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L'urlo barbarico
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Ebook97 pages27 minutes

L'urlo barbarico

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La poesia è un vuoto, in questo caso esistenziale. Alla desertificazione dell'era postindustriale opponiamo un egotariato infantile e stirneriano, articolato nelle diverse individualità che si esauriscono e si esautorano nell'atto stesso, fenomenizzandosi. Yawp non è protesta, non è l'antitesi hegeliana che muove la storia, Yawp è oblio, conclusione che rifiuta di farsi inizio, eco di voci passate che rimbomba nel vuoto, come nella barbarie, echeggiando l'impero, risplendeva la sua perduta grandezza.
LanguageItaliano
Release dateAug 29, 2017
ISBN9788822817471
L'urlo barbarico

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    L'urlo barbarico - Autori vari

    T’accorgi

    Prefazione

    Poesia dell’egotariato giovanile

    di Francesco Muzzioli

    Dove vanno i giovani? Spesso, nei dibattiti, ci poniamo questa domanda, vanamente, malgrado i tentativi di interpellare i rari under che casualmente vi partecipano. Ma la domanda andrebbe preceduta da un’altra, ancora più radicale: esistono ancora i giovani? Da un lato, si può rispondere di sì: nella società della giovinezza obbligatoria, esistono come modello (si potrebbe dire, come astrazione determinata) e quindi come fantasma, se non altro come oggetto di invidia degli anziani, verso chi può essere giovane senza ricorrere a diete, creme, chirurgie, e quant’altro serva a rattoppare le ingiurie del tempo. Ma da un altro lato si deve rispondere di no: i giovani di oggi non corrispondono all’idea di nuove generazioni che si affaccino al mondo in modo combattivo e contestino le generazioni precedenti e lo status quo con la prospettiva di reinventare tutto da capo. In un certo senso lo stesso sistema dell’omologazione che li erige a modello li costringe però, se vogliono entrare a farne parte, a invecchiare precocemente o a conformarsi a una versione preconfezionata e standard. Che non mette in discussione la base. Anche dove si avanzano rivendicazioni e si profilano rottamazioni, non è mai per cambiare le cose alla radice, ma per sostituire i detentori nei posti di potere così come sono. Si dice giustamente che i giovani sono stati deprivati del futuro; in un certo senso gli è stata sottratta la dimensione temporale, in quanto sono chiusi come in un eterno parcheggio, nella infinita attesa di un accesso al mondo che non sono sicuri quando mai e se potrà avvenire.

    Eppure i giovani esistono, il buon senso dice che l’anagrafe non può essere annullata del tutto, per quanto ci si possa inoltrare nella realtà virtuale. Esistono e scrivono poesie per giunta. Strano fenomeno, però diffuso e non da oggi; che si potrebbe commentare assegnando alla poesia un ruolo, sia pur marginale, di contentino compensativo, uno dei modi meno dannosi che i giovani abbiano per ingannare l’attesa. E, tuttavia, forse non è proprio così: l’incontro tra i giovani e la poesia, a pensarci bene, è l’incontro tra due emarginazioni: allo stesso modo con cui essi sono confinati nell’esercito di riserva rispetto al mondo del lavoro, così la poesia si trova esclusa

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