Una lanterna accesa: aforismi vagabondi
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In realtà, l’Autore, al di là dell’estroso riferimento a Diogene avanzato nella Premessa, disegna qui con estrema serietà un rigoroso e articolato quadro della natura e della condizione dell’uomo visto nella sua dimensione individuale e collettiva. Quali piccole tessere di un vasto mosaico, le singole osservazioni, che di volta in volta si presentano mordaci o pensose, polemiche o partecipi, amare o accorate, prospettano per altro la complessa realtà con cui l’uomo è chiamato a confrontarsi con particolare riferimento alle strutture sociali e alle varie configurazioni della cultura e della storia. Il tutto alla luce di una salda coerenza di principi e di prospettive chiaramente sostanziata da un’organica e lucida visione delle cose.
Mario Gabriele Giordano, attivo sui due versanti dell’insegnamento e della ricerca critica, nel 1979 ha fondato la Rivista di Cultura e di Attualità “Riscontri”, che tuttora dirige. Quale opinionista ed elzevirista, oltre che ad altre testate, ha collaborato a “L’Osservatore Romano”. Stimato saggista, è tra l’altro autore della voce Alessandro Manzoni per Il Contributo italiano alla storia del Pensiero - Storia e Politica - edito dalla Treccani, 2013.
Oltre ad aver curato numerosi «Atti» di convegni e opere collettanee, ha pubblicato i seguenti volumi: Lo studio critico della letteratura italiana in 4 tomi, coautore A. Pavone, 1970/75; Inchiesta sulla poesia italiana in prospettiva duemila, coautore A. Frattini, 1987; Aspetti e figure della letteratura italiana dell’Ottocento, 1988; Il Verismo, Verga e i veristi minori. Storia testi e critica, 1992; Prima della luce. Racconti brevi brevissimi minimi, 1992; Il fantastico e il reale. Pagine di critica letteraria da Dante al Novecento, 1997; Elogio dell’intolleranza, 1998; Leopardi e l’altro Vesuvio, 2003; Il tramonto dell’intellettuale, 2009; Parole dal tempo. Liriche, 2014; La lettera di presentazione. Racconti, 2016.
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Una lanterna accesa - Mario Gabriele Giordano
Mario Gabriele Giordano
Una lanterna accesa
aforismi vagabondi
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83100 Avellino
tel. 340/6862179
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Indice dei contenuti
PREMESSA
1. Miscellanea introduttiva
2. Umanità allo specchio
3. Modernità
4. Storia e società
5. Arte, cultura e civiltà
6. Miscellanea conclusiva
Durante il giorno [Diogene di Sinope] andava in giro con una lanterna accesa, dicendo: «Cerco l’uomo».
Diogene Laerzio, Vite dei filosofi.
In copertina: Johann Tischbein, Diogene cerca l’uomo.
PREMESSA
Non sappiamo se Diogene di Sinope abbia avuto la fortuna di trovare l’uomo che durante il giorno cercava andando in giro con una lanterna accesa. Ebbene, per quanto da lui lontani nel tempo e abissalmente lontani per qualsiasi altro aspetto, abbiamo pensato di dargli una mano perché siamo sinceramente convinti che quell’uomo egli non lo ha mai trovato. È per questo che abbiamo idealmente riacceso quella lanterna non certo per cercare noi quell’uomo ma per indicare, attraverso qualche estemporanea considerazione, cosa costui per esistere dovrebbe fare o non fare, cosa dovrebbe dire o non dire, cosa insomma dovrebbe essere o non essere.
A questo scopo, abbiamo iniziato da noi stessi guardandoci attentamente allo specchio, rimanendone rossi di sorpresa e di vergogna. Quando poi siamo passati a vagabondare
nel mondo degli altri, siccome non è giusto fare apprezzamenti che non riguardino noi stessi, ci siamo limitati a registrare osservazioni e riflessioni nate al momento o richiamate da nostri precedenti scritti.
Chi dunque avesse la pazienza di scartabellare le pagine che seguono sappia di non trovarvi giudizi o sentenze nei riguardi di chicchessia. Ciò che potrà trovarvi non è altro che grezzo materiale da utilizzare eventualmente per una più attenta ricerca di quell’uomo. Che poi, su tale scorta, a cercarlo e a trovarlo sia ancora Diogene o altri non ha alcuna importanza.
m.g.g.
1. Miscellanea introduttiva
Non c’è più sciocca e banale esagerazione di quando si afferma che tutto va bene o tutto va male.
Esaltare il bene è molto più facile che denunciare il male. Ma denunciare il male significa indurre a desiderare il bene.
La libertà è scritta nel codice stesso dell’animo umano e quindi, malgrado ogni ostacolo, è destinata a trionfare.
Il legittimo orgoglio di un momento non deve indurci all’erronea convinzione che si possa in qualche modo approdare alle rive di una stabile e definitiva libertà.
La differenza tra l’ottimista e il pessimista è semplicemente questa: il primo si dispone al sacrificio della delusione, il secondo all’esultanza di felici sorprese.
Il senso della norma, che negli ultimi tempi si è andato progressivamente smarrendo, in passato aveva quanto meno offerto una possibilità di commisurazione della condotta umana che non poteva non tradursi, se non in ravvedimento, in consapevolezza del male sul piano individuale e in motivata riprovazione sul piano collettivo.
Se cade il concetto di norma cade anche il concetto di trasgressione e non ha quindi senso il traviato orgoglio di chi se ne sente protagonista.
L’intelligenza è la lampada che illumina una stanza, la ragione è la stanza illuminata da quella lampada e resa così idonea a lavorarvi con discernimento.
Guai ad escludere dal nostro orizzonte mentale e operativo tutto ciò che non è strettamente razionale.
La «scienza esatta» della cui conquista l’uomo moderno va superbo, più che in uno strumento di benessere e di progresso, si è spesso tradotta in uno strumento di sopraffazione e di distruzione.
L’istinto è sempre innocente, la ragione no.
Il vero perdono è un atto di coraggiosa umiltà che presuppone una breccia nella salda muraglia della nostra superbia.
La giusta misura del nostro impegno morale e sociale nei confronti degli altri è data non dalla nostra disponibilità ma delle loro necessità.
La lingua, in quanto organismo vivente, ha una sua propria capacità di resistenza, sa riplasmare ogni elemento che assorbe e sa di continuo autodepurarsi come massa di acqua corrente.
Scrivere in maniera comprensibile è un po’ come parlare fermo e chiaro guardando negli occhi il proprio interlocutore. Il che è sempre segno, oltre che di correttezza, di onestà e di coraggio.
Particolarmente deviante è il radicato vizio che impedisce serene valutazioni di carattere estetico in presenza di implicazioni ideologiche e politiche di una determinata opera.
Si può dire che la punteggiatura è e resta il sale della pagina e i buongustai della penna dovrebbero sapere, come quelli della tavola ben sanno, che la giusta e appropriata dosatura del sale è una delle condizioni fondamentali per la buona riuscita di un convivio
sia esso di parole o di vivande.
L’ipertrofia locutoria e teorizzante ha sempre costituito storicamente un sintomo di profonda decadenza.
Non c’è definitivo che non sia provvisorio.
Il dispotismo non è solo quello violento che grida e percuote, ma anche quello insinuativo e strisciante che persegue i suoi fini di egemonia totale con più accorti modi.
Non c’è panneggio, per quanto studiato e pomposo, che possa nascondere la verità, quando la verità è nelle cose.
La vera pace è semplicemente pace e non guerra alla guerra.
Il sesso sta all’amore come il bruco sta alla farfalla.
L’amore è una lampada accesa dove la fiamma è la donna.
Il rapporto amoroso, quando non si configura come reciproca dedizione che impegni i sensi e l’anima, non è altro che somma di due egoismi.
La coppia ideale non è quella che vive nella prospettiva di una improbabile condizione ottimale, bensì quella che vive una vita normale fatta cioè di gioie e dolori, di scontri e di paci,