Se non vedi non credi
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Short stories che andrebbero lette una al giorno con regolarità, possibilmente durante la pausa caffè o nel corso di un avventuroso viaggio.
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Se non vedi non credi - Demetra Efthymiou
anche…
Il sorriso dell’estate
«Più invecchi e più diventi piccola» disse e mi guardò, sorridendo.
Non so cosa mi prende e mi entusiasmo così tanto!
Sarà la magia della natura di questo posto dai tanti ricordi o forse il paesaggio...
Qui l’uomo lavora la terra e i campi diventano pieni di vita. Il grano, le noccioline, i pomodori… tutto ciò che dà anima a questo luogo.
Qualche trattore lasciato lì al margine della strada. Alcuni uomini raccolgono le patate e il terreno lavorato ha un profumo forte.
Il mio mare si trova proprio qui. I campi arrivano quasi alla riva. Nuoto sempre in questo luogo. La sabbia non è bianca, ma diversa. Ha un colore marrone.
Le rocce, invase da uccelli marini. Non sono gabbiani, bensì qualcos’altro.
Quando comincia a calare il sole, tutto diventa argentato… l’acqua, le barche, i sassolini.
Vorrei asciugarmi, eppure resto ferma. La magia mi assale, mi paralizza. Non riesco proprio a parlare. Mi guardo intorno e ammiro tutto, persino i piccoli sassi.
Ne prendo in mano alcuni e comincio a giocare.
Tra poco spunta fuori una faccina che sorride!
«Ehi, ma che fai?» chiede Elias. «Più invecchi e più diventi piccola…»
Lo guardo negli occhi e rispondo imbarazzata: «È il sorriso dell'estate!»
La morte di Rigena
«Fred, guarda cosa ho trovato! Una fiaba! È molto bella. Mi ha commossa e non riesco a toglierla dalla mente. Vuoi che te la legga?»
Cindy cominciò a leggere. Fred la guardò con imbarazzo e tenerezza. Le sue mani erano piccole e belle. Ogni loro movimento dava grazia a tutta la sua presenza. Persino il libro tra di esse, sembrava fragile e prezioso.
«Leggende e fiabe di Cipro
?» domandò Fred.
«Sì! È la morte di Rigena. Si dice che Rigena fosse una grande donna, una regina. La sua presenza era ovunque, in tutta l’isola. Aveva castelli su tutte le cime delle montagne. Una figura misteriosa. A volte molto dinamica e combattiva; altre volte debole e si nascondeva dentro le sue caverne...»
C’era una volta, al tempo della dominazione dei Franchi, il Riga e la Rigena. Erano andati in villeggiatura al loro castello nella regione di Campo. Il palazzo era in cima alla montagna e, da lì, si potevano vedere tutta la regione e il mare.
Rigena andava spesso alle caverne a fare il bagno sotto le cascate. Le piaceva raccogliere erbe e fiori selvatici. Tutti i tesori della regina erano ben custoditi nel castello e il Riga passava il suo tempo contandoli e architettando piani strategici. Spesso scoppiavano guerre e doveva essere sempre pronto ad affrontare i nemici.
Il Riga amava molto la sua sposa, ma lei non lo amava perché era brutto vecchio e cattivo. Le aveva regalato tutte le sue ricchezze e le aveva offerto ciò che desiderava perché voleva essere amato da lei ma, seppure fosse una buona e fedele sposa, non riuscì mai a innamorarsi di lui. Rigena era molto rinomata per il suo grande cuore e la sua bellezza immensa.
Un giorno, da quelle parti, dove la regina trascorreva in villeggiatura, arrivò un bel giovane, il nuovo soldato del re. Era biondo e aveva gli occhi azzurri. Rigena si innamorò subito, e anche lui fece altrettanto. La regina andava ogni giorno alle cascate a incontrare di nascosto il suo amante.
Un giorno, però, capitò che li vedesse insieme un servo del re, il quale riferì subito ogni cosa. Il Riga si arrabbiò molto, non sapeva cosa fare.
Dopo averci pensato, decise di non dire niente alla sua donna. Si inoltrò nella foresta e raccolse tante ghiande. La notte entrò di nascosto nella stalla e cercò il destriero marrone del bel cavaliere. Tolse la sella e posò le ghiande raccolte. Quando il giovane sarebbe montato in sella, le spine delle ghiande avrebbero punto la pelle dell’animale che sicuramente si sarebbe inferocito. Così il cavallo lo avrebbe scagliato a terra e la morte sarebbe stata istantanea.
Il giorno dopo, all'alba, la bella Rigena lavò i lunghi capelli, mise un vestito bianco e si diresse nella stalla per salire sul suo cavallo. Però l’animale non stava bene e la regina preferì prendere quello marrone del bel cavaliere. Lo cavalcò e, mentre si dirigeva verso le cascate, vide i soldati del re. La fermarono per strada.
«Sua maestà, donna Rigena!» disse il soldato del re. «Corri! Corri veloce, scappa! Corri via per salvarti. Stanno arrivando i nemici. Sono stati avvistati da lontano. Il Riga ci manda a portarti queste brutte notizie. Ci ha detto che devi correre più che puoi per salvarti la vita!»
Rigena non perse tempo! Subito ordinò ai soldati di prendere tutti i tesori e nasconderli bene in un posto dove sarebbe stato difficile trovarli. Dopo spronò il cavallo e cominciò a correre più che poteva.
L’animale cominciò a manifestare forti dolori a causa delle ghiande e sanguinò. Improvvisamente si imbizzarrì e alzò le zampe nell’aria, buttando all’aria la regina, che finì sotto un ponte di pietra, nel ruscello vicino alle cascate.
Il bel cavaliere del re, passando dal ponte e andando incontro al sovrano, vide la bella Rigena sanguinante a terra. Si avvicinò, ma era già morta. La baciò sul viso e, con le lacrime agli occhi, corse per raggiungere il Riga, per lottare accanto a lui e salvare il paese dai nemici conquistatori.
«Fred, mi porterai a vedere il ponte di Rigena?» disse Cindy, e una lacrima le bagnò la guancia. Era palese. Lei era molto innamorata…
L’antiquario di Bova
L’ispettore Angelo arrivò in tempo. Il tassista lo guardò con aria indifferente, aspettando di essere pagato.
«Qui non ci sono i segnali con il limite di velocità?» disse annoiato, fissando il tassista con espressione austera. «Mica siamo a una gara di rally!»
Lui non rispose. Abbassò la testa e prese i soldi, dicendo un secco: «Arrivederla.»
Che stronzo di tassista… proprio a me doveva capitare?
pensò Angelo.
Gli veniva da vomitare, dopo quella pazza corsa tutta curve. La sua auto si era danneggiata lungo la strada ed era stato costretto a chiamare un taxi per poter salire su, in cima all’Aspromonte, e raggiungere Bova.
Il centro di Bova era modesto. Solo case vecchie fatte di pietra e conservate bene. All'inizio della strada, un’insegna in lingua griko dava il benvenuto. "Kalos irtate¹ nella terra Grica.
Speriamo parlino anche italiano" pensò l'ispettore, che proveniva da Milano.
Si incamminò verso la piazza ed entrò in una tabaccheria.
Il tabaccaio lo salutò con un sorriso grande! Era contento di vedere un estraneo nel suo paese. Angelo ordinò un caffè e comprò le sigarette.
«Mi dica, per favore, lo conosce, un certo signor Salvatore Magna? Sa dove si trova il suo negozio? Si chiama Kalinifta².»
«Ah! Sì, il nostro antiquario… certo che lo conosco. Sono più di cinque anni che vive a Bova. È tornato dalla Germania dopo che è morta sua moglie. Andarono via a lavorare appena sposati. Ha una figlia molto bella, Pasqualina, che si sposò con Mimmo, un giovane del paese e ora aspettano un bambino.
«L’antiquario è un tipo strano. Raccoglie sempre tanti oggetti e passa il suo tempo a piantare rose. Solo gialle. Le regala a tutti. Anche a me! Me le porta spesso e le metto sui tavolini del bar. Vuole che tutti annusino le sue rose, dice siano di una specie chiamata Amber Queen, e hanno un profumo particolare. Se le tocchi, ti resta il profumo addosso per due giorni. Ed è vero, sa? Io le ho provate!
«Il signor Salvatore è una persona buona. Ogni volta che viene al bar offre a tutti. Beve sempre la grappa, quella buona! Fatta qui, al nostro paese. Abbiamo la grappa migliore al mondo sa, aspetti che gliene offro un bicchierino.»
L’ispettore sorrise, bevve e salutò il simpatico giovanotto.
«Kalispera, kalispera³» rispose lui, contento.
L'antiquario aprì la porta. Aveva dipinto in faccia il dolore e sembrava disperato. I suoi occhi erano pieni di lacrime.
«L’ispettore Angelo Graziani?» domandò tremando.
«Sì… sono io. Ma cosa le succede? Perché è spaventato? Sono qui per aiutarla, non abbia paura. Di me si può fidare. Sono qui per aiutarla!» Angelo gli circondò le spalle e gli strinse la mano.
«Sa… non volevo parlare ai Carabinieri. Qui ci sono solo i Carabinieri. Questa è una comunità piccola. Volevo avvisare una persona come lei, un ispettore della Polizia di Reggio. Io vorrei capire cos’è successo, voglio scoprire cosa è successo veramente! Venga con me! venga, per favore.»
L'ispettore, assieme all’antiquario, attraversò la grande stanza che era piena di mille oggetti. Molti erano a terra. Angelo rimase per un po’ a guardarli: orologi, piatti antichi, oggetti di porcellana, lampadari, quadri, un po’ di tutto…
Su uno scaffale vide tante rose. Erano fatte di vetro e ambra. Lesse ambra rosata. Salvatore si fermò davanti a una porta bassa di legno antico. Si girò e guardò con occhi tristi l’ispettore.
Proprio vicino alla porta si trovava il corpo di una giovane donna.
«È la mia Pasqualina!» disse l’antiquario, scoppiando a piangere.
Angelo osservò il corpo. Era una donna incinta di forse otto o nove mesi. Non c’era traccia di sangue, la donna sembrava come dormire. Aveva i capelli lunghi ed era davvero molto bella.
Accanto a lei vide un foglio.
Si mise i guanti e lo prese in mano. Cominciò a leggere a voce alta:
Al mio caro papà e al mio adorato marito,
io, Pasqualina, la tua piccola, papà, e io, il tuo amore, il tuo musetto, amore mio, Mimmo, vorrei chiedervi SCUSA! Scusa per il disonore che ho portato nella nostra famiglia. Non era colpa mia! È stata tutta colpa sua! Lui mi inseguiva sempre. Insisteva! Adesso mi rendo conto di quanto ho sbagliato! E quanto ti amo! Te e solo te, amore mio! Tu sei il mio Mimmo, sempre! Il bambino che porto dentro me non è tuo, però, Mimmo… ma è lui il padre, Pino. Il tuo migliore amico. Come potrei guardarvi ancora in faccia? Non riuscirò a continuare a vivere senza pensare alla grande vergogna che vi ho portato! Così ho deciso di lasciare questo mondo per sempre.
Perdonatemi e sappiate che vi voglio tanto, tanto bene!
La vostra,
Pasqualina
L'antiquario guardò l'ispettore e, mentre piangeva, gridò disperato: «Io non credo che mia figlia si sia suicidata. La prego, mi aiuti! Per favore, voglio scoprire chi l'ha uccisa! Voglio trovare l’assassino che ha osato fare del male alla mia piccola! Mi aiuti!» urlò ancora e si mise a piangere forte, senza potersi fermare.
Improvvisamente suonò il telefono.
«Ispettore, abbiamo riportato l'auto in centrale. Verrà il meccanico a prenderla domani mattina.»
«Sì, va bene, grazie. Non mi servirà comunque, non ancora. Resterò per qualche giorno qui, a Bova. È successa una cosa molto grave e devo capire tante cose…»