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L'uomo d'Assisi
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Ebook84 pages1 hour

L'uomo d'Assisi

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Nasce, tra il Dicembre 1181 e il Settembre 1182 da Pietro Bernardone dei Moriconi, ricco mercante di stoffe, e dalla nobile Signora Pica Bourlemont, un figlio a cui viene dato inizialmente (dalla madre) il nome di Giovanni.

Il padre, che al momento della nascita era in Francia per affari, quando ritornò ne cambiò il nome in Francesco e, con tale nome, fu ed è comunemente e generalmente conosciuto.

Dopo aver condotto fino ai 24 anni una vita dissoluta ed aver provato la carriera militare (tra le altre fu fatto prigioniero dai perugini), San Francesco riceve in sogno la chiamata del Signore.

Rinuncia pubblicamente nella piazza del Vescovado di Assisi agli averi paterni e si incammina con pochi seguaci verso una vita di preghiera e di obbedienza a "Sorella Povertà":

Gli inizi sono molto difficili in quanto le idee di San Francesco sulla povertà e sulla semplicità della vita non sono comprese ne dalla gente e ne dal clero.

E' questo il periodo del miracolo del lupo di Gubbio e della riparazione di San Damiano, di San Pietro alla Spina e della Porziuncola di Santa Maria degli Angeli.

Le gesta di San Francesco (il Poeta) non passarono inosservate e le genti di Assisi cominciarono a cambiare l'opinione su questo stravagante giovane e così, dopo qualche tempo, Gli si affiancarono i primi seguaci.

Del primo seguace non ne è noto ne il nome e ne la fine.

Pertanto la storia ci indica come primo "discepolo" Bernardo da Quintavalle (un mercante) seguito da Pietro Cattani (un giurista) (+10 Marzo 1221).

In questo periodo San Francesco concepì (leggendoli dal Messale e dal Vangelo) i primi abbozzi di quella che poi sarebbe divenuta la regola Francescana:

"Se vuoi essere perfetto va e vendi tutto quello che possiedi e donalo ai poveri, così avrai un tesoro in cielo.

Non portare alcuna cosa per via, ne bastone, ne bisaccia, ne calzari, ne argento.

Chi vuol venire dietro di Me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua" .

Ordine delle Trattazioni

La costituzione dell'Uomo

La follia dell'Apostolo

La neurosi del Mistico

La cecità del Veggente

La morte del Santo
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateAug 11, 2017
ISBN9788892679214
L'uomo d'Assisi

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    L'uomo d'Assisi - Lorenzo Gualino

    Ordine delle Trattazioni

    La costituzione dell'Uomo

    La follia dell'Apostolo

    La neurosi del Mistico

    La cecità del Veggente

    La morte del Santo

    L'uomo d'Assisi

    Lorenzo Gualino

    Prima edizione digitale 2017 a cura di David De Angelis

    La costituzione dell'Uomo

    Strascinava ormai già le ultime tappe della sua corsa terrena quando, arrendendosi al pietoso consiglio d'un devoto fratello, Francesco d'Assisi desisteva alfine dallo straziare quell'esausta sua carne che per tutta una vita aveva accolto benigna le aspre percosse e de mortificanti invettive, che per un'intera esistenza s'era sottomessa docile all'imperiose aspirazioni di un'anima insaziata. Ed ancor presso alla morte, in atto d'estrema umiltà, Francesco il penitente s'emendava delle sevizie inferte al suo misero corpo, al pigro giumento tuttora dolorante per le trafitture d'uno sprone acuto, all'indocile, asinello tuttora piagato dai colpi d'un sanguinoso flagello.

    Eppur la mansueta dolcezza dell'apostolo umbro, in sul dettare ai seguaci una regola di vita, rifuggiva dall'austero rigore onde Benedetto aveva informato i suoi statuti, Colombano le sue costituzioni e Domenico i suoi comandamenti: e se le anteriori abitudini monastiche proscrivevano per sempre ogni sorta di variate carni dalle cibarie rituali, fedele allo spirito dell'evangelio, Francesco per contro accoglieva quanto di donar giudicava l'elemosiniera provvidenza: e se le antiche regole claustrali contemplavano categoriche pene del corpo in riscatto di precisate colpe dell'anima, inspirato all'affetto del padre Francesco invece escludeva ogni materiale travaglio ch'indebolendo le umane membra distogliesse i religiosi dal lieto lavoro o dalla vegliante preghiera per gettarli nel torpore dell'accidia o nella malizia della mormorazione.

    Così quando fra la rumorosa folla d'una radunata universale in Santa Maria degli Angeli conobbe Francesco le eccessive penitenze di quei primi compagni e lor ne rivolse pacata ammonizione, caddero molteplici i cerchi ferrigni e le corazze pontate ed i cilizii nodosi e sol le rozze tonache permasero a celare le pelli tormentate. Così quando nel romitico silenzio d'uno smantellato tugurio in Rivo Torto intese Francesco echeggiar nella notte il gemito lagrimoso d'un frate affamato, a lui pronto arrecò i pochi radicchi sopravanzati alla scarsa cena, ne gustò egli stesso per distogliere ogni rossore di vergogna dal volto del sofferente ed alla breve agape dette termine con una lunga parabola in laude della discreta moderazione.

    Ma in tutto ciò appunto, e soltanto in tutto ciò, non seppe Francesco armonizzare l'atto con la parola, sia ch'ei ritenesse di fornir per tal modo agli altri il modello più appariscente d'una non così perfetta imitazione, sia che fra gli altri ei stimasse di ritener sè stesso il peccatore più degno d'un non men grave castigo. E se a dormir non restava tutto ritto o mezzo seduto, in sulla nuda terra rinveniva l'abituale giaciglio, senz'altro lenzuolo e senz'altro coltrone fuor del saio e del cilicio, senz'altra difesa al rigor dei geli od all'impeto dei venti fuor della caldura del cuore sfavillante d'amore divino. E gli eran guanciali i sassi, le travi, le pagliacce, i sacchi ravvoltolati, e nel morbidore d'un piumoso cuscino risentiva l'insidia d'un demone perverso che gli turbava il capo, gli piegava le ginocchia, gli scuoteva tutta la persona vietandogli il sonno e l'orazione.

    Nè di tanta inflessibile severità si risparmiava l'indebolito stomaco, che non soltanto Francesco riduceva al minimo la quantità dei propri alimenti, non soltanto evitava di proposito la cottura ai propri cibi, non soltanto ignorava del tutto l'uso degli stimolanti vini, ma ancor non concedeva l'innocente refrigerio dell'acqua chiara al feroce tormento dell'accasciante arsura, ma ancor insipidiva le malgustose vivande sovr'esse cospargendo in copiose dosi la casta cenere, ma ancor dimenticava di rendersi al frugai desco quando più che la fame del pane imperava in lui l'avidità della contemplazione.

    A siffatto tenor ordinario di sostentamento giungevano pur frequenti ad interpolarsi le assolute astinenze, i prolungati digiuni, le scrupolose quaresime: e di queste, già in sui primi tempi della conversione sua, una ne trascorse Francesco entro le muscose boscaglie d'un'isola deserta fra l'azzurro silenzio del lago Trasimeno, per quaranta interi giorni e per quaranta lunghe nottate altro non ingollando fuor d'un mezzo panetto, per satollarsi invece nell'estasi diuturna dei celestiali pensieri.

    Molt'anni decorsero, e giù nel paese dei dollari a designar simili intenti quali tragici ciarlatanesimi sorse il pontefice massimo del novissimo pragmatismo nella sua incapacità di decifrare l'interesse pratico o l'utilitario risultato d'una spirituale esaltazione. Eppure i suoi prediletti colleghi in scienza ufficiale, storici, etnografi, psichiatri, stavan là tutti, per insegnare al filosofo che il digiuno costituisce pur sempre la chiave di volta dell'intero edilizio mistico, che la prolungata astinenza basta da sola ad esaltare i sentimenti religiosi, ad indurre i sogni profetici, a sviluppare le visioni rivelatrici, a trasportar l'adoratore indiano nel temuto cospetto del venerato Siva, ad invasar la pitonessa delfica dei desiati responsi del salutifero Apollo, ad ergere il profeta Mosè verso l'imperituro conoscimento della legge divina. Tanto potevan suggerire i retribuiti professori ,delle americane istituzioni, sorvolando naturalmente sulle constatazioni obbiettive effettuate dai fisiologi sperimentali nei digiunatori volontari, dal Senator nel Ceni, dal Pettenkofer nel Tanner, dal Luciani nel Succi, senza che mai si giungesse a registrare in quei soggetti l'insorgenza d'un disturbo sensoriale, d'un'anomalia onirica, d'un avviamento alla devozione.

    Ma il mite Assisiate poteva a sua volta umilmente osservare che, come la carne è fonte d'ogni male spiacente a Dio, così la lotta contro gli appetiti corporei vien gradita al Signore; che solo il dolore, solo il patimento, solo il sacrifizio possono dimostrare l'intimo eroismo, la costante purificazione, l'amore eterno; che se Gesù tanto sofferse per noi, per Lui pure dobbiamo noi soffrire, onde avvicinarlo, comprenderlo, rassomigliarlo. Ed a questi precetti di secolar credenza balzanti d'ogni pagina dell'istoria cristiana, nella sua pratica esperienza ancor poteva Francesco aggiungere come nell'austera privazione del nutrimento risiede l'antidoto prezioso della concupiscenza, come contro agli allettamenti erotici già trovavano efficace presidio Battista il precursore pasteggiando a locuste e carubbe, Girolamo di Strivone pascendosi d'orzo e di fave, Gregorio

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