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Io lo so tu... Prova
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Io lo so tu... Prova

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About this ebook

La psoriasi di mio figlio mi ha spinto a cercare, quello che ho trovato mi ha spinto a scrivere; spesso i rimedi sono incredibilmente semplici.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateSep 12, 2017
ISBN9788892684287
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    Io lo so tu... Prova - Edoardo Sabatti

    Bacchetta

    Capitolo I

    La tempesta è cessata da poco, le nuvole corrono sulla costa della montagna come i cirri sulle pianure d’Irlanda.

    In questo paese dal nome austero Magno non succede quasi mai nulla di interessante, la vita scorre come il torrente di montagna, segue un corso prestabilito o quasi.

    Qui le persone non si sono mai mosse più di tanto e perfino negli amori la non voglia di niente di nuovo ha portato nelle generazioni legami di consanguineità.

    In questo sommesso borgo di montagna non c’è nulla di più ed allo stesso tempo niente che manchi.

    La privilegiata posizione nella valle fa sì che in inverno le temperature siano quattro o cinque gradi più elevate che dalle altre parti ed in estate la brezza di montagna mantiene il caldo al di sotto della norma rendendo la zona intensamente piacevole e vivibile.

    Nella stagione invernale il sole si dimentica per due lunghi mesi di lambire il fondo valle.

    Spunta da dietro la montagna e corre veloce sul filo del pendio per poi scomparire velocemente sulla diagonale della vallata lasciando posto alla neve ghiacciata ed alla brina che rende i fili delle recinzioni rigidi e luminosamente compatti dando un senso quasi spettrale ai contorni delle case e delle cose.

    Questo è il paese dove ho vissuto fino al mio matrimonio, una frazione di Gardone in Valle Trompia, a nord di Brescia.

    Situato a 600 metri di altitudine, rivolto a est è circondato da montagne che lo riparano sia dai venti freddi del nord che dalla calura estiva proveniente da ovest.

    Ho frequentato le scuole elementari qui a Magno, ricordo che c’erano solo tre insegnanti per cinque classi.

    In gennaio, da ragazzo guardavo spesso fuori dalla finestra della scuola, il cielo era azzurro e la nebbia che copriva la valle sembrava un mare bianco di panna montata.

    Venivo spesso richiamato dalla maestra per questi miei momenti di fuga pindarica, strano ... ricordo ancora il volto e le movenze della mia vecchia insegnante, ma non riesco a portare alla mente il suo nome.

    In paese serpeggia da sempre un forte campanilismo, e benché buona parte degli abitanti del borgo si recasse a Gardone per lavoro c’è sempre stata un po’ di compassione per quelli del fondo valle, che avevano condizioni climatiche decisamente avverse.

    Come comune autonomo Magno viene citato già nel 1400 d.c., mentre il riconoscimento vescovile come parrocchia avviene nel 1646.

    Da un libro delle anime redatto dal parroco e datato 1680 risultano 251 abitanti, raggruppati in 40 famiglie di cui 10 sono Sabatti come me.

    Nel 1928 Magno viene incorporato nel comune di Gardone, la vecchia mulattiera viene sostituita dalla nuova strada nel 1950, successivamente asfaltata nel 1962.

    A Magno nel 1968 gli abitanti erano 728 di cui 166 Sabatti.

    Nel 2005 ho ricostruito attraverso i registri parrocchiali delle nascite, dei matrimoni e delle cresime associata ad una meticolosa ricerca telefonica i 330 Sabatti nella provincia di Brescia, discendenti tutti da 7 famiglie originarie di Magno.

    Le famiglie si ridurranno a 6 in quanto una famiglia non ha avuto eredi maschi e quindi non ha tramandato il cognome.

    A questa famiglia apparteneva l’unico Sabatti vivente che aveva superato i 90 anni, faceva l’impiegato comunale ed era intollerante all’uovo.

    E’ morto lo scorso anno a 92 anni.

    La mia famiglia ha come persona più anziana il primogenito che porta il nome del nonno, ha 75 anni è calvo e non beve latte dalla maggiore età, pure il figlio é calvo.

    Di loro ho curato la nipotina che da piccola aveva la doppia intolleranza al latte ed alla carne bovina, proprio come me.

    Tra le famiglie Sabatti c’è ne una con la persona più anziana che ha 55 anni.

    Quindi una famiglia giovane, o meglio, una famiglia dove non si invecchia.

    Il più famoso dei Sabatti è Giuseppe Antonio, un ingegnere civile nato a Gardone nel 1757 e morto a Brescia nel 1843 figlio di Alessandro noto chirurgo dell’epoca e nominato barone da Napoleone Bonaparte.

    Gli abitanti di Magno si sono sempre dimostrati valenti artigiani ed armaioli, specializzati nella lavorazione di fucili.

    Già ai tempi della Repubblica Veneta chi lavorava in questo settore veniva esonerato dal servizio militare.

    Il clima mite ed il lavoro sicuro, hanno sempre trattenuto i miei antenati al borgo natio.

    I miei nonni paterni erano entrambi Sabatti, seppur provenienti da due famiglie diverse del 1644.

    Anche i nonni materni Tanfoglio e Rizzini sono discendenti di famiglie originarie di Magno.

    Ecco quindi motivati i problemi ereditari miei e di mia sorella.

    Mio nonno, mio padre, io e i miei figli non abbiamo conosciuto i nonni paterni, morti prematuramente tutti di malattia.

    La conclusione è che noi SABATTI siamo un po’ deboli dal punto di vista genetico.

    In famiglia eravamo tre fratelli: mia sorella Carla nata nel 1946, io nel 1951 e mio fratello Bruno nel 1959.

    Mio padre lavorava come operaio a Gardone V.T. presso la fabbrica d’armi Beretta e mia madre casalinga arrotondava il bilancio familiare cucendo e rammendando, ricevendo in cambio prodotti alimentari, uova, salumi, formaggi, polli, frutta e verdura.

    Lui l’aveva notata per i vicoli di Magno dove lei si recava per fare visita e per soggiornare nel periodo estivo da alcuni parenti.

    Chissà che cosa si sono detti la prima volta che si sono conosciuti.

    Lui di poche parole, spesso taciturno, lei non sarà di certo rimasta affascinata dalla sua rude loquacità.

    Durante il periodo bellico della seconda guerra mondiale, mia madre venne assunta nella fabbrica armiera dove lavorava anche lui, mio padre.

    La guerra, seppur con gravi e conosciuti risvolti finì, ma lei non se ne andò mai più da Magno.

    Quante cose non sono riuscito a chiedere ad entrambi, quanti piccoli ed innocenti segreti non sono riuscito a carpire di loro.

    E’ mancato il tempo.

    Il tempo, non compassionevole meridiana tracciata dagli dei per rendere vani gli sforzi tesi alle reciproche conoscenze degli umani.

    Di mio padre ricordo le movenze, sento ancora familiari alcuni suoi gesti che io a volte inconsciamente ripeto nell’arco delle giornate, con l’aiuto di vecchie fotografie conservate nell’album dei ricordi rivedo il suo volto, ma la sua voce no.

    La voce, quella non affiora proprio dal buio che avvolge le mie rimembranze.

    Mio padre soffriva da tempo di vari problemi di salute, morì per un infarto cardiaco nel 1968 all’età di 55 anni.

    Dopo le scuole medie subii un intervento chirurgico all’anca destra per una malattia congenita, rimasi fermo per un anno tra gessi e riabilitazioni varie all’arto.

    In quel periodo mia sorella entrò in convento e si fece suora.

    Il cielo si sta schiarendo, forse Dio non è più arrabbiato, io lo sono ancora.

    Forse non lo è per nessuno, io, di certo, non posso dire che per me sia stato tutto facile.

    All’epoca non c’erano tutte le corse di autotrasporto per gli studenti.

    Per recarmi a scuola da Magno a Gardone dovevo percorrere quattro chilometri ed io non potevo di certo coprirli a piedi.

    Quindi per frequentare le scuole medie andai in un collegio gestito da Salesiani a Chiari, un paese della bassa bresciana che nulla aveva in comun-somiglianza con il borgo dal quale provenivo.

    Il livello di comparazione cognitiva della scuola di Magno era di gran lunga inferiore al ben più elevato grado di istruzione che veniva impartito agli alunni del nuovo istituto nel quale io mi apprestavo ad apprendere i primi rudimenti.

    Sapevo il sacrificio che ciò comportava per i miei genitori, di conseguenza mi impegnai al massimo negli studi rimanendo sempre promosso a Giugno.

    Dopo le medie inferiori mi iscrissi ad un biennio di scuola tecnico-commerciale a Gardone, nel frattempo entrò in funzione il servizio della corriera per gli studenti.

    Terminata la scuola non trovavo altro impiego che qualche lavoro saltuario, andai perfino in Pretura per fare un po’ di tirocinio accontentandomi di un pattuito gratuito.

    Ad un anno dalla morte di mio padre fui assunto come operaio alla Beretta, solitamente la fabbrica assumeva i figli dei dipendenti che lasciavano il lavoro per pensione, morte o infortunio.

    Comperai una FIAT 500 di seconda mano e mi iscrissi al corso di ragioneria serale ottenendo il diploma con un punteggio elevato.

    Alla Beretta non avevo futuro come ragioniere, mi iscrissi allora all’Università di Economia e Commercio, che in quegli anni era possibile frequentare anche dopo lavoro.

    Durante l’anno non persi una lezione.

    Il primo esame fu quello di matematica.

    Per un allievo che veniva dalla ragioneria serale era veramente difficile, ma la matematica ha sempre suscitato in me largo interesse, quindi l’ho sempre studiata con entusiasmo.

    Alla prova scritta partecipammo in 40 studenti, solo poco più della metà furono ammessi alla prova orale.

    Solamente due dei quaranta partecipanti la prova scritta riuscirono a risolvere tutti gli esercizi del test, uno di questi era un Sabatti.

    Il docente rivolgendosi a me disse: Non posso certo dire che lei possa aver copiato la prova scritta visto che l’altro allievo che ha risolto tutti i quesiti proposti stava sul lato diametralmente opposto al suo.

    Candidamente risposi: Negli esercizi precedenti c’erano dei tranelli abbastanza semplici, nel 5’ quesito mi è venuto più facile fare il percorso inverso; ovvero partendo dal risultato finale ho escluso gli altri tre quadranti, ho trovato prima la retta ricostruendo facilmente in sequenza le altre linee.

    "Ma non si fa così!

    Non si comincia dal tetto per costruire una casa" sbottò contrariato il docente.

    Se lei mi avesse dato una risposta logica le avrei dato trenta ma ora non posso darle più di diciotto. Replicò il professore.

    Spesso, in seguito, da quel giorno mi è capitato di dover partire dall’inverso per trovare soluzioni ai problemi di varia natura che la vita mi poneva innanzi.

    Chissà se questo mio personale modo di affrontare certe situazioni avrebbe sconcertato nell’arco di tutti questi anni il mio vecchio professore.

    Fatto sta che da allora di case ne ho costruite parecchie.

    In seguito diedi altri esami tosti come Statistica e Diritto Privato, vinsi pure un concorso come contabile all’Ospedale di Gardone V.T., il salario era scarso ed il lavoro non di grande soddisfazione.

    L’anno successivo vinsi un altro concorso e fui assunto dalla Banca S. Paolo di Brescia.

    Diedi in seguito altri esami, che mi portarono a conseguire il completamento del secondo anno accademico.

    Lavorare e studiare allo stesso tempo diventava però sempre più difficile.

    Spendevo un’ora di tempo solo per recarmi sul luogo di lavoro e così pure per il ritorno a casa.

    In banca lo stipendio era di tutto interesse, il doppio o quasi di tutti i precedenti impieghi avuti fino ad allora, così anche se decisamente a malincuore abbandonai l’Università.

    Per complicarmi la

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