Favole all'ombra del grande castello 2
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le proprie caratteristiche, vincoli e risorse che li porteranno, alla fine, a raggiungere le loro finalità.
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Favole all'ombra del grande castello 2 - Fabiana Canarini
Fabiana Canarini
FAVOLE
all’ombra del
grande castello 2
Prefazione di Franco Larocca
Ai miei nipoti Aurora e Andrea:
che la loro Vita sia sempre intrisa d’AMORE
e guidata dalla Luce Divina.
Indice
Sommario
Indice
Didattica delle favole
Prefazione di Franco Larocca
Carla e la vigilia
Carla e la vigilia - Esercizi
Esercizio 1.1 - Linotipia
Esercizio 1.2 - Il diario di Carla
Esercizio 1.3 - Trova la parola
Esercizio 1.4 - Incastri
Esercizio 1.5 - Troviamo il dolce
Esercizio 1.6 - Sì o No
Esercizio 1.7 - Parole intrecciate
Berenice e l’ignoto arricchente
Berenice e l’ignoto arricchente - Esercizi
Esercizio 2.1 - Linotipia
Esercizio 2.2 - Linotipia
Esercizio 2.3 - Parole nascoste
Esercizio 2.4 - Sì o no
Esercizio 2.5 - Cerca il nome
Il paese dei pidocchi
Il paese dei pidocchi - Esercizi
Esercizio 3.1 - Linotipia
Esercizio 3.2 - Trova la parola
Esercizio 3.3 - Collegamenti
Esercizio 3.4 - Parole incrociate
Benremedia e l’incantesimo del ghiaccio
Benremedia e l’incantesimo del ghiaccio - Esercizi
Esercizio 4.1 - Linotipia
Esercizio 5.2 - Sì o no
Esercizio 4.3 - Iniziali
Esercizio 4.4 - Mago/strega o non mago/strega?
Esercizio 4.5 - Cerca il nome
Esercizio 4.6 - Lo sai che...
Il Saggio che perse la Via
Il Saggio che perse la Via - Esercizi
Esercizio 5.1 - Legàmi
Esercizio 5.2 - Accoppiamenti
SOLUZIONI
Carla e la vigilia - Soluzioni
Berenice e l’ignoto arricchente - Soluzioni
Il paese dei pidocchi - Soluzioni
Benremedia e l’incantesimo del ghiaccio - Soluzioni
Il Saggio che perse la Via - Soluzioni
Progetto di laboratorio di scrittura creativa Metodo Canarini
Prefazione
Grazie ai bambini
Le Favole crescono su sè stesse
La maledizione sconfitta
La maledizione sconfitta di Fabiana Canarini
Ringraziamenti
Didattica delle favole
Prefazione di Franco Larocca
Favole come copioni di vita
Anche il bambino vive di teorie! E più teorie abitano nella sua mente, più ricco sarà il suo pensiero da adulto. Di ogni esperienza, di ogni evento cui assiste, di ogni tipo di rapporto che instaura con gli altri, quali essi siano, il bambino si costruisce quel che gli studiosi chiamano scripts, o copioni, ovvero disegni formali, astratti, essenziali, teorie appunto che lo aiutano ad interpretare le esperienze successive. Mano a mano che cresce queste teorie si trasformano, si arricchiscono, si completano; in una parola evolvono in un pensiero più ricco e articolato e sempre più vicino alla realtà. Il motivo per cui alcuni bambini si presentano a scuola più intelligenti, più curiosi, più espressivi, sta proprio nella ricchezza di esperienze vissute nella prima infanzia. Là dove manca l’esperienza diretta di certo, come nel passato, supplisce la parola, il racconto entro un ambiente affettivamente caldo, in cui la fantasia non irretita e mortificata da quella delle rapide immagini televisive odierne, v’è lo spazio e la libertà di intridersi dei sentimenti della persona cara che racconta. Il valore delle nenie prima, degli scioglilingua e filastrocche poi, e infine delle fiabe e delle favole non consiste tanto nel fatto che servono a tener buoni i bimbi. Molti adulti si son resi conto che le immagini televisive hanno lo stesso effetto, e l’usano per questo. Ma cosa perdono i bambini odierni rispetto a quelli dei tempi passati? Perdono il contatto umano, quel contatto intriso di affetti trasmessi con lo sguardo, col tono di voce personalizzato e adeguato all’intensa interazione che si crea nel rapporto diretto. La fantasia del bambino che insegue la favola è libera e gode della albeggiante vita interiore dove affetti, sentimenti, emozioni e persino pulsioni primitive trovano un substrato reale su cui riversarsi e in cui cominciare a provare se stessi nella relazione con il reale. E le favole si fanno veicolo di conoscenze, di giudizi sul mondo, di valori, di iniziale distinzione tra bene e male, tra buono e cattivo, tra bello e brutto, tra pericoloso e affidabile, tra giusto e ingiusto. Certamente non comprenderanno il significato di ogni parola, ma quelle parole costituiranno la base e il veicolo di un significato potenziale che a tempo opportuno diverrà chiaro ed esplicito. I bambini amano le favole, proprio come le amavano i popoli illetterati del passato, e le amano soprattutto perché consentono l’instaurarsi di un stretto rapporto con le persone che prima le raccontano e che poco alla volta gliele leggono e fanno leggere.
La favola ha una storia molto antica e ha svolto diverse funzioni nelle diverse epoche. Quale la funzione più importante da riconoscere alla favola odierna? Certamente le funzioni che nel passato le avevano assegnato Esopo e Fedro o nel diciassettesimo secolo Jean de La Fontaine o nel secolo scorso Gianni Rodari, rimangono sia pure trasformate anche se oggi son meno evidenti. In un’epoca in cui i mediatori culturali si sono moltiplicati anche per i bambini (si pensi anche solo a internet), entro la funzione principe dell’ammonire divertendo, occorre precisare il contenuto dell’ammonizione. La funzione dell’educazione preventiva in ambito etico è ai nostri giorni la più impellente. Difendere per tempo dalla pedofilia, dall’aggressività dei branchi, o dal farne parte in modo attivo, dalla droga, dallo stolking, dal gioco d’azzardo e da tanti altri comportamenti lesivi della integrità della persona è compito della componente adulta e sana della società. Spesso molti adulti non sanno come affrontare certi argomenti; la favola viene loro incontro e in uno spazio simbolico apparentemente neutro è possibile affrontare argomenti di natura etica sottolineando la bellezza delle virtù e manifestare disprezzo e spregio nei confronti d’ogni tipo di vizio, d’ogni azione vituperevole. Le basi di tale educazione preventiva può essere certamente costituita dalla favola capace, oggi come ieri, non solo di aiutare a comprendere per tempo chi è prepotente, o furbo, o manipolatore, o superbo, o attaccabrighe, o insaziabile, oppure sciocco, o vanitoso, o ingenuo, o... si potrebbe continuare a lungo, ma anche che verità e giustizia trionfano solo se si ha coraggio, e che occorre spirito di sacrificio e valori molto elevati ben interiorizzati per vivere in una società tutta protesa all’economico, all’avere più che all’essere, all’apparenza più che alla realtà. L’esemplarità simbolica della favola penetra nell’anima infantile divenendo un copione attraente o repellente a seconda dello stato d’animo di chi racconta o legge per le prime volte quella favola. Lo stato d’animo, il tipo di partecipazione empatica all’evento della favola si trasferisce nel bambino con la stessa carica emotiva propria dell’adulto che con il processo d’identificazione gli consente di vivere in prima persona ciò che viene raccontato o letto.
A ogni stagione il modo adatto
Quante favole vi saranno state raccontate e lette da bambini! Da Pinocchio a Cappuccetto Rosso alla Bella addormentata nel bosco, Favole al telefono, e altre ancora. Vi sono entrate nell’animo e… le avete dimenticate. Salvo a riscoprirle in altra età e a coglierne il significato profondo che quand’eravate bimbi non riuscivate a cogliere. Eppure vi piacevano. Cosa vi piaceva in realtà? Di certo l’esperienza affettivo-emotiva che stavate vivendo, la presenza della nonna o del nonno o del babbo o della mamma, il loro sguardo, la loro voce, la mimica dei loro volti, il senso di sicurezza che vi dava la loro presenza anche quando sembrava che il racconto toccasse momenti di pericolo e che la paura evidente nel tono della voce fosse annullata dalla mano che vi carezzava il capo. Di fatto tutte le favole, a differenza delle fiabe, sono per tutte le età. Il lupo e l’agnello, una favola antica cui Esopo e Fedro diedero una veste poetica di pregio, o il pezzo di legno vivente inventato da Collodi, attirano l’attenzione fantasiosa dei bambini, ma anche il pensiero meditativo dei grandi. Le favole sono dunque cibo per l’anima di tutti, ma c’è modo e modo di fruirne. Ai piccoli la lettura è poco indicata, soprattutto se la favola è lunga e complessa. Ai piccoli le favole vanno raccontate, magari nei tratti essenziali e ponendo l’accento sui passaggi che più attirano l’attenzione e accendono la fantasia. È importante che fin verso i sette-otto anni l’adulto che racconta drammatizzi la favola assumendo volta a volta diversi toni di voce, muovendosi mimando il personaggio, scandendo le parole chiave e sospendendo spesso con lunghe pause la voce in modo che i bimbi anticipino in se stessi quanto si sta raccontando. In tal modo poco a poco emergerà il desiderio di raccontarla a loro volta. E non appena i bambini hanno appreso a leggere speditamente diventa naturale che siano essi stessi a voler leggere, magari alternativamente, assegnandosi dei ruoli: ad es. il nonno fa il lupo e il bambino l’agnello, il nonno fa Geppetto e il bambino Pinocchio. Dagli otto anni in poi la lettura delle favole può di certo essere fatta anche a piccoli gruppi nelle classi scolastiche o negli oratori o nei luoghi di ritrovo di bambini mentre i genitori sono impegnati in attività culturali di vario genere e dove spesso gli educatori che li accudiscono non sanno cosa inventarsi per stare insieme. Questi spazi possono divenire dei veri e propri laboratori educativi capaci di svolgere varie funzioni. Dagli otto anni in poi le favole assumono un ruolo importante nell’immaginario infantile e, diversamente dall’ascolto passivizzante della televisione o di altro mezzo elettronico, mettono in moto attivamente le varie potenzialità interiori favorendo la loro sinergia che sfocia in creatività. Se poi la lettura delle favole vien fatta in piccoli gruppi assegnando diversi ruoli ai vari personaggi, divenendo attori della medesima favola, essa diviene una vera e propria palestra d’apprendimento non tanto di contenuti culturali ma di comportamenti vitali intrisi di tutta la tavolozza dei sentimenti e delle emozioni della vita reale su di un piano teatrale. E il termine teatro, nella sua accezione più antica, rinvia al concetto di visione immediata della realtà. Una realtà, quella del teatro, ovvero quella delle favole interpretate attivamente dagli stessi bambini, che gode di tutto lo spessore del vero ma senza il pericolo dei riscontri drammatici della vita di tutti i giorni. Sul piano della fantasia, o del teatro, l’uomo ha provato ad esorcizzare tutti i suoi mali, ha provato a capire cosa si può provare quando si odia qualcuno, nel dar sfogo a tutti gli istinti più bassi, nel perpretare le più ignominiose ingiustizie e, come nelle antiche tragedie greche, cosa avviene nell’animo nell’invocare pietà e perdono, nel ristabilire l’ordine e la giustizia o a svelare sorprusi. Si può dire che la rappresentazione delle favole -in laboratori ben condotti- si ha l’analogo del teatro degli adulti. Con un plusvalore: gli attori della favola godono in prima persona quella catarsi che i greci assegnavano agli spettatori. Un passo ulteriore, e siamo già in età preadolescenziale, può essere quello dell’interruzione della favola per farla continuare ai ragazzi. Le favole della ricercatrice Duss hanno avuto un gran successo proprio per l’uso di autoconoscenza della favola. La comprensione dell’interiorità del preadolescente attraverso le favole interrotte e fatte concludere a modo proprio dal giovanetto/a aiutano a comprendere la loro vita interiore, le loro aspirazioni, le loro carenze e soprattutto le loro scale di valori. Ma non solo: lo stimolo di una favola può divenire l’occasione per scriverne una propria. In tal caso la lettura della favola diventa propedeutica della Scrittura creativa con tutto quel che tale metodica comporta di sviluppo umano a partire dalla conoscenza di sé e della propria esistenza oltre che dei propri limiti e potenzialità. Siamo giunti così ad evidenziare il ruolo proprio della favola in età adulta. In un mondo complesso come il nostro spesso non s’ha criteri per cogliere con evidenza le differenze tra il buono, l’eroico, l’onesto e il cattivo, il menefreghista ed egoista, il furbo e l’imbroglione, o anche lo sciocco e l’ingenuo, il tiranno e la vittima, e persino non v’è modo di cogliere il lieto fine da una conclusione problematica. Talora i punti di vista, dipendenti dalla propria concezione del mondo e della vita, fanno vedere nel tiranno uno che sa come difendersi e la vittima solo un incapace, un inetto, oppure trasforma l’onesto in incompetente e il disonesto in intelligente che sa come ci si comporta in questo mondo. E non vale la scusa del come posso sporcarti l’acqua se io sono più in basso nella corrente del fiume?
o quella del ma io non ero ancora nato!
. Ai lupi non interessa la realtà e agli agnelli la ragione diviene un mero lamento di chi cerca una giustizia inesistente nel mondo degli affari e della mera economia. Il prepotente ha sempre ragione e conosce gli azzeccagarbugli adatti, capaci di assumere gli stessi punti di vista per averla vinta. Le favole, teatri in miniatura, analogano la problematica della vita reale e consentono di riflettere e, se lette