Piazza Plebiscito - Parte seconda
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Book preview
Piazza Plebiscito - Parte seconda - Pietro Maggiore
U.
Prefazione
A Ceglie c’è una primadonna. E’ Piazza Plebiscito.
Dunque, Pietro Maggiore ha mantenuto la promessa e tre anni dopo il primo è riuscito a regalarci anche il secondo lungo racconto su Ceglie Messapica.
Gliene sono grato. Perché? Semplice. Come turista
mi piace sapere dove vado in vacanza, chi incontro, che storie raccontano le strade, i palazzi, le chiese, le pietre del luogo. Mi piace far crescere la mia….cegliesità ( scusate l’orrendo neologismo ) ossigenata dall’essere un giornalista, anche uno scrittore che non resiste alle smanie della curiosità.
L’abilità narrativa di Pietro è quella di avere inventato uno straordinario Personaggio. Lo scrivo proprio con la P maiuscola perché lo merita.
Si chiama Piazza Plebiscito e diventa sotto l’acuta penna di Maggiore il capocomico di una singolare compagnia di attori e attrici, ricchi di loro storie personali, ma bravissimi nel recitare le loro parti, nel raccogliere e replicare con battute fulminanti, seguendo un copione mai scritto, che si sviluppa e cresce, riga dopo riga, costruendo un marchingegno degno di un vaudeville.
Gran signori e contadini, macellai e nobili, politici e mariuoli, entrano e escono dalle quinte e si esibiscono sul vasto palcoscenico della piazza rappresentando la loro epoca, vizi e virtù, ma sempre con un finale esilarante o commovente.
Così funzionano magnificamente le storie di Pietro, gli interpreti si rincorrono, s’accapigliano, sorridono e piangono, gridano e tacciono e la vita di Ceglie si dipana giorno dopo giorno, replicando nel più genuino e realistico dei modi la vita del Paese.
E c’è, questa volta, l’epopea dei prestigiosi sarti cegliesi, allievi di grandi maestri, emigrati al Nord, da Firenze a Milano, a perfezionare il mestiere che hanno nel sangue tanto da mantenere a Ceglie, ancora oggi, una incredibile tradizione, esibita sui tappeti delle più raffinate passerelle internazionali.
La piazza-palcoscenico e primadonna non cambia. Cambiano, sono cambiati molti degli attori. Ma l’anima fortunatamente, è sempre la stessa.
Mario Paternostro
Introduzione
Nella presentazione di Piazza Plebiscito la sera del 7 Agosto 2014 il poeta – scrittore Vincenzo Gasparro tenne a precisare che questo era un libro aperto che poteva essere continuato dallo stesso autore o da altri.
Aveva ragione. Infatti io non riuscivo mai a completarlo. Ogni volta che mi apprestavo a portarlo in tipografia per la stampa c’era sempre un altro episodio da inserire, un altro personaggio da ricordare.
Quella sera dissi che Piazza Plebiscito aveva una madre certa, mentre i padri erano tanti, i protagonisti degli episodi e tutti coloro che in tanti anni ne hanno tramandato la memoria orale e che hanno alimentato l’immaginario collettivo della Piazza.
Più volte sono stato sollecitato da amici cegliesi e non a riaprire le pagine di Piazza Plebiscito per raccontare altri episodi e ricordare i personaggi che animavano la nostra Piazza.
Anche Piazza Plebiscito 2, come il primo, è un libro da leggere nelle calde serate estive, in campagna o in piazza, a piccole dosi, possibilmente insieme a qualcuno che conosce l’ambiente, che ha conosciuto o perlomeno sentito parlare dei personaggi citati, perché su ogni racconto, su ogni battuta, ci possa essere un’ora di discussione sull’onda dei ricordi e delle emozioni
Chi invece i personaggi non li conosce può provare ad immaginarseli con la loro mimica ed i loro modi di agire, con i loro segreti sussurrati, i loro pettegolezzi, le loro malignità e gli scherzi che si facevano reciprocamente o che orchestravano a spese di qualche malcapitato.
Rispetto al precedente Piazza Plebiscito c’è una novità. I racconti sono preceduti da dittèrji, proverbi e sentenze, perle di saggezza popolare che nel corso dei secoli hanno segnato un modello culturale della nostra comunità cegliese.
Piazza Plebiscito, nonostante tutto, era e resta il fulcro della nostra città con l’invito e la speranza che cegliesi e forestieri si riapproprino di questo affascinante luogo di socialità
e valorizzino e abbiano cura della bellezza che ci circonda.
Pietro Maggiore
Cunsigl’ di vurp’, povr’ jiaddin’
Consiglio di volpi, povere galline
I LUOGHI D’INCONTRO
Collezione Famiglia Gasparro
I luoghi d’incontro a Ceglie negli anni trenta, quaranta e cinquanta erano la farmacia di don Glicerio Campanella in via Dante al n°21, dove si ritrovavano i professionisti, la macelleria di Rokk di Donnachiara (detto il Trilussa di Ceglie perché era veloce di pensiero, caustico e satirico), in Corso Garibaldi al n° 10 e il caffè Olimpo poi con la conquista dell’Etiopia chiamato Caffè dell’Impero (sino alla caduta del fascismo) di Vicienz’ u Signor’ in Piazza Plebiscito al n°4, per gli artigiani.
Negli anni ’50 ,dopo la morte di Vicienz’ u Signor’, il luogo d’incontro divenne il Gran Bar dei Messapi di Nard’ u Signor’. Più esclusivo era il Circolo dei Signori che ben viene rappresentato in un quadro caricaturale di autore sconosciuto.
I frequentatori abituali della macelleria di Rokk di Donnachiara e del Caffè dell’Impero di Vicienz’ u Signor’ erano Pascal’ di Uecchij mij, Vurricchij di Barbarossa, sempre elegante con la sua immancabile farfalla, Stefin’ di Biniditt’, Cicchicchij di Menzafemin’ (fotografo), Peppe di Purpitton’, Nicola Gallone (u professor’), a cui si aggiunsero nel corso degli anni il dott. Mimì Chirulli, Nicola Castellana, Nennello ed altri.
Famose erano anche le pernacchie che Vurricchij indirizzava verso il bersaglio di turno.
Li contraddistingueva la voglia di raccontare, la battuta salace e pronta, la capacità di ridersi addosso, senza mai offendersi e senza mai perdere la loro allegria e il gusto della vita, anche nei momenti più difficili.
Tutti questi personaggi possiamo considerarli come gli ultimi cantori di una storia della Piazza che via via, con lo scorrere inesorabile del tempo, sta scomparendo, che cade nel dimenticatoio e rimane nella nostalgia dei pochi sopravvissuti.
Alcuni dei protagonisti della vita della piazza: da sinistra a destra Andonji di Stnbon’, Cicchicchij di Menzafemin’, Stèfin di Biniditt, Pascal di Uecchimij e Vurricchij di Barbaross’ – Collezione Ins. Fontana Vitale.
Nu spaviend’ val’ pi-cciend’
Uno spavento vale per cento.
- D’ora in poi si sta sul chi va là -
LO SCOPPIO DELLA POLVERIERA
Era il 13 giugno 1942, festa Sant’Antonio, Santo Patrono di Ceglie Messapica. Una festa celebrata in tono minore dato che si era in piena guerra e tantissimi giovani cegliesi erano dispersi sui vari fronti in cui era impegnato l’esercito italiano. Durante la Santa Messa nell’omelia di Mons. Antonio Suma era stata richiamata l’intercessione del Santo Taumaturgo per la concordia e la pace nel mondo
. La processione con la statua del Santo portata a braccia da alcuni uomini, seguita dalla banda, dalle autorità locali e da una folla impressionante di fedeli, aveva percorso velocemente le vie della città per rientrare in chiesa prima del calare del tramonto. Alla sera il buio avvolgeva la città e tutte le finestre erano oscurate per non far trasparire la luce all’esterno e dare riferimenti agli aerei nemici che sempre più spesso sorvolavano Ceglie per andare a bombardare i porti di Brindisi e Taranto. Sulla torre del castello c’era una postazione di avvistamento che segnalava l’allarme aereo e tutti i cittadini erano attenti al suono delle campane, pronti a correre verso le campagne alla ricerca di un rifugio sicuro.
Nei pressi di quella che oggi è detta la zona di Villa Valente, al termine di Via F. Argentieri, verso contrada Saracino, in una palazzina poco distante dall’abitato (casa Scatigna) c’era un deposito di munizioni dell’esercito italiano guardato a vista da sentinelle armate.
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