Raccontando in una radura d'inverno
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Raccontando in una radura d'inverno - Helios D'andrea
capitolo
1° capitolo
Gabriele
Gabriele
Gabriele aveva diciannove anni quando l'ho conosciuto al Centro Emmaus.
Frequentava il corso di legatoria sotto la guida di mio padre, con l'intento di poter
imparare un mestiere e ottenere una certa autonomia economica. Gabriele era un
ragazzo affetto dalla sindrome di Down ma a differenza degli altri che frequentavano i
corsi di falegnameria o di confezione di cesti, aveva una certa facilità ad imparare il
difficile mestiere del legatore. Con grande entusiasmo arrivava puntuale al Centro
Emmaus, ogni mattina alle otto e mezza, accompagnato dal padre. Nonostante gli
occhiali con le lenti spesse e la mole che non gli permetteva di correre a lungo, era
sempre sorridente e accettava di buon grado ogni rimprovero e gli sberleffi degli altri
ragazzi del gruppo, considerati dei disadattati, figli di operai con problemi economici
rilevanti tali da non poter nemmeno affrontare un iter scolastico normale. Ho
conosciuto Gabriele proprio nel momento che ho fatto visita al Centro per un motivo
piuttosto banale. Mio padre doveva portare nella sua aula, alcune risme di carta e di
cartoncino. Dopo averli caricati in macchina, mi chiese di accompagnarlo visto che ero
in vacanza e le mie lezioni scolastiche al liceo erano terminate. All'inizio l' idea di
andare in un centro di persone portatrici di handicap, mi dava fastidio anzi preferivo
sicuramente fare qualcosa di meglio in quella mattina d'estate ma mio padre mi
convinse dicendomi che attorno all'edificio del centro, c'era un bel giardino, con
vialetti, aiuole e fontane. Alla fine mi decisi, dopotutto tra l' andata e il ritorno al
massimo in un'oretta sarei tornato a casa per poi andare al mare. Dopo la salita in
collina, mio padre guidò la vecchia cinquecento su una stradina brecciata che
conduceva al complesso scolastico del Centro Emmaus. Appena scesi dalla
macchina, un ragazzo sdentato e con gli occhiali si avvicinò a me e mi chiese come
mi chiamavo. La mia impressione fu quasi di ribrezzo perché non avevo mai visto da
vicino una persona affetta dalla sindrome di Down. Dopo avergli detto il mio nome, lui
si presentò subito come Gabriele e volle abbracciarmi ma io mi tirai indietro perché
trovavo questa manifestazione di affetto completamente fuori posto. A quel punto si
avvicinò un ragazzo con la barba, del corso di falegnameria che cominciò ad
insultarmi ripetutamente senza alcun motivo apparente. Gabriele mi difese dicendo:
-Lascialo stare! E' il figlio del professore.
-E allora? Chi se ne...
A quel punto Gabriele istintivamente diede un pugno a Mauro, che cadde a terra con il
naso sanguinante. Mi sembrava di stare all'inferno e pregai mio padre di riportarmi
subito a casa. Dopo aver caricato le dieci risme che erano state sistemate sul
portabagagli della nostra vecchia cinquecento, mio padre salutò la Direttrice che era
accorsa per sedare la lite tra i due ragazzi e Gabriele mi disse a sorpresa:
- Non ci fare caso amico, questo ragazzo che ti ha offeso non è molto normale. Scusa!
Scusa! Quando ci rivediamo?
- Va bene, non lo so, ora vado via ...farfugliai, tagliando il discorso.
In realtà avevo una tale fretta di tornare a casa e un profondo desiderio di non mettere
più piede nel Centro dove lavorava mio padre. Ero rimasto esterrefatto per
l'accoglienza dimostrata ma in quel momento ero molto giovane e non avevo riflettuto
che quelle dure parole erano state pronunciate da una persona con problemi
caratteriali piuttosto pesanti e insoluti. Insomma ero duro e non volevo giustificare
nessuno. Dopo quell'episodio mi dedicai alle mie sospirate vacanze estive e non ci
pensai più. Giugno trascorse in modo frettoloso ma sereno e felice. Verso la metà di
luglio mio padre ebbe l'incarico di accompagnare i migliori ragazzi del Centro Emmaus
ad una meritata vacanza di una settimana in montagna. Potevano partecipare solo
quei ragazzi che non manifestavano insofferenza verso gli altri anche perché
trasformare un periodo di riposo in una rissa continua sarebbe diventato un bel
problema, anche di responsabilità per tutti coloro che assistevano questi giovani,
ossia gli stipendiati come mio padre e i numerosi volontari. Anche in questa occasione
mio padre mi chiese di accompagnarlo ma solo per un giorno; infatti sarei dovuto
ritornare a casa la sera stessa senza pernottare, accompagnato da un amico, il
collaboratore scolastico della scuola. Prima di accettare, m'informai se quel ragazzo
che mi aveva insultato, sarebbe venuto in montagna con gli altri. Mio padre lo