Alla ricerca di Jonathan
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Dovrà ricercare, in un percorso lungo e sconvolgente, quelle verità celate e con esse scoprirà anche quelle della sua vita.
Dopo "Le tre vite di Jonathan" e "Il dono di Jonathan", "Alla ricerca di Jonathan" è il terzo libro che chiude la trilogia di questo magnifico personaggio.
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Book preview
Alla ricerca di Jonathan - Salvatore Viola
JONATHAN
Introduzione
Ad un certo punto della nostra vita, ci capita di conoscere delle persone con le quali entriamo subito in sintonia come se ci fossimo già incontrati ed avessimo trascorso con loro una parte dei nostri giorni. Stare con loro ci fa star bene e riteniamo che questo sia dovuto alle nostre affinità di caratteri.
Con altre invece, appena conosciute, sentiamo subito antipatia, addirittura a volte un senso di repulsione, e non capiamo il perché in quanto non sappiamo niente di loro. È la prima volta che le incontriamo e quindi non possono averci fatto del male o danneggiato in alcun modo. Eppure è come se lo avessero fatto...
Qualcuno dice: « È questione di pelle!» e con questo giustifica simpatie, antipatie o amori razionalmente immotivati. E se i motivi andassero al di là delle nostre conoscenze umane? Se i nostri spiriti si fossero già incontrati in epoche diverse e avessero condiviso nel bene o nel male parte della loro vita sulla terra? Allora sì che le sensazioni che proviamo apparentemente in modo irrazionale sarebbero giustificate! Ma noi non possiamo saperlo e tra l’altro non ci mettiamo problemi per quello che proviamo per qualcuno.
È così e basta, anche se, inconsapevolmente, nel nostro subconscio qualcosa ha scatenato quei sentimenti.
Capitolo 1
Stefano quella mattina si alzò inquieto. Aveva la sensazione di aver perso qualcosa e non sapeva darsi pace perché si rendeva conto che non era una cosa materiale ma qualcosa che riguardava il suo essere e, non riuscendo a capire, ne era angosciato.
Nadine lo osservò preoccupata. «Che c'è, Stefano, cosa ti succede?»
Stefano era abituato alla sensibilità che aveva sua moglie di leggere nei suoi atteggiamenti quello che sentiva e non si sorprese della domanda.
«Non lo so, Nadine. È una sensazione strana...sento come se si fosse spezzato qualcosa dentro di me.»
Nadine gli si avvicinò e lo abbracciò stringendolo forte.
«Non preoccuparti, amore, rilassati», gli disse. «Vedrai che presto riuscirai a capire. Ora non pensarci più e sicuramente, con la mente sgombra, ti verrà la soluzione per quello che senti.»
«Spero che tu abbia ragione, Nadine», le rispose Stefano e la salutò frettolosamente per recarsi al lavoro.
Poco prima aveva accompagnato a scuola Antoine ed era rientrato un attimo a casa per bere un caffè con lei, sperando, nel frattempo, di dimenticare la sua angoscia, ma così non era stato.
Da quando era nato Antoine, Nadine aveva rinunciato a recarsi spesso in Agenzia perché le era sembrato più giusto dedicargli molto del suo tempo, anche se aveva trovato sua madre e sua sorella disponibili a stare con lui in loro assenza.
Naturalmente Stefano poteva coprire i turni della sera e della mattina in Agenzia, ma non sempre. Quindi aveva fatto in modo che la sorella di Nadine, Monique, potesse lavorarci al loro posto quando si fosse presentata l'esigenza.
Monique era stata molto brava ad inserirsi velocemente in quel tipo di lavoro e, come Stefano e Nadine, lo amava e le dava molte soddisfazioni. Inoltre, non essendo impegnata sentimentalmente e non avendo altri impegni personali, si divideva molto volentieri tra il lavoro in Agenzia e fare da tata a suo nipote Antoine.
Stefano aprì l'Agenzia con quella strana sensazione che lo tormentava e si sedette pensieroso a controllare dei documenti che stavano sulla scrivania.
Erano passati solo dieci minuti quando il suo telefonino iniziò a squillare.
«Jo!» esclamò, vedendo il suo nome nel display.
«Ciao Jo, son felice di sentirti!» proseguì tutto d'un fiato sorridendo.
Dall'altra parte del telefonino sentì silenzio...
Stefano, sorpreso, stette ad aspettare che Jonathan gli parlasse, ma non fu lui a rispondergli: era una voce di donna rotta dal pianto.
«No, Stefano, sono Tania...»
«Tania? Ma tu piangi...Buon Dio, che è successo?» esclamò mentre l'angoscia che lo aveva assalito da quando si era svegliato aumentava a dismisura.
«Jo è morto, Stefano...», gli disse Tania singhiozzando.
«Nooo! Com'è possibile? Cosa gli è successo?»
«Non lo so...se n'è andato mentre dormiva... scusami, non ce la faccio a parlare, sto male, scusami...»
«Sono sconvolto, Tania. Fatti forza, arrivo con Nadine al più presto!»
«Grazie Stefano...»
Quando Tania chiuse la telefonata, Stefano chiamò subito Nadine. Lo sconforto aveva preso il posto dell'angoscia che sino a poco prima lo aveva tormentato e le sue mani tremavano per l'agitazione.
«Nadine, prepara velocemente i bagagli. Dobbiamo raggiungere Tania e Seidu perché Jo è morto», le disse.
«Mio Dio...oh mio Dio, com'è possibile?»
«Ascolta, Nadine, telefona a tua madre e a Monique per chiedere il favore di organizzarsi con Antoine. Io chiudo l'Agenzia e arrivo. A Monique chiedi se può lavorare in questi giorni anche al mio posto. Se non riesce per via di Antoine, pazienza, rimarrà chiusa. Sto arrivando!»
Lasciarono velocemente Parigi in auto. Avrebbero viaggiato per molte ore e sarebbero arrivati a casa di Jonathan e Tania a sera inoltrata.
«Cos'è successo, Stefano? Cosa ti ha detto Tania?» chiese Nadine appena partirono.
«Non so...non era in grado di parlare, piangeva disperata. Ho capito che è morto mentre dormiva. Incredibile! Povero amico mio! Era ancora giovane, aveva superato da poco i sessant'anni. Non mi risulta che avesse problemi fisici...»
«Era un grande amico ed un uomo meraviglioso.»
«Per me era un fratello, il mio fratello maggiore. Mi vinceva qualche anno, ma quando ci siamo conosciuti, da ragazzi, sembravamo coetanei. Siamo entrati subito in sintonia e da quel momento le nostre vite sono state legate da un filo indissolubile anche se molto spesso siamo stati lontani. Sarà così strano non potergli più parlare e vederlo...»
Poi, avvolti nel loro dolore, Stefano e Nadine stettero a lungo senza parlare, ognuno prigioniero dei ricordi che si affacciavano nelle loro menti. Ricordi che li vedevano in compagnia di Jonathan a condividere ore e giorni della loro vita.
Stefano si rivide piccolo insieme a lui. Avevano fatto in fretta a fare amicizia e a diventare uno l'ombra dell'altro. Passavano il tempo, scuola e compiti permettendo, a giocare in tutti i modi e spesso trascorrevano qualche ora nelle rispettive case e poi i genitori li invitavano a stare insieme a cena, felici di vederli così affiatati. Avevano trascorso così la fanciullezza e parte della loro giovinezza fino a quando Jonathan era partito, arruolato in Polizia. Era sempre stato il suo sogno e tante volte si era confidato con Stefano dicendogli che prima o poi ce l'avrebbe fatta. E ce l'aveva veramente fatta, perché era riuscito a vincere il concorso che avevano bandito qualche anno dopo essersi diplomato. Per Stefano era stato un gran dolore perdere l'amico, ma poi si era detto che doveva essere contento per lui. Si era comunque ripromesso che avrebbe cercato lavoro nella città dove prestava servizio e così avrebbero avuto la possibilità di stare di nuovo insieme.
Quando poi Jonathan era stato coinvolto in quella grave vicenda del black bloc ucciso ed era stato processato e poi incarcerato, grande era stato il suo sconforto ed era corso subito in città per stargli vicino.
Nella visita che gli aveva fatto, aveva trovato un uomo distrutto e sull'orlo della depressione.
«La mia vita è finita, Stefano», gli aveva detto. «I miei sogni si sono infranti in un destino atroce. Sono innocente e non posso dimostrarlo. Dovevo difendere il mio collega che stava per essere colpito con una spranga e ho dovuto sparare. Non volevo uccidere, ma purtroppo è successo. Chissà dov'è finita quella spranga! Senza di essa, per dimostrare che ho sparato ad una persona armata che stava per colpire, sono perduto...»
Stefano gli aveva detto che gli credeva e che doveva avere la forza di superare quella sventura, che prima o poi la verità sarebbe venuta fuori e che comunque quello che contava di più in quel momento era che lui si sentisse a posto con la sua coscienza. Ma ogni sforzo che aveva fatto per tirarlo su di morale era stato inutile ed ogni volta che tornava a trovarlo lo vedeva sempre più depresso. Il destino aveva voluto che nel frattempo gli morisse anche la madre e questo era stato un altro motivo per affliggersi ancora di più.
«È stata colpa mia», gli aveva detto. «È morta dal dolore di sapermi in carcere e non potermi aiutare!»
A nulla erano valsi gli sforzi di Stefano per convincerlo che non era come pensava. Anzi, Jonathan aveva aggiunto a quel dolore anche quello di sapere il padre cardiopatico senza il conforto della moglie che era tutto per lui e, quando era in vita, gli dava la forza per andare avanti.
Sembrava che l'esistenza di Jonathan si fosse indirizzata verso un tunnel senza ritorno, quando era comparso nella sua vita fra Giuseppe. Era stato lui, con la sua spiritualità, a strapparlo letteralmente da quel tunnel buio e a ridargli la speranza e la voglia di vivere.
Già... fra Giuseppe. Quel frate era sempre piaciuto a Stefano. Anche se in quegli anni che era stato insieme a Jonathan, dopo uscito dal carcere, non era mai stato un cristiano praticante e aveva cercato di schivare ogni discorso che riguardasse la fede. Aveva sempre sentito un'attrazione per fra Giuseppe perché aveva da subito capito la dote che possedeva di scrutare in profondità nell'anima delle persone e capirne le cose che agli altri non era concesso.
Fatto sta che Jonathan, con l’aiuto di fra Giuseppe, aveva rivisto la luce e da allora era diventato il suo padre spirituale finché aveva lasciato il mondo