Brescia malatestiana
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Il prof. Raffaele Piero Galli ricuce le trame disperse di una storia dimenticata e rivela nuove scoperte.
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Gli stili architettonici del '900: Spiegati agli stupidi Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Brescia Malatestiana, approfondimenti Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Pandolfo Malatesta di Pesaro Vescovo di Brescia: arcidiacono di Bologna, amministratore dell’Abbazia di Pomposa, amministratore dell’episcopato di Brescia, cappellano e referendario di papa Martino V, vescovo di Coutances, arcivescovo e barone di Patrasso, signore di Pesaro Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
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Anteprima del libro
Brescia malatestiana - Raffaele Piero Galli
Raffaele Piero Galli
Brescia malatestiana
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Indice dei contenuti
BRESCIA MALATESTIANA
INTRODUZIONE
LA FAMIGLIA
PANDOLFO III MALATESTA (detto IL GRANDE)
ALLEGRA DEI MORI CASTELLANO
GALEOTTO ROBERTO MALATESTA
ANTONIA DA BARIGNANO
SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA
DOMENICO NOVELLO MALATESTA
LA CORTE
CARLO MALATESTA
PANDOLFO MALATESTA (VESCOVO)
ELISABETTA GONZAGA (detta ISABETTA)
ANSOVINA DA VARANO
ANTONIA MALATESTA DI CESENA
LA CORTE AL COMPLETO
LA SIGNORIA
CLEOFE MALATESTI (O CLEOPA)
GENTILE DA FABRIANO
JACOPO BELLINI
PAPA ODDONE COLONNA (MARTINO V)
ARTI E ISTITUZIONI
L’ARCHITETTURA
LE ARMI
LA CACCIA
IL CANTIERE NAVALE
I GIOCHI
LA MODA
LA MUSICA
L’OSPEDALE
LA PITTURA
LA PUBBLICA SICUREZZA
LA ZECCA
POSSIBILE ITINERARIO D’OGGI NELLA BRESCIA MALATESTIANA
PALAZZO BROLETTO
PIAZZA DUOMO E DUOMO VECCHIO
CHIESA DI SAN FRANCESCO
CHIESA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA
CHIESA DI SANTA MARIA DEL CARMINE
CONCLUSIONE
PER DELINEARE NUOVI ITINERARI
BIBLIOGRAFIA
ALTRE FONTI
RINGRAZIAMENTI
BRESCIA MALATESTIANA
Il leone, simbolo di Brescia, scolpito in uno dei peducci della Loggia Malatestiana di Palazzo Broletto.
INTRODUZIONE
Una serie di damnatio memoriae (cancellazione dei segni del passaggio di un’epoca da parte dei protagonisti della successiva), susseguitesi nei secoli, hanno relegato all’oblio del tempo uno dei momenti più alti della storia bresciana: la Signoria di Pandolfo III Malatesta.
In primis, si ha quella del suo acerrimo nemico, il duca di Milano Filippo Maria Visconti, rancoroso fin da bambino perché, per la giovane età, si vede escluso dal trono insieme al fratello Giovanni Maria, mentre la madre Caterina preferisce i Malatesti Pandolfo e Carlo, nel Consiglio di Reggenza dopo la morte di Gian Galeazzo. Filippo, una volta salito al potere dopo la morte del fratello Giovanni, scatena il Carmagnola (Francesco da Bussone conte di Carmagnola, poi conte di Chiari) a fare terra bruciata nel bresciano, fino a riprendersi quella Brescia che un tempo era sua e che ancora lo doveva essere di diritto. A dar manforte all’operazione si ha la progressiva crescita di considerazione che Venezia ha nei confronti del Carmagnola.
Ecco quindi che la prima damnatio avviene all’indomani della dipartita di Pandolfo, nel 1421, con il suo lungo seguito di cortigiani, uomini d’arme e persino nobili bresciani a lui affezionati, come Antonia, sua compagna d’amore, madre di due dei suoi figli, accompagnata dai suoi fratelli Bargnani, verso Rimini. È immediata la cancellazione di molte decorazioni pittoriche e degli stemmi malatestiani da parte del tirannico Filippo Maria. A non aiutare gli storici, insieme alla damnatio memoriae viscontea, si aggiunge la partenza con Pandolfo III di quasi tutti i registri di corte, condotti con lui a Fano, dove ancora oggi sono conservati [fra gli scritti rimasti a Brescia, si veda: Conti Elisabetta, Un inedito registro di Pandolfo Malatesta, supplemento ai Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1991]. E poi, naturalmente, a non aiutare gli storici, c’è il proverbiale fatto che a scrivere la storia sono, normalmente, i vincitori.
Una seconda, forte, damnatio memoriae è costituita dall’attacco di papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini (papa dal 1458), nei confronti di Sigismondo Malatesta e dei suoi famigliari. Nella descrizione della corte bresciana il papa giunge al punto da insinuare che i bastardi
(Galeotto, Sigismondo e Novello) non siano nemmeno figli naturali, ma, in particolare Sigismondo, il frutto degli abituali rapporti orgiastici di casa Malatesti, dove alle concubine si sommavano i concubini [Tabanelli Mario, Pandolfo III Malatesta, Zanetti Editore, Brescia, 1978, pag. 94; si veda anche Farina Ferruccio, Sigismondo Malatesta 1417-1468, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2017, oppure Delucca Oreste, Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe, Bookstones, Rimini, 2016, pag. 48; si veda anche Bonfiglio-Dosio Giorgetta e Falcioni Anna, La Signoria di Pandolfo III Malatesti a Brescia, Bergamo e Lecco, Bruno Ghigi Editore, Rimini, 2000, pag. 374]. Tra scomuniche e bolle papali, l’attacco mediatico di Pio II arriva alla distribuzione in tutti i territori della Chiesa, o a lei vicini, di un testo contro Sigismondo e parenti.
Tralasciando il lacerante passaggio delle truppe francesi, con l’episodio del sacco di Brescia
avvenuto nel febbraio del 1512, la terza damnatio memoriae avviene nel corso del lungo periodo veneziano, in diversi momenti, particolarmente nel XVII secolo.
È infatti emblematico sottolineare come nella seconda metà del Seicento, il pittore Francesco Paglia, entrando nell’ancora esistente Cappella di Pandolfo, non riconosca i dipinti di Gentile da Fabriano, attribuendoli piuttosto a Calisto da Lodi [Paglia Francesco, Il Giardino della Pittura, a cura di Boselli Camillo, supplemento ai commentari dell’Ateneo di Brescia per il 1967, pp. 92-93].
La rosa quadripetala, simbolo dei Malatesti, in chiave alle volte della Loggia della Curia Nova in Palazzo Broletto, oggi sede della Prefettura.
Siamo nel 1609-1610 quando il podestà Giovanni da Lezze fa compilare il Catastico Bresciano, nel quale ritroviamo il fondamentale rilievo di Palazzo Broletto, con lo stato di fatto precedente alla costruzione del doppio loggiato, detto appunto del Da Lezze
, sul fronte nord del cortile principale [da Lezze Giovanni (con prefazione di Pasero Carlo), Il Catastico Bresciano (1609-1610), Vol. I, Casa Editrice F. Apollonio & C., Brescia, 1969, pag. 184]. La trascuratezza con la quale il Catastico tratta tutta la parte malatestiana, compresa la chiesa di Sant’Agostino (senza mai nominare i Malatesti), esaltando al contempo il resto dell’edificio, fa supporre il desiderio di porvi mano con interventi di edilizia, su una situazione di precarie condizioni generali. In realtà poi, per fortuna, l’intervento sarà abbastanza limitato, incentrandosi sul portico sopra citato.
Nello stesso secolo, l’apporto peggiore in termini di damnatio memoriae, avviene con la più sistematica cancellazione di targhe, insegne, stemmi onorifici ed epigrafi, ordinata dalla Repubblica di Venezia nel 1692.
Abbiamo, infine, l’età napoleonica, con i suoi danni soprattutto ad istituzioni ecclesiastiche e archivi, che nel Broletto si esprime attraverso la costruzione dello scalone di Leopoldo Pollack, al posto dell’abside di Sant’Agostino, devastando anche ciò che resta della Cappella di Gentile da Fabriano.
Durante il Ventennio Fascista, la figura di Pandolfo III è tanto rarefatta che, nel recuperare la Loggia del cortile nord del Broletto, asportando i tamponamenti, si ipotizza una datazione trecentesca, nonostante inconfutabili decorazioni a rosa quadripetala. Nello stesso Palazzo non migliora le cose la ristrutturazione della Sala Consigliare di Tito Brusa, del 1933, eseguita in ambiente già predisposto nel 1856, ricavato al piano primo della navata di Sant’Agostino, di cui