Malum. La maledizione del Divoratore di Anime. Volume 3
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Malum. La maledizione del Divoratore di Anime. Volume 3 - Cesarino Bellini Artioli
La maledizione del
Divoratore di Anime
Malum
Cesarino Bellini Artioli
Tavola dei Contenuti (TOC)
Cesarino Bellini Artioli
Cap. 1
Cap. I
Cap. II
Cap. III
Cap IV
Cap. V
Cap. 2
L'albero Mistico
Cap. VI
Cap. VII
Cap. VIII
Cap. IX
Cap. X
Cap. XI
Cap. XII
Cap. XIII
Cap. 3
Cap. XIV
Cap. XV
Cap. XVI
Cap. XVII
Cap. 4
Cap. XVIII
Cap. 5
Cap. 6
Cap. XIX
Cap. A’
Cap. XX
Cap. B’
Cap. XXI
Cap. C’
Cap. XXII
Cap. D’
Cap. E’
Cap. F’
Cap. G’
Cap. H’
Cap. XXIII
Cap. I’
Cap. L’
Cap. M’
Cap. N’
Cap. O’
Cap. Z’
Alastor
Cap. 0
Kodex
Cap. 1ⁿ
Ringraziamenti
Immagine principale di copertina di
Lorenzo Idol
Lodi.
Copertina comprendente parte
di un'opera di Dinh Phuoc Quan.
Ogni riferimento a persone, organizzazioni, ideologie religiose, politiche e culturali, fatti reali, realmente accaduti o ritenuti tali è puramente casuale e frutto di fantasia. Le idee e opinioni espresse non sono da ritenersi necessariamente quelle dell’autore.
Michela, Valentina,
se per fato mi foste state ignote,
non intenderei attribuir all’amor valore.
L'anima si sbigottisce a ricordare.
Publio Virgilio Marone
Brandelli di un tutto inconsapevole
Marciamo immobili
Diretti all’inaccessibile
Guidati dal faro estinto dell’illusione
La verità è una Maledizione che…
Divora l’Anima
Se non essere fosse l’unico futuro…
Se divenire abominio fosse l’unica evasione…
Di quanto sangue sarebbe lordo il tuo altare?
Il Mio gronda!
S.K.
Cap. 1
Alexander
Camminavo ormai da molte ore, era giorno e per quanto il sole fosse al suo zenit la sua luce sembrava spenta e fredda. Una sottile nebbia copriva il panorama, non un evento eccezionale per il luogo in cui abitavo, ma un non so ché d’innaturale regalava a quella foschia un aspetto sinistro e fantastico allo stesso tempo. I colori del mondo erano opachi ed esangui come se una mano invisibile avesse tinto il paesaggio di un velo verde scuro. Uscii dalla città, non vi era nessuno, pensai più volte che potesse essere un sogno, ma non riuscivo a svegliarmi e la mia mente era troppo lucida e i miei pensieri troppo legati al mondo della logica. Ormai era notte quando vidi un uomo anziano vicino ad un campo di terra appena arata. Mi avvicinai ma lui scappò veloce come una lepre, innaturale per un uomo della sua età. Poi la consapevolezza mi raggiunse, il ricordo mi colse impreparato alla rivelazione. Non ne fui angosciato o terrorizzato, anzi, fui grato che quell’esperienza avesse una ragione.
Il mio spirito conosceva la normalità della mia condizione: ero morto.
Cercai di ricordare come, ma non vi riuscii. Avevo solo una certezza, ero stato ucciso perché ritenuto un traditore dalla mia organizzazione, anche se l’unico ingannato ero stato io, ma non sapevo da chi.
Ricordavo il mio ultimo nome, ma sapevo che non ne avevo mai avuto uno del tutto mio. Orfano dalla nascita, nato da genitori ignoti, conobbi solo da adulto il mio retaggio. Il nome che mi attribuii, dopo averlo conosciuto, e per il quale ero stato ucciso, era: Lord Alexander Kainz, unico erede della nobile casata inglese degli Ancestral Sun.
Era il nome che più sentii mio fra i tanti che usai, perché mi era stato consigliato dal mio mentore, dal mio più grande amico, l’unico uomo che considerai come un padre, il capo della Gladio, l’organizzazione per cui lavoravo.
Preso dai miei pensieri, mi resi conto di aver camminato sino ad aperta campagna. La nebbia era fitta, mi ero perso. Viaggiai per ore, non conoscevo né stanchezza né fame. Guardai ai miei piedi e mi resi conto di sfiorare l’acqua camminandoci sopra. Viaggiavo veloce e silenzioso.
Lontano vidi un debole sole giallo sorgere da dietro un’isola. Al centro vi era un grande albero, il suo fusto era formato da una moltitudine di tronchi intrecciati, come serpenti in una danza amorosa. In breve fui sulla costa. Mi diressi spedito verso l’albero. Ad un centinaio di metri dalla mia meta vidi un grosso cavallo dal manto verde. Era maestoso e soprattutto pericoloso, lo sentivo come un grido dell’anima. Mi si parò davanti e parlò con voce femminile e in un qualche modo famigliare:
Fermo! Non puoi passare! Nessuno può, nemmeno io!
Chi sei, perché sei qui?
chiesi.
Io sono l’ultima ad apparire! Sono qui perché ciò che è relegato non esca. Non posso entrare, ma non permetterò a nessuno di uscire! Se ti avvicini, più non sarai, anche se non a causa mia!
Non sapevo che cosa fosse, ma quell’albero mi era conosciuto, non era la prima volta che lo vedevo, ma non ricordavo quando. Non ebbi timore alcuno, superai il cavallo e mi incamminai.
Lei mi guardò e per quanto non fosse possibile leggere i sentimenti dal volto di un equino, mi parve di scorgere stupore.
Mi avvicinai sempre di più, sino ad un passo dall’enorme tronco. Vi appoggiai una mano, lo toccai. Mi sentivo a casa, ero già stato lì. Molte volte, troppe, ma qualcosa era cambiato, lo sapevo.
Un saluto Xander!
Sentii una voce dall’altro lato dell’enorme tronco, circumnavigai il perimetro ed arrivai all’altro capo. Qui vi era un uomo, la sua pelle era colpita dal sole giallo e il suo viso appariva come fosse d’oro. Era poggiato all’albero e il tronco dietro di lui era coperto di sangue. Un considerevole numero di piume e ossa facevano a lui da nido e giaciglio. Sembravano resti di enormi ali.
Chi sei? Stai bene?
gli chiesi con gentilezza. Lui mi guardò e sorrise.
Io sono stato chiamato angelo! Il mio nome è Samael!
La sua rivelazione non mi stupì. In fin dei conti ero morto, sarebbe dovuto essere normale incontrare un angelo o qualche entità di qualsivoglia religione.
Che ci fai qui?
gli chiesi senza pudore, non provavo soggezione, sebbene il suo status lo richiedesse. Era come parlare con un vecchio amico, ma non sapevo il perché.
Chi è quello la fuori?
aggiunsi. Lui guardò verso il cavallo, lo feci anch’io. Era mutato, ora era una forma ibrida, un centauro dalle fattezze femminili e con il volto d’aquila. Ma per quanto fosse tutto assurdo, ancora una volta non mi stupii. Samael mi guardò.
Il suo nome è Nonio! È qui perché aspetta che sia il suo turno, nel frattempo, si assicura che io non fugga. È pericolosa, ma non può nulla qui, non è in grado di entrare. Sei al sicuro.
Io non la temevo, ma forse avrei dovuto. Samael mi guardò. Mi fece cenno di sedermi ed io ubbidii.
Contemplai il cielo e vidi centinaia di stelle cadenti, alcune di esse sembrarono colpire la terra in un bagliore di luce candida.
È ricominciata!
disse Samael.
Cosa?
chiesi.
L’Apocalisse è ricominciata, non ho saputo fermarla!
lo disse con somma tristezza. Ebbi paura. Guardai di nuovo verso il perimetro della radura in cui vi era l’albero. Di fianco alla centauressa verde ne comparve un altro. Era bianco e la sua testa era di un leone. Alla mano sinistra portava un arco. Guardai Samael e chiesi:
Sono i Cavalieri dell’Apocalisse?
No, sono i cavalli. Non c’è nessun cavaliere questa volta!
Notai una fiaccola spenta che l’angelo aveva vicino al suo grembo. Mi colse un desiderio irresistibile di toccarla. Lo feci senza chiedere il permesso. Si accese una piccola fiamma di sola luce. Mi ritirai, per la prima volta stupefatto. Samael non mutò la sua espressione intensa e decisa.
Ho una storia da raccontarti Xander! Vuoi ascoltare? Vuoi sapere com’è iniziato tutto?
Samael guardò in alto e io feci lo stesso. Sull’albero erano cresciute due mele d’oro, sebbene fossi sicuro che la sua specie non potesse creare quei frutti. Samael si allontanò dal tronco e vidi il retro della sua schiena. Vi erano profonde cicatrici. L’angelo si accorse della mia curiosità.
Mi sono state strappate le ali. Sono stati loro! Insieme.
Indicò i centauri al limitare della radura.
"Vuoi ascoltare la mia storia?" aggiunse.
Certo!
gli risposi. Non sapevo per quale motivo stessi per essere testimone privilegiato della fine di tutto e del racconto dell’inizio, il più grande mistero.
Samael cominciò:
"Per spiegare ciò di cui sono stato partecipe, userò concetti che tu possa capire. Parlare in termini umani di ciò che era ed è l’esistenza di noi eterni non sarebbe corretto, ma necessario perché tu comprenda.
Noi viviamo in un luogo che è sola luce, interagiamo nell’universo primigeno bidimensionale al confine esterno, in quel luogo la totalità è vibrazione continua senza mai fine. Siamo formati da interazioni senzienti di luce che gli esseri del mondo fisico potrebbero interpretare come arazzi luminosi o costellazioni. Noi siamo luce sia visibile sia celata. Intrecci di onde elettromagnetiche senzienti, sarebbe il modo in cui ci descriverebbero gli scienziati del tuo mondo, la Terra.
Ma non ti preoccupare, parlerò in modo che tu mi capisca, i concetti che userò saranno a te famigliari, impiegati a tuo beneficio."
Cap. I
Samael
Ricordo ancora quando capii di non essere soddisfatto di ciò che accadeva, del modo in cui ci comportavamo e misi in dubbio la nobiltà dei nostri intenti. Mi ero recato in perlustrazione su un nuovo mondo ed era mio compito decidere se fosse adatto ai nostri scopi e nel caso quale fosse la strategia di conquista migliore. Io mi reputavo più un cacciatore che un guerriero, considerata l’inferiorità dei nostri avversari. Non vi era molto da pianificare, usavamo sempre lo stesso tipo di approccio, sempre la solita strategia a cinque fasi. Superai il portale che ci permetteva di raggiungere la dimensione materiale. Per noi esseri di luce, esplorare i mondi inferiori era frustrante. I nostri poteri erano inferiori in quei luoghi in confronto a come riuscivano ad esprimersi nel nostro. La luce senziente, di cui siamo costituiti, riesce ad interagire con la materia in modo discontinuo, per quanto regolare. Se un nostro raggio di luce colpisce la materia, solo una frazione dell’energia riesce a toccarla ed interagirvi.
In groppa al mio fido cavallo, Alastor, giunsi a quella che nostro Padre e imperatore aveva scelto come nuova terra di conquista. Era ancora in corso la raccolta nel 665° mondo ma, ciò nonostante, egli già pianificava la conquista del successivo.
In quel pianeta, la stella vicina emetteva una dolce luce gialla. Una grande luna bianca illuminava la notte. Galoppai invisibile per le creature di quel mondo sino a raggiungere una radura in cui alcuni esseri viventi stavano comunicando fra loro. Uno di essi mi colpì, era l’Uomo.
Il 666° mondo era la Terra, la luna era più vicina a quel tempo, l’evoluzione delle specie viventi era