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Wan. Il pianto del fuoco
Wan. Il pianto del fuoco
Wan. Il pianto del fuoco
Ebook432 pages6 hours

Wan. Il pianto del fuoco

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About this ebook

Sul pianeta Gamart, appartenente al sistema della stella Elum, vivono gli wan, esseri intelligenti e capaci di provare sentimenti.

Ryon è un giovane wan che vive trascorrendo serenamente le sue giornate col nonno Shu, nella modesta casa immersa nella natura, poco distante dal paese Gogon. Attaccato da un grosso animale, scopre la straordinaria capacità combattiva di suo nonno e lo salva dall'aggressione e decide di farsi allenare da lui per imparare a combattere. lo seguiranno nell'addestramento quattro amici insieme ai quali partecipa a un torneo, il Gogon Fight, che prevede come premio della vittoria una delle pietre arcane di cui Gamart è ricco, speciali pietre assimilabili una volta nella vita in grado di conferire differenti capacità e specifici poteri agli wan.

Durante il torneo, Ryon assimila involontariamente un'altra pietra che gli donerà inaspettate capacità. una presenza malvagia però si cela dietro il torneo e si manifesterà su Gogon e sui paesi circostanti con tutta la sua crudele forza distruttiva, stravolgendo la vita del giovane che cercherà con tutte le sue forze di fermarla.

Riuscirà Ryon a placare la sua sofferenza e a riportare la felicità tra gli wan?
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateNov 24, 2017
ISBN9788892694736
Wan. Il pianto del fuoco

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    Wan. Il pianto del fuoco - Daniele Benzoni

    modi.

    Capitolo 1

    Resisti Rika

    In un caldo pomeriggio

    Mi sveglio e vengo abbagliato da un’intensa luce bianca proveniente dalla finestra. Capisco che è giorno e sono in una stanza, sdraiato su un letto. A poco a poco riprendo a vedere bene e noto che vicino al mio letto, seduto su una sedia, c’è un giovane wan che mi assomiglia. Ha i capelli castani un po’ più scuri dei miei, gli occhi anch’essi castani ed è più muscoloso rispetto a me. Penso che sia un guerriero.

    «Chi sei?» gli chiedo con gli occhi ancora un po’ socchiusi e respirando con affanno, a bassa voce.

    «Mi chiamo Ninjo e sono uno dei quattro guerrieri del quinto grado dell’esercito di Sairon, nonché protettore del settore Mohen, proprio dove c’era il tuo villaggio, Gogon» mi risponde con tono autorevole.

    Gli chiedo come sono finito qui e da quanto tempo. Ninjo si alza in piedi, va verso la finestra, appoggia una mano contro il muro e abbassa lo sguardo. Mi dice che ho dormito per dieci giorni consecutivi perché avevo perso i sensi a causa delle gravi ferite. In quel momento mi torna in mente il feroce attacco al mio paese, che è stato completamente raso al suolo. Ninjo continua la conversazione dicendomi che degli abitanti del paese non è rimasto nessuno, a parte una giovane wan che si trova in un’altra stanza. Spalanco gli occhi e lo guardo con speranza, poi, alzando la voce, gli chiedo se può descrivermela.

    «Ha i capelli rossi lunghi e fluenti e gli occhi azzurri» mi dice.

    Sono quasi certo che si tratti di Rika. Istintivamente scendo dal letto per andare da lei, ma sento un forte dolore alla gamba destra e cado a terra. Sposto la mia attenzione sul mio corpo e mi accorgo di avere diverse fasciature: oltre alla gamba, vedo il braccio sinistro e il petto fasciati; mi tocco la testa, è anch’essa fasciata. Sento dolore ovunque ma il mio unico pensiero è accertarmi che nell’altra stanza ci sia Rika. Chiedo a Ninjo di condurmi da lei. Mi aiuta ad alzarmi e ci incamminiamo nel lungo corridoio. Alla mia sinistra ci sono delle vetrate ma non riesco a vedere fuori, per via della mia postura goffa. Durante il percorso mi dice che la wan si è svegliata tre giorni fa e che non ha riportato ferite gravi, solo una slogatura alla gamba destra e una leggera botta alla testa.

    «C’è un problema più grave: non riusciamo a farla parlare» dice sconsolato Ninjo.

    Se è lei, secondo me non parla per le atrocità che ha visto subire al popolo wan di Gogon penso.

    Arriviamo nella sua stanza e la vedo. È sdraiata sul letto, circondata da alcuni medici. Sì, è proprio lei, Rika. Gli occhi mi diventano lucidi e sorrido dal sollievo. È viva. Poi la guardo più attentamente negli occhi e mi accorgo che ha lo sguardo spento, come se la sua mente fosse disconnessa dal mondo, in una fase di sonno profondo. Mi avvicino, le metto le mani sulle spalle e le dico ad alta voce: «Sono io Rika, il tuo Ryon».

    Non muove nemmeno un dito e il suo sguardo rimane perso nel vuoto. Inizio a strattonarla forte per cercare di farle riprendere i sensi, ma purtroppo non succede niente. La osservo e noto che non ha nessuna ferita grave, proprio come ha detto Ninjo. Provo a parlarle di alcuni eventi che abbiamo passato insieme, ad esempio di come ci siamo conosciuti, ma purtroppo senza nessun risultato. Inizio ad avere molta ansia perché la mia amata è in uno stato di paralisi mentale e non riesco ad aiutarla. Chiedo a Ninjo e ai medici se possono fare qualcosa, ma purtroppo mi dicono che nemmeno loro sono riusciti a farla riprendere. Invito tutti i presenti a uscire dalla stanza e a lasciarmi da solo con lei. Mi sento molto felice che sia sopravvissuta, ma contemporaneamente provo un forte dolore al pensiero che non rivedrò mai più mio nonno, i miei amici e tutti gli wan del paese.

    Ormai la luce di Elum è sparita e decido di trascorrere la notte accanto a lei. Mi sdraio sul letto e la abbraccio per darle calore, sperando che ciò possa aiutarla. Passa circa un’ora e non riesco ancora a chiudere occhio per via dei pensieri di terrore che mi occupano la testa, per il massacro e la tanta violenza. Cerco di liberare la mente e dopo un po’ mi addormento.

    Faccio un sogno terribile: io che tengo per mano Rika e stiamo scappando. Siamo in un corridoio con le pareti rocciose, come se fossimo in una grotta, è lunghissimo e sembra non finire mai. So che siamo inseguiti, mi giro ma non vedo nessuno, sento solo i passi di qualcuno che ci segue. Continuiamo a correre più in fretta che possiamo, Rika inciampa e perde l’equilibrio; mi giro di nuovo, le vado incontro, ma una gigantesca mano con gli artigli la prende e la trascina nell’ombra. Rika! Rika! urlo a squarciagola.

    Mi sveglio in piena notte. Cerco di riprendere a dormire, ma dopo un paio d’ore la luce entra nella stanza colpendomi in pieno il viso. Rimango abbracciato a lei, continuando a dirle che non lascerò la stanza fino a quando non riprenderà i sensi.

    Alle otto del mattino entra Ninjo per vedere se è tutto a posto e mi chiede se voglio la colazione.

    «Sono a posto così»rispondo.

    In realtà la mia preoccupazione per Rika è così grande che non riesco a mangiare.

    Ninjo viene verso di me: «Devi mangiare Ryon, devi riacquistare le forze e guarire, il tuo digiuno non aiuterà Rika a riprendere conoscenza» mi rimprovera.

    Gli do ragione, del resto non fa alcuna differenza. Chiedo se qualcuno mi può portare la colazione, perché non ho nessuna intenzione di lasciare la stanza, ma soprattutto perché faccio fatica a muovermi. Ninjo mi fa questo favore e mi porta una bevanda calda e due frutti sferici dalla buccia blu. Prende una sedia e si siede vicino a me, mi guarda dritto negli occhi e mi chiede: «Cosa l’ha ridotta in questo modo? È come se avesse visto qualcosa che non voleva vedere; la sua mente è persa, come se non volesse tornare in questo mondo» mi interroga.

    Inizialmente penso che la mia teoria sia vera, inoltre Ninjo è uno wan molto importante nell’esercito, quindi mi posso fidare di lui.

    «Chi è stato a sterminare Gogon e tutti gli altri paesi del settore Mohen?» insiste Ninjo.

    Lo guardo e vedo nei suoi occhi una forte sensazione di rabbia. Gli rispondo che non so il nome di chi lo ha fatto. Mi chiede di descriverlo ma l’unica cosa che mi ricordo è una figura oscura con gli occhi completamente rossi e il volto coperto da un cappuccio. In quell’istante capisco che anche io ho perso una parte di memoria, perché ero sicuro di aver visto il distruttore di Gogon ma, a parte gli occhi e il cappuccio, non ricordo più niente.

    Ninjo capisce che anche io ho subito un trauma, anche se molto meno dannoso rispetto a quello di Rika, ed esce dalla stanza con uno sguardo misterioso, dicendomi che ritornerà tra un po’. Intanto mi siedo vicino a Rika sul letto, la osservo, le accarezzo la guancia destra e le sussurro di stare tranquilla, che ci sono io e che presto si riprenderà, ne sono sicuro. La mia espressione è un po’ rattristata, ma sono felice perché so che è solo un momento e che presto la mia amata si riprenderà, o almeno spero. In quel preciso istante la bocca di Rika si inarca leggermente in un sorriso, come se volesse farmi capire che mi sta ascoltando anche se la sua mente è lontana. Inizio a saltare dalla gioia.

    «Si sta riprendendo! Si sta riprendendo. Lo sapevo» esclamo euforico.

    In quel momento ritorna Ninjo, accompagnato da due wan. Gli corro incontro e, con gli occhi pieni di gioia, gli dico che ha sorriso, che sono sicuro che riesce a sentirmi e che poco alla volta si sta riprendendo. Mi risponde che è molto felice per lei e poi mi presenta con grande soddisfazione i due wan che sono con lui.

    «Loro sono i fratelli Remo, sono due medici che hanno la capacità di far ritornare la memoria e, nel caso di Rika, di riattivarla. Sono sicuro che potranno aiutare entrambi a ricordare tutto quello che è successo» mi spiega.

    I due medici si avvicinano a me, dicendomi che sono il primo, perché per aiutare me ci metteranno poco più di mezz’ora mentre il danno mentale che ha subito Rika è più grave e ci vorranno almeno tre giorni per riattivarle totalmente la memoria.

    Prendo la sedia in legno chiaro che ha portato prima Ninjo e la metto vicino al muro, poi mi siedo. I due medici si mettono ai miei lati, mi massaggiano un po’ la testa e mi bagnano le tempie con uno strano liquido blu. Con la stessa sostanza si bagnano l’indice e il medio di entrambe le mani, poi le avvicinano alla mia testa, quasi toccandomi le tempie. Da uno specchio appeso alla parete di fronte a me vedo che le loro dita si illuminano di azzurro, poi i due fratelli urlano all’unisono la parola RECUPERO e parte un raggio simile a un fulmine, che collega le loro dita trapassandomi la testa. Inizialmente sento un po’ di dolore, poi lentamente cado in uno stato di coma profondo e iniziano a passarmi davanti, come se li stessi guardando attraverso uno schermo posto davanti a me, gli eventi principali della mia vita. Vedo alcuni momenti felici di qualche anno fa, momenti passati insieme a mio nonno, quando giocavamo insieme, quando andavamo a pesca e a caccia, quando coltivavamo la frutta del nostro frutteto, quando ha iniziato ad allenarmi e, successivamente, quando si sono uniti a noi anche Rika e i nostri amici. Inizio a ricordarmi che stavo combattendo in un torneo di lotta, quando all’improvviso una grossa meteora di magma si è abbattuta su un lato dell’arena, uccidendo molti wan. Mi ricordo mio nonno che prende me, Rika, i miei amici. Mi ricordo che scappiamo.

    Buio totale. Il ricordo sparisce e riprendo conoscenza.

    Uno dei fratelli si mette davanti a me: «Ora hai recuperato la memoria, mancano solo gli ultimi ricordi che hai vissuto, ma questi arriveranno nei prossimi giorni automaticamente. Stai pure tranquillo e riposati un po’, perché il processo di recupero toglie molte energie» dice.

    Seguo il suo consiglio perché mi sento veramente senza forze, rimango sulla sedia e cerco di riposarmi un po’. Gli chiedo di aspettare il mio risveglio prima di svolgere il processo su Rika, perché voglio essere presente, e chiedo di chiamarmi dopo due ore.

    Ninjo mi sveglia. Guardo per prima cosa l’orologio appeso alla parete di fronte al letto, per vedere se hanno rispettato le due ore. Sono quasi le undici e mezza, sono stati abbastanza fedeli alle mie richieste.Solitamente non sono così pignolo, ma sono troppo preoccupato per Rika.

    Mi alzo in piedi e mi accorgo che le ferite sono miracolosamente quasi del tutto guarite.

    «Bene. Iniziate pure il processo»dico ai due fratelli, con sguardo serio e cercando di nascondere la mia preoccupazione.

    Mi chiedono di sollevare Rika in modo che rimanga seduta. Eseguono lo stesso procedimento che hanno utilizzato con me: le massaggiano la testa bagnandola completamente con il liquido blu ma, invece delle dita, si bagnano completamente la mano. Mi chiedono di tenerla ferma il più possibile perché, a causa della gravità della sua perdita di memoria, il processo potrebbe essere più doloroso e c’è la possibilità che si agiti parecchio per il dolore. Ninjo interviene dicendomi che il processo che devono farle si chiama RIATTIVAZIONE e consiste appunto nel riattivarle la memoria perduta, facendola combattere contro i brutti ricordi che la tengono distaccata dalla realtà. Mi spiega anche che sarebbe possibile cancellarle una parte di memoria, così facendo si eliminerebbero i brutti ricordi che la bloccano, ma è troppo rischioso perché potrebbe perdere anche dei bei ricordi, compresi quelli che riguardano la nostra relazione. I due medici appoggiano completamente i palmi delle mani alle tempie di Rika e questa volta urlano la parola RIATTIVAZIONE. Rika inizia ad agitarsi e strattonare bruscamente, i medici mi ripetono di tenerla ferma il più possibile perché più si muove e più la connessione per il recupero della memoria è difficile. Allora la stringo forte ma poi la mia preoccupazione aumenta nel vedere Rika che soffre così tanto da urlare dal dolore. Continua a muoversi per circa un’ora, poi si calma completamente. I medici mi invitano a sdraiarla e mi tranquillizzano assicurandomi che il peggio è passato e che tra circa tre giorni riprenderà conoscenza.

    Mi alzo dal letto: «Stai tranquilla, fra tre giorni starai meglio» le sussurro sorridendo e afferrandole la mano.

    Quando esco dalla stanza vengo assalito da una sensazione di paura, il respiro diventa affannoso e inizio a tremare. Sento una mano che si appoggia sulla mia spalla.

    «Stai tranquillo Ryon, vedrai che andrà tutto bene. I fratelli Remo sono esperti nel campo del recupero di memoria. Grazie al loro potere possono far recuperare la memoria anche a coloro a cui è stata completamente cancellata» mi dice Ninjo per tirarmi su il morale.

    Mi risolleva parecchio, lo ringrazio e poi gli chiedo dove ci troviamo, dal momento che fino ad ora ho visto solo la stanza dove stavo io e quella di Rika. Mi risponde che siamo a casa sua. Allora gli chiedo chi ci ha portato qui.

    «Io, ovviamente»risponde Ninjo con un’espressione invasa dalla tristezza. «Mi dispiace Ryon, non sono riuscito ad arrivare in tempo per salvare il paese» aggiunge mentre una lacrima compare sul suo viso.

    Lo osservo invitandolo in silenzio a proseguire.

    «Era un mio compito, Gogon era sotto la mia protezione e ho fallito» ammette con rabbia. «Ryon, ti prometto che scoverò chi ha fatto tutto questo e vi vendicherò.»

    Gli appoggio le mani sulle spalle e lo guardo diritto negli occhi: «Non ti preoccupare, non è un compito che spetta a te. Voglio vendicare io stesso tutti gli wan che conoscevo, specialmente mio nonno Shu» dico con determinazione.

    Sentendo il nome di mio nonno, Ninjo mi guarda con uno sguardo molto strano, poi mi chiede di ripetergli il nome.

    «Si chiamava Shu ed era lo wan più gentile che conoscessi» gli rispondo. Ninjo mi chiede di descriverglielo più nel dettaglio, come se sapesse di chi sto parlando.

    «Nonostante i settantuno anni, aveva ancora una grossa muscolatura, era alto circa un metro e ottantacinque, occhi castani, capelli bianchi e lunghi, raccolti a coda. Ma soprattutto, aveva un animo puro e gentile.»

    Sul viso di Ninjo si disegna un’espressione molto sorpresa e io non riesco a comprenderne il motivo, così come non capisco le ragioni per cui inizia a insistere nel voler conoscere la mia storia, che accetto di raccontargli, ma solo se avrà pazienza per tre giorni: voglio farlo quando Rika si risveglierà dal coma. Ninjo mi concede il tempo che gli ho chiesto e se ne va.

    Esco dalla casa e vado verso il mare. Cammino fino a quando arrivo sulla punta di una penisola di sabbia, mi siedo e inizio a pensare ancora a tutto quello che ho passato. I pensieri mi rattristano ancora di più, poi cerco di sforzarmi di ricordare tutto quello che è successo, di capire chi è stato, ma purtroppo la memoria è ancora annebbiata. Mi sdraio sulla sabbia e cerco di rilassarmi, chiudo gli occhi e mi faccio trasportare dai rumori che mi circondano: il mio respiro, le onde che si infrangono sulla spiaggia, il movimento delle foglie di palma mosse da una leggera brezza molto piacevole; il verso di alcuni delfini purpurei del mare centrale;immagino l’incrociarsi in volo dell’azzurro dei gabbiani e del rosso acceso delle piume dei fen, ascoltando il loro fischio. La sensazione di rilassamento è davvero molto piacevole, da farmi addirittura addormentare.

    Mi risveglio di colpo. Di nuovo quel brutto sogno.

    Rivolgo lo sguardo verso l’orizzonte e mi accorgo che Elum è già tramontato e rimane solo una scia di luce che colora il cielo di rosa. Ancora più sorpreso, noto anche che le mie ferite sono guarite del tutto, inizio a chiedermi come sia possibile che in soli due giorni si siano rimarginate nonostante fossero piuttosto gravi. Mi alzo in piedi e ritorno verso la casa di Ninjo.

    Apro la porta dell’ingresso principale e corro verso la stanza di Rika per vedere se è tutto a posto. Vedo i due fratelli Remo fermi, nella stessa posizione di quando me ne sono andato stamattina.

    «Dovete avere davvero tanta pazienza per restare immobili per così tanto tempo»esclamo con lo sguardo sbalordito.

    «Sì hai ragione, ormai è da molto che facciamo questo lavoro e anche se dovessimo stare per cinque giorni interi senza mangiare né dormire, ci riusciremmo»mi risponde il fratello alla destra di Rika, con tranquillità.

    Chiedo come sta andando e mi spiegano che sta facendo un po’ di fatica a combattere contro i suoi brutti ricordi, perché pare che siano davvero atroci, però piano piano sta recuperando. La notizia mi riempie di gioia, non vedo l’ora di poterla abbracciare e di poterle parlare. Poi mi siedo e inizio a fare un po’ di domande ai due medici: «Quali sono i vostri nomi? Da dove venite? Siete gemelli o avete diverse età?»chiedo avidamente.

    «Sei un tipo curioso. Io sono Remon, mio fratello si chiama Remos. Veniamo dalla città di Sairon e facciamo parte del principale centro di ricerca e cura di tutto il continente. Facciamo questo lavoro da ormai otto anni e siamo i maggiori esperti nel recupero della mente. Abbiamo entrambi ventisette anni e… sì, siamo gemelli»risponde il fratello di destra sorridendo.

    Il pensiero che sono i massimi esperti mi tranquillizza ancora di più e, sempre più curioso, rivolgo loro un’ultima domanda:«Com’è possibile che quando uno wan perde la memoria, si possa recuperare? I dati non sono andati dispersi per sempre?»

    «In realtà i dati della mente non vengono mai persi, a meno che il soggetto muoia o venga colpito da qualche particolare potere, ma vengono conservati in una specie di deposito dati. Quest’ultimo è formato da vari livelli e quando un dato arriva al livello più basso, viene archiviato. In poche parole è come se quel dato fosse stato eliminato o dimenticato, ma in realtà non si perde niente, solo che per recuperarli ci vogliono dei poteri arcani molto potenti o, in alternativa, un notevole allenamento mentale»risponde Remos.

    Rimango colpito da queste informazioni davvero interessanti, ma dato che mi accorgo che li sto deconcentrando, mi alzo dalla sedia, li ringrazio delle informazioni e mi dirigo verso l’uscita, apro la porta e prima di andarmene chiedo se sanno dov’è Ninjo. Remon mi dice che al momento non è a casa e che è uscito dicendo che voleva acquisire alcune informazioni importanti e che sarebbe tornato dopodomani in serata.

    Esco dalla stanza chiedendomi che tipo di informazioni stia cercando Ninjo, poi il pensiero che mancano poco meno di due giorni al risveglio di Rika sovrasta la mia mente.

    Uscito di casa mi dirigo verso il lato posteriore e noto un grosso capannone di legno. La mia curiosità mi spinge a voler sapere cosa c’è al suo interno, quindi apro la porta e trovo una stanza con le pareti ricoperte da un’infinità di armi: ci sono archi, balestre, spade di svariate misure, pugnali, scudi e tante tipologie di bombe. Mi domando per quale motivo Ninjo abbia tutti questi armamenti. So che è uno dei guerrieri più potenti del continente, però mi sembra impossibile che sappia maneggiare alla perfezione tutte queste armi. Noto che,sulla parete in fondo, c’è un’altra porta, la apro ed entro in una stanza ancora più grande della precedente, ma questa volta ci scovo dei levitas. Mi ricordo che il nonno trovava molto divertente guidare questivelocissimi veicoli di forma ovale in grado di levitare da terra. Era stato lui a spiegarmi che possono avere da uno a quattro posti e che sono muniti di due ali parallele ancor più lunghe dell’abitacolo che si estendono ai lati di esso, un timone di direzione e due di profondità, e ancora, che se equipaggiati con una sfera a raggio, oggetto in grado di rilasciare energia, sono in grado anche di volare. Una volta me ne fece provare uno, ma non ero stato molto abile nel manovrarlo. Al contrario, i miei amici ne avevano uno a testa e io andavo spesso in giro con loro.

    Decido di provare a guidarne uno: apro il grosso portone sul retro, prendo un levitas monoposto con una sfera a raggio, lo accendo e sfreccio fuori a una velocità sbalorditiva. Vado in panico. Faccio molta fatica a manovrarlo e penso di aver fatto una brutta scelta a provare a guidarlo, vista la mia scarsissima esperienza. Vado a sbattere contro gli alberi, le rocce, il terreno. Dopo un po’ riesco a fermarlo, respiro forte e molto velocemente, penso che mi stia per venire un infarto. Mi riprendo e capisco di avere accelerato un po’ troppo. Con più calma giro la manopola dell’acceleratore e inizio a spostarmi lentamente, poi capisco come curvare e come fermarmi. Dopo circa un’ora inizio a padroneggiare il veicolo e decido di spiccare il volo. La sensazione di arrivare all’altezza delle nuvole mi fa entrare in uno stato di pace totale. Fermo il veicolo a mezz’aria e inizio a pensare di sfruttare il levitas per tornare a Gogon, per vedere com’è stato ridotto e cercare qualche sopravvissuto.

    Mi fermo prima al capannone e prendo in prestito una lunga spada e uno scudo, nel caso servissero. Salgo sul veicolo, individuo la posizione di Gogon su una mappa che ho trovato sotto il sedile e parto.

    Dopo circa mezz’ ora arrivo al paese e quello che vedo mi lascia totalmente pietrificato: tutto ciò che rimane non è altro che un grosso cratere ricoperto da cenere nera, che si sta lentamente riempiendo con l’acqua del Fiume Gon. Le lacrime mi invadono gli occhi, provo tanta rabbia, tristezza e dolore insieme, continuo a tirare pugni sul fianco dell’abitacolo chiedendomi perché è successo. Cosa hanno fatto gli wan del paese per meritare la distruzione totale?

    Mi riprendo e decido di andare verso la casa del nonno, capisco che è inutile scendere per vedere se ci sono superstiti. Noto che sono passati anche da lì. I danni sono minori: la casa è distrutta nella zona dove ci sono la cucina e il salotto, mentre il bagno e le camere sono intatte. Anche la capannina dove tenevamo gli attrezzi è intatta,invece il frutteto è andato in fiamme. Solo al pensiero che tutto quello che ho passato in ventuno anni non esiste più, mi si spezza il cuore. Decido di passare la notte qui, di dormire sul mio letto per l’ultima volta. Mi sdraio e guardo il soffitto. Mi passano per la testa ancora tanti bei ricordi e poi mi addormento.

    La mattina seguente mi sveglio ancora di colpo per lo stesso incubo, però questa volta oltre alla mano avevo visualizzato anche il resto del corpo e avevo notato che ad afferrare Rika era proprio la stessa figura oscura che aveva distrutto Gogon. Mi alzo dal letto ed esco dalla casa, alzo lo sguardo al cielo e urlo con rabbia:«Nonno, amici miei, vi prometto che troverò chi ha fatto tutto questo e vi vendicherò».

    Vado verso il levitas, ma prima di salire rivolgo un ultimo sguardo verso casa, alzo la mano per salutare come se davanti a me vedessi mio nonno e sorrido. Salgo sul veicolo e parto per tornare a casa di Ninjo.

    Arrivo all’incirca a mezzogiorno e, dopo aver parcheggiato il levitas e aver rimesso a posto la spada e lo scudo, mi dirigo verso la stanza di Rika. Sono davvero felice perché penso che ormai mancano poche ore al suo risveglio, ma appena entro nella stanza la vedo seduta sul letto sveglia, con i due fratelli Remo sempre nella stessa posizione.

    «Ciao, Ryon! È da un po’ che non ci vediamo» esclama Rika sorridendo.

    «Dove sei stato? Rika stava aspettando proprio te» mi chiede Remon.

    «Ormai è già da un paio d’ore che si è ripresa»aggiunge Remos.

    Rimango senza parole, a bocca aperta, gli occhi spalancati e completamente immobile per qualche secondo. Poi mi sblocco e corro verso il letto con una forte emozione di felicità ma quando sto per abbracciarla, Remon mi blocca di colpo dicendomi che si è ripresa, ma il processo non è ancora completo e deve stare ferma. Mi dice anche che ci vorranno ancora circa due ore e poi avrà completamente riacquisito la memoria. Nel frattempo prendo la sedia, la metto vicino al letto, mi siedo e chiedo a Rika se sta bene. Lei risponde che ormai sta meglio e riesce a capire tutto, anche se soffre ancora per la perdita di tutti gli wan con cui è cresciuta e del proprio paese natale. Le metto delicatamente una mano sulla coscia: «Stai tranquilla, metteremo tutto a posto. Gli esseri spietati che ci hanno fatto questo la pagheranno cara» affermo con lo sguardo determinato, per farle capire che non ho intenzione di lasciare invendicati gli wan a cui tenevamo.

    Rika mi sorride e mi dice che purtroppo niente potrà far ritornare i nostri cari, ma io insisto dicendo che, pur non potendo riportare in vita nessuno, di sicuro vendicherò tutto il popolo di Gogon, i nostri amici e mio nonno.

    A un certo punto si sente un gran rumore.

    «Deve essere tornato Ninjo»dice Remos.

    Apro la porta e vedo che è proprio lui. Entra nella stanza.

    «Ben risvegliata Rika» la saluta Ninjo sorridendole.

    «Grazie. Ma tu chi sei?» chiede Rika.

    «È colui che ci ha salvato dal massacro. Ѐ grazie a lui se noi due siamo ancora vivi»intervengo io.

    Ninjo, con uno sguardo molto serio si rivolge a me e Rika, dicendo che appena il processo di riattivazione della memoria sarà concluso ci dovrà informare su alcune cose riguardanti la strage di Gogon. Entrambi rimaniamo perplessi e curiosi per ciò che ci deve dire. Ninjo aggiunge anche che è andato nella città di Sairon per fare delle ricerche e ottenere informazioni riguardanti l’organizzazione che ha distrutto Gogon. Ci dice che ha raccolto parecchie informazioni, ma che ce le comunicherà solo dopo aver ascoltato la nostra storia.

    Passata un’ora circa, i fratelli Remo terminano il processo e Rika si riprende completamente. Questa volta è lei che mi corre incontro e mi abbraccia, dicendomi che ha avuto tanta paura e che sentiva di essere bloccata. Dice anche che mi sentiva nei giorni precedenti, ma non riusciva a comunicare, poi mi bacia. Mi sconvolge quando mi parla di un incubo che continua a fare e facendomelo raccontare, capisco che è lo stesso sogno che ho fatto io negli ultimi giorni. Rimaniamo entrambi allibiti, poi Ninjo interviene dicendo di stare tranquilli, perché nella sua casa siamo al sicuro. Va verso la porta e ci invita a seguirlo. Ringraziamo i fratelli Remo per l’aiuto che ci hanno dato e andiamo con Ninjo fuori dalla stanza.

    Saliamo le scale fino ad arrivare al terzo e ultimo piano della casa. Entriamo in una grossa stanza circolare che immagino sia la camera degli ospiti. Ci fa accomodare su un lungo divano morbido a forma di U, dall’aspetto molto comodo e ci dice che per stasera questa sarà la nostra stanza dove riposare e che domani gli dovrò raccontare la mia storia. Confermo che lo farò e lo saluto. Rika mi dà la buonanotte con un bacio e poi cade in un sonno profondo. Mi guardo attorno osservando tutto ciò che c’è nella stanza: molti quadri sulle pareti beige, che raffigurano scene di battaglia, un gigantesco lampadario appeso al centro del soffitto, fatto con pietre preziose di tutti i colori, un lungo tavolo per gli ospiti con quaranta sedie, un capiente armadio di legno scuro con sopra alcune armi, due grandi finestre in direzione del mare. Mi sdraio anche io. Il pensiero che a me solo mezz’ora di processo ha tolto molta energia mi fa capire perché Rika si sia addormentata così di colpo. Le do la buonanotte.

    Chissà come mai Ninjo insiste così tanto a voler conoscere la mia storia. Domani lo scoprirò penso tra me e me, poi mi addormento.

    Il mattino seguente vengo svegliato da una luce intensa, apro gli occhi e vedo Ninjo che sta spalancando le tende, facendo entrare la luce.

    «La prossima volta, per favore, svegliaci in un modo più tranquillo» lo rimprovero un po’ infastidito.

    Si sveglia anche Rika, mi dà il buongiorno sorridendo e stiracchiandosi, poi si alza in piedi e va a sedersi al tavolo. Mi alzo anche io, vado a sedermi e noto che sul tavolo Ninjo ha fatto preparare un’abbondante colazione.

    «Mangiate pure senza fare complimenti» ci invita sorridendo.

    Si siede anche lui al tavolo e stuzzica qualcosa, intanto si rivolge a Rika chiedendole come sta.

    «Oggi sto molto bene. Il letto era comodissimo e non sono mai riuscita a dormire così bene come stanotte in tutta la mia vita» risponde Rika con l’espressione di una wan soddisfatta, riposata e piena di energie.

    In effetti anche io ho dormito molto bene, senza fare sogni. Rivolgo lo sguardo verso Ninjo e capisco immediatamente che non aspetta altro che ascoltare la mia storia.

    «Stai aspettando il mio racconto, per caso?»gli chiedo con l’assoluta certezza di averci preso in pieno.

    «Perché? Si nota tanto?»risponde lui ridendo.

    Dato che non vede l’ora che inizi a raccontare, incomincio col dirgli di spostarci sul divano perché è una storia abbastanza lunga e voglio narrargliela fin dall’inizio. Ci spostiamo, ci mettiamo comodi tutti e tre sul divano e incomincio la storia di me e mio nonno, di Rika e dei nostri amici, di quel torneo…

    Tutto incominciò circa quattro anni fa.

    Capitolo 2

    Il regalo

    Quattro anni prima

    Mio nonno Shu ed io conducevamo una vita felice: al mattino ci svegliavamo presto e andavamo a caccia nei boschi oppure a pesca nel tratto del Fiume Gon vicino a casa, poi mangiavamo qualcosa e durante il pomeriggio di solito controllavamo il frutteto dove coltivavamo varie tipologie di frutta. La sera dopo mangiato, il nonno stava a casa o andava a letto presto. Talvolta veniva con me a fare delle passeggiate che a me piacevano tanto. Unavita, la mia, piuttosto faticosa e semplice, però ero comunque felice, perché ero sempre in compagnia del nonno, a cui volevo davvero tanto bene.

    La nostra casa distava circa mezz’ora a piedi da Gogon, eravamo completamente isolati nella natura e stavamo bene così. Durante i miei sedici anni mio nonno mi aveva insegnato molte cose; recandoci raramente a Gogon, se non per comprare qualcosa di utile, come per esempio qualche attrezzo per il frutteto, per la pesca o per la caccia, non avevo stretto amicizie ed ero molto solitario, però ero uno wan tranquillo e pieno di energie. In realtà, con tutto l’aiuto che davo a mio nonno, non avevo nemmeno il tempo di poter fare amicizia con qualcuno. Poi un giorno molto speciale le cose cambiarono radicalmente.

    Era il giorno del suo sessantasettesimo compleanno ed ero molto felice, perché avevo deciso di fargli un regalo speciale, che non fosse un nuovo arnese o dei vestiti, come per gli scorsi compleanni, questa volta volevo fargli un regalo particolare, per fargli capire quanto tenessi a lui. Fino al giorno del compleanno, però, non mi era venuto in mente niente di così speciale, quindi la mattina stessa del compleanno mi alzai presto, mi vestii in fretta e furia indossando pantaloncini corti grigi, le mie scarpe marroni, una maglietta gialla, il mio gilet per metà bianco e metà nero, il mio orologio da polso e andai di corsa in camera di mio nonno, svegliandolo.

    «Ciao nonno, vado a Gogon a prendere alcune cose che mi servono»dissi ad alta voce.

    «Va bene. Stai attento a non farti male» mi rispose il nonno con la sua solita frase di raccomandazione, con gli occhi chiusi e ancora nel mondo dei sogni.

    Presi un grosso zaino e mi avviai. Attraversai il ponte in legno dove passa il Fiume Gon e mi incamminai sul lungo sentiero sterrato costeggiato ai suoi lati dall’immenso prato verde che si estende da casa fino al paese. Andavo a passo veloce, poi però cominciai a rallentare, alzai lo sguardo al cielo e iniziai a pensare a dei possibili regali, ma non mi veniva in mente niente di davvero particolare.

    «E se gli regalassi un portaoggetti? No, non è il tipo a cui piacciono queste cose. O magari qualche attrezzo per il frutteto? Mmh… La vedo dura, ne ha già tanti. O forse apprezzerebbe di più un nostro ritratto? Forse… però non mi convince molto. Sono ancora al punto di partenza!»

    Senza che nemmeno me ne accorgessi, ero arrivato a Gogon. Il paese non era molto grande, però aveva uno stile particolare: tutte le case sembravano dei grossi semi dalle forme tondeggianti e allungate. Mi facevano ridere, ma la cosa più buffa era che anche le mura, fatte con pali in legno molto duro, formavano un grande seme. Arrivato davanti alle porte delle mura, entrai e iniziai a cercare qualsiasi cosa potesse andare bene come regalo, ma niente mi colpiva particolarmente. Iniziai per prima cosa a cercare nella zona ovest del paese, dove c’era un negozio di alimentari, uno di pesca, uno agricolo e un’armeria. Mi recai per primo in quello di alimentari, con l’intenzione di trovare qualche tipologia prelibata e rara di cibo. C’erano svariati tipi di pesce e di carne, molta frutta e verdura e diversi prodotti, tutti dall’aspetto invitante, ma nessuno particolare. Decisi di andare a vedere nel negozio di pesca, dove vidi tanti tipi di esche, ami, lenze e canne da pesca, di cui il negoziante mi mostrò un nuovo modello e questo mi parve davvero bello, però pensandoci bene non potevo andare da mio nonno con una canna da pesca e considerarlo un regalo speciale. Allora andai nel negozio di attrezzatura agricola e anche qua c’erano tante belle cose, ma purtroppo niente che il nonno non possedesse già. Mi recai all’armeria. Il problema era che a mio nonno non erano mai interessate né le armi né le battaglie.

    Un po’ deluso, mi recai direttamente dall’altra parte del paese, dal momento che nella zona centrale non c’erano negozi ma solo case, una scuola di addestramento, una di apprendimento di vari lavori e il palazzo degli eventi. Nella zona est c’erano un negozio di caccia, uno di abbigliamento, uno di souvenir e uno di opere d’arte. Per prima cosa andai in quello di attrezzatura da caccia e, tra fucili, coltelli, svariati tipi di vestiti da cacciatore e stivali, non trovai niente di particolare. Andai in quello di abbigliamento, ma solo per un giro veloce, siccome avevo deciso che un vestito sarebbe stato un regalo troppo scontato. Passai per il negozio di souvenir e trovai tante cose belle, come le numerose statuette in legno di alcuni animali e di wan, tante sfere luminose per illuminare la casa, alcuni tipi di orologi, alcuni giochi

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