Sono vittima del Sistema
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Devo andare via per forza, qui è un’agonia giornaliera, la poca offerta di lavoro che esiste se la divide la politica e i comuni scambi di favori: tu mi dai tre voti a me, ed io ti do un posto di lavoro a te (a termine naturalmente). I giovani volenterosi, privi di angelo custode, sono costretti a emigrare verso terre dove comunemente il diritto al lavoro esiste, e non è un favore che ti fa qualcuno in cambio di.
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Book preview
Sono vittima del Sistema - Virginio Cappellania
lavoro».
LA FABBRICA DEI SOGNI
L’Italia delle raccomandazioni
La mia storia inizia in quella delicatissima fase successiva al diploma di maturità, è in quel momento che si gettano le fondamenta per il futuro di un uomo. E’ una fase molto delicata in cui i genitori devono essere molto vigili sulle decisioni dei propri figli, perché non sempre hanno le idee chiare, e non sempre sono in grado di scegliere il giusto. I giovani vanno seguiti e instradati, come l’asta supporta con mano ferma la pianta che crescerà dritta e robusta.
Se avessi ascoltato le parole di mio padre di continuare la strada per cui mi ero diplomato, forse non sarebbe andata così.
Dopo essermi diplomato ero andato al nord Italia, ospite di mia cugina che insieme al fidanzato gestiva uno studio di grafica pubblicitaria, l’Image-Lab. La mia passione per il disegno e il computer mi spinsero verso questa meta: approfondire queste conoscenze per farne poi un lavoro. L’esperienza fu bellissima, oltre all’apprendimento di Software del settore pubblicitario, facevo anche parte di un’Associazione culturale, Ubik Art, sempre gestita da loro due. Si conoscevano tante persone con l’estro per l’arte e le grandi installazioni urbane. Un periodo della mia vita splendido, ne conservo un ricordo magico, gli anni più belli, la gioventù. Si sa che a quell’età si è sempre in preda di tante passioni, e nostalgie di casa. Così ritornai al mio paese natale dopo qualche anno, cresciuto e pasciuto, con tante idee poco realizzabili visto il contesto dove vivevo. Passò un po’ di tempo tra ingarbugliamenti vari, e si presentò l’occasione di entrare in fabbrica come interinale in una nota Multinazionale delle Telecomunicazioni. Senza pensarci troppo accettai. Trascorsi sei mesi ero diventato un operaio specializzato.
Una sera, seduti in tavola per la cena, tutta la famiglia riunita discuteva tra allegre risate e riflessioni future. Mia sorella mi disse che c’era un Corso di laurea fatto su misura per me, una laurea con indirizzo informatico/umanistico, si teneva a Firenze, potevo quindi studiare e lavorare, dando poi gli esami in sede. Un Corso di laurea molto interessante, il primo in tutta Italia, nessuna Università aveva un percorso di studi del genere. Si studiava come progettare la formazione a distanza, che già all’estero era molto in uso. L’e-learning, il giusto approccio computer – docente – discente. Gli sbocchi professionali si ramificavano in vari settori: nella scuola, come assistente di laboratorio informatico; negli Enti di Formazione Professionale, come tutor; nelle imprese, nelle pubbliche amministrazioni o in aziende private come formatori. Il discorso mi entusiasmò e presto detto m’inscrissi alla Facoltà. Raggiunta la laurea, Formatore Multimediale (con tutte le difficoltà del caso: lavorare; studiare; prendere il treno per recarmi in sede e sostenere gli esami), mi allontanai dalla fabbrica perché confidavo in quel titolo di studio, speravo di svolgere un lavoro adatto alle mie competenze.
Le mie aspirazioni erano molteplici: come docete su diversi Software; come tutor; come programmatore di siti web; come progettista nella formazione a distanza. Tutto questo purtroppo con delle entrate finanziarie molto basse, in Italia lo sfruttamento professionale è qualcosa d’incredibile. Oltretutto non era neanche possibile entrare nelle scuole, perché il mio titolo di studio non era stato riconosciuto. In seguito a tante esperienze lavorative, capii che era meglio ritornare a lavorare in fabbrica, anche se era un posto come precario almeno mi garantiva di avere un reddito sicuro accompagnato, quando non ero in forza lavoro, dagli ammortizzatori sociali.
Quando nel lontano 2003 ho avuto la fortuna di entrare in fabbrica, naturalmente con la raccomandazione, ho dovuto firmare per tredici anni una piramide di contratti di assunzione, con licenziamento automatico perché a termine. La formula lavorativa era di un contratto di un mese più tre proroghe di un mese, quindi quattro mesi di lavoro tramite l’Agenzia interinale. Poi dovevo attendere il turnover (ovvero aspettare che gli altri colleghi facessero i propri mesi di