… ecco: in questo campo non c’è nulla di più prezioso e gratificante, secondo me.

    Apro la casella delle chat e mi fiondo in quella con Valentina, una giovane scrittrice self proprio come me, oltre che amica fidata. Perché, se è vero che questo è un mondo fatto di squali, è anche vero che esiste un’altra faccia della stessa medaglia: ci sono colleghe con le quali ci si supporta sempre, in ogni occasione, e in moltissimi modi.

    ILARIA: Buongiorno, Vale!

    VALENTINA: Buongiorno, cara. Hai visto la grande uscita di questa mattina? È già tredicesima in classifica…

    Sorrido allo schermo. Valentina rimugina troppo su queste cose.

    ILARIA: E la cosa ti stupisce? Entro questa sera sarà sul podio, era prevedibile… sulla sua scrittura non c’è proprio nulla da dire.

    VALENTINA: Sulla sua scrittura no, sulla sua doppia faccia invece, potremmo disquisire per ore.

    ILARIA: Guarda, lasciamo perdere. Ieri ho saputo che aveva promesso a Elisabetta di correggerle il libro prima della pubblicazione. Sai cos’ha fatto? L’ha girato in segreto a una terza persona dicendole io non ho intenzione di perderci tempo, correggi giusto qualche virgola qui e là, tanto con la scrittura di merda che si ritrova, c’è poco da fare. Ed Elisabetta ha speso metà dei suoi ringraziamenti a lodarla, elencando tutto quello che Ludovica ha fatto per lei…

    VALENTINA: Ma stai scherzando? Non ho davvero parole! Questo maledetto Karma arriverà prima o poi?

    ILARIA: Se si vuole palesare con me, questo sarebbe il momento adatto.

    VALENTINA: Perché? Qualche novità in vista?

    ILARIA:

    VALENTINA: Non dirmi che l’hai fatto?

    ILARIA: L’ho fatto.

    VALENTINA: Finalmente! Quando ti risponderanno? E tu cos’hai intenzione di dire loro?

    ILARIA: Vale, calmati! Prima di tutto, non so nemmeno se risponderanno. E poi potrebbero farlo a distanza di mesi. Non resta che aspettare.

    VALENTINA: Ma certo che risponderanno! Sarebbero degli idioti a non prenderti in considerazione. Caspita: Star Editore, ti rendi conto? Come ti senti? Emozionata? Preoccupata? In ansia?

    Sorrido di nuovo. Ero tranquilla fino a qualche secondo fa, ma ora Valentina mi sta mettendo agitazione.

    Sento la dottoressa congedare i clienti, tra qualche istante usciranno dall’ufficio.

    ILARIA: Ti saluto, Vale. Miranda Priestley sta per uscire dal suo ufficio.

    VALENTINA: Ahahahah! Ci sentiamo dopo. Vado a controllare la classifica.

    Alzo gli occhi al cielo. È mai possibile che tutto sembri girare intorno a quella maledetta classifica? Fosse poi una graduatoria ufficiale o significativa… ho visto autrici prime in classifica eclissarsi già qualche settimana dopo la loro pubblicazione. Non è questo il modo di lasciare il segno, non è a questo che una scrittrice dovrebbe puntare.

    La porta dell’ufficio del mio capo si apre e chiudo Facebook alla velocità della luce, fingendo una concentrazione lodevole verso il foglio Excel che ho davanti.

    «Ilaria, dì a Sara di fissare un appuntamento tra due mesi al signor Marinelli, dopodiché ti aspetto nel mio ufficio.»

    Annuisco e mi alzo immediatamente, sorrido al Signor Marinelli e lo accompagno fino alla postazione della segretaria, in entrata.

    «Sara, fissa un appuntamento al signore tra circa due mesi. Signor Marinelli, per qualsiasi cosa, non esiti a chiamarmi» gli sorrido cordiale e lo saluto con una stretta di mano, poi mi dirigo verso l’ufficio del mio capo.

    «Fammi gli auguri» dico a Marco, mentre mi liscio la camicetta. Il mio contratto determinato è in scadenza, spero non ci siano cattive notizie.

    «Vedrai che andrà tutto bene» mi incoraggia.

    Faccio un respiro profondo e busso, poi entro in ufficio.

    «Eccomi, dottoressa» resto a qualche passo dalla scrivania in legno massiccio con il cuore che rimbalza nel petto e le mani sudate, mentre lei mi scruta da sopra i suoi occhiali da vista dorati.

    «Prego, siediti, Ilaria.»

    Seguo le sue istruzioni perseverando nel mio silenzio. Resto in attesa mentre sistema dei fogli sul tavolo.

    «Tra una settimana scadrà il tuo contratto…»

    «Sì, lo ricordo.» Percepisco una gocciolina di sudore scivolare lungo la tempia e devo reprimere l’istinto di mangiucchiarmi le unghie per il nervosismo.

    «Credi di aver svolto bene il tuo lavoro durante quest’anno?»

    «Io credo di sì, dottoressa.» Ovviamente se non prendiamo in considerazione le ore che ho trascorso facendo i cavoli miei.

    «Lo credo anche io.»

    Non aggiunge altro e mi passa un plico di fogli. Leggo l’intestazione: Contratto a tempo indeterminato.

    La mia bocca si allarga sorpresa e alzo lo sguardo verso di lei.

    «Un contratto indeterminato? Davvero?» Non so cosa dire, sono oltremodo felice. Per me è una sicurezza non indifferente. Finalmente potrò cercare un appartamentino tutto per me qui a Modena, potrò fare progetti, pianificare ciò che ho sempre voluto fare… cerco di tornare con i piedi per terra e scruto il volto della Dottoressa Dinaldi, disteso in un sorriso accogliente. Non è facile scorgere un’espressione spontanea nel volto del mio capo, eppure adesso credo sia sincera. Le sorrido di rimando.

    «Grazie infinite, dottoressa. Non la deluderò» le assicuro, alzandomi e porgendole una mano. Lei imita il mio gesto, ma mi trattiene per un attimo, guardandomi negli occhi. Il suo volto si è indurito.

    «Questa è la prima volta che concedo un contratto del genere. Non farmene pentire, siamo intesi?»

    Annuisco con decisione. «Non se ne pentirà» e, detto questo, mi volto e mi avvio a passo svelto fuori dall’ufficio.

    Mi lascio cadere sulla sedia girevole e rileggo l’intestazione del plico di fogli che ho in mano.

    «Allora?» Marco mi incita curioso.

    «Ho un contratto a tempo indeterminato!» gli rivelo orgogliosa, alzando verso di lui i fogli.

    In tutta risposta si alza e si avvicina, mi prende per una mano e mi attira a sé, facendomi alzare e stringendomi in un abbraccio colmo d’affetto.

    «Lo sapevo che ce l’avresti fatta, Ila. Sono orgoglioso di te. Vedrai che nella tua vita accadranno solo cose belle d’ora in poi, e tu te le meriti tutte.»

    Le parole di Marco mi commuovono e alcune lacrime sfuggono al mio controllo. La verità è che l’ultimo anno non è stato facile per me e solo ora inizio a vedere la luce in fondo al tunnel nel quale sono precipitata ormai quindici mesi fa.

    Nonostante la mia giovane età, stavo insieme a Giorgio da sei anni quando è successo. Avevamo infiniti progetti: un matrimonio, una casa, una famiglia… poi ho scoperto la cosa più bella: ero incinta. Presto saremo diventati genitori. Giorgio inizialmente non ne era convinto, credeva che i figli sarebbero arrivati in un secondo momento, che avremmo avuto ancora tempo da dedicare a noi due. Da quel momento sono iniziati i problemi: litigavamo spesso, bocciava qualsiasi idea su una convivenza, su un futuro. Non voleva sentir parlare di corredino, di nomi, di ecografie, di nausee. Due mesi dopo, a seguito di una furibonda lite, ho avuto dei forti crampi e delle copiose perdite di sangue. A nulla è valsa la corsa in ospedale… il mio piccolo non c’era più. Non sapevo ancora se fosse un maschietto o una femminuccia, era stato così poco dentro di me che non ho nemmeno mai sentito un suo piccolo movimento. Eppure già lo amavo più di me stessa. Ho incolpato Giorgio, gli ho riversato addosso tutto il mio dolore, tutta la mia frustrazione. Probabilmente non è stata colpa sua, né della lite. Forse certe cose accadono perché è così che devono andare, ma questa consapevolezza non ha salvato la nostra storia. Ormai il mio fagiolino se n’era andato, e con esso anche tutto quello che provavo per Giorgio. Pochi mesi dopo ho saputo che stava frequentando una nostra vecchia conoscenza e il dubbio che la loro fosse una frequentazione nata prima che la nostra relazione finisse si è insediato in me, diventando poi una certezza. Così ho capito perché un bambino per lui fosse tanto scomodo, e l’ho odiato. L’ho odiato, perché non aveva ingannato solo me, ma aveva tradito il nostro piccolo, aveva voltato le spalle a tutto ciò che eravamo. In ogni caso non l’ho più sentito. Ogni tanto sua madre mi telefona per sapere come sto, ma non parliamo mai di suo figlio. Qualche tempo dopo l’aborto ho trovato lavoro nello studio della dottoressa Dinaldi, e a distanza di un anno ho raggiunto l’obiettivo di un contratto indeterminato. La vita è andata avanti, e il dolore che sentivo a causa della perdita si è attenuato un po’, o forse ci ho semplicemente fatto l’abitudine. Ancora però non mi sento pronta a far entrare un uomo nella mia vita. Troppi ricordi, troppo dolore, troppe ferite ancora aperte… non sono stupida, so che Marco vorrebbe qualcosa di più della mia amicizia e sta aspettando in silenzio che per me arrivi il momento giusto. Lui è un bravo ragazzo, di bell’aspetto, molto dolce e sensibile. Purtroppo però non credo che il mio cuore batterà mai per lui. A dire la verità al momento non so se batterà più per qualcuno. Mi rifugio nei miei libri, nelle mie storie e nei lieti fini che regalo ai miei personaggi, sperando che un giorno possa esserci un bell’epilogo anche per me.

    2. DANIELE

    «Parliamo invece di suo padre. Ormai sono passati quasi due anni dalla sua scomparsa e lei è riuscito a incrementare notevolmente il fatturato della sua azienda. Ha seguito le sue orme o ha adottato nuove strategie?»

    Che domanda del cazzo. Parlare di mio padre mi innervosisce sempre, ma il ragazzino seduto di fronte a me avrà sì e no ventidue anni e questa sarà sicuramente una delle prime interviste che gli affidano, non mi va di sbatterlo fuori dall’ufficio a calci in culo.

    Sfrego i palmi delle mani sui pantaloni e cerco di smorzare il nervosismo.

    «La Star Editore è stata fondata da mio nonno a metà del novecento e mio padre ne è rimasto al comando per quasi quarant’anni. Ha creato un impero, ha superato ostacoli insormontabili e gestito cambiamenti editoriali davvero importanti. Cercherò in ogni istante di seguire le sue orme, in qualsiasi caso. Detto questo è chiaro che bisogna anche adattarsi alle novità, come la digitalizzazione delle opere, per esempio, che negli ultimi anni la fa da padrone. In ogni mia decisione, comunque, cerco sempre di pensare a come avrebbe agito lui.»

    Qualcuno bussa alla porta, interrompendo il ragazzino proprio mentre sta per formulare la sua ennesima, inutile, curiosità.

    «Avanti» dico a voce alta, grato a chiunque abbia interrotto questa mediocre intervista.

    «Signor Borghi, le chiedo scusa, ma tra cinque minuti comincerà il consiglio di amministrazione in sala conferenze» mi ricorda efficiente Lisa, la mia segretaria personale.

    Mi alzo di scatto, come se avessi visto una tarantola sulla mia poltrona.

    «Grazie, Lisa. Mattia, è stato davvero un piacere rispondere alle sue domande, ma purtroppo ora devo andare. Spero che lei abbia raccolto materiale sufficiente per il suo articolo.»

    Scruta per un attimo i suoi appunti. «Sono abbastanza soddisfatto, Signor Borghi. Grazie a lei per la disponibilità che mi ha riservato.»

    Ci stringiamo la mano ed esce dall’ufficio, poi allento la cravatta e mi lascio cadere sulla poltrona, sospirando, mentre osservo per un attimo la città di Milano dalle vetrate.

    Parlare di mio padre mi agita sempre. È scomparso, letteralmente. Quell’estate aveva deciso di portare la sua compagna ai Caraibi per le ferie estive. Lui e mia madre avevano divorziato quando ero ancora un ragazzino e, dopo varie relazioni senza importanza, aveva trovato Monica, con la quale conviveva ormai da qualche anno. Un pomeriggio, durante la loro vacanza, devono aver deciso di noleggiare uno di quei piccoli aeroplani privati per un’escursione… purtroppo da quella gita non hanno mai fatto ritorno. Le ricerche sono andate avanti per intere settimane, dopodiché l’operazione di soccorso è stata sostituita da una di recupero. Qualche giorno dopo sono stati trovati alcuni resti dell’aeroplano alla deriva, nell’oceano Atlantico.

    Mi passo una mano sul viso, come per scacciare certi ricordi. Da quando è stata dichiarata la morte di mio padre, ho dovuto prendere il suo posto come amministratore delegato e, anche se all’inizio è stato tutt’altro che facile, la verità è che questo lavoro mi appassiona. Lasciando da parte la modestia, sono un fottuto genio in quello che faccio. Nonostante questo però, mio padre mi manca. Ho trentadue anni, sono un uomo adulto ormai; ho un’azienda di successo e parecchi zeri nel conto corrente, eppure sento un vuoto dentro che non si può spiegare. Quell’uomo mi manca ogni stramaledetto giorno che passa. Malgrado il matrimonio dei miei sia stato un competo fallimento, il rapporto tra me e lui è sempre stato speciale. Il nervosismo continua a montare dentro di me e un bisogno ormai troppo conosciuto prende il sopravvento. Sospiro di nuovo ed estraggo dalla tasca dei pantaloni la piccola chiave dell’ultimo cassetto della scrivania, la inserisco nella serratura e la faccio scattare. Guardo per un attimo verso la porta del mio ufficio, accertandomi che sia effettivamente chiusa, poi apro il cassetto. Sposto qualche foglio ed ecco quello che stavo cerando: una piccola bustina trasparente all’interno della quale una sottilissima polvere bianca mi aspetta invitante. Dopo la morte di mio padre, quello che prima era un divertente passatempo del sabato sera è via via diventato un bisogno insistente nella mia giornata. Odio la cocaina, odio questo diavolo che mi richiama costantemente, eppure amo come mi fa sentire.

    Prendo la busta e la rigiro tra le mani, sto per aprirla, ma qualcuno bussa alla porta.

    «Chi è?» domando nervoso, abbassando la mano sotto alla scrivania.

    Lisa si affaccia titubante. «Mi dispiace disturbarla di nuovo, ma il consiglio di amministrazione la sta aspettando…»

    «Arrivo, Lisa» le rispondo, cercando di utilizzare un tono meno burbero del solito.

    Infilo nel taschino della giacca la bustina, afferro la cartellina con i dati relativi alle vendite delle varie collane ed esco dall’ufficio, diretto a passo svelto verso la sala conferenze.

    Quando faccio il mio ingresso, l’intero consiglio di amministrazione si alza in piedi.

    Mi schiarisco la voce. «Buongiorno a tutti. State pure comodi.»

    Stringo la mano a Guido, il miglior amico del mio vecchio, nonché socio di minoranza. È lui che mi ha insegnato a gestire quest’azienda, dopo la morte di mio padre.

    «Guido, vedo che hai portato tuo figlio…»

    Suo figlio Dennis ha un anno meno di me, siamo amici fin da quando ho ricordi, e presto suo padre gli cederà le sue quote dell’azienda.

    «Sì, Daniele. È tempo che prenda dimestichezza con questo genere di incontri, visto che tra non molto possiederà il dieci percento della baracca» scherza Guido, dando una pacca sulla spalla a Dennis.

    «Dennis, è bello vederti. Non ci troviamo da quanto, due mesi?» aggrotto la fronte, fingendo di pensare all’ultima volta in cui ci siamo visti.

    In realtà eravamo a un festino insieme il week end scorso, ed era così fatto che l’ho trovato su un divano in compagnia di una ragazza intenta a fargli un pompino… decisamente meglio fingere di non esserci più visti dalla festa di Natale.

    «Sì… sì, credo proprio sia stato dicembre» mi segue a ruota, sfoggiando la faccia di bronzo più falsa di sempre.

    Dissimulo una risata mentre mi accomodo al mio posto, a capotavola.

    Da quando sono al comando, ho stabilito che ad alcuni CDA partecipino anche i direttori delle varie collane, in modo da discutere assieme le strategie editoriali comuni da portare avanti e, oggi, sono tutti presenti.

    «Bene, di nuovo buongiorno a tutti. Non vi ruberò molto tempo. Ho avuto modo di vagliare i risultati delle vendite dell’ultimo trimestre e ne sono particolarmente soddisfatto. Un plauso particolare alla collana di narrativa, che ha chiuso con un margine del trenta percento rispetto al trimestre precedente. Silvio, hai trovato un titolo migliore per lo storico sull’impero romano?»

    «Sì, signor Borghi. Pensavamo a La legione fantasma» mi risponde prontamente l’editor della collana storica.

    Annuisco. «Mi piace. Parla con il reparto di grafica per una copertina adatta. Voglio il libro nella classifica nazionale da qui a un mese, non dimenticarlo.»

    «Ce la faremo, non ne dubiti.»

    Guardo per un attimo gli editori che ho davanti, poi mi soffermo con lo sguardo su Ilenia, la direttrice della collana rosa.

    «Ilenia, la collana rosa ha bisogno di autori nuovi. Nell’ultimo anno abbiamo lavorato con autrici già viste, e onestamente rischiamo di proporre storie trite e ritrite. Voglio autrici giovani, fresche, con idee nuove.»

    «Giustappunto, Daniele, avrei due nomi da proporre. Sono della sua stessa opinione, e sto osservando un paio di autrici sui social ormai da diverse settimane. Hanno due stili diversi e credo possano abbracciare il gusto delle nostre

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